Tariffe per le foto dei beni culturali, le associazioni si appellano al ministro


Continuano gli appelli delle associazioni di settore al ministro Sangiuliano per rivedere il nuovo tariffario per le fotografie dei beni culturali, che restringe la platea di fruitori in gratuiti, in controtendenza rispetto alle politiche internazionali in materia.

Aumentano gli appelli al ministro della cultura Gennaro Sangiuliano per chiedere di rivedere il decreto ministeriale 161 dell’11 aprile con cui sono state varate le linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna ai luoghi della cultura statali (ne abbiamo dettagliatamente parlato qui). Riassumendo brevemente, il principale oggetto del contendere è la restrizione dei soggetti per cui è prevista la gratuità delle riproduzioni, che le nuove linee guida concedono solo a chi fa attività senza scopo di lucro. Chiunque invece faccia attività a scopo di lucro, indipendentemente che si tratti di pubblicità, attività commerciale, ricerca o divulgazione (per esempio una rivista scientifica che pubblica a pagamento), dovrà corrispondere un canone.

Negli ultimi giorni è giunta al ministro dapprima una lettera aperta dell’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA), che chiede l’immediato cambiamento delle politiche ministeriali in materia di uso a scopo scientifico delle immagini dei beni culturali. Secondo AISA, nel decreto “si stabiliscono principi e regole che danneggiano la ricerca scientifica, contraddicono decenni di politiche di scienza aperta e di apertura del patrimonio culturale (politiche, peraltro, trasversali a governi di diverso segno politico) e pongono l’Italia fuori dagli indirizzi internazionali e dell’Unione Europea”.

L’associazione punta il dito, in particolare, contro il passaggio del decreto in cui si afferma che “occorre proteggere il patrimonio rappresentato dalle immagini, anche digitali, del nostro patrimonio culturale, attraverso un’adeguata remuneratività che tenga conto dei principi di cui agli articoli 107 e 108 Codice dei beni culturali e del paesaggio. In tal senso, appare essenziale definire un tariffario ministeriale, unico, distinto per macro-categorie di beni culturali, che definisca i minimi tariffari da applicare in occasione delle diverse forme di utilizzazione temporanea dei beni del patrimonio culturale ministeriale, anche ove esse sfruttino le moderne tecnologie (NFT, blockchain etc.)”. La nuova politica ministeriale, ad avviso di AISA, “mira a ridurre il finanziamento pubblico, obbligando gli istituti di tutela del patrimonio culturale a impegnarsi nello sviluppo, a costi amministrativi e monetari non nulli, di una maggiore capacità di autofinanziamento. Si tratta di una politica errata nelle ragioni di fondo e ineluttabilmente destinata al fallimento come dimostra l’analoga ’strategia’ sperimentata nel settore dell’università e della ricerca pubblica”. AISA parla di “esiti assurdi e paradossali di questo nuovo indirizzo politico”, che diventano secondo il sodalizio “evidenti nel settore dell’editoria scientifica no profit delle case editrici universitarie e in quello della nascente editoria in accesso aperto (Open Access). Se le linee guida fossero interpretate alla lettera, occorrerebbe immaginare casi come quello in cui un museo statale chiede l’applicazione del tariffario a un’università pubblica per la riproduzione di immagini di beni culturali in pubblico dominio. Tale applicazione determinerebbe un inutile giro di denaro pubblico (dall’università al museo) senza alcun beneficio per le casse dello Stato e, anzi, con un aggravio dei costi per la pubblica amministrazione derivante dall’appesantimento burocratico del processo che conduce alla pubblicazione scientifica”.

In conclusione, secondo AISA, “Questi atti normativi pongono l’Italia fuori dalla contemporaneità nonché dalle politiche internazionali, europee e nazionali volte a coniugare la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale con i principi della scienza aperta e dell’accesso aperto”, ragion per cui l’associazione chiede “un’immediata modifica delle politiche ministeriali che vada nella direzione di una totale e assoluta liberalizzazione, senza pagamento di tariffe, della riproduzione e del riuso per scopi scientifici dei beni culturali del patrimonio italiano” e auspica “la modifica del Codice dei beni culturali al fine di fissare per via legislativa il principio di libera riproduzione e libero riuso dei beni culturali per scopi scientifici”.

