La mostra a Siena dedicata al letterato Federigo Tozzi e al suo rapporto con l'arte


Recensione della mostra “L'ombra della Giovinezza: Federigo Tozzi e le arti figurative”, a cura di Riccardo Castellana, Michelina Simona Eremita e Luca Quattrocchi, a Siena, Santa Maria della Scala, dal 10 aprile al 20 luglio 2022.

La mostra L’ombra della giovinezza. Federigo Tozzi e le arti figurative, che si è aperta il 10 aprile negli ariosi ambienti di Santa Maria della Scala a Siena e che sarà visitabile fino al 20 luglio, non solo propone un doveroso approfondimento su Federigo Tozzi, uno dei letterati italiani più importanti del primo Novecento nella sua città natale a poco più di un secolo dalla morte, ma ricostruisce anche il suo (non certo privo di interesse) rapporto con le arti figurative, dando vita a una mostra che sarà sicuramente apprezzata dagli appassionati di arte del XX secolo.

Se oggi Federigo Tozzi (Siena, 1883 – Roma, 1920) è stato concordemente ricondotto tra il novero dei massimi narratori del periodo, così però non apparve agli occhi della critica per molti anni dopo la sua morte. Infatti, la sua esperienza letteraria venne spesso provincializzata e riportata nel solco del verismo; solo dagli anni Sessanta del Novecento è stato riconosciuto al letterato di aver dimostrato con le sue opere un’attenzione al dato psicologico e un’apertura anche a certe poetiche del simbolismo, che trovano riscontri nei romanzieri contemporanei europei come Kafka e Dostoevskij. Si tratta di un portato culturale notevole, e per di più acquisito da autodidatta. Federigo infatti nacque a Siena da una famiglia di media estrazione sociale: il padre, di origine contadina e poco avvezzo alla cultura, possedeva un ristorante e in seguito alcuni poderi, mentre la madre morì quando Federigo era ancora giovanissimo. Condusse con scarso profitto i suoi studi a scuola, da dove venne più volte espulso. Appena sedicenne frequentò con grande assiduità la Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena, dove la sua onnivora curiosità lo portò a confrontarsi con scrittori tra loro molto diversi, da De Amicis a Petrarca, D’Annunzio, Carducci, Ovidio, Dante, Goethe e tanti altri.

La vita e la formazione di Federigo sono fortemente influenzate dalla figura dispotica del padre, diffidente nei confronti della cultura, che si ritrova in certi personaggi nella letteratura di Tozzi. Nel 1908 il padre morì, e nella vita di Federigo Tozzi entrò in pianta stabile Emma Palagi, che divenne sua moglie. Gradualmente Federigo acquisì influenza in campo letterario, collaborando anche con numerosi giornali e riviste. Sempre per assecondare tale progetto vendette i beni ereditati dal padre e si trasferì a Roma intorno al 1914. Ma il processo di affermazione di Tozzi venne bruscamente interrotto dalla morte improvvisa sopraggiunta per polmonite. Numerose sue opere furono pubblicate postume, e come già accennato solo con notevole ritardo la critica letteraria si interessò a Federigo Tozzi e alla sua produzione. La mostra di Siena, che si intitola come una delle ultime novelle pubblicate da Tozzi, si propone come un’indagine dei numerosi rapporti che il senese ebbe con pittori, scultori e illustratori, non solo attraverso l’esposizione delle opere degli autori che conobbe in vita, ma anche grazie a una ricca appendice documentaria.

Una sala della mostra con sculture di Fracassi e un dipinto di Umberto Giunti
Una sala della mostra con sculture di Fracassi e un dipinto di Umberto Giunti
Opere di Gino Barbieri e Ferruccio Pasqui
Opere di Gino Barbieri e Ferruccio Pasqui
La sala con le opere di Pasquarosa Marcelli, in primo piano la scultura di Alfredo Biagini
La sala con le opere di Pasquarosa Marcelli, in primo piano la scultura di Alfredo Biagini
La sala delle sculture di Ercole Drei
La sala delle sculture di Ercole Drei

Negli anni della sua formazione senese, Tozzi venne a contatto con numerosi intellettuali e artisti, e in questo periodo si avvicinò al partito socialista, coltivando anche simpatie anarchiche. Durante i suoi travagliati studi, che lo portarono a frequentare l’Istituto di Belle Arti, conobbe lo scultore Patrizio Fracassi e i pittori Umberto Giunti e Ottorino Lorenzini. Le sculture in mostra di Fracassi sono quasi tutte in gesso, poiché non ebbe in vita la possibilità di tradurle in bronzo. L’artista, infatti, morì suicida nemmeno trentenne, e molte delle sue opere entrate nelle collezioni del Comune di Siena finirono mutile o come si lamentò Tozzi “a pezzi come le anime dei sopravvissuti”. Per tale motivo, si è reso necessario un restauro ai gessi prima della mostra. Le opere di Fracassi testimoniano una tendenza verista a rendere un’umanità derelitta e sofferente, con piglio così drammatico che talvolta sconfina nell’espressionismo, come in Schiavo Morente, ben lontano dal classicismo di una delle sue prime opere, di cui in mostra è presente una copia in gesso, La Fiducia nella croce, realizzata per un monumento funebre.

