Duccio di Buoninsegna: vita, opere e capolavori del grande pittore senese


Duccio di Buoninsegna: la vita e le opere principali del padre della scuola senese del Trecento.

Duccio di Buoninsegna (Siena, 1255 circa - 1318) è uno dei pittori più significativi e influenti della storia dell’arte italiana. Non abbiamo molte informazioni sul suo conto, ma la sua arte fu imprescindibile per gli artisti delle generazioni successive. Duccio, considerato il padre della scuola senese, si formò sul solco della tradizione della sua città natale, Siena, che si basava ancora su uno stile bizantineggiante, e la aggiornò sulle conquiste di Cimabue (spesso i due furono talmente vicini, che in passato molte opere di Duccio vennero attribuite a Cimabue) e sulle novità del gotico francese: in particolare, Duccio conferì alla scuola senese quel gusto raffinato ed elegante che, da lui in poi, sarebbe stata una delle caratteristiche peculiari delle opere prodotte a Siena. Non sono molte le opere che ci rimangono di Duccio di Buoninsegna, e i suoi capolavori sono perlopiù conservati in Toscana.

Tutta la pittura senese successiva, da Simone Martini ai fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti (che furono forse suoi allievi) ebbero in Duccio il principale punto di riferimento: all’epoca, Siena contendeva a Firenze il primato dell’arte, e di conseguenza Duccio fu uno dei principali punti di riferimento del suo tempo. All’epoca in cui lavorò, Siena era una città molto potente, in grado di contare su un’economia florida, e a questo aveva contribuito molto la sua stabilità politica, grazie anche a un assetto comunale che permetteva a tutti i ceti sociali della città di partecipare all’amministrazione della cosa pubblica. Nel 1260, con la battaglia di Montaperti, Siena arrivò allo scontro diretto con Firenze: la battaglia fu vinta dai senesi, che però furono a loro volta sconfitti nove anni dopo a Colle di val d’Elsa. Questi scontri ebbero conseguenze anche sul piano culturale, dal momento che tra senesi e fiorentini ci furono anche scambi artistici: per esempio, nel 1261 arrivò a Siena, come prigioniero a seguito della battaglia di Montaperti, il fiorentino Coppo di Marcovaldo, l’artista di area fiorentina probabilmente più moderno e aggiornato del tempo, e questa presenza portò un’ondata di rinnovamento nella scuola locale, che per la prima volta si apriva alle volumetrie dei fiorentini. La scuola senese infatti era rimasta fino ad allora sostanzialmente legata alla tradizione bizantina, e l’arrivo di Coppo di Marcovaldo contribuì ad aggiornarla.

Con Duccio, la scuola senese, che già vantava comunque una certa tradizione (si pensi, per esempio, alla figura di Guido da Siena, conobbe il suo primo esponente di grande spessore. La sua formazione di Duccio è molto problematica perché le notizie sui primi anni della sua vita sono poche e molto lacunose, pertanto è molto difficile ricostruire il suo percorso artistico nelle prime fasi. La notizia più antica sul suo conto risale al 1278, quando Duccio era già un pittore indipendente, dunque non abbiamo documenti sulla sua formazione e possiamo solo formulare ipotesi sulla base dei dipinti che conosciamo. E sulla formazione non tutta la critica è concorde: data l’innata eleganza di Duccio molti ritengono che la sua base avvenisse sul solco della tradizione bizantina locale, ma alcuni lo hanno anche ritenuto allievo di Cimabue, data la sua vicinanza all’artista fiorentino. C’è poi chi propende per considerarlo allievo di Guido da Siena di cui si parlava prima, un artista già comunque toccato, in maturità, dalle novità cimabuesche. Non ci sono però prove certe. Inoltre, sulla sua formazione forse ebbe un ruolo anche un pittore attivo ad Assisi, noto come il Maestro Oltremontano: proveniva dalla Francia e contribuì a diffondere anche in Umbria la cultura figurativa francese (alcuni studiosi infatti ipotizzano una presenza giovanile di Duccio ad Assisi, dove avrebbe assistito Cimabue e dove avrebbe quindi osservato anche l’arte del Maestro Oltremontano).

