Prezzi dei biglietti dei musei: ecco la vera rivoluzione che dovremmo mettere in atto


Cambiano i tariffari dei biglietti dei musei, ma non cambiano le politiche dei prezzi: ecco alcune misure che dovremmo mettere in atto per una vera rivoluzione.

Le recenti modifiche al tariffario dei biglietti d’ingresso alla Galleria degli Uffizi e musei annessi, con prezzi differenziati per alta e bassa stagione, hanno riportato al centro del dibattito sui musei proprio la questione dei prezzi dei biglietti. Al di là delle considerazioni che si possono avanzare attorno ai ritocchi che hanno interessato il museo più visitato di Firenze (due pensieri al volo: da un lato non saranno certo tre euro e cinquanta centesimi in più a fermare la smania di selfie dei turisti “mordi-e-fuggi”, dall’altro l’introduzione di un abbonamento annuale per una fruizione più partecipata, specie da parte di chi a Firenze si reca spesso, e l’abolizione della formula “biglietto maggiorato per mostra” sono misure da salutare positivamente), c’è un aspetto da mettere subito in chiaro: per avvicinarsi veramente agli standard europei, che in tali frangenti vengono spesso invocati per giustificare qualunque approccio possibile, dall’immobilismo di chi ritiene che i nostri musei siano già paragonabili ai loro omologhi inglesi, francesi e tedeschi, fino alle velleità di quanti vorrebbero alzare i costi per allinearli a quelli degli istituti stranieri (i cui prezzi sono mediamente più alti rispetto a quelli italiani: tuttavia non accade quasi mai che i fautori dei rialzi rapportino le tariffe al costo medio della vita nei paesi presi a modello), occorrerebbe, oggi più che mai, analizzare quali sono le politiche che i musei europei mettono in atto oltre il mero prezzo del biglietto. Guardare all’Europa non solo per il valore nominale dei biglietti, ma per quello che dietro ai biglietti si cela, e ricavarne spunti al fine di migliorare la fruibilità dei nostri luoghi della cultura, sarebbe già una rivoluzione, forse piccola, ma comunque vera e forte.

La Tribuna degli Uffizi
La Tribuna degli Uffizi

Consci del fatto che la gratuità totale, anche solo per i musei statali, appare al momento operazione assai improbabile, dacché si tratterebbe di trovare coperture per 175 milioni di euro lordi l’anno, rimane aperta la possibilità di percorrere strade che in Europa sono ordinaria prassi, mentre in Italia assumono le sembianze di sporadici e poco diffusi tentativi, quando non sono addirittura del tutto ignote ai nostri musei. Si tratta di strade che, peraltro, non sarebbero neppure difficili da seguire e che condurrebbero veramente alla direzione di favorire la fruizione da parte dei residenti, disincentivare la frequentazione occasionale e, al contrario, spingere il pubblico a recarsi più spesso al museo, aumentare la partecipazione, rendere i musei luoghi vivi e aperti, siti di sviluppo della cittadinanza consapevole e attiva, oltre che, ovviamente, istituti accoglienti per i turisti. Proviamo a vederne alcune, ben sapendo che si tratta comunque di un elenco tutt’altro che esauriente.

Si potrebbe, intanto, cominciare con l’introduzione di riduzioni per chi entra al museo nelle ultime ore di apertura: succede, per esempio, a Parigi, al Musée d’Orsay, dove il pubblico che entra dalle 16:30 in poi ha diritto al biglietto scontato (il museo chiude alle 18, la biglietteria alle 17). Al Louvre è previsto anche l’ingresso gratuito, dalle 18 del venerdì, per i minori di 26 anni di tutte le nazionalità (mentre per i minori di 26 anni comunitari è sempre gratuito). E, sempre a proposito di orari d’apertura, sarebbe bello se tutti i musei italiani prevedessero almeno un giorno alla settimana, tutto l’anno, con orario d’apertura serale: è davvero frustrante sapere che, in certe città (e questo senso di frustrazione aumenta soprattutto d’estate), non è possibile visitare un museo dopo cena, quando ci sarebbe una buona parte di pubblico che sarebbe ben lieta di godere d’un museo dopo il calare del sole. Questo succede in diversi musei: ai già citati Louvre e Musée d’Orsay, alle Pinacoteche di Monaco di Baviera, a Londra alla National Gallery, alla Tate Modern e al British Museum, alla Kunsthaus di Zurigo, al Kunsthistorisches Museum di Vienna, alla Galleria Nazionale di Oslo.

Un’ulteriore misura di grande civiltà sarebbe l’introduzione di riduzioni, se non di gratuità, per chi non ha un’occupazione, previa esibizione di adeguata documentazione. Succede in moltissimi musei: al Louvre, al Musée d’Orsay, al Museu Nacional d’Art de Catalunya di Barcellona, al Museo dell’Acropoli di Atene (ingresso gratis), agli Staatliche Museen di Berlino, allo Städel Museum di Francoforte, al British Museum, all’Ashmolean Museum di Oxford (ingresso ridotto). Si potrebbero poi introdurre biglietti speciali per famiglie, composte da una coppia e uno o più bambini o ragazzi, per evitare esborsi troppo onerosi: occorre però dire che, almeno su questo aspetto, molti musei italiani stanno dimostrando di essere particolarmente recettivi.

Ancora: affinché la visita al museo sia una vera esperienza culturale, completa e integrata col resto delle possibilità che la città ha da offrire, sarebbe possibile pensare a due ulteriori provvedimenti. Il primo: estendere la validità del biglietto a un periodo di almeno due giorni, soprattutto se il museo è grande e quindi passibile d’esser visitato con calma e lentamente. Questo succede, per esempio, al Museu Frederic Marès di Barcellona, dove il biglietto d’ingresso, che peraltro ha un costo irrisorio, ha validità di sei mesi a partire dalla data d’emissione. Il secondo: prevedere convenzioni con altri istituti della città se si presenta il biglietto d’ingresso al museo. Anche in tal caso gli esempî si sprecano: per citare nuovamente uno dei musei elencati poc’anzi, con il biglietto del Musée d’Orsay si ha diritto, negli otto giorni successivi alla visita, a una riduzione sull’ingresso al Musée National Gustave Moreau, all’Opéra di Parigi e al Musée National Jean-Jacques Henner.

Vogliamo dunque musei più ospitali, musei come luoghi in cui si sviluppa il senso civico, musei in grado di trasformare il visitatore occasionale in frequentatore consapevole, capaci di privilegiare chi torna a scapito di chi invece vi mette piede solo per dire “ci sono stato”, musei in grado di favorire un turismo accorto e intelligente? Allora si pensi soprattutto al rapporto tra museo e abitanti della città, e a misure volte a incentivare e far crescere questo rapporto. Su alcune di quelle sopra elencate molti musei già stanno lavorando, altre invece probabilmente non sono mai state neppure prese in considerazione: il percorso è lungo e non privo di difficoltà, ma i risultati sicuramente ripagheranno l’impegno. Perché un museo che attrae i locali che risiedono nella città in cui l’istituto ha sede sarà sicuramente, senza ombra di dubbio alcuno, un museo accogliente anche per i turisti. Il ragionamento inverso, invece, non vale.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Giornalista d'arte, nato a Massa nel 1986, laureato a Pisa nel 2010. Ho fondato Finestre sull'Arte con Ilaria Baratta. Oltre che su queste pagine, scrivo su Art e Dossier e su Left.

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