La fascinazione che Tozzi aveva per le opere dell’amico non si esaurì con la morte dell’artista; al contrario, il letterato pubblicò alcuni contributi critici su Fracassi, lamentandone la poca fama: “Dopo il suicidio tragico del Fracassi, anche la sua opera sembrerebbe destinata a sparire, poi che nessuno ha dimostrato di comprendere il suo alto e indimenticabile valore [...]. È ora di farla finita con questa intollerabile apatia [...] il Fracassi non è una montatura [...] io credo [...] che per un complesso di circostanze malevole sia stato sempre messo in disparte; e, forse, per secondi fini. Ma non deve essere più così [...]. Occorre parlare a voce alta e, magari, dare spintoni [...]”. Anche altre opere degli amici senesi sono esposte in mostra, come le sculture di Fulvio Corsini e i dipinti di Umberto Giunti, artisti che come Fracassi furono spesso impegnati a realizzare un’arte sociale, del resto in linea con molte istanze dell’epoca.

In mostra anche le xilografie e i dipinti del cesenate Gino Barbieri, allievo di Adolfo de Carolis, che con Tozzi instaurò una lunga amicizia. Entrambi collaborarono con la rivista L’Eroica, per cui Barbieri realizzò xilografie di gusto liberty. Lo stesso artista incise due illustrazioni di gusto neo-quattrocentesco per l’opera La città della Vergine di Tozzi. Altro grande artista che Federigo Tozzi annoverava tra i suoi amici è l’inquieto Lorenzo Viani: si erano conosciuti da giovani, e il letterato avrebbe voluto una sua incisione come copertina di una sua fatica letteraria, ma il progetto non si realizzò mai per le resistenze dell’editore. In mostra sono esposte numerose xilografie dell’artista viareggino oltre che la monumentale tela La benedizione dei morti del mare appositamente arrivata da Viareggio. Il capolavoro di Viani è una sacralizzazione del dolore umano, i protagonisti disperati e lugubri sembrano usciti dal pennello di un pittore primitivo e risentono anche dell’influenza dell’art nègre. E benché tutte le persone impresse sulla tela siano accomunate da tristezza e disperazione, “il Viani sa trovare psicologie dissimili, e non gli nuoce che tutte le sue figure debbano garantirlo della loro melanconia e della loro tristezza”, scrisse Tozzi.

Ottorino Lorenzoni, Ritratto di Federigo Tozzi (1900 circa; olio su tela, 51 x 69 cm; Collezione privata)
Ottorino Lorenzoni, Ritratto di Federigo Tozzi (1900 circa; olio su tela, 51 x 69 cm; Collezione privata)
Gessi di Patrizio Fracassi
Gessi di Patrizio Fracassi
Patrizio Fracassi, La fiducia nella croce (1901; gesso, 166 x 67 x 69 cm; Siena, Museo Civico)
Patrizio Fracassi, La fiducia nella croce (1901; gesso, 166 x 67 x 69 cm; Siena, Museo Civico)
Pasquarosa, Teiera sul tappeto (1914; olio su cartone telato, 35 x 39,5 cm; Roma, Raccolta ANPB)
Pasquarosa, Teiera sul tappeto (1914; olio su cartone telato, 35 x 39,5 cm; Roma, Raccolta ANPB)
Ferruccio Ferrazzi, Adele in tre luci (1918-1922; olio su masonite, 39 x 39 cm; Collezione privata)
Ferruccio Ferrazzi, Adele in tre luci (1918-1922; olio su masonite, 39 x 39 cm; Collezione privata)
Lorenzo Viani, Benedizione dei morti del mare (1914-1916; olio su tela, 192 x 394 cm; Viareggio, Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea)
Lorenzo Viani, Benedizione dei morti del mare (1914-1916; olio su tela, 192 x 394 cm; Viareggio, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea)
Armando Spadini, Musica al pincio (1913; olio su cartone, 43 x 88 cm; Roma, Galleria d'Arte Moderna)
Armando Spadini, Musica al pincio (1913; olio su cartone, 43 x 88 cm; Roma, Galleria d’Arte Moderna)
Cipriano Efisio Oppo, I pesci rossi (1914 circa; olio su tavola, 61 x 42 cm; Roma, Fondazione Archivio Oppo)
Cipriano Efisio Oppo, I pesci rossi (1914 circa; olio su tavola, 61 x 42 cm; Roma, Fondazione Archivio Oppo)
Ercole Drei, Ritratto di Federigo Tozzi (1914; gesso, 42 x 27 x 28 cm; Siena, Archivio Tozzi Castagneto)
Ercole Drei, Ritratto di Federigo Tozzi (1914; gesso, 42 x 27 x 28 cm; Siena, Archivio Tozzi Castagneto)
Pubblicazioni di Federigo Tozzi
Pubblicazioni di Federigo Tozzi
Una copia della Merope di Gabriele d'Annunzio appartenuta a Federigo Tozzi
Una copia della Merope di Gabriele d’Annunzio appartenuta a Federigo Tozzi

