Il Rinascimento in Umbria e a Roma. Origini, sviluppi, artisti


Le origini e lo sviluppo del primo Rinascimento in Umbria e a Roma. Artisti, opere, stili.

Una delle zone più artisticamente attive nell’Italia del Quattrocento fu l’Umbria. Nella regione, il ruolo di guida spettò alla città di Perugia, che già alla fine del Trecento si era trasformata da comune a signoria: si succedettero al governo della città diverse delle potenti famiglie locali (i Michelotti, i Fortebracci, i Baglioni, con una interruzione in cui la città passò sotto i domini del milanese Gian Galeazzo Visconti), ma alla fine furono i Baglioni a prevalere. Questi ultimi ottennero il dominio della città nel 1424 con Malatesta Baglioni, e ne ressero le sorti per oltre cento anni, ovvero fino al 1540, quando Perugia perse la sua autonomia ed entrò a far parte dei domini ecclesiastici.

Il dominio baglionesco garantì alla città un periodo di lunga prosperità che diede un notevole impulso alla scuola artistica locale: così l’Umbria, dopo oltre cent’anni dal cantiere di Assisi, torna al centro delle vicende artistiche della penisola, grazie anche al mecenatismo dei Baglioni, che non raggiunse le vette di quello di altre corti italiane ma ebbe comunque il merito di far arrivare a Perugia artisti che portarono novità e cambiamento. Primo su tutti Domenico Veneziano, che lavorò a Perugia per i Baglioni e contribuì a sviluppare negli artisti locali il gusto per le atmosfere delicate e raffinate. La città di Perugia registrò anche la presenza di Piero della Francesca: molti artisti della scuola umbra dimostrarono di guardare al suo ordinato rigore geometrico. Dalla Toscana giunsero poi altri due interessanti interpreti del Rinascimento, vale a dire Benozzo Gozzoli e Domenico di Bartolo. Centri minori della regione ospitarono anche altri dei più grandi geni del Rinascimento: a Orvieto furono attivi il Beato Angelico e, successivamente, Luca Signorelli, a Spoleto invece Filippo Lippi trascorse l’ultima parte della sua carriera artistica e della sua esistenza.

Gli artisti del Rinascimento in Umbria

Il primo degli artisti umbri a recepire le novità rinascimentali fu Benedetto Bonfigli (Perugia, 1420 circa - 1496), che compì la sua parabola artistica parallelamente all’altro “capostipite” del Rinascimento umbro, ovvero Bartolomeo Caporali (Perugia, 1420 circa - 1505 circa): i due furono coetanei e collaborarono spesso nel corso della loro carriera. Il loro stile fu per certi versi simile: entrambi si erano formati in ambito tardogotico e tutt’e due furono ben presto affascinati dal Rinascimento lirico di Domenico Veneziano. È tuttavia a Benedetto Bonfigli che spetta il merito di aver saputo cogliere per primo le novità, e fu lui l’artista che seppe assumere un ruolo di primo piano in città aggiudicandosi committenze sia pubbliche che private (Annunciazione dei Notari, 1450-1455 circa, Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria). Più tarda invece fu l’attenzione alle novità rinascimentali da parte di Bartolomeo Caporali.

Il merito di aver fatto uscire la scuola umbra dai confini regionali spetta però ai due grandi artisti della generazione successiva, Pietro Vannucci detto il Perugino (Città della Pieve, 1450 circa - Fontignano, 1523) e Bernardino di Betto detto il Pinturicchio (Perugia, 1454 circa - Siena, 1513). Questi ultimi furono autori di una rilettura dei risultati raggiunti dai maestri che li precedettero, alla luce dei più moderni esiti della pittura italiana. Il Perugino prese le mosse dalla delicatezza della scuola umbra, che fece sua raggiungendo un elevatissimo grado di lirismo che è forse la specifica più evidente della sua arte, per poi aggiornare le istanze umbre prima sull’arte di Piero della Francesca, costruendo rigorose composizioni prospettiche (Pietà, 1485 circa, Firenze, Uffizi), e quindi sul naturalismo del Verrocchio (Adorazione dei Magi, 1473 circa, Galleria Nazionale dell’Umbria). Il Perugino fu a contatto con il Verrocchio durante il suo soggiorno a Firenze, città dove peraltro aprì una bottega che diventò una delle più fiorenti. Gli inizi sia del Perugino che del Pinturicchio, e il cambio di stile radicale della scuola umbra, sono però da ricercarsi in un momento che segnò un notevole stacco dalle esperienze precedenti, ovvero il ciclo realizzato dalla cosiddetta Bottega del ’73. Con questo termine si indica un gruppo di artisti umbri (tra i quali gli stessi Pinturicchio e Perugino, a cui si ipotizza che toccasse la direzione dei lavori) autori un ciclo di otto tavole dedicate alle Storie di san Bernardino (Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria), che costituirono il primo esempio dell’influenza pierfrancescana sulla scuola locale.

