Il Vaticano porta Maurizio Cattelan e Claire Fontaine alla Biennale di Venezia


Presentato il Padiglione della Santa Sede alla Biennale di Venezia: otto artisti, tra cui Maurizio Cattelan e Claire Fontaine, animeranno il carcere femminile della Giudecca, sede del Padiglione, sul tema dei diritti umani. E ci saranno anche visite guidate dalle detenute.

Maurizio Cattelan, Bintou Dembélé, Simone Fattal, Claire Fontaine, Sonia Gomes, Corita Kent, Marco Perego & Zoe Saldana, Claire Tabouret. Sono loro gli artisti che comporranno il Padiglione della Santa Sede alla 60. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. Il Dicastero per la Cultura e l’Educazione di Città del Vaticano prende parte all’edizione 2024 della Biennale dedicando il Padiglione della Santa Sede al tema dei diritti umani e alla figura degli ultimi, perno centrale del Pontificato di Papa Francesco, che il prossimo 28 aprile ci darà l’immensa gioia di visitare il Padiglione, primo Pontefice della storia alla Biennale di Venezia.

La mostra, dal titolo Con i miei occhi, si svolge dal 20 aprile al 24 novembre 2024. Il progetto si presenta come una realtà inedita per La Biennale di Venezia, grazie all’installazione fisica e concettuale all’interno della Casa di detenzione femminile della Giudecca, che ospiterà il Padiglione.

Il cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede e Commissario del Padiglione, ha affidato la curatela a due importanti curatori del panorama artistico internazionale, Chiara Parisi e Bruno Racine, che hanno chiamato a partecipare gli otto artisti sopra menzionati, mentre il Catalogo sarà a cura di Irma Boom e verrà pubblicato da Marsilio. Il progetto si distingue per la convivenza di una comunità artistica che nasce sfidando le convenzioni, un’entità nuova che riflette la diversità e l’unità di vite lontane. Ogni iniziativa, dai workshop alle installazioni, dalla danza al cinema, dalla performance alla pittura, è espressione di questa energia condivisa, in linea con l’urgenza del dialogo poliedrico proposto da Papa Francesco. Le visite al Padiglione, su prenotazione, condotte dalle detenute-conferenziere, sfideranno il desiderio di voyeurismo e di giudizio verso artisti e detenute stesse, erodendo i confini tra osservatore e osservato, giudicante e giudicato, per riflettere anche sulle strutture di potere nell’arte e nelle istituzioni.

Il Cardinal José Tolentino de Mendonça spiega come “non sia certo un caso che il titolo del Padiglione della Santa Sede voglia focalizzarci sulla drammaticità delle rappresentazioni dello sguardo; ma non uno sguardo metaforico, distaccato dalla realtà, comodamente protetto da quell’anonimo voyeurismo che la contemporaneità ha globalizzato. Il titolo Con i miei occhi contiene in sé qualcosa di disruttivo e profetico, propone un passo in una direzione culturale diversa, interpellando questo nostro tempo in cui la visione umana è sempre più differita e meno diretta, catturata dall’artificio degli schermi e dall’esplosione dei dispositivi digitali. Sapremo ancora cos’è ‘vedere con i nostri occhi’?”.

Per Chiara Parisi, la forza del progetto risiede nella sua idea di fondo: “In un angolo sorprendente del mondo, artisti e detenute uniscono le forze espressive in un’insolita collaborazione, la realtà penitenziaria e l’illimitata espressione artistica si incontrano e si seducono: questo è il cuore del Padiglione della Santa Sede alla Biennale Arte 2024, un progetto con un’incredibile narrazione visiva. Con i miei occhi ci invita a esplorare le storie e i desideri di chi vive dentro il carcere attraverso progetti, workshop, opere, poesie, e spazi vitali come palestre e giardini. La mostra che scoprirete è dinamica un intreccio di relazioni che si sono evolute nel tempo, in un ambiente dove l’essere osservato o giudicato non devono entrare e che riflette ciò che desideriamo per noi stessi, ovunque ci troviamo. Il percorso attraverso il Padiglione, senza telefoni e senza documenti, permetterà alle detenute di guidarvi ‘con i loro occhi’, rivelando come bellezza e speranza siano tessute nella vita quotidiana e come la necessità della libertà persista nella complessità e nella criticità della vita”.