Con il trasferimento a Roma nel 1914, oltre ai primi successi letterari, Tozzi visse in un clima artistico vivace, e ritrovò vecchie conoscenze come Ercole Drei e Viani; venne a contatto con numerosi nuovi artisti, tra cui i protagonisti della Secessione romana: una compagine di artisti, che trovatasi in polemica con la Società degli Amatori e Cultori delle Belle Arti e con le loro anacronistiche e accademiche politiche espositive, decise di radunarsi per aprire l’ambiente romano alle nuove tendenze dell’arte moderna europea. Non a caso, spesso alle loro mostre sono presenti opere degli Impressionisti, di Rodin, post-impressioniste, fino ad arrivare al movimento dei fauves, che si muovevano in quegli anni e che grande influenza ebbero sul gruppo romano, un’influenza che al pari dell’impronta cezanniana, è spesso visibile nella produzione di questi primi anni della Secessione. Molti di questi artisti furono poi presenti alla celebre Mostra d’arte giovanile alla Casina del Pincio del 1918, di cui Tozzi scrisse ampiamente (dimostrando la sua straordinaria capacità critica) sul Messaggero della Domenica, il giornale diretto da Luigi Pirandello. Lo scrittore senese rimase ben impressionato dalla mostra nonostante “le sue ineguaglianze” e in particolare apprezzò l’opera del pittore Armando Spadini. Il pittore fiorentino formatosi sotto Giovanni Fattori fu autore di una pittura dalla stesura ricca e spigliata, debitrice degli stilemi impressionisti: “un impasto d’intensità complessa” che secondo Tozzi dà vita a “un’altra realtà complessa, che risponde a un dato atteggiamento di pensiero quasi sempre definitivo”. Mentre della pittrice Pasquarosa Marcelli, autrice di una pittura dalle forti cromie e da una composizione formale sintetica, Tozzi parlava “di un’espressione senza complicazioni”, “una chiarezza descrittiva e umile” realizzata attraverso “una lunga purificazione paziente”.

Ma in mostra son presenti anche le sculture del triestino Attilio Selva forti di un’attenzione al “movimento, da cui sembra voglia rendersi indipendente un senso duro di carnosità”, nonché i dipinti di Cipriano Efisio Oppo, autore di una pittura dai colori smaglianti, ma che sembrano già preannunciare un recupero della tradizione tipico del “ritorno all’ordine” che, come Tozzi, aveva caldeggiato in anticipo sui tempi. Del romano Ferruccio Ferrazzi sono esposti alcuni dipinti, tra cui l’Adele in tre luci, opera scelta come simbolo della mostra. Il pittore fu in quegli anni ferocemente avversato per la sua pittura dai contorni sghembi e irregolari, e invece in Tozzi trovò uno strenuo difensore. Questa testimonianza ci dimostra come il senese vantasse una sensibilità complessa e aperta alle sperimentazioni.

A Roma, Tozzi ritrovò anche Ercole Drei, anch’egli protagonista delle Secessioni, di cui in mostra sono esposte alcune sculture: talune di gusto smaccatamente liberty come la Danzatrice con il cerchio, altre memori della scultura classica come in Eva del 1915. L’amicizia fra lo scultore e il letterato fu molto stretta, e i due condivisero molto tempo insieme, compiendo escursioni in bicicletta o a piedi sul litorale romano. Lo scultore realizzò nel 1914 il busto di Tozzi, in mostra presente in una versione in gesso, che successivamente alla morte del letterato, venne realizzato in bronzo per la biblioteca pubblica di Siena, grazie a una sottoscrizione, a cui parteciparono tra gli altri D’Annunzio e Pirandello. Tozzi sull’arte dell’amico scrisse anche un lungo e toccante articolo, in cui lo scrittore ne elogiava le capacità scultoree e l’abilita di infondere ai suoi modelli “una legge quasi architettonica” e “un senso di modificazione spirituale”. L’artista di Faenza seppe anch’egli da parte sua essere un buon amico, e fu anche al capezzale di Federigo Tozzi, quando si spense prematuramente il 21 marzo 1920.

La mostra di Siena non si limita a rappresentare l’universo figurato che attorniava il letterato senese, e che egli seppe leggere e rendere in parole con acutissima sensibilità, ma propone un percorso espositivo, ricco di appendici documentarie, foto, manoscritti, lettere e riviste, tentando di ricostruire l’esperienza di una vita, che seppur breve, seppe invece esser ricca di apporti e motivi di interesse. E che per tanto merita di essere conosciuta.


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Jacopo Suggi

L'autore di questo articolo: Jacopo Suggi

Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.



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