Il labirinto del Castello Bufalini in Umbria, uno dei più antichi al mondo


Realizzato tra il 1692 e il 1706 e rimasto da allora sostanzialmente inalterato, il labirinto del Castello Bufalini, situato a San Giustino in Umbria, è uno dei più antichi al mondo che hanno mantenuto le loro forme. Ecco tutte le sue particolarità.

Nel cuore dell’Alta Valle del Tevere, la Valtiberina umbra, sorge uno dei complessi architettonici quattrocenteschi più interessanti d’Italia: il Castello Bufalini di San Giustino, cittadina di diecimila abitanti tra Sansepolcro e Città di Castello. Il castello si trova proprio nel centro della città, protetto da un’antica muraglia che cela in parte il suo aspetto agli occhi di quanti passano dalla strada. Questo edificio, oggi un museo statale posto sotto la gestione della Direzione Regionale dell’Umbria, era nato come fortezza militare e se ne ha notizia già nel XIII secolo. Nel 1393, l’intero feudo di San Giustino passò alla famiglia Dotti di Sansepolcro, che mantennero l’edificio come avamposto alla difesa dei loro possedimenti. Successivamente, nel Quattrocento, all’epoca della battaglia di Anghiari che mutò gli equilibri dell’area, passò alla comunità della vicina Città di Castello, che lo adoperò per la difesa del territorio: nel 1480, il Comune decretò che il fortilizio andasse rinforzato e meglio difeso. Fu alzata una cinta di mura attorno all’edificio, ma il Comune non fu in grado di completare i lavori, così nel 1487 decise di farne passare la proprietà a un signore locale, Niccolò di Manno Bufalini, che fece ricostruire il castello nelle forme attuali, secondo il progetto dell’architetto Mariano Savelli e seguendo i suggerimenti di Giovanni e Camillo Vitelli, esperti nel campo dell’architettura militare. Il castello, che da Niccolò di Manno Bufalini (il quale ne fece la sua dimora) prese poi il nome, assunse l’aspetto attuale, quello di un’austera fortezza a pianta quadrata con quattro torrioni agli angoli, uno dei quali, la torre maestra, più grande degli altri.

La famiglia Bufalini avrebbe tenuto a lungo la proprietà del castello, che verso il 1530 da fortezza militare fu trasformato in sontuosa residenza nobiliare e a tal fine sottoposto a una importante campagna decorativa, progettata dall’architetto Giovanni di Alesso, che aveva studiato con i Sangallo a Firenze. La campagna passava anche per la realizzazione dell’arioso loggiato rinascimentale che ancor oggi caratterizza il castello, e per la trasformazione degli orti circostanti, fino a quel momento destinati a coltivazioni di sussistenza, in un rigoglioso giardino dalle sobrie forme rinascimentali. Fu tuttavia tra il Sei e il Settecento che il parco del castello divenne l’attuale giardino all’italiana ancora visitabile: la volontà dei Bufalini era infatti quella di fare del castello una dimora di piacere, ragion per cui all’epoca venne affidato all’architetto Giovanni Ventura Borghesi (cui spetta anche l’ingegnoso sistema di irrigazione che pompava acqua dal vicino torrente Vertola) un nuovo progetto di ristrutturazione che portò l’interno ad assumere nuove forme tardobarocche, con stucchi e cicli affrescati che comunque non andarono ad alterare in maniera sostanziale le antiche decorazioni cinquecentesche, tuttora visibili in alcune delle sale.

Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Castello Bufalini
Castello Bufalini
Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project

Si trattava di un giardino organizzato secondo un progetto ben definito: venne diviso in sette aree tra loro collegate e racchiuse da percorsi perimetrali che scorrevano a fianco del fossato e del muro di cinta del castello. E in una di queste aree venne realizzato un labirinto in siepi di bosso che doveva servire soprattutto a far divertire gli ospiti dei Bufalini e che può essere considerato uno dei labirinti più antichi al mondo: lo si trova vicino a due alti cipressi, piantati il 4 novembre del 1694 (abbiamo ancora la data), e che sono tra gli alberi più antichi del parco. È un tracciato di forma trapezoidale, che si sviluppa su di una superficie di 670 metri quadri: ha un unico accesso e i suoi meandri conducono verso ben tre diversi centri.

