A Gaza non si sta consumando soltanto il tremendo massacro di civili che è sotto gli occhi di tutti. C’è anche una devastazione di cui poco si parla, poiché la priorità sono le vite umane, ma che prosegue in parallelo: è quella del patrimonio culturale di Gaza. La scorsa settimana, l’organizzazione PEN America, che dal 1922 si occupa di sensibilizzazione sulla libertà di espressione e di diritti umani, ha stilato un rapporto, intitolato All that is lost, che documenta tutti i danni che il patrimonio culturale di Gaza sta subendo. L’analisi è stata condotta attraverso la revisione di prove e interviste con operatori culturali palestinesi e si concentra sulla catastrofica minaccia esistenziale che incombe sulla cultura palestinese nella Striscia di Gaza. Questa crisi è esacerbata dal fatto che artisti, scrittori e lavoratori della cultura sono costretti all’esilio o vengono uccisi, mentre il loro retaggio culturale viene sistematicamente demolito dagli attacchi militari dell’esercito israeliano. E per i palestinesi, che hanno vissuto decenni di guerra, repressione, occupazione e sfollamento, la cultura è essenziale per esprimere e salvaguardare la propria storia.
L’entità della distruzione è impressionante, e probabilmente sottostimata, data la prosecuzione delle ostilità anche nei mesi successivi alla stesura delle prime valutazioni. Secondo il rapporto, le forze armate israeliane avrebbero distrutto o danneggiato un numero significativo di siti di grande importanza religiosa e culturale. Un’analisi condotta dal progetto EAMENA (Endangered Archeology in the Middle East and North Africa) in collaborazione con il Centre for Cultural Heritage Preservation (CCHP) ha mappato e verificato 316 siti e edifici storici, concludendo che ben 226 di questi hanno subito danni. Gli sforzi iniziali per la sola conservazione di emergenza sono stati stimati in circa 36,4 milioni di dollari (31,2 milioni di euro), mentre la ricostruzione completa potrebbe richiedere fino a otto anni, con un costo proiettato di circa 304 milioni di dollari (261 milioni di euro).
La campagna militare ha inferto un colpo devastante all’istruzione superiore e alla vita intellettuale di Gaza. Il rapporto conclude che tutte le scuole superiori e le università di Gaza sono stati parzialmente o totalmente distrutti. L’istruzione in questo contesto riveste un ruolo particolarmente vitale, dal momento che offre opportunità di avanzamento, un contatto con il mondo esterno, e spazi di apprendimento in un territorio sottoposto a severe restrizioni di movimento e accesso.
Tra le istituzioni colpite, si annoverano la quasi totale devastazione dell’Università Islamica di Gaza, che da sola ospitava una biblioteca con 130.000 volumi. Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno dichiarato che l’università fungeva da centro operativo, militare e politico di Hamas, utilizzato anche per lo sviluppo e la produzione di armi. Tuttavia, PEN America ha sollevato preoccupazioni sul fatto che l’ampiezza dei danni indichi una mancanza di distinzione tra obiettivi militari specifici e obiettivi civili, o un danno sproporzionato rispetto al vantaggio militare ottenuto. La perdita umana per la comunità accademica è stata altrettanto catastrofica, con almeno 105 accademici uccisi entro la metà del 2024. Tra le vittime illustri si conta il rettore dell’Università Islamica, Sofyan Taya, un rinomato fisico e matematico, ucciso in un attacco a Jabalia insieme alla sua famiglia.
