Isola e mare. Alle Eolie la mostra che racconta il mare con le opere di 19 artisti


Recensione della mostra “Dipinti sull'acqua. Da Sartorio a De Conciliis”, a Lipari, Museo Archeologico Bernabò Brea, fino a ottobre 2021.

Isola e mare. Raccontare per immagini l’acqua. Su un’isola. La banalizzazione è il più prevedibile degli agguati che potrebbe tendere la facilità del tema. E invece “complicando” di contenuti, di variazioni sul tema, di intriganti accostamenti gli ingredienti della mostra dedicata al tema dell’acqua attraverso i dipinti di due secoli, l’Ottocento e il Novecento, a Lipari, nell’arcipelago delle Isole Eolie, non solo si è riusciti a sfuggire alla morsa dell’ordinarietà, ma si è recuperato pure il gusto delle piccole mostre sostenibili, senza grandi fuochi d’artificio allestitivi. I luoghi in cui è allestita, dal 26 giugno fino alla fine di ottobre (data aperta), Dipinti sull’acqua. Da Sartorio a De Conciliis, fra le sale del Museo Archeologico Bernabò Brea e la navata principale dell’ex Chiesa di Santa Caterina, con il loro fascino discreto e non meno suggestivo, bastano alle opere e le opere bastano alla mostra. Senza orpelli.

Promossa dal Parco Archeologico delle Eolie, è realizzata, in collaborazione con la Regione Siciliana, Assessorato e Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana, da Il Cigno GG Edizioni di Lorenzo Zichichi. Non solo casa editrice specializzata in libri d’arte, ma anche promotrice di arte contemporanea a livello internazionale, si deve a quest’ultima l’aver inaugurato per la prima volta in Sicilia nel 2011 il binomio vincente tra arte contemporanea e archeologia con l’indimenticabile mostra di Igor Mitoraj nella Valle dei Templi.

La mostra è come consustanziata dell’elemento protagonista: scorre liquida tra le diciannove tele esposte. Opere di Giorgio Belloni, Mosè Bianchi, Carla Celesia Di Vegliasco, Bruno Croatto, Vittore Grubicy De Dragon, Karl Lindemann-Frommel, Plinio Nomellini, Carlo Passigli, Attilio Pusterla, Giulio Aristide Sartorio; mentre per il Novecento e i contemporanei ci sono Vito Bongiorno, Ettore De Conciliis, Piero Guccione, Francesco Santosuosso e Luciano Ventrone. Nessun percorso preordinato a imbrigliare la libertà di chi si mette alla volta della visita come in una anabasi, ascensione, fisica e spirituale, verso il punto più alto dell’isola un tempo fortificato, passando attraverso i ruderi di spesse mura, dove si aprono finestre su infiniti orizzonti di mare che di lì a poco il visitatore ritroverà nelle tele. Già il percorso per raggiungere le sedi dell’esposizione è un’anticamera che dispone l’animo alla visita.

“La gamma degli approcci stilistici, concettuali e tematici all’immagine dell’acqua è assolutamente varia, e prescinde dalla cronologia delle opere”, spiega la curatrice Brigida Mascitti. C’è la secca riproduzione di impressioni ottiche nel Mare inquieto (2020) di Luciano Ventrone e l’immagine ancestrale della Tempesta sull’oceano primordiale (2015) di Francesco Santosuosso, che è un affaccio su tutta l’energia del mare conosciuta e temuta fin dall’antichità. E tornano in mente le parole del compianto Folco Quilici, in quello che sarebbe stato il suo ultimo libro, Tutt’attorno alla Sicilia. Un’avventura di mare (2017): “socchiude la bocca il mostro geologico bianco creato da violenze sottomarine attorno all’isola di Panarea”.

Carla Celesia di Vegliasco, Acqua e sole (1912; olio su tela)
Carla Celesia di Vegliasco, Acqua e sole (1912; olio su tela)


Bruno Croatto, Canale a Venezia (1939; olio su tela)
Bruno Croatto, Canale a Venezia (1939; olio su tela)


Piero Guccione, Studio nero e azzurro (2003; pastello)
Piero Guccione, Studio nero e azzurro (2003; pastello)

Poco distanti anche fisicamente dalla turbolenza di queste opere allestite presso la chiesa di Santa Caterina, si ritrovano immagini più quiete e dimesse tra le sale del Museo archeologico con le anfore recuperate negli abissi marini delle Eolie, i vasi policromi del “Pittore di Lipari” e una delle più ricche collezioni di maschere della tragedia e della commedia greca. Lontano dai clamori della vita quotidiana, ecco qui le “umanissime” scene della Famiglia del pescatore (1890) di Mosè Bianchi o nei Bimbi al mare (1920-30) di Carlo Passigli. Un afflato tra poesia e mito è, invece, nella metafora di Carla Celesia di Vegliasco, Acqua e Sole (1912), dove l’elemento acquatico partecipa del denso simbolismo della scena, tra nudi maschili e acrobazie luministiche. Antonio Fontanesi, paesaggista emiliano celebre nella seconda metà dell’Ottocento in tutta Europa, diceva che “il paesaggio deve essere qualcosa di più della realtà positiva”. Rispetto allo stile pacato dei suoi paesaggi questo “qualcosa di più” è come se “esplodesse” nella tela di Celesia di Vegliasco.

