Sicilia, completato il recupero del relitto della nave romana Marausa 2. Sarà restaurato


In Sicilia sono finite le lunghe e complesse operazioni di recupero del relitto della nave romana Marausa 2, importante nave oneraria in ottimo stato di conservazione. Dopo il recupero partiranno gli interventi di restauro e conservazione di questo notevole relitto. 

In Sicilia è stata completata l’opera di recupero del relitto di una antica nave romana lunga 11 metri per trasporto commerciale, di straordinaria importanza per conservazione e contenuto, rinvenuto a luglio 2020 nel mare del comune di Misiliscemi, sulle coste trapanesi in vicinanza della località di Marausa, ad appena 100 metri dalla riva e a soli 2 metri di profondità. Mozia, Lilibeo e Drepanum, porti di riferimento in età diverse nelle rotte mediterranee, continuano dunque a farci scoprire elementi del crocevia di traffici marittimi di cui la Sicilia era crocevia, regalando ogni volta reperti che stupiscono per il loro livello di conservazione.

La scoperta del relitto infatti, dal grande valore archeologico, ha fatto partire subito i lavori per lo studio e per valutare la fattibilità di riportarlo a terra ferma con una operazione realizzata grazie a finanziamento europeo da 500mila euro che concretizzata a luglio 2023 per concludersi nei primi giorni di ottobre portandola via mare integra fino al porto di Marsala (ospitata all’interno dell’area archeologica di Lilibeo, l’antica Marsala).

Per l’operazione di trasporto marittimo della nave romana il relitto è stato racchiuso in una struttura metallica, una sorta di gabbia, che ha permesso di sollevarlo dai fondali e di farlo galleggiare per permettere il trasporto trainata da altre navi lungo la costa siciliana per 30 km fino appunto a Marsala. Poi, con un trasporto eccezionale su strada, è stata trasportata al Museo Archeologico Baglio Anselmi di Marsala, dove verrà immerso in una vasca d’acqua dolce per iniziare il processo di desalinizzazione, propedeutico ai successivi interventi di restauro e conservazione. Grazie alle nuove tecniche, quindi, non è stato necessario smontare la nave, che è rimasta intatta.

Operazione molto complessa, dunque, per salvaguardare la nave che è databile al III secolo d.C., di epoca imperiale con lo scafo ancora integro e con il carico di anfore e altri manufatti ancora intatto custodito al suo interno. Tutti i reperti sono stati trasferiti presso il Museo Baglio Anselmi di Marsala, per essere sottoposti al primo intervento di restauro e conservazione.

“Il team di archeologi e tecnici subacquei, coordinati dalla Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana”, afferma l’assessore ai Beni culturali e identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato, “ha progettato e diretto l’intera operazione di recupero che rappresenta un evento di straordinaria importanza. Per la prima volta in Sicilia viene effettuata una operazione complessa e delicata che ha consentito il trasporto via mare senza intaccare la struttura originaria dell’imbarcazione”.

La nave romana è stata denominata “Marausa 2”, dopo il primo ritrovamento simile avvenuto nel 1999: lo scafo oggi portato a terra ferma è ritenuto il “gemello” di quello già scoperto in quell’anno nello stesso luogo a circa 500 metri di distanza sotto una spessa coltre di sabbia e posidonia. A quell’epoca furono rinvenuti i resti di una grande nave da trasporto lunga 16 metri e larga 8 (che ne fa il più grande relitto mai tirato fuori nei nostri mari), di epoca tardo-romana, adagiata sul fondo, praticamente intatta (grazie alla copertura naturale), recuperata con un’operazione da 800mila euro nel 2011. Il relitto (a questo punto identificabile come Marausa “1”) è stato esposto nelle sale del museo di Baglio Anselmi, a Marsala e il carico era costituito da tipologie di anfore africane chiuse da tappi di sughero utilizzate per il trasporto di frutta secca (pinoli, nocciole, mandorle, pesche, fichi secchi), olive e con ogni probabilità vino e garum (salsa di pesce).

Dalle indagini eseguite, il “Marausa 2”, potrebbe essere una nave oneraria (adibita al trasporto di merci), del IV secolo d.C., di grande interesse scientifico, soprattutto per le tecniche costruttive navali di questo particolare periodo storico. Lo stato di conservazione, pur dopo 1700 anni, è stato definito “stupefacente”, e le operazioni di recupero, coordinate dalla Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, sono state complesse e hanno richiesto l’impiego di tecnologie d’avanguardia. Dopo una prima fase di scavo e documentazione fotografica del sito, è iniziata la messa in sicurezza del relitto, protetto da reti e tessuti. Successivamente, intorno allo scafo è stata montata una struttura metallica che ha consentito di sollevare l’intera imbarcazione in maniera unitaria.

Gli storici confidano che i reperti permettano di illuminare ulteriormente le informazioni sugli scambi commerciali tra Roma e le province nordafricane. Le anfore trasportate dalla nave contenevano con ogni probabilità vino, olio d’oliva e altri generi alimentari.

Sul Marausa 1 c’è da dire che rappresenta uno dei più importanti ritrovamenti subacquei in Italia gli oggetti recuperati ed esposti attualmente presso il Museo Archeologico Pepoli di Trapani, in particolare le ceramiche, attestano la funzione del relitto come nave oneraria, destinata al trasporto di derrate, quali frutta secca, vino e conserve di pesce, contenute in anfore. La compresenza di anfore, rivestite di resina e non, dimostra la varietà delle merci trasportate (databili tra la fine del III e il IV secolo d.C. ed è prevalentemente di produzione nord-africana). La presenza di ceramica africana da mensa e da cucina e il rinvenimento di resti animali destinati all’alimentazione dell’equipaggio, costituiscono importanti testimonianze della vita di bordo.

Entrambe le navi probabilmente sono affondate durante la manovra di ingresso nel fiume Birgi, che a quell’epoca era una via navigabile per parecchi chilometri (la foce del corso naturale del fiume era proprio qui fino al 1961 quando per la costruzione dell’aeroporto di Trapani-Birgi, fu spostato l’alveo del fiume due km più a sud).

Nell’immagine, il relitto del Marausa 2. Foto: Salvo Emma

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