Duccio di Buoninsegna, Madonna col Bambino in trono e angeli, detta Madonna Rucellai (1285; tempera su tavola e fondo oro, 450 x 290 cm; Firenze, Galleria degli Uffizi, in deposito dalla chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, Comune di Firenze)
Duccio di Buoninsegna, Madonna col Bambino in trono e angeli, detta Madonna Rucellai (1285; tempera su tavola e fondo oro, 450 x 290 cm; Firenze, Galleria degli Uffizi, in deposito dalla chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, Comune di Firenze)

Biografia di Duccio di Buoninsegna

Duccio di Buoninsegna nasce a Siena, probabilmente attorno al 1255: poiché non rimangono documenti sui primi anni della sua vita, la data di nascita è ipotizzata sulla base di notizie successive. La famiglia è di origini lucchesi (il nonno di Duccio era nato a Lucca). L’artista viene citato per la prima volta nel 1278 in un pagamento ricevuto dal Comune di Siena per aver dipinto delle casse per documenti. Risale invece al 1279 un altro documento che gli riconosce un pagamento per aver miniato le copertine di due libri. Nel 1280, Duccio riceve una multa per un reato di cui non conosciamo i dettagli, ed è la prima di una lunga serie: ciò ha portato gli studiosi a ipotizzare che Duccio vivesse una vita decisamente sregolata. Nel 1285, l’artista è a Firenze, dove il 15 aprile si accorda con la locale Società delle Laudi per la realizzazione di una grande tavola: è la celeberrima Madonna Rucellai (oggi conservata alla Galleria degli Uffizi), il suo primo lavoro sicuramente documentato e quindi databile con certezza.

Nel 1286 Duccio è di nuovo pagato dal Comune di Siena per la decorazione di libri, attività che continuerà ancora per almeno un decennio, mentre nel 1295 fa parte di una commissione che deve scegliere il sito in cui collocare la Fonte d’Ovile, importante bacino idrico situato alle porte di Siena e che doveva rifornire d’acqua la città. Dal 1296, per alcuni anni, è assente da Siena, ma non sappiamo dove sia andato: c’è chi ipotizza che in questo lasso di tempo possa essersi recato a Parigi, anche se non ci sono certezze al riguardo (per tanti è infatti un’ipotesi del tutto inverosimile). Ad ogni modo, nel 1302 Duccio figura di nuovo a Siena, dove sarebbe rimasto per tutto il resto della sua vita. Oltre a ricevere ancora diverse sanzioni amministrative, nello stesso anno è pagato per una Maestà che però non ci è arrivata. Nel 1308 Jacopo de’ Marescotti, Operaio del Duomo di Siena, gli commissiona quello che è considerato probabilmente il maggior capolavoro di Duccio, la Maestà per il Duomo oggi conservata al Museo dell’Opera del Duomo di Siena. Duccio terminerà la Maestà nel 1311: il 9 giugno di quell’anno, una processione solenne la accompagna sull’altare maggiore del Duomo. Duccio è attivo anche negli ultimi anni della sua vita: alcuni studiosi attribuiscono a lui l’affresco con la Consegna del castello di Giuncarico, scoperto negli anni Ottanta nella Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico di Siena e databile al 1314, mentre nel 1316 dipinse la splendida Maestà del Duomo di Massa Marittima. L’artista scomparve a Siena probabilmente nel 1318: nel 1319, infatti, i figli rifiutarono la sua eredità, dato che Duccio era fortemente indebitato.

Duccio di Buoninsegna, Madonna di Crevole (1283-1284; tempera e oro su tavola, 89 x 60 cm; Siena, Museo dell'Opera del Duomo)
Duccio di Buoninsegna, Madonna di Crevole (1283-1284; tempera e oro su tavola, 89 x 60 cm; Siena, Museo dell’Opera del Duomo)


Duccio di Buoninsegna, Madonna col Bambino (1300-1308 circa; tempera e oro su tavola, 97 x 63 cm; Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria)
Duccio di Buoninsegna, Madonna col Bambino (1300-1308 circa; tempera e oro su tavola, 97 x 63 cm; Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria)