Bruno Racine parte da una domanda che cerca risposta: “Come si può interpretare oggi il concetto di ‘padiglione nazionale’ storicamente tramandato? La peculiarità della Santa Sede, uno Stato singolare, privo di una scena artistica nazionale, ci ha spinto a sperimentare una formula nuova. La Casa di reclusione femminile della Giudecca è stata la risposta. La scelta del luogo, dunque, è un manifesto, uno statement. Artisti di varie origini e senza distinzioni di fede si uniscono in questo luogo per testimoniare un messaggio universale di inclusione, collaborando strettamente con le detenute e arricchendo il progetto con il loro lavoro artistico e relazionale. Il visitatore è invitato a immergersi in questa esperienza poetica intensa, privato dei suoi dispositivi digitali e guidato da detenute formate, affrontando così un viaggio che sfida preconcetti e apre nuove prospettive sull’arte come mezzo di espressione e connessione umana. Anche se è vietato scattare fotografie, confidiamo che questa esperienza possa rimanere nella memoria del visitatore...con i suoi occhi”.

Partner Istituzionale del progetto e padrone di casa è il Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che attraverso le parole del Capo Dipartimento Giovanni Russo esprime grande felicità per la collaborazione: “L’arte è un mezzo di comunicazione efficace e potente, capace di esplorare il linguaggio delle emozioni in tutte le sue sfumature; un mezzo di comunicazione sociale capace di veicolare una testimonianza della nostra umanità e della nostra diversità. L’innovativa idea della Santa Sede di allestire un Padiglione all’interno della Casa di reclusione femminile di Venezia rende orgogliosa tutta l’Amministrazione Penitenziaria, che si riconosce appieno nei valori espressi dalla Chiesa e nel suo impegno per la salvezza di ogni persona, orientando la sua bussola verso l’indirizzo e la formazione delle coscienze”.

La presenza della Santa Sede per questa edizione della Biennale Arte e per le due prossime edizioni vedrà il supporto come main partner di Intesa Sanpaolo, che ha scelto di sostenere il Dicastero per la Cultura e l’Educazione in questo percorso artistico e umano. Paolo M. Grandi, Chief Governance Officer Intesa Sanpaolo, ha commentato: “Sociale e arte troveranno un’intelligente sintesi nel progetto del Padiglione della Santa Sede alla Biennale Arte 2024, che Intesa Sanpaolo è onorata di sostenere. Mille persone di Intesa Sanpaolo lavorano ogni giorno nel sociale per realizzare programmi e iniziative, con una rilevante attenzione alle comunità penitenziarie. E con una collezione di 35mila opere e i musei delle Gallerie d’Italia, la Banca è protagonista nel panorama artistico internazionale. Accompagnare la realizzazione del Padiglione, con le sue due anime, significa per noi contribuire con piena coerenza alla diffusione del bene e del bello, entrambi alla base del nostro impegno”.

Il progetto di allestimento del Padiglione e la sua produzione sono affidati allo studio COR arquitectos e Flavia Chiavaroli. L’obiettivo della proposta espositiva è quello di portare i visitatori a vivere un’esperienza personale unica, attraverso l’incontro con una di quelle realtà che tante volte vengono lasciate nella periferia e che sono relegate ai margini del dibattito artistico contemporaneo. La piattaforma online per la prenotazione delle visite guidate sarà gestita da CoopCulture.

Carcere femminile della Giudecca, Venezia
Carcere femminile della Giudecca, Venezia. Foto: Marco Cremascoli
Carcere femminile della Giudecca, Venezia
Carcere femminile della Giudecca, Venezia. Foto: Marco Cremascoli
Carcere femminile della Giudecca, Venezia
Carcere femminile della Giudecca, Venezia. Foto: Marco Cremascoli
Carcere femminile della Giudecca, Venezia
Carcere femminile della Giudecca, Venezia. Foto: Marco Cremascoli
Chiesa delle Convertite
Chiesa delle Convertite. Foto: Marco Cremascoli
Chiesa delle Convertite
Chiesa delle Convertite. Foto: Marco Cremascoli

Il progetto e le opere

Il titolo del Padiglione della Santa Sede curato da Chiara Parisi e Bruno Racine, Con i miei occhi, è preso in prestito da un frammento di poesia che fa riferimento ad un antico testo sacro e ad un poema elisabettiano: “Non ti amo con i miei occhi” (Shakespeare, Sonetto 141) riecheggiando i versetti 42.5 del Libro di Giobbe, “I miei occhi ti hanno visto”. Una dissolvenza incrociata che sfocia in un’azione dove “vedere” diventa sinonimo di toccare con lo sguardo, di abbracciare con lo sguardo, di permettere un dialogo tra vista e percezione.