Il Pinturicchio partì più o meno dalle stesse esperienze del Perugino, ma la sua arte raggiunse risultati del tutto differenti. Al Pinturicchio mancavano sia il lirismo che quella capacità di costruire realizzazioni solenni, di cui spesso il Perugino seppe dar prova. L’ingegno pinturicchiesco si riversò sulla creazione di opere estremamente fantasiose e connotate da un gusto per il decorativismo privo di precedenti nell’arte Rinascimentale (Volta della sala delle Sibille, 1492-1494, Roma, Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Appartamento Borgia). Alla formazione del gusto del Pinturicchio contribuì un evento fondamentale, ovvero la scoperta degli antichi affreschi della Domus Aurea a Roma: il Pinturicchio fu tra i primi artisti a osservare e studiare queste rarissime pitture che provenivano dalla Roma imperiale, e seppe riproporre nella sua arte, rielaborandoli e adattandoli al gusto moderno, i motivi decorativi antichi. Pinturicchio eccelse nella tecnica dell’affresco e fu uno dei maggiori frescanti (ovvero pittori dediti alla pittura ad affresco) del suo tempo.

Benedetto Bonfigli, Annunciazione dei Notari (1450-1455; tempera su tavola; Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria)
Benedetto Bonfigli, Annunciazione dei Notari (1450-1455; tempera su tavola; Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria)
Pietro Perugino, Pietà (1485 circa; olio su tavola, 168 x 176 cm; Firenze, Gallerie degli Uffizi)
Pietro Perugino, Pietà (1485 circa; olio su tavola, 168 x 176 cm; Firenze, Gallerie degli Uffizi)
Pietro Perugino, Adorazione dei Magi (1470-1473 circa; tempera su tavola, 241 x 180 cm; Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria)
Pietro Perugino, Adorazione dei Magi (1470-1473 circa; tempera su tavola, 241 x 180 cm; Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria)
Pietro Perugino, San Bernardino restituisce la vista a un cieco (1473; tempera su tavola, 75 x 56,5 cm; Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria)
Pietro Perugino, San Bernardino restituisce la vista a un cieco (1473; tempera su tavola, 75 x 56,5 cm; Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria)
Pinturicchio, Volta della Sala delle Sibille (1492-1494; affreschi; Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Appartamento Borgia)
Pinturicchio, Volta della Sala delle Sibille (1492-1494; affreschi; Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Appartamento Borgia)

L’avvio del Rinascimento a Roma

Roma, capitale dello Stato Pontificio, non ebbe agli inizi del Rinascimento una propria scuola artistica: la nascita del Rinascimento a Roma fu dovuta alla presenza di artisti stranieri. Il primo pontefice a mettere in atto la volontà di tirare fuori Roma dal torpore artistico trecentesco fu Martino V: salito al soglio pontificio nel 1417 dopo un concilio tenutosi a Costanza e arrivato a Roma solo nel 1420, resosi conto della situazione di degrado in cui versava la città, iniziò la sua opera di sistemazione e di rinnovamento urbanistico. A questa opera di ammodernamento corrispose una rinnovata passione per l’antichità classica che portava a Roma diversi artisti stranieri con l’intento di studiare l’arte della Roma antica, tanto che furono presenti in città i tre padri del Rinascimento (Filippo Brunelleschi, Donatello e Masaccio). Successivamente, sotto il pontificato del papa-umanista Tommaso Parentucelli, salito al soglio di Pietro con il nome di Niccolò V, a Roma prese il via anche un raffinato umanesimo che pose le basi del successivo sviluppo delle arti. Negli anni a cavallo tra quinto e sesto decennio del Quattrocento operarono a Roma umanisti come Leon Battista Alberti, amico personale di Niccolò V, e Lorenzo Valla, uno dei massimi filologi del tempo. Grazie all’aiuto dei letterati presenti a Roma, Niccolò V fu in grado di iniziare la costituzione di una Biblioteca che sarebbe in seguito diventata la Biblioteca Vaticana, ancora oggi una delle più importanti del mondo. Sempre Niccolò V fu il primo pontefice che intuì il ruolo dell’arte per conferire prestigio al proprio Stato, tant’è che chiamò in città artisti come Benozzo Gozzoli e il Beato Angelico: quest’ultimo fu autore degli affreschi della Cappella Niccolina, uno dei più importanti cicli della Roma rinascimentale. La tradizione umanista a Roma continuò poi con papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, altro importante umanista che diede un eccezionale impulso allo studio delle lettere.

