Le città del Vesuvio: i cinque siti da vedere a Pompei e dintorni


L’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. seppellì Pompei, Ercolano, Stabiae, Boscoreale e Oplontis. Oggi i parchi archeologici permettono di esplorare le loro testimonianze storiche. Ecco dunque ciò che è necessario conoscere prima di esplorare i cinque siti sepolti dall’eruzione vulcanica.

Le città sepolte dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., Pompei, Ercolano, Boscoreale, Stabiae e Oplontis, costituiscono un tragico racconto dell’impatto devastante del vulcano sulle città antiche della regione vesuviana. Il vulcano eruttò in modo irruento, generando una colonna di cenere, gas e detriti che si innalzò per chilometri sopra il cratere. Durante la fase iniziale dell’eruzione, le città furono colpite da una pioggia di lapilli e pomici, seguita da flussi piroclastici ad alta temperatura che scorsero lungo i pendii del Vesuvio, travolgendo ciò che incontravano lungo il loro cammino. Molte persone rimasero intrappolate negli edifici o furono colpite dai crolli provocati dal peso dei materiali vulcanici, mentre altri morirono per l’inalazione di gas tossici o per lo shock termico causato dalle alte temperature. Nonostante la devastazione però, l’eruzione ha avuto anche un effetto conservativo poiché le città sepolte sono rimaste intatte sotto il manto di cenere e lava per secoli, preservando così un’eccezionale testimonianza dell’antica vita romana.

Gli scavi archeologici condotti nelle aree hanno portato alla luce strade, edifici, artefatti e persino corpi umani, offrendo preziose informazioni sulla vita quotidiana, la cultura e l’arte dell’epoca. Ad oggi, i vari parchi archeologici delle città sepolte, patrimonio dell’UNESCO, offrono ai visitatori l’opportunità di immergersi nell’antica storia romana. Pompei, con il suo vasto sito archeologico, presenta straordinarie strutture pubbliche e residenziali, oltre a un museo che ospita reperti e opere d’arte recuperati dagli scavi. Ercolano, più piccola ma altrettanto significativa, offre una visione dettagliata della vita quotidiana nell’antica città, con ville lussuose, affreschi ben conservati e artefatti di vario genere. Stabiae e Oplontis e Boscoreale, offrono anch’esse un’importante testimonianza dell’arte e della cultura romana, con ville, giardini e preziosi reperti. I parchi consentono ai visitatori di immergersi nella vita e nella storia dell’eruzione, offrendo una visione unica di un’epoca lontana, ma ancora viva grazie ai resti conservati delle città sepolte dal Vesuvio. Ecco quindi quello che c’è da sapere prima di visitare i cinque parchi archeologici.

1. Pompei

Nel 79 d.C., un boato interruppe la tranquillità quotidiana ai piedi del Vesuvio. In poche ore, il vulcano riversò una quantità enorme di materiale piroclastico, cambiando radicalmente il paesaggio dell’intera area vesuviana. Durante la prima fase dell’eruzione su Pompei, coloro che non avevano lasciato la città in tempo rimasero intrappolati negli edifici invasi da pomici e lapilli o furono colpiti dai crolli causati dal materiale eruttivo, che si accumulò fino a un’altezza di circa tre metri. Successivamente, un flusso piroclastico ad alta temperatura si abbatté su Pompei a grande velocità, riempiendo gli spazi non ancora invasi dai materiali vulcanici e causando la morte istantanea per shock termico di coloro che erano ancora presenti in città. Di queste vittime, sono stati rinvenuti solo gli scheletri. Prima di diventare un sito archeologico, incluso nel patrimonio mondiale dell’UNESCO, Pompei era una città prospera e densamente popolata, con una storia che abbracciava quasi un millennio e caratterizzata dalla coesistenza di diverse culture. Oggi, il suo forum principale è circondato da maestosi edifici pubblici, come il Capitolium, la Basilica e vari templi, oltre a essere arricchito da bagni pubblici, due teatri e un anfiteatro. Tuttavia, Pompei è rinomata soprattutto per la sua eccezionale collezione di residenze, allineate lungo strade ben lastricate. Tra queste, la Villa dei Misteri emerge come uno dei monumenti più significativi, prendendo il nome dagli straordinari affreschi del triclinio, che raffigurano i riti di iniziazione (i “misteri”) del culto di Dioniso. Un’altra caratteristica distintiva di Pompei sono i numerosi graffiti che adornano i muri della città, offrendo uno sguardo unico sulla vita quotidiana e sulle persone che abitavano in questa antica città romana.