Duccio di Buoninsegna, Polittico 28 (1300-1308 circa; tempera e oro su tavola, 138,6 x 241,5 cm; Siena, Pinacoteca Nazionale)
Duccio di Buoninsegna, Polittico 28 (1300-1308 circa; tempera e oro su tavola, 138,6 x 241,5 cm; Siena, Pinacoteca Nazionale)


Duccio di Buoninsegna, Maestà, recto (1308-1311; tempera su tavola, 214 x 412 cm; Siena, Museo dell'Opera del Duomo)
Duccio di Buoninsegna, Maestà, recto (1308-1311; tempera su tavola, 214 x 412 cm; Siena, Museo dell’Opera del Duomo)

Lo stile e le principali opere di Duccio di Buoninsegna

La prima opera di Duccio databile con sicurezza è la Madonna Rucellai, che è anche la più grande tavola dipinta del XIII secolo che ci sia arrivata (leggi qui un lungo e dettagliato approfondimento sull’opera). Per secoli, la Madonna Rucellai fu ritenuta opera di Cimabue: questo perché così la ricordano le fonti più antiche, risalenti al Trecento, e sulla scorta di queste fonti anche lo stesso Giorgio Vasari nelle sue Vite attribuì il dipinto a Cimabue, considerandola una delle sue opere migliori. A sgombrare il campo dagli equivoci ci pensò il ritrovamento del documento che attestava la commissione del dipinto: secondo tale documento l’opera risultava commissionata a Duccio di Buoninsegna il 15 aprile del 1285 da parte di una confraternita, la “Società della Vergine” o “Società delle Laudi”, chiamata anche “Compagnia dei Laudesi”, motivo per cui l’opera è nota anche come Pala dei Laudesi. Oggi la conosciamo come Madonna Rucellai perché nel Seicento fu spostata nella cappella gentiliza dei Rucellai, una delle più importanti famiglie fiorentine del tempo. L’opera rende evidenti le problematiche sui rapporti tra Duccio e Cimabue: dal maestro fiorentino, Duccio riprende alcuni elementi come la posa della Madonna, quella di Gesù Bambino, l’espediente degli angeli che vengono collocati attorno al trono. È però tuttavia necessario constatare anche le profonde differenze che si manifestano tra le opere di Duccio e quelle di Cimabue (per esempio nella Maestà conservata al Louvre), a cominciare dagli stessi angeli: in Cimabue apparivano su piani diversi, sovrapposti gli uni agli altri, come se quelli in alto fossero sopra una scala. In Duccio invece sono simmetricamente disposti a due a due e sono tutti inginocchiati, facendo apparire il tutto molto più astratto rispetto a Cimabue, proprio perché volano e non paiono appoggiarsi da nessuna parte, e soprattutto i colori delle vesti si fanno molto più gentili e delicati rispetto a quelli di Cimabue. Ancora, è possibile notare che le proporzioni della Madonna sono più allungate nella parte superiore del corpo, e più incerte nelle gambe rispetto a quanto avveniva in Cimabue. Sussiste quindi una diversa concezione della spazialità: intento di Duccio è quello di creare una composizione più simbolica che verosimile, retaggio della tradizione bizantina. L’elemento di grande novità è però l’introduzione delle novità derivanti dal gotico francese nella cultura figurativa toscana: questi elementi saranno quelli che più di altri contribuiranno a conferire alla pittura senese quel senso di ricercatezza e di eleganza che ne costituisce il suo tratto peculiare. Duccio fu il primo di questi artisti: notiamo questi particolari, nella Madonna Rucellai, sia nel panno che decora il trono che reca una raffinata decorazione floreale di gusto gotico, sia nella bordatura dorata del manto della Vergine che crea questo motivo un po’ irreale e arzigogolato ma molto raffinato.