Tutti questi pontefici avevano saputo anche arricchire notevolmente lo Stato della Chiesa attraverso accorte politiche economiche e fiscali: così, quando Francesco della Rovere fu eletto papa nel 1471 con il nome di Sisto IV, il pontefice poteva disporre di ingenti capitali da investire nell’arricchimento artistico e culturale di Roma. Sisto IV fu un papa estremamente nepotista, tessitore di intrighi politici (si scontrò duramente con Lorenzo il Magnifico nel tentativo di far arrivare fino a Firenze l’influenza dello Stato pontificio, e si trovò coinvolto nella guerra tra Venezia e Ferrara) e praticò costumi che andavano nettamente contro il dettato evangelico. Fu però anche uno dei più eccelsi mecenati del tempo: stimolò lo studio delle lettere invitando alla corte pontificia umanisti come il Platina e Pomponio Leto e diede il via ad alcune delle opere artisticamente più significative del tempo, prima tra tutte la Cappella Sistina, che da lui prende il nome. Per la realizzazione di questa magnifica opera d’arte, portata a termine nel 1483, Sisto IV chiamò a Roma i più grandi del tempo: Sandro Botticelli, Domenico del Ghirlandaio, Cosimo Rosselli, il Perugino e i loro collaboratori, molti dei quali sarebbero poi diventati a loro volta altri grandi artisti (Luca Signorelli, Bartolomeo della Gatta, Biagio di Antonio e Piermatteo d’Amelia). Sempre Sisto IV chiamò poi a Roma altri grandi del tempo che furono però impegnati in altre opere: Melozzo da Forlì, che assunse il ruolo di pictor papalis, pittore ufficiale della corte pontificia; un giovane Filippino Lippi, arrivato probabilmente al seguito di Sandro Botticelli; Antonio del Pollaiolo, incaricato di eseguire il monumento funebre del papa.

L’opera di arricchimento artistico del pontificato proseguì poi con il successore di Sisto IV (che morì nel 1484), ovvero Innocenzo VIII, e soprattutto con Alessandro VI, altro papa nepotista e dalla morale apertamente contraria a quella evangelica, per il quale il Pinturicchio (già chiamato a Roma in precedenza da Innocenzo VIII) realizzò la decorazione dell’appartamento privato del papa, noto come appartamento Borgia (il nome secolare del papa spagnolo era Roderic Borja, italianizzato in Rodrigo Borgia), dove la fantasia del pittore e il suo decorativismo trovarono sfogo nel portare a termine l’opera più esemplificativa del gusto per il lusso dei papi dell’epoca.

Si è detto che Roma non ebbe una scuola artistica propria, ma in un contesto così culturalmente e artisticamente vivace emerse una figura isolata, quella di Antonio Aquili detto Antoniazzo Romano (notizie dal 1452 al 1510 circa), il più importante artista romano del tempo. Antoniazzo Romano ebbe modo di vedere le opere di tutti quei pittori che giungevano a Roma (principalmente Melozzo da Forlì, di cui fu anche collaboratore sotto Sisto IV, Benozzo Gozzoli e il Perugino), che seppe rielaborare per creare uno stile tutto personale fatto di un’eleganza composta e serena, capace anche di un utilizzo largo e consapevole di retaggi antichi come il fondo oro (Annunciazione, 1490-1500 circa, Roma, Santa Maria sopra Minerva).

Antoniazzo Romano, Annunciazione (1490-1500 circa; tavola; Roma, Santa Maria Sopra Minerva)
Antoniazzo Romano, Annunciazione (1490-1500 circa; tavola; Roma, Santa Maria Sopra Minerva)

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