Durante gli scavi condotti dalla missione archeologica dell’Università degli Studi di Palermo, attiva sull’isola di Mozia, in provincia di Trapani, in virtù di un accordo con la Soprintendenza ai Beni Culturali di Trapani, è stata rinvenuta una scultura greca in marmo: una figura femminile raffigurata mentre sembra avanzare, vestita con un chitone (una tunica senza maniche) e un himation (capo di abbigliamento realizzato con un telo rettangolare, drappeggiato sulla spalla sinistra), priva della parte superiore del busto e della testa.
La statua misura 72 centimetri di altezza, incluso il piccolo basamento su cui sono appoggiati i piedi. La rottura del busto non è dovuta a un danneggiamento casuale, ma risulta da un taglio tecnico della pietra, come indicato dalla presenza di due fori con resti di elementi metallici utilizzati per il collegamento, a testimonianza che l’opera era composta da almeno due blocchi distinti.
Il reperto è stato trovato all’interno del “Ceramico” di Mozia (Area K), una delle più vaste officine ceramiche puniche del Mediterraneo centrale. La statua giaceva in posizione orizzontale, sul margine di una vasca che conteneva l’argilla impiegata nella realizzazione di vasi e terrecotte figurate nel V secolo a.C., periodo di massimo sviluppo e attività produttiva della città. La rimozione e il deposito della statua sembrano risalire alla fase finale di utilizzo dell’officina, probabilmente in coincidenza con l’inizio dell’assedio dionigiano nel 397 a.C. Si può anche ipotizzare che la scultura fosse originariamente collocata all’interno della stessa officina, in relazione a nuove strutture murarie emerse durante gli scavi.
La scoperta della statua conferma la presenza, nella città fenicia, di pregevoli opere d’arte greca e contribuisce a delineare un quadro di intense interazioni culturali nel contesto della Sicilia greco-punica.
“Questo ritrovamento”, ha affermato l’assessore regionale ai Beni culturali e identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato, “conferma l’importanza del lavoro di ricerca e tutela che portiamo avanti ogni giorno. Una scoperta importante che testimonia, ancora una volta, quanto la Sicilia sia stata nei secoli un crocevia di civiltà, ma soprattutto quanto l’isola continui a restituirci testimonianze preziose che meritano di essere conosciute e condivise”.
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