Pompei
Pompei. Foto: Ministero della Cultura

2. Ercolano

Dal 1997, l’area archeologica di Ercolano è stata inclusa nella lista dei siti del patrimonio mondiale dell’UNESCO insieme agli Scavi di Pompei e alle ville di Oplontis. Questo rende la città una parte integrante del sito UNESCO noto come “Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata”. Nel 1738, per volere del re di Napoli Carlo di Borbone, si diede inizio alle prime esplorazioni sistematiche del sottosuolo ercolanese. La durezza del fango vulcanico e la difficoltà di scavare gallerie sotterranee fecero abbandonare dopo pochi decenni l’impresa e solo nel 1927 si diede avvio ai nuovi scavi di Ercolano, diretti da Amedeo Maiuri. Grazie alle ricerche venne liberata, restaurata ed aperta al pubblico buona parte dell’area che oggi costituisce il parco archeologico. Negli anni Ottanta del secolo scorso, lungo il litorale antico di Ercolano, sotto gli archi che si aprono sulla spiaggia, vennero ritrovati i resti di più di trecento fuggitivi. Nella notte dell’eruzione, essi abbandonarono le loro case sperando nel salvataggio via mare. Tra le scoperte più commoventi c’era il corpo di una giovane donna incinta, con i resti di un bambino mai nato di otto mesi. Un’altra donna, riccamente ornata di gioielli, fu soprannominata dalla stampa dell’epoca la “Signora dei Gioielli”. La scoperta più significativa però avvenne il 3 agosto 1982, quando emergendo dal fango vulcanico davanti alle Terme Suburbane, fu rinvenuta la chiglia di una barca ribaltata dall’eruzione. Lunga oltre nove metri, assomigliava a un gozzo moderno, con tre coppie di rematori e un timoniere. Secondo le interpretazioni più recenti, potrebbe essere stata una lancia militare della flotta di Plinio il Vecchio, partita da Miseno per soccorrere la città minacciata. Questa suggestiva teoria è avvalorata dal ritrovamento vicino alla barca dello scheletro di un ufficiale con cinturone, spada e pugnale.

Ercolano
Ercolano. Foto: Ministero della Cultura

3. Boscoreale

Boscoreale, situata a nord di Pompei, ai piedi del Vesuvio, potrebbe corrispondere al Pagus Augustus Felix Suburbanus. Quest’area, fertile sin dalla preistoria, testimoniata dalle tombe della Fossakultur, fu reinabitata dopo l’eruzione del 79 d.C., come dimostrano le Terme di Via Casone Grotta risalenti al II-III secolo d.C. Durante l’epoca romana, fu punteggiata da ville e fattorie dedite alla coltivazione di vite, olivo e cereali. Negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi del Novecento, nel suburbio settentrionale di Pompei, furono condotti numerosi scavi archeologici principalmente da privati, proprietari dei terreni. Questi scavi miravano soprattutto a recuperare decorazioni murali e pavimentali e oggetti di valore, molti dei quali sono finiti nelle collezioni di vari musei come il Museo Nazionale di Napoli, il Louvre di Parigi e il Metropolitan Museum di New York, o in collezioni private. Dagli scavi emerse una serie di circa trenta ville rustiche, che facevano parte di una fitta rete di insediamenti produttivi operanti nel I secolo d.C. sulle pendici del Vesuvio e nella vicina piana del fiume Sarno. Gli insediamenti variavano dalle piccole e medie aziende agricole a conduzione familiare o schiavistica, ai complessi di maggiori dimensioni con lussuosi settori residenziali per i proprietari e aree dedicate alla produzione e alla manodopera. Grazie alle eccellenti condizioni di conservazione delle strutture e degli oggetti dovute all’eruzione del 79 d.C., i dati degli scavi hanno permesso di comprendere le diverse fasi di trasformazione dei principali prodotti agricoli della zona vesuviana, in particolare il vino, destinato anche all’esportazione, e l’olio, principalmente per il consumo locale.