Tra le altre opere che possono concorrere a suggerire un percorso nell’arte di Duccio di Buoninsegna è possibile citare le diverse Madonne, a cominciare dalla Madonna di Crevole, chiamata così in quanto per un certo periodo di tempo si trovò nella chiesa di Santa Cecilia a Crevole, nei dintorni di Siena, anche se prima si trovava nell’eremo di Montespecchio. L’opera è stata posta in relazione con un dipinto di Cimabue, la Madonna di Castelfiorentino che si trova nel Museo di Santa Verdiana a Castelfiorentino (qui un approfondimento sull’opera): l’opera di Duccio, tuttavia, è caratterizzata da una maggior umanità, che traspare non soltanto dagli incarnati che appaiono più teneri rispetto a quelli che si osservano nel dipinto di Cimabue, ma soprattutto dalle espressioni dei due personaggi (si apprezzano una maggior dolcezza, un maggior affetto negli sguardi dei protagonisti e anche nelle loro bocche, per quanto tutto l’insieme possa ancora far apparire la composizione come un’icona bizantina, e alla tradizione bizantina rimandano infatti anche i due angeli che si vedono negli angoli in alto della tavola). Anche i panneggi, con le crisografie (ovvero le striature dorate che solcano la veste) tipicamente bizantine (e comunque presenti anche in Cimabue), assumono un andamento più sinuoso ed elegante rispetto a quanto avviene nella Madonna di Cimabue. E anche la posa del Bambino del resto in Duccio appare più composta ed elegante.

Altro capolavoro di raffinatezza è la Madonna col Bambino della Galleria Nazionale dell’Umbria Perugia, che introduce un motivo nuovo nell’arte di Duccio: la Madonna infatti porta sul capo un velo bianco subito sotto la veste, e si vede che il Bambino, con un gesto molto tenero e di sorprendente naturalezza, porta questo velo verso di sé, come se ci volesse giocare. Con questa Madonna, Duccio opera un ulteriore tentativo nel processo di umanizzazione delle figure rispetto: le mani della Madonna e del Bambino si toccano, e questo sfioramento (malgrado la forma delle mani ancora tradizionale) è un particolare che introduce una dimensione di umanità mai toccata prima da Duccio, che si somma qui alle espressioni sempre molto delicate dei personaggi. Anche il chiaroscuro degli incarnati si fa più naturale, a testimoniare quindi un’evoluzione della pittura di Duccio che ha portato gli studiosi a datare il dipinto attorno al 1300. C’è anche però chi vede in questa Madonna una concessione alle volumetrie giottesche, e quindi ci sono anche studiosi che spostano l’opera a un periodo più avanzato della carriera di Duccio, attorno al 1308, epoca in cui l’arte di Giotto aveva già iniziato a diffondersi. All’incirca allo stesso periodo risale il cosiddetto Polittico 28, chiamato così perché registrato come numero 28 nel catalogo della Pinacoteca Nazionale di Siena dove è conservato. Il polittico, uno dei più antichi della pittura italiana (non sappiamo se però sia il più antico in assoluto) è composto da cinque scomparti: al centro la Madonna col Bambino e ai lati, in ordine da sinistra, i santi Agostino, Paolo, Pietro e Domenico. La Madonna, al centro, presenta notevoli somiglianze con la Madonna perugina: il capo della Madonna è coperto dal velo, e il Bambino compie lo stesso gesto di quello della tavola di Perugia, anche se qui non gioca con il velo ma direttamente con la veste della madre. Le mani non si sfiorano ma, i piedi di Gesù poggiano direttamente sulle mani della Madonna (quello destro sembra quasi muoversi in modo naturale e curioso), e l’espressione del Bambino è quasi identica a quella del Bambino della Madonna della Galleria Nazionale dell’Umbria. È quindi lecito supporre che le opere siano state prodotte nello stesso periodo.

