Uno spettacolo di pole dance al museo: in Grecia si discute da giorni di quello che è accaduto a Corfù, dove il Comune di Corfù e il Museo d’Arte Asiatica della città, ospitato nel pregevole Palazzo dei Santi Michele e Giorgio (l’ottocentesco edificio localmente noto anche come “Palaia Anaktora”, ovvero “Palazzo Vecchio”), hanno intentato una causa contro gli organizzatori di un set fotografico allestito nella serata dello scorso 22 maggio all’esterno del museo: cinque donne di nazionalità britannica hanno infatti allestito presso il palazzo un insolito set fotografico con incluso spettacolo di pole dance. In un video diffuso dalla testata locale CorfuPress.com, si vedono infatti alcune ragazze, con abiti succinti, esibirsi sul palo, e altre invece spogliarsi in attesa del loro turno.
L’evento ha suscitato forti reazioni in Grecia. “Il recente e inaccettabile incidente verificatosi al Palazzo Vecchio”, ha scritto in una lettera aperta l’Associazione dei residenti della città vecchia di Corfù, “oltre ad aver offeso il nostro patrimonio culturale, solleva ancora una volta questioni generali e specifiche che avrebbero dovuto essere risolte da tempo e per le quali l’Associazione dei Residenti è intervenuta in modo opportuno. È noto a tutti che la zona antistante i palazzi è diventata problematica a causa del raduno quotidiano, fino a tarda notte, di gruppi di giovani che, con la musica e il rumore che creano, non lasciano riposare in pace gli abitanti della zona, né d’inverno né d’estate. [...] La questione della valorizzazione e della conservazione dei siti monumentali della nostra città è più che mai attuale e i servizi interessati devono fornire soluzioni il più presto possibile”.
Il set fotografico è stato, a quanto pare, improvvisato: si trattava infatti di turisti di passaggio che non lo avevano pianificato. Inoltre, non era stato autorizzato. E sono arrivati subito i messaggi sia da parte del Comune di Corfù, sia da parte del Ministero della Cultura. “Condanniamo fermamente le azioni compiute da ignoti all’esterno del museo”, ha dichiarato in una nota il Comune, annunciando di aver presentato denuncia contro ignoti, mettendo a disposizione delle autorità i filmati registrati dalle telecamere di sicurezza. Anche il Ministero, che ha parlato di un “atto illegale”, ha reso noto che “le autorità competenti, ovvero il Comune di Corfù e il Museo d’Arte Asiatica di Corfù, hanno immediatamente intentato una causa contro i responsabili”.
Le indagini hanno poi condotto all’arresto delle cinque donne britanniche sopra menzionate, con l’accusa di violazione della legge sulla tutela delle antichità e del patrimonio culturale e della legge sulla tutela ambientale. L’avvocato delle cinque cittadine britanniche ha dichiarato all’emittente greca SKAI che, a suo dire, il permesso non era necessario, trattandosi di un servizio fotografico “sportivo”: “non c’era nessuna pole dance”, ha detto, “era un servizio fotografico che prevedeva pose atletiche specifiche, nello stile della pole dance”. Inoltre, secondo il legale, la violazione sussisterebbe soltanto in caso d’installazione di strutture fisse: il palo, invece, era una “struttura portatile”.
Nelle serata di lunedì 26 maggio, gli ulteriori sviluppi della vicenda: tre delle cinque ballerine tratte in arresto sono state rilasciate in quanto ritenute non colpevoli, mentre altre due, le organizzatrici del set fotografico, sono state ritenute colpevoli di degrado ambientale da parte del procuratore distrettuale di Corfù e hanno già ottenuto una condanna a 6 mesi di carcere con la condizionale, e al pagamento delle spese processuali (200 euro ciascuna). È invece caduta l’accusa di violazione delle leggi sul patrimonio culturale, dal momento che il set fotografico non ha provocato danni al museo. Inoltre, la pena relativamente lieve è anche dovuta al fatto che le autorità non hanno ravvisato finalità commerciali. All’uscita del tribunale, le donne si sono comunque scusate per il disagio arrecato alla comunità, riferisce il quotidiano Kathimerini, sottolineando che non intendevano offendere né i residenti, né la cultura dell’isola di Corfù.