Washington annuncia il ritiro dall’UNESCO, Azoulay: “Annuncio deplorevole, ma anticipato”


Washington ha notificato il proprio disimpegno dall’UNESCO, che diventerà effettivo nel dicembre 2026. La direttrice generale Audrey Azoulay commenta la decisione rinnovando l’impegno dell’Organizzazione a proseguire la propria missione globale nonostante le risorse ridotte.

Il governo degli Stati Uniti ha comunicato formalmente la propria intenzione di ritirarsi dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) (qui il nostro articolo). La decisione, adottata dall’amministrazione del presidente Donald Trump, entrerà in vigore a fine dicembre 2026. La direttrice generale dell’organizzazione, Audrey Azoulay, ha espresso profondo rammarico per quanto annunciato, e ha sottolineato come tale scelta vada contro i principi fondanti del multilateralismo e rischi di danneggiare in primo luogo numerose istituzioni e comunità statunitensi che collaborano con l’UNESCO. Secondo Azoulay, saranno colpiti quei partner con sede negli Stati Uniti che avevano attivato percorsi di riconoscimento nell’ambito del patrimonio mondiale, di Creative City e delle Cattedre UNESCO nelle università. Il ritiro americano rappresenta quindi una perdita concreta per i territori e i soggetti coinvolti nei programmi dell’Organizzazione.

Nonostante la gravità della decisione, l’UNESCO non si è fatta trovare impreparata. Come sottolinea Azoulay, l’eventualità di un nuovo disimpegno statunitense era già stata presa in considerazione e, a partire dal 2018, sono state avviate importanti riforme interne volte a rafforzare la sostenibilità economica dell’Organizzazione. La direttrice generale ha spiegato che, sebbene il contributo finanziario degli Stati Uniti continui a rappresentare una voce importante, il suo peso sul bilancio complessivo è stato ridotto: oggi incide per l’8%, contro il 40% che si registra in altre agenzie delle Nazioni Unite. Allo stesso tempo, il budget complessivo dell’UNESCO ha continuato a crescere, grazie anche a un aumento dei contributi volontari da parte degli Stati membri e di donatori privati, che sono raddoppiati rispetto al 2018.

La direttrice generale dell’organizzazione, Audrey Azoulay
La direttrice generale dell’organizzazione UNESCO, Audrey Azoulay

L’Organizzazione non ha in programma tagli al personale o licenziamenti, e proseguirà nelle sue attività principali anche in presenza di una inevitabile riduzione delle risorse. Secondo Azoulay, proprio a partire dal primo ritiro di Trump nel 2017, l’UNESCO ha accelerato l’attuazione della sua missione, rafforzando la presenza in territori segnati da crisi e conflitti.

Negli ultimi anni, l’agenzia ha portato a termine una delle operazioni più complesse della sua storia: la ricostruzione della città vecchia di Mosul, avviata nel 2018. Ha inoltre elaborato e adottato il primo strumento globale vincolante sull’etica dell’intelligenza artificiale e ha sviluppato programmi mirati in aree di crisi come Ucraina, Libano e Yemen, a sostegno dell’educazione e della cultura. Parallelamente, è stato intensificato l’impegno per la tutela della biodiversità e del patrimonio naturale, così come per l’accesso all’istruzione da parte delle ragazze nei contesti più vulnerabili.

La motivazione ufficiale del ritiro statunitense ricalca le ragioni già espresse nel 2017, nonostante, fa notare Azoulay, lo scenario internazionale si sia nel frattempo modificato. Le tensioni politiche interne all’Organizzazione si sono attenuate e l’UNESCO viene oggi percepita come una delle poche piattaforme ancora in grado di generare consenso attorno a un multilateralismo orientato all’azione concreta. Da qui la sorpresa espressa dalla direttrice generale nei confronti di motivazioni che non riflettono, a suo avviso, l’attuale dinamica operativa dell’agenzia.

Donald Trump
Donald Trump

Un’ulteriore contraddizione è segnalata in relazione al lavoro svolto dall’UNESCO sul tema dell’educazione all’Olocausto e della lotta contro l’antisemitismo. Secondo Azoulay, proprio in questo ambito l’agenzia ha rafforzato il proprio ruolo negli ultimi anni, ottenendo ampio riconoscimento da parte di importanti istituzioni ebraiche statunitensi e internazionali. Tra queste figurano il Museo Memoriale dell’Olocausto degli Stati Uniti a Washington, il Congresso mondiale ebraico, inclusa la sua sezione americana, e l’American Jewish Committee (AJC).

Dal 2018 a oggi, l’UNESCO ha collaborato con 85 Paesi per introdurre strumenti educativi mirati, formare insegnanti e rafforzare la conoscenza storica sull’Olocausto e altri genocidi. Gli interventi sono stati pensati anche per contrastare la negazione dei crimini e i discorsi d’odio, con l’obiettivo di costruire società più consapevoli e resilienti. Tali risultati, secondo la direttrice generale, testimoniano il valore concreto dell’impegno dell’agenzia su tematiche globali considerate prioritarie, anche dallo stesso governo americano. Alla luce del disimpegno annunciato da Washington, Azoulay ha ribadito che l’UNESCO proseguirà nella propria azione, con la volontà di restare aperta a tutte le nazioni del mondo.

“Lo scopo dell’UNESCO è quello di accogliere tutte le nazioni del mondo, e gli Stati Uniti d’America sono e saranno sempre i benvenuti”, ha dichiarato, confermando la disponibilità a mantenere il dialogo con l’amministrazione statunitense e con il Congresso. Il lavoro con i partner americani, dalle università alle imprese, fino alle organizzazioni non profit, continuerà, nella convinzione che la collaborazione su temi come l’istruzione, la scienza e la cultura possa proseguire anche al di fuori dei vincoli istituzionali. La conclusione di Azoulay non contiene alcuna chiusura nei confronti di Washington; esprime piuttosto la speranza che si possano ricreare le condizioni per una nuova adesione in futuro. Intanto, l’UNESCO proseguirà il proprio mandato con le risorse disponibili, cercando di preservare la propria capacità di intervento e la dimensione universale della sua azione.


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