La Maestà dell’Opera del Duomo di Siena, infine, è l’opera che forse riassume tutta l’evoluzione dell’arte di Duccio di Buoninsegna e ne costituisce il punto più alto, oltre a essere l’opera meglio documentata, dipinta tra il 1308 e il 1311. Oggi la Maestà, che è di dimensioni imponenti perché è alta più di due metri e larga più di quattro, non si trova più nel Duomo ma è conservata poco distante, al Museo dell’Opera del Duomo, dove fu trasferita nel 1878. L’opera raffigura la Madonna col Bambino in trono (la Madonna era considerata protettrice di Siena) ed è dipinta sia sul recto che sul verso, ovvero sia sul lato anteriore che su quello posteriore, e sulla facciata posteriore si trova una serie di scomparti che raccontano le storie di Cristo. Alcune parti purtroppo sono andate perdute: per esempio la predella, che raccontava storie dell’infanzia di Cristo, e alcuni scomparti nella parte alta (l’opera fu sciaguratamente smembrata nel 1771 e tante parti, oltre alle cornici, sono andate perse). Le storie sul lato posteriore sono tutte contenute in scomparti di eguali dimensioni, fatta eccezione per i due centrali che sono un più ampi, e si può notare un ordine pressoché geometrico anche sul lato principale: accanto alla Madonna, che occupa in verticale tutto il centro della composizione, i santi si dispongono su tre piani paralleli e simmetrici, e hanno tutti la stessa altezza. Questo ordine ha una funzione, che è quella di conferire maestosità e solennità alla composizione. Ritroviamo nella Maestà tutte le caratteristiche che hanno reso grande l’arte di Duccio: i volti dei santi sono molto delicati (in particolare quelli delle figure femminili), si nota simmetria, una grande profusione di oro, nel fondo e nelle aureole (l’oro rimanda alla luce di Dio, quindi riveste una funzione simbolica), uno spiccato gusto per l’eleganza che si ravvisa da molti particolari, a cominciare dal manto bordato d’oro della Vergine con le sue linee sinuose e dalle decorazioni degli abiti di certi santi, come quello di san Savino, il santo inginocchiato proprio ai piedi del trono. I quattro santi in primo piano hanno un ruolo ben definito in quanto sono i quattro santi protettori di Siena: sant’Ansano, san Savino, san Crescenzio e san Vittore. La Madonna della Maestà di Duccio, che ovviamente ha ancora un’iconografia di derivazione bizantina ed è ancora pregna di quella raffinatezza che derivava al nostro artista dalla vicinanza ai modelli francesi, inizia ad aprirsi alle novità giottesche che si erano già manifestate da alcuni anni, per esempio nella Madonna di Perugia. Tra queste novità, per esempio, il trono (di gusto cosmatesco e rivestito con un panno decorato) che non è più posto in tralice, di tre quarti, ma è reso con una prospettiva intuitiva frontale, che lo rende quindi ben più verosimile rispetto ai troni che Duccio aveva raffigurato in precedenza. Questo espediente conferisce poi una maggior monumentalità alla figura della Madonna, che accresce ulteriormente il senso di solennità emanato da questa splendida Maestà. Da Giotto deriva poi la nuova sensibilità per i chiaroscuri e per la calibrazione delle luci: il tutto appare molto più ragionato e naturalistico rispetto a quanto Duccio aveva fatto in passato. Si nota quindi un’interessante commistione tra elementi giotteschi ed elementi della scuola senese: è la prima opera di Duccio in cui si osserva questo fenomeno, e le poche opere successive continueranno su questa strada. Ma è con la Maestà di Duccio di Buoninsegna che si apre il grande Trecento senese.

Dove vedere le opere di Duccio di Buoninsegna

Per scoprire l’arte di Duccio è imprescindibile una visita a Siena: in città è possibile visitare il Museo dell’Opera del Duomo dove si trovano due indiscussi capolavori, uno della maturità (la Maestà) e uno giovanile (la Madonna di Crevole), oltre alla Pinacoteca Nazionale. Sempre nella città natale, non si può rinunciare a una visita al Palazzo Pubblico per ammirare la Consegna del castello di Giuncarico, affresco del 1314 da molti studiosi dato a Duccio.

Nei dintorni di Siena, il Museo d’Arte Sacra della Val d’Arbia a Buonconvento ospita la Madonna col Bambino nota come “Madonna di Buonconvento”. A Firenze si può ammirare la Madonna Rucellai agli Uffizi, mentre resti di affreschi di Duccio si trovano nella Basilica di Santa Maria Novella (cui era peraltro destinata la Madonna Rucellai). A Torino, la Galleria Sabauda conserva un altro capolavoro precoce, la Madonna Gualino. A Perugia, la Galleria Nazionale dell’Umbria conserva la Madonna col Bambino nota anche come “Madonna di Perugia”. Infine, tra le rare opere certe di Duccio, è possibile vedere la Maestà di Massa Marittima nel Duomo della città maremmana.


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