Il contenuto del Padiglione abbraccia workshop, installazioni, danza, cinema, performance e pittura. Al suo interno, tutto è frutto di un’energia che sfida le convenzioni artistiche e carcerarie, dove progetti pragmatici si intrecciano con la creatività di mondi solitamente paralleli, estranei tra loro. Parole e immagini si incontrano attraverso le detenute, le artiste e le poetesse contribuendo alla narrazione artistica e storica del luogo. La visita al Padiglione, disponibile solo su prenotazione, è un tour guidato condotto dalle donne detenute. Questo progetto vuole aprire inedite prospettive sulle dinamiche sociali e artistiche, sfidando pregiudizi e convenzioni, riflettendo sulle strutture di potere all’interno dell’arte e delle istituzioni.

Il Padiglione della Santa Sede intende dunque affermarsi come un luogo di vita e di incontro, un cosmo in cui le norme artistiche e sociali vengono reinterpretate, rappresentando un’eterotopia che riflette e sovverte gli spazi tradizionali. L’incontro con artisti e curatori, moderato da Hans Ulrich Obrist, arricchisce il progetto, intrecciando voci e storie.

Vediamo meglio le opere. L’intervento di Maurizio Cattelan prevede la presenza di una grande opera d’arte esterna sulla facciata della Cappella che colpirà sia per dimensioni che per impatto emotivo. L’artista contribuirà al numero speciale dedicato alla Biennale di Venezia de “L’Osservatore di Strada”, una proposta editoriale che vedrà una collaborazione diretta con le donne detenute, trasformandole in attrici del processo editoriale. Il progetto di Simone Fattal è invece un viaggio di riscoperta di sé attraverso la creazione di placche laviche smaltate trasformate in tela in cui si intrecciano poesie, narrazioni, versi degli abitanti della Casa. Tutto ciò creerà un dialogo visivo che accoglierà i visitatori dal momento in cui entrano nel carcere femminile. Claire Tabouret realizza invece ritratti di detenuti da bambini e dei loro cari più piccoli. Ogni ritratto è un richiamo alla dignità, all’identità e alla bellezza: l’arte diventa veicolo di riscoperta personale, un modo per vedere se stessi attraverso una lente diversa, celebrando la propria unicità. I ritratti, ispirati a fotografie reali fornite dalle detenute, si pongono come simboli di riscoperta e riappropriazione di sé, e saranno installati in un’ampia quadreria, ospitata nella sala adiacente alla Cappella.

Nel cortile centrale del carcere della Giudecca, Claire Fontaine presenta We are with you in the night, un invito a liberarsi dai confini simbolici e a vivere liberi, anche dai pregiudizi. L’opera dialoga con una seconda installazione luminosa, White Sight, situata alla fine del corridoio d’ingresso. Il duo di artisti propone alle detenute l’esperienza del “metodo Feldenkrais” come modo per praticare la consapevolezza attraverso il movimento. Il coreografo e ballerino Bintou Dembélé porta invece una coreografia energica e vibrante, creata appositamente per le donne detenute e per la loro partecipazione. La coreografia dà vita a uno spettacolo che celebra la resistenza e l’indipendenza, raccontando storie di liberazione a sostegno della forza femminile, e storie di proibizione, in cui le donne non possono esprimersi. Sonia Gomes presenta un’installazione composta da sculture sospese, intitolata Sinfonia. L’opera è in equilibrio tra le teatrali balconate e i confessionali della Cappella all’interno del carcere e costituisce un ponte simbolico che collega la funzione originaria del luogo, il convento barocco per donne “riconvertite”, con la vita attuale del carcere e le storie di donne di tutto il mondo. L’aggiunta di un’installazione sonora arricchisce ulteriormente l’esperienza e contribuisce a creare un ambiente ancora più coinvolgente.

L’area Caffetteria vedrà in mostra le opere dell’icona della pop art Corita Kent, artista storica, attivista e pacifista. Le sue opere fungono da veicolo per diffondere un messaggio artistico che unisce estetica e missione sociale. Infine, l’artista e regista Marco Perego e la star del cinema americano Zoe Saldana presentano un cortometraggio girato nel cuore del carcere femminile di Venezia-Giudecca, immergendo lo spettatore in un viaggio introspettivo alla ricerca del significato più profondo della libertà. Il film sarà presentato nella sala riunioni dei detenuti.


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