Un grande neon sulla Rocca di Talamone. L'opera di Maurizio Nannucci per Hypermaremma


S’intitola “Ships that pass in the night” la nuova opera di Maurizio Nannucci: un grande neon che spicca sulla Rocca Aldobrandesca di Talamone, realizzato per la quarta edizione di Hypermaremma.

S’intitola Ships that pass in the night la nuova installazione site-specific che Maurizio Nannucci (Firenze, 1939) ha ideato per la quarta edizione di Hypermaremma, la mostra di opere d’arte contemporanee inserite nel territorio della Maremma e nata nel 2019. L’opera campeggia sulla facciata della Rocca Aldobrandesca di Talamone, con l’obiettivo di attivare un intenso dialogo con la storia del luogo.

L’antica fortezza medievale, situata a picco sulla costa maremmana sin dal XII secolo, ospita l’opera concepita come un punto di contatto tra dualità antitetiche: realtà e visione, tempo e spazio, acqua e terra; le stesse dicotomie su cui da secoli si fonda l’attività della natura e dell’uomo nell’area contraddistinta dalla baia di Talamone, porzione di territorio a metà strada tra mare e cielo, tra paesaggio costiero e collinare. La grande opera al neon entra così a far parte delle celebri “scritte” dell’artista, in grado di diffondere parole e frasi dal potere immaginifico in un circuito unico che fluttua tra segno, colore e significato. Attraverso l’utilizzo di vetro colorato e luce blu fluorescente, Nannucci intende persuadere l’osservatore a perfezionare la propria percezione visiva, aprendo così un dialogo inedito tra il linguaggio e il contesto spaziale in cui è inserito.

Ships that pass in the night racconta la vicinanza dello spazio terrestre e la vastità del mare e del cielo. Di notte il mare sprofonda nelle tenebre, permettendo agli osservatori notturni di scorgere i bagliori luminosi di navi che passano al largo: veri bastimenti diretti verso porti lontani, o fantastiche navi dei sogni che attraversano le notti senza destinazione? Nannucci invita lo spettatore a rivolgere lo sguardo al mare attraverso il messaggio contenuto nell’opera posizionata sulla terraferma, seguendone il duplice orizzonte e narrando così la storia dei naviganti che fanno ritorno a casa. Nel buio della notte, la luce dell’opera appare come una visione nell’immobilità del paesaggio maremmano. Destinando un poetico omaggio ai navigatori notturni, l’artista non solo vuole offrire loro un inedito punto di riferimento dal mare, ma aspira anche a rievocare anche il ricco patrimonio storico e culturale del luogo.

Maurizio Nannucci, Ships that pass in the night
Maurizio Nannucci, Ships that pass in the night
Maurizio Nannucci, Ships that pass in the night
Maurizio Nannucci, Ships that pass in the night
Maurizio Nannucci, Ships that pass in the night

“L’installazione di Maurizio Nannucci”, spiega il critico Lorenzo Bruni, “si manifesta tramite un lettering che rende la comprensione della frase Ships that pass in the night ‘instantanea e universale’. A questa prima impressione subentra poi, però, la presenza del neon di luce blu che definisce la frase e che ne espande la forma introducendoci ad una dimensione enigmatica e ad una percezione lenta, del tutto inaspettata. È così che un segno e un codice linguistico sono trasformati in un’immagine e viceversa. Tali tensioni concettuali e percettive, poste in contrasto dialettico, influiscono in maniera radicale anche sul senso del messaggio, spostando il tutto in un territorio aperto a molteplici significati. Non viene semplicemente sottolineato il fatto di una nave nella notte, bensì evocate le tante immagini mentali legate a tutte le navi della storia, che si stratificano a loro volta a quelle potenzialmente future. Ovvero, si dà corpo all’immaginario attorno alla notte e alla dimensione del sogno, territorio limitrofo a cosa può essere considerato certo o potenziale. Quello che viene chiamato in causa con quest’intervento ambientale è direttamente il desiderio del viaggio, la felicità dei naviganti di rivedere la terraferma, la paura e la curiosità dell’ignoto, fino al dialogo che l’occhio dello spettatore è portato a istaurare in quel luogo guardando avanti e indietro tra l’orizzonte del mare e la rocca. Non si tratta soltanto di una riflessione sulla filosofia del linguaggio e dell’arte, ma su come tutti noi osservatori possiamo contribuire, in maniera attiva, a tale dibattito”.