Sono poi arrivate le osservazioni dell’Associazione Italiana Biblioteche (AIB), che ha sottoscritto un documento unitamente ai rappresentanti di società scientifiche e consulte universitarie, Associazioni dei dottorandi, assegnisti di ricerca e giovani ricercatori e Associazioni di professionisti e di istituti del patrimonio culturale, inviato al ministro Sangiuliano allo scopo di favorire un confronto. L’emanazione delle Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali ha suscitato, ricorda l’AIB, “perplessità e apprensione tra i membri delle associazioni scientifiche e professionali da noi rappresentate”, anche perché le associazioni, circa un anno fa, erano state formalmente coinvolte nella redazione delle Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale, emanate dallo stesso Ministero della Cultura a giugno 2022. “Il fatto che il nuovo DM 161 annoveri il rilascio e l’uso delle riproduzioni di beni culturali tra gli usi soggetti a concessione non appare coerente con il dettato delle precedenti Linee Guida cui abbiamo contribuito”, sottolinea l’AIB, a cui “duole constatare che il mancato coinvolgimento delle comunità di riferimento rappresentate dalle associazioni degli studiosi, dei professionisti e degli utenti di archivi, biblioteche e musei abbia portato a delineare un quadro operativo di difficile attuazione per gli uffici del Ministero e non coerente con le direttive europee e con gli orientamenti scientifici internazionali in materia di promozione dell’accesso aperto, di riuso di fonti e dati della ricerca, di valorizzazione del patrimonio culturale”. L’auspicio quindi è per una “apertura di un confronto che, coinvolgendo le parti interessate, giunga a individuare i correttivi che possano rendere la norma virtuosa, coordinata con le normative vigenti e concretamente applicabile”.

Diversi, secondo AIB, i punti da chiarire. Per esempio, riguardo al tariffario che elenca i rimborsi per ciascun tipo di servizio, “non è chiaro come siano calcolati i relativi costi vivi (gli unici da dover essere rimborsati) e preoccupa, ad esempio, che, per ottenere 40 pagine di fotocopie a colori in formato A4, uno studente, uno studioso, un cittadino interessato ad ottenerle debbano sostenere la spesa di 20 euro, oltre agli eventuali costi di spedizione; il costo della copia digitalizzata (con stampa su file) delle stesse 40 pagine, risulti addirittura raddoppiato (se a bassa risoluzione) o triplicato (se a media risoluzione), quando invece dovrebbe essere molto inferiore rispetto a quello della stampa su carta, considerato che il costo della produzione di una copia digitale a bassa o media risoluzione, ottenibile con una normale fotocopiatrice, è inferiore a quello di una stampa su carta, trattandosi delle stesse operazioni necessarie per la produzione delle fotocopie su carta, meno quelle della stampa su carta, con risparmio sui relativi costi”.

Per quanto riguarda le riproduzioni a scopo di lucro, AIB rileva che il sistema di calcolo delle tariffe non è “facilmente comprensibile”, anche perché poi “si invitano poi i singoli istituti statali a definire un proprio tariffario che, conseguentemente, può essere addirittura in aumento”. Inoltre, sottolinea l’associazione, “in questa classificazione degli usi commerciali viene fatta rientrare la pubblicazione di prodotti editoriali, segnando un netto passo indietro rispetto alle Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale, adottate dall’Istituto Centrale per la Digitalizzazione del Patrimonio Culturale del Ministero della Cultura nell’ambito del Piano nazionale per la digitalizzazione nel giugno 2022, che avevano avuto il merito di rendere gratuita la pubblicazione di immagini di beni culturali statali in qualsiasi prodotto editoriale, indipendentemente dalla tiratura, dal prezzo di copertina e dalla tipologia del prodotto editoriale, al fine di ’agevolare in primis la divulgazione della ricerca scientifica e la valorizzazione del patrimonio culturale, come esplicitamente previsto dal Codice, ma più in generale di promuovere il sistema editoriale, già frequentemente oggetto di contributi e forme di sostegno economico da parte del governo, anche in considerazione dei limitati margini di ricavi per autori ed editori di pubblicazioni riproducenti beni culturali’. Un’altra interessante argomentazione a fondamento di quella indicazione era (e resta!) che ’la perdurante applicazione di diritti di riproduzione sui prodotti editoriali a medio termine potrebbe indurre l’editoria nazionale e internazionale a ricercare immagini di opere d’arte dai siti web di istituti culturali stranieri che già permettono il libero download e riutilizzo delle stesse immagini, con il rischio quindi di una progressiva marginalizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese’”.