Boscoreale
Antiquarium di Boscoreale. Foto: Parco Archeologico di Pompei

4. Stabiae

Stabiae ha rivestito un ruolo di rilievo sia strategico che commerciale sin dall’età arcaica, intorno all’VIII secolo a.C. Il periodo di maggior fioritura si colloca tra la devastante incursione di Silla nel 89 a.C. e l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Durante questa fase, sul versante settentrionale del poggio di Varano, sorsero numerose ville con vista panoramica, principalmente destinate alla residenza: queste dimore comprendevano vasti complessi abitativi, terme, portici e ninfei riccamente decorati. Tra queste spiccano la Villa San Marco, una delle più imponenti residenze romane, e la Villa Arianna, la più antica, nota per i suoi affreschi mitologici. Gli scavi a Stabiae iniziarono il 7 giugno 1749, per volere di Carlo III di Borbone che fece analizzare un complesso urbano con negozi e strade e oltre a sei ville residenziali sul bordo del pianoro di Varano. L’approccio agli scavi prevedeva l’utilizzo di cunicoli, con il materiale non ritenuto significativo che veniva rinterato o abbandonato. Lo scavo, condotto da Alcubierre e Weber, interessò prima la Villa San Marco, seguita da altre residenze. In seguito dopo una pausa di circa tredici anni, gli scavi ripresero nel 1775, concentrandosi sulla Villa Arianna e sulle aree rurali circostanti. Il lavoro condotto dagli scavatori borbonici fu ampiamente documentato e pubblicato nel 1881 da M. Ruggiero, collaboratore di Fiorelli, all’epoca direttore degli scavi di Pompei. Negli anni Cinquanta, l’interesse per il sito di Stabiae riprese, con lo scavo definitivo delle ville da parte di L. D’Orsi. In passato per motivi di conservazione numerosi affreschi sono stati staccati dalle strutture e ospitati nell’Antiquarium, inaugurato nel 1957.

Stabiae
Decorazioni murali di Villa San Marco a Stabiae. Foto: Parco Archeologico di Pompei

5. Oplontis

Tra le località vesuviane sepolte dall’eruzione del 79 d.C., Oplontis spicca per le sue testimonianze monumentali del suburbio pompeiano. Situata nella moderna Torre Annunziata, ospita un centro urbano periferico che faceva parte dell’amministrazione di Pompei. Oplontis è caratterizzata da due importanti edifici: la Villa A, conosciuta come Villa di Poppea, una sontuosa residenza, e la Villa B, di L. Crassius Tertius, non ancora aperta al pubblico, un’azienda agricola specializzata nella produzione di vino e olio. Nel cuore di Torre Annunziata si possono ammirare imponenti resti archeologici appartenenti all’antica Oplontis, menzionata solo nella Tabula Peutingeriana, una mappa medievale delle strade dell’Impero Romano, collegata a Pompei ed Ercolano. Dal 1997, gli scavi di Oplontis sono stati inclusi nell’elenco dei siti del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. Questi scavi comprendono parti significative di edifici che si trovavano nella periferia ovest di Pompei. La Villa residenziale, risalente al I secolo a.C. e ampliata durante l’età imperiale, è il principale monumento visitabile.

La Villa di Poppea a Oplontis
La Villa di Poppea a Oplontis

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