“La frase Ships that pass in the night”, sottolinea Bruni, “è stata concepita per la prima volta dall’artista nel 1972 in quanto testo disposto su un’unica linea, come tutti gli altri statement della sua famosa ‘antologia’. Ogni volta, tuttavia, Nannucci riesce a creare un’opera perfettamente site specific, come nel caso della composizione pensata appositamente per Talamone. In questo caso il messaggio, oltre ad aprirsi per mezzo del tubo di neon ad una prospettiva meta-narrativa e concettuale, e non solo informativa, propone al fruitore di immergersi in ‘un’esperienza in presa diretta’. Esperienza instillata dal dialogo che il testo crea tra l’osservatore e l’architettura storica della rocca, capace di suggerire nuovi processi mentali con cui ri-pensarla, osservarla e viverla. E’ così che l’avamposto fortificato costruito nel Medioevo come difesa dalla presenza dell’estraneo, acquista, grazie all’intervento di Nannucci, una nuova funzione. Quella fortificazione, piuttosto che essere un limite invalicabile, diventa un luogo di incontro a livello sia mentale che fisico. Infatti, l’intervento di Nannucci, minimale ma pieno di poesia, porta l’osservatore a interrogarsi non soltanto sul rapporto tra vero e possibile, tra sogno e realtà, tra immagine e concetto, ma anche su chi si assume la responsabilità di accorgersi del transito di quella nave nella notte, vero o desiderato che sia. La notte che è chiamata in causa dall’affermazione in questione, d’altra parte, è il momento in cui lo strumento della vista per una verifica oggettiva viene meno. L’artista ci ricorda che proprio la notte è il tempo dell’incertezza, la condizione che l’uomo ha cercato di de-potenziare con la luce artificiale e oggi con i sistemi di GPS. Tuttavia, la notte è anche l’occasione di iniziare nuovamente a immaginare, e non solo a razionalizzare, il mondo. Come afferma l’artista stesso: ho pensato alla luce blu del neon come a una sorta di interfaccia tra realtà e visione, tra cultura e natura, tra tempo e spazio”. L’installazione, conclude Bruni, “punta a far analizzare la natura del linguaggio dell’arte, ma anche il meccanismo della comunicazione solipsistica tipica del tempo dei social media”.

Maurizio Nannucci è nato a Firenze nel 1939. Vive e lavora a Firenze e nel Südbaden (Germania). Tra le più importanti figure della scena artistica internazionale degli ultimi decenni, ha posto al centro del proprio lavoro una cospicua serie di pratiche creative che vanno dal libro d’artista ai multipli, ai lavori sonori, alla fotografia e al video, fino alle numerose edizioni realizzate in collaborazione con altri artisti. Dalla metà degli anni Sessanta a oggi, attraverso la pratica costante di più linguaggi espressivi, ha esteso il proprio campo di ricerca oltre ogni confine disciplinare. A metà anni Sessanta Nannucci ha iniziato a esplorare le molteplici interrelazioni tra linguaggio, scrittura e immagini, ispirandosi a concetti e idee della linguistica, e utilizzando una vasta gamma di media. Nella sua ricerca Nannucci ha sviluppato un approccio interdisciplinare aprendo una rete di collaborazioni nell’ambito dell’arte, dell’architettura e della poesia. Oltre al linguaggio, il suo interesse si rivolge fortemente al colore in tutte le sue manifestazioni. La documentazione della ricerca linguistica e delle esperienze con il colore sono alla base di una costante attività di scrittura che Nannucci ha raccolto in un’Anthology di testi in neon blu tuttora in progress (1967-2022…). Dal 1974 al 1985 ha co-promosso le attività di Zona non-profit art space a Firenze e nel 1998 è stato tra i fondatori di Base / Progetti per l’arte. Nannucci svolge una intensa attività editoriale con le edizioni Exempla, Recorthings e Zona Archives, e ha curato con i documenti dell’archivio numerose mostre in musei, biblioteche e pubbliche istituzioni. Nei primi anni Novanta ha iniziato a collaborare con architetti come Fritz Auer, Mario Botta, Stephan Braunfels, Massimiliano Fuksas, Nicholas Grimshaw, Renzo Piano e ha realizzato diversi progetti per musei ed edifici pubblici. Maurizio Nannucci è stato più volte invitato alla Biennale di Venezia, a Documenta di Kassel e alle biennali di San Paolo, Sydney, Istanbul e Valencia. Le sue opere sono state esposte in oltre trecento musei e gallerie, e fanno parte di collezioni di tutto il mondo, tra cui la Fondazione Guggenheim di Venezia, la Staedtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco, il Berliner Museen e la Kunstsammlung des Deutschen Bundestages a Berlino, il Maxxi a Roma, il Museum of Fine Arts di Boston, il Centre Georges Pompidou e CNAP di Parigi, MCA di Sydney, Museo del Novecento, Firenze, Palazzo della Pilotta, Parma, City Life, Milano.


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