In particolare, il nuovo decreto ministeriale prevede una tariffazione (aggiuntiva ai costi del servizio di riproduzione) per tutti prodotti editoriali stampati in più di 1.000 copie e con un prezzo di copertina superiore a 50 euro. La tariffa, che lievita progressivamente con l’aumentare del numero di copie e del prezzo di copertina, opera indipendentemente dal fatto che la pubblicazione sia una monografia o un articolo su rivista scientifica. “In tal modo”, afferma l’AIB, “si torna indietro persino rispetto al DM 8 aprile 1994, che prevedeva soglie di gratuità ben più alte per le monografie (70 euro e 2000 copie di tiratura), nonché la totale gratuità per le pubblicazioni nei periodici che ora vengono tariffati. Considerato che gli autori non percepiscono alcun compenso per la pubblicazione di articoli su riviste scientifiche, costringerli a pagare per integrare riproduzioni di beni culturali di pubblico dominio nell’articolo in funzione della tiratura della rivista non solo li pone in condizione di svantaggio rispetto ai loro colleghi tedeschi o francesi o di area anglosassone, che possono contare su finanziamenti alla ricerca scientifica decisamente maggiori di quelli disponibili in Italia, ma li indurrà, alternativamente, a non pubblicare su riviste ad alta tiratura, rinunciando alla più ampia diffusione e valutazione dei propri prodotti di ricerca; a concentrare le loro ricerche su altri oggetti, rinunciando a valorizzare quelli posseduti dagli istituti culturali dello stato”. E poi, in caso di e-book si dovrà tenere conto del “numero di download stimati”: “quindi gli autori”, secondo l’AIB, “dovrebbero preoccuparsi di controllare periodicamente sul sito quanti download del proprio articolo vengano effettuati e, qualora il numero di download effettivi superi quello stimato, informare tempestivamente l’istituto concedente ’per consentire a quest’ultimo di determinare un corrispettivo integrativo’. Tale adempimento appare gravemente oneroso sia per l’utente chiamato a una verifica periodica su ogni tipo di pubblicazione di questo genere, sia per l’Amministrazione chiamata a monitorarne la corretta attuazione”.

“Spiace che per la stesura del decreto”, conclude l’AIB, “non siano state prese in considerazione le ragioni delle associazioni rappresentative di archivi, biblioteche e musei italiani e quelle rappresentative degli utenti degli istituti, che anche in anni recenti si sono più volte pubblicamente espresse a favore della più ampia riutilizzabilità delle riproduzioni del patrimonio culturale. Se però, come riconosce anche la Convenzione di Faro (recepita con legge 1° ottobre 2020, n. 133) il diritto al patrimonio culturale è inerente al diritto di partecipare alla vita culturale, la più ampia e piena valorizzazione del patrimonio culturale nazionale non può che comportare politiche pubbliche a sostegno del suo utilizzo più ampio e pieno possibile, senza discriminazioni reddituali e finanziarie tra utenti (persone ed enti, pubblici e privati). Per queste ragioni, confidiamo nella disponibilità del Ministro a introdurre adeguati correttivi al decreto in oggetto e ci rendiamo pienamente disponibili a dialogare con le strutture ministeriali per tutti gli approfondimenti necessari”.

Tariffe per le foto dei beni culturali, le associazioni si appellano al ministro
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