La Nuova Zelanda rinuncia al proprio padiglione nazionale alla Biennale di Venezia del 2024. La decisione era nell’aria da tempo (se ne parlava già dopo l’ultima edizione), ma è stata ufficializzata solo pochi giorni fa dall’agenzia Creative New Zealand, l’ente governativo dedicato allo sviluppo artistico sul territorio nazionale e che tra le proprie competenze ha anche tutto quel che riguarda la partecipazione del paese oceanico alla mostra d’arte più importante del mondo. Ci saranno artisti neozelandesi alla mostra internazionale, anticipa Creative New Zealand, ma non ci sarà il padiglione neozelandese. “Gli artisti neozelandesi”, si legge in una nota, “sono stati invitati a partecipare alla 60a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere. Un annuncio dei nomi degli artisti partecipanti sarà dato nel 2024. La presenza della Nuova Zelanda alla Biennale di Venezia 2024 sarà diversa dagli anni passati, in quanto non ci sarà un padiglione nazionale”. Si prevede invece la partecipazione alle edizioni del 2026, del 2028 e del 2030.
Non viene dichiarato apertamente, ma la rinuncia a partecipare all’edizione 2024 dipende con tutta probabilità dal fatto che Creative New Zealand ha valutato come inefficiente ed economicamente insostenibile il modello seguito sinora. A fine 2022, i membri dell’ente avevano concordato all’unanimità con i risultati di una relazione sulla partecipazione della Nuova Zelanda alla Biennale di Venezia, commissionata a un gruppo di circa trenta persone (addetti ai lavori, ex curatori di padiglioni neozelandesi alla Biennale, artisti che hanno partecipato e così via), e dalla quale era emerso, intanto, che la Biennale di Venezia crea un’opportunità eccezionale per gli artisti neozelandesi e, in generale, per la comunità artistica del paese e che Creative New Zealand dovrebbe continuare a sostenere le Biennali del 2026, 2028 e 2030. Ma era emerso anche che partecipare comporta costi notevoli.
“La selezione per esporre a Venezia offre all’artista l’opportunità di ripensare la propria pratica in un contesto internazionale”, si leggeva nella relazione. “Ci sono ampie prove che il riconoscimento fornito dalla Biennale ha condotto, per la maggior parte degli artisti in mostra, a ulteriori impegni internazionali”. Per la Nuova Zelanda si pone poi un importante tema di inclusione: “L’inclusione delle culture tikanga e mātauranga Māori nella pianificazione, sviluppo e presentazione del lavoro degli artisti neozelandesi a Venezia offre alla Nuova Zelanda una serie di opportunità per essere più innovativa nel modo in cui interagisce con altre culture e nazioni a livello internazionale”. Tuttavia, rilevava la relazione, “la partecipazione della Nuova Zelanda a Venezia è attualmente progettata per servire il singolo artista. C’è l’opportunità di spostare la conversazione dal personale e singolare al modo in cui la rappresentazione fornisce valore pubblico e collettivo per i neozelandesi. Il valore personale e quello pubblico dovrebbero essere intimamente connessi”.
E poi c’è il problema dei costi. “C’è un riconoscimento limitato dei benefici che derivano dalla rappresentazione nell’evento”, proseguiva la relazione. “Notando la significativa allocazione di risorse richieste a Creative New Zealand, una serie di consultazioni ha suggerito che si potrebbero ottenere maggiori benefici internazionali attraverso una più ampia rappresentanza agli eventi di arti visive nella regione dell’Asia del Pacifico”. E poi, l’attuale modello di partecipazione della Nuova Zelanda alla Biennale veniva “ampiamente considerato insostenibile”, tanto da rendere “necessario un cambiamento”. La partecipazione alla Biennale di Venezia è in effetti molto costosa. Per consegnare il padiglione sono necessari circa 1,2 milioni di dollari neozelandesi (circa 650.000 euro) in un ciclo di due anni. Creative New Zealand contribuisce con 800.000 dollari (circa 435.000 euro), e il resto viene da fornito da mecenati, associazioni e altre organizzazioni di arti visive. Oltre a questi costi, ci sono anche i costi del personale. In tutto, Creative New Zealand sostiene la partecipazione del paese con un contributo finanziario che ammonta a circa l’1% del suo budget annuale complessivo. E secondo la relazione, la capacità di sostenere la consegna della mostra rappresenta un problema critico. La gestione di progetti creativi complessi, che vanno dallo sviluppo della mostra alla logistica, dalle comunicazioni, al marketing e alle dinamiche interpersonali di un team creativo, è infatti decisamente onerosa e il carico di lavoro è stato ritenuto inaccettabile.
“Non esiste una soluzione semplice per affrontare la complessità della situazione”, concludeva la relazione, fornendo però alcuni suggerimenti per un approccio graduale al fine di determinare il futuro modello di governance e gestione per la consegna del progetto per la Biennale. La prima decisione critica richiede un impegno di principio che la Nuova Zelanda sostenga una presenza a Venezia. La prima raccomandazione era quella di lasciare a Creative New Zealand la scelta del curatore del padiglione nazionale e delle modalità di selezione degli artisti. Si raccomandava poi un sondaggio disciplinato e trasparente su altri modelli di organizzazione delle mostre disponibili in Nuova Zelanda. E poi, valutazione dei progetti anche sulla base di fattori economici, nuovi criteri scritti per la selezione degli artisti, maggiore trasparenza nel modo in cui il processo di selezione viene comunicato ai candidati e più in generale alla comunità artistica.
La Nuova Zelanda ha partecipato per la prima volta con un padiglione nazionale alla Biennale di Venezia nel 2001. In passato è già accaduto che saltasse un’edizione. All’ultima edizione, la 59esima, il paese era rappresentato dall’artista Yuki Kihara che ha portato a Venezia la mostra Paradise Camp, a cura di Nathalie King, che attraverso una serie di dodici fotografie scattate alle isole Samoa sullo sfondo dei paesaggi devastati dallo tsunami del 2009, proponeva la propria visione del paradiso reindirizzando lo spettatore alle preoccupazioni dei contemporanei abitanti delle isole del Pacifico.
Immagine: il Padiglione della Nuova Zelanda alla Biennale del 2022. Foto: Andrea Avezzù
La Nuova Zelanda rinuncia al padiglione alla Biennale di Venezia 2024 |