Anche l’Università Al-Azhar ha subito danni ingenti, inclusi attacchi aerei e demolizioni controllate. Secondo testimonianze di soldati, persino una moschea all’interno del campus di Al-Azhar sarebbe stata bombardata. Similmente, l’Università Al-Israa, l’ultima istituzione di istruzione superiore rimasta relativamente intatta, è stata sostanzialmente distrutta nel gennaio 2024 tramite demolizioni controllate dopo essere stata occupata dalle forze israeliane per 70 giorni. L’università ospitava anche un museo nazionale contenente più di 3.000 rari manufatti archeologici. Ahmed Alhussaina, vicepresidente degli affari finanziari e amministrativi dell’Università Al-Israa, ha espresso il timore che tale distruzione diffusa sia un atto deliberato volto a cancellare la memoria e il valore archeologico della cultura palestinese. Il concetto di “scolasticidio” è stato sollevato dagli esperti delle Nazioni Unite in relazione all’80% delle scuole e università danneggiate o distrutte, suggerendo un presunto sforzo intenzionale per smantellare l’intero sistema educativo palestinese.
Oltre agli edifici universitari, il rapporto evidenzia la distruzione di almeno undici biblioteche e otto case editrici e tipografie. La Biblioteca Pubblica di Gaza, fondata nel 1999 con fondi della Banca Mondiale e contenente 10.000 libri in arabo, inglese e francese, è stata completamente distrutta. Anche gli Archivi Centrali di Gaza City, che custodivano circa 110.000 documenti storici, foto e mappe risalenti a oltre 150 anni fa, sono stati completamente annientati dagli attacchi aerei.
Una perdita particolarmente sentita per la comunità intellettuale è la distruzione della Edward Said Public Library a Beit Lahia, la prima biblioteca di lingua inglese di Gaza, fondata dal poeta e studioso Mosab Abu Toha. La distruzione della sede della biblioteca è stata confermata da testimoni oculari nel gennaio 2025, dopo un cessate il fuoco. Lo stesso Abu Toha, che ha perso la bozza quasi completata del suo romanzo e l’intera biblioteca personale dopo che la sua casa è stata rasa al suolo, ha espresso il dolore per la perdita di “tutti i sogni” bruciati dalla campagna di Gaza. Ancora, la Biblioteca Samir Mansour, un punto di riferimento culturale di tre piani, è stata gravemente danneggiata nell’ottobre 2023, dopo essere stata ricostruita solo di recente in seguito ai danni subiti in un attacco precedente nel 2021.
La distruzione non ha risparmiato i luoghi di culto. La Grande Moschea Omari, l’edificio religioso più antico e grande di Gaza, le cui origini risalgono al VII secolo (su una struttura bizantina del V secolo), è stata in gran parte distrutta a dicembre 2023, dopo che il suo minareto era stato precedentemente danneggiato. Questa moschea era un fondamentale fulcro culturale e sociale. La sua biblioteca, risalente al XIII secolo, conteneva una significativa collezione di libri rari e manoscritti. L’IDF ha affermato che la moschea veniva usata da combattenti di Hamas e nascondeva l’ingresso di un tunnel, ma queste affermazioni non hanno potuto essere verificate in modo indipendente. L’esperto di patrimonio culturale Akram Lilja ha espresso l’opinione che la moschea sia stata colpita più volte non per attività militari, ma a causa del forte legame spirituale e sociale che la popolazione di Gaza nutriva per essa.
Un’indagine di Bellingcat ha documentato che almeno 100 moschee sono state danneggiate o distrutte durante il conflitto. Alcune di esse sono state demolite tramite detonazioni controllate. Alcuni soldati dell’IDF hanno affermato che ogni casa, moschea e scuola era stata utilizzata per scopi terroristici. Anche le chiese di Gaza sono state danneggiate. La Chiesa greco-ortodossa di San Porfirio, la più antica chiesa attiva di Gaza risalente al XII secolo, è stata colpita il 19 ottobre 2023. L’attacco ha ucciso almeno 18 persone che vi avevano cercato rifugio. Gli attacchi alla chiesa e alle sue istituzioni sono stati condannati dal Patriarcato Ortodosso di Gerusalemme come un crimine di guerra. Anche il complesso della chiesa cattolica della Sacra Famiglia è stato colpito più volte.