La prima pianta del labirinto risale al 1706: troviamo lo schema tracciato in una Pianta del palazzo e giardino di villa di S. Giustino dei sign.ri March.si Bufalini che dimostra come, in più di tre secoli, il labirinto sia stato modificato con aperture tra le siepi che, in epoca successiva alla realizzazione del primo tracciato, hanno portato alle forme attuali all’interno del tracciato, rimasto invece inalterato. Il fatto che si conservi una pianta così antica del labirinto è forse la più peculiare particolarità del dedalo di San Giustino: difficilmente piante di labirinti tuttora esistenti ci sono giunte a secoli di distanza. Senza contare che la datazione della mappa ci consente di fissare un termine post quem per la realizzazione del labirinto, ovvero una data alla quale l’opera doveva già essere stata sicuramente eseguita. Ma è anche la conformazione del tracciato a sorprendere, con il percorso tra le siepi di bosso modificato e frammentato nel corso dei secoli, senza però che se ne conoscano i motivi. È possibile però che queste trasformazioni possano essere fissate attorno agli anni Venti dell’Ottocento, quando si tendevano a modificare i percorsi dei labirinti più antichi per facilitarne le operazioni di manutenzione. Secondo l’ingegnere Ettore Selli, il labirinto del Castello Bufalini appartiene a una fattispecie di dedali nata tra Sei e Settecento con il labirinto di Palazzo Papafava a Padova: “questa categoria di labirinti”, spiega Selli, “presenta siepi che risultano essere un insieme di più ramificazioni separate tra loro, alcune delle quali possono comprendere porzioni di tracciato, generando delle cosiddette ‘isole di siepi’. Chiaramente si tratta di un’evoluzione architettonica rispetto ai modelli semplici, capace di incrementare il livello di difficoltà mediante corti circuiti molto ampi: in questo caso, se il centro si trova dentro a un’isola di siepi, il metodo risolutivo chiamato la ‘regola della mano’ permetterà di uscire dal labirinto, ma non di raggiungerne il centro, il quale risulterà aggirato”.

Il labirinto di Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Il labirinto di Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Il disegno del labirinto in un foglio del XVIII secolo
Il disegno del labirinto in un foglio del XVIII secolo
Il labirinto di Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Il labirinto di Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Il labirinto di Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Il labirinto di Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Il labirinto di Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Il labirinto di Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Il labirinto di Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Il labirinto di Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Il labirinto di Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project
Il labirinto di Castello Bufalini. Foto: Alessandro Pasquali / Danae Project

Le siepi di bosso che compongono il labirinto del Castello Bufalini, secondo la Direzione Regionale Musei dell’Umbria, potrebbero essere ancora, magari in parte, quelle che vennero piantate nel 1692, quando presumibilmente cominciò la realizzazione del dedalo, se dobbiamo immaginarlo contemporaneo alla piantumazione dei due grandi cipressi situati nei pressi dell’entrata.

Il castello passò al demanio nel 1989, in maniera pressoché integra, dal momento che l’interno serba ancora gli affreschi (il cui aspetto in parte contrasta con quello severo dell’esterno) e persino buona parte degli arredi cui accumulati tra il Cinquecento e l’Ottocento, in grado di riflettere il gusto delle generazione dei Bufalini che hanno abitato queste sale. Il capitolo più recente della storia del labirinto rimonta al 21 aprile 2024, quando per la prima volta il dedalo viene aperto in maniera continuativa al pubblico, fino al mese di ottobre, ogni terza domenica del mese (anche se soltanto su prenotazione, e per gruppi di al massimo dieci persone, suddivisi su turni: questo per preservare l’integrità di un’opera che ha pochi altri eguali nel mondo, per aver conservato nell’arco di tre secoli il suo aspetto con poche alterazioni). Questa apertura, ha detto Veruska Picchiarelli, direttrice di Castello Bufalini, è funzionale al processo di recupero e rivalutazione dell’intero complesso monumentale, per consentire il raddoppio e la riqualificazione del percorso di visita. Affinché sempre più persone conoscano questa perla dell’Italia centrale.


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