Panta rei, ma nulla scorre così velocemente come l’esistenza. Inafferrabile e vigorosa come nella veduta de Il porto di New York (1912) di Attilio Pusterla. Per questa come per altre declinazioni del rapporto tra la città e l’acqua bisogna rispostarsi nelle sale museali, dove troviamo il Brasile. Nei dintorni di Olinda (1924) di Giulio Aristide Sartorio o il Canale di Venezia (1939) di Bruno Croatto. Ci sono poi le vedute di città marinare e isole come in Genova Quarto di Giorgio Belloni (1910-15) e nella Spiaggia all’isola d’Elba di Plinio Nomellini (1920). Immancabile, naturalmente, la Sicilia, che si ritaglia il posto d’onore con l’opera simbolo della mostra, la veduta spettacolare al crepuscolo del Porto di Palermo di De Conciliis (2010), inquadrata dal fondale dell’abside di Santa Caterina. È stata, invece, appositamente realizzata per la mostra My land, omaggio alla propria terra natale di Vito Bongiorno.

“Strappata al mare e consegnata all’oblio”, scriveva con la rabbia della rassegnazione il già ricordato Quilici in occasione del fortunato ritrovamento di una preziosa anfora micenea “che interessava al museo”, ma che, “portata a galla con rischio e fatica”, fu lasciata a terra “poco oltre il portone d’ingresso del museo archeologico delle Eolie”. La ritrovò ancora lì il documentarista dopo anni da quella che avrebbe dovuto essere una soluzione provvisoria. Uno sforzo che altrove sarebbe ordinario, qui diventa un traguardo.

Ettore De Conciliis, Il porto di Palermo la sera (2010; olio su tela)
Ettore De Conciliis, Il porto di Palermo la sera (2010; olio su tela)


Francesco Santosuosso, Tempesta sull'oceano primordiale (2019; olio e acrilico su tela, 224 x 370 cm)
Francesco Santosuosso, Tempesta sull’oceano primordiale (2019; olio e acrilico su tela, 224 x 370 cm)


Piero Pizzi Cannella, Mappa del mondo, i vasi dei pesci dell'isola (2014, tecnica mista su intonaco, dimensioni dell'ambiente)
Piero Pizzi Cannella, Mappa del mondo, i vasi dei pesci dell’isola (2014, tecnica mista su intonaco, dimensioni dell’ambiente)

Da quando si è insediato, il nuovo direttore del Parco archeologico delle Eolie, Rosario Vilardo, si è interamente calato in un impegno di segno opposto: strappare all’oblio e consegnare ai visitatori luoghi che non erano più accessibili, rendendo di nuovo fruibili il Museo della Memoria, il Teatrino al chiuso da cinquanta posti e la piccola biblioteca. Spazi realizzati nell’ambito del progetto per la creazione del Centro per l’Arte Contemporanea a Lipari, finanziato col Po Fesr 2007–2013 e concluso nel 2015, con la trasformazione di un luogo di confino per dissidenti politici in uno straordinario spazio d’arte: otto celle diventate sale con le installazioni permanenti di Basilé, Tahar Ben Jelloun, Emanuele, Pizzi Cannella, Plessi, Savini, insieme al “corridoio” di Mitoraj e la Porta del Mare, di accesso allo spazio museale dell’ex penitenziario, opera di de Conciliis e Caminiti, inaugurate con la grande mostra “Eolie 1950/2015. Mare Motus”, a cura di Lea Mattarella e di Zichichi.

Il biglietto integrato consente di visitare anche questi spazi. Una mostra nella mostra, dove l’arte contemporanea, che in quanto linguaggio del presente è l’antitesi dell’antico, assume invece un inedito effetto di corrosione, non voluto dalla mano di un artista, ma da qualcosa di simile al concetto seicentesco di “Tempo Pittore”, con cui si intendeva il passaggio positivo degli anni sull’opera d’arte, che ne guadagnava in armonia. Passare da una ex-cella all’altra provoca le forti emozioni di un’incisione piranesiana declinata in chiave contemporanea: tra efflorescenze saline che spuntano già dagli intonaci a distanza di poco più di un lustro dai lavori su ricordati e una vegetazione spontanea che piano piano si rimpossessa degli spazi, si ritrova di quelle incisioni settecentesche il senso della dignità del passato (in questo caso quella dei dissidenti politici reclusi) coniugata a un inesorabile abbandono.

E come in un gioco di scatole cinesi, un’altra sorpresa è riservata al visitatore: potrà anche ammirare ancora le sculture in bronzo o acciaio della monografica di Umberto Mastroianni allestita la scorsa estate, tra le sale del museo e le opere site-specific delle ex-celle. Grazie alla generosità di Lorenzo Zichichi, che aveva realizzato pure quell’evento, il rinvio della loro restituzione a causa delle limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria, si è ribaltato positivamente in un prolungamento del prestito.


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Silvia Mazza

L'autrice di questo articolo: Silvia Mazza

Storica dell’arte e giornalista, scrive su “Il Giornale dell’Arte”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”. Le sue inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e  dal compianto Folco Quilici  nel suo ultimo libro Tutt'attorno la Sicilia: Un'avventura di mare (Utet, Torino 2017). Come opinionista specializzata interviene spesso sulla stampa siciliana (“Gazzetta del Sud”, “Il Giornale di Sicilia”, “La Sicilia”, etc.). Dal 2006 al 2012 è stata corrispondente per il quotidiano “America Oggi” (New Jersey), titolare della rubrica di “Arte e Cultura” del magazine domenicale “Oggi 7”. Con un diploma di Specializzazione in Storia dell’Arte Medievale e Moderna, ha una formazione specifica nel campo della conservazione del patrimonio culturale (Carta del Rischio).



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