Tra i siti storici di rilevanza non religiosa distrutti vi è l’Hammam al-Samra, un bagno turco di epoca ottomana risalente a oltre 750 anni fa, completamente raso al suolo dagli attacchi aerei nel dicembre 2023. Questo edificio, restaurato nel 2022, era un’importante attrazione turistica e un sito di patrimonio culturale. Il Qasr al-Pasha, un forte del XIII secolo utilizzato in epoca ottomana e successivamente convertito in museo dal Ministero del Turismo palestinese, è stato distrutto da un attacco aereo nel dicembre 2023. Il forte ospitava centinaia di oggetti antichi e sarcofagi unici.
Il Rapporto di PEN America documenta anche la distruzione del Centro Culturale Rashad al-Shawwa e il danneggiamento del Museo Culturale Al-Qarara, che conserva 3.500 manufatti archeologici, storici e folcloristici. Le immagini satellitari indicano che i mosaici bizantini di 1.500 anni scoperti nel 2022 vicino a Bureij, considerati tra i più grandi tesori archeologici di Gaza, sono stati gravemente danneggiati a causa delle attività militari nell’area circostante, probabilmente legate all’espansione della “zona cuscinetto” israeliana.
La distruzione del patrimonio culturale è aggravata da segnalazioni di saccheggi e distruzione intenzionale di beni culturali mobili. Il rapporto ha identificato almeno tre casi di incendio doloso di libri e due casi di saccheggio segnalato di manufatti archeologici. Alcuni video hanno mostrato soldati israeliani intenti a bruciare il Corano in moschee e libri in una biblioteca universitaria. L’IDF ha comunque aperto un’indagine su questi incidenti, definendoli “gravi” e incoerenti con i propri valori.
Riguardo al saccheggio, il museo dell’Università Al-Israa è stato saccheggiato prima di essere demolito. Similmente, il museo e l’hotel Al-Mathaf, che ospitavano una collezione privata di manufatti archeologici raccolti da Jawdat al-Khoudary, hanno riportato la scomparsa di oggetti e danni da incendio dopo essere stati sotto il controllo israeliano per mesi. Nel gennaio 2024, l’Università di Birzeit ha denunciato sui social media che 3.000 manufatti dal museo nazionale ad essa affiliato sarebbero stati rubati dalle forze militari israeliane, prima che il museo fosse bombardato per coprire il presunto crimine.
PEN America sostiene che gli attacchi alle infrastrutture civili, compreso il patrimonio culturale, sono stati o indiscriminati o direttamente mirati. Tali azioni, intenzionali o sconsiderate, violano le leggi internazionali, in particolare la Convenzione dell’Aia del 1954 per la Protezione dei Beni Culturali in caso di Conflitto Armato, e costituiscono potenzialmente crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Secondo la politica della Corte Penale Internazionale (CPI) sul Patrimonio Culturale, i crimini che colpiscono il patrimonio culturale “possono di per sé costituire crimini contro l’umanità” e possono fornire prova di tali crimini, suggerendo che la popolazione civile fosse l’obiettivo primario. Sebbene la distruzione culturale non sia esplicitamente un atto richiesto per provare il genocidio, in alcuni casi è stata citata come prova di intento genocida. Anche l’Ufficio delle Nazioni Unite per la Prevenzione del Genocidio considera la distruzione di proprietà di significato religioso e culturale come un potenziale indicatore di intento genocida.
La distruzione culturale in atto è vista da PEN America anche come un’espressione di una narrazione pericolosa: che Gaza sia priva di storia, cultura o di qualcosa che meriti di essere preservato. Nel caso, l’eradicazione dell’identità di Gaza rappresenterebbe una violazione straordinaria dei diritti umani dei palestinesi e un diniego del contributo storico e culturale che Gaza ha offerto al mondo. Artisti e scrittori palestinesi intervistati hanno sottolineato come la cultura sia un mezzo vitale di resistenza e di espressione della loro identità.
PEN America ha chiesto al governo israeliano di cessare immediatamente gli attacchi al patrimonio culturale palestinese e di rispettare gli obblighi internazionali. L’organizzazione sollecita inoltre la comunità internazionale a indagare sulla distruzione culturale come potenziale prova di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e intento genocida.
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