Importante restauro agli Uffizi: è terminato infatti l’intervento sul Sileno con bacco fanciullo di Jacopo del Duca (Cefalù, 1502 circa – 1604), risalente al 1571-1573. Il bronzo di questo grande protagonista della scultura del museo di Firenze torna a risplendere dopo un complesso restauro durato oltre sei mesi. Questo intervento segna peraltro una pietra miliare nella storia di questa scultura, essendo il primo recupero moderno effettuato sull’opera. Si è reso necessario a causa del notevole offuscamento del bronzo, causato dai numerosi interventi di correzione e ritocco che nel corso dei secoli hanno alterato la superficie del Sileno, e per consolidare la sua base, affetta da microlesioni in diversi punti.
Il restauro, supervisionato da Flavia Puoti delle Gallerie degli Uffizi e Veronica Collina, ha preso avvio nel giugno scorso e ha visto la sua conclusione solo pochi giorni fa. Una fase iniziale di analisi diagnostica, condotta anche in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure, ha fornito preziose informazioni sui problemi riscontrati nell’opera, permettendo di distinguere chiaramente i materiali originali della scultura dagli elementi aggiunti in precedenti interventi di manutenzione. Si è proceduto quindi a una meticolosa pulizia di tutte le superfici, adattata alle specifiche esigenze di ogni singola area del bronzo: l’operazione è stata eseguita mediante una combinazione di pulizia chimica con solventi organici e pulizia meccanica con spazzole montate su microtrapano dentistico. Eventuali piccole lacune sono state riempite con cera microcristallina pigmentata, seguita da un accurato ritocco pittorico delle zone con le maggiori discrepanze cromatiche. Le deformazioni e le microlesioni presenti nella base sono state trattate con morsetti e un controllo mirato dell’applicazione di calore. Al termine del restauro è stato applicato un prodotto protettivo per preservare ulteriormente l’integrità della superficie della scultura.
Il soggetto dell’opera si basa su una statua marmorea, ora conservata al Louvre, che è una copia romana di epoca imperiale di un bronzo risalente al tardo IV secolo a.C., molto probabilmente attribuibile a Lisippo. Il Sileno del Louvre, conosciuto anche come Sileno Borghese, fu scoperto nella seconda metà del Cinquecento a Roma nel giardino di Carlo Muti, situato vicino all’area originariamente occupata dai giardini di Sallustio. La copia in bronzo presente agli Uffizi, attribuita nel 1993 da Paola Barocchi e Giovanna Gaeta Bertelà a Jacopo del Duca, fu commissionata da Ferdinando I de’ Medici. Ferdinando de’ Medici, all’epoca ancora cardinale, ottenne il permesso dal proprietario del marmo di realizzarne un calco, dal quale Jacopo Del Duca avrebbe dovuto creare un modello per una fusione in bronzo. Nel 1588, il Granduca collocò la scultura, insieme al Marte Gradivo di Bartolomeo Ammannati, all’interno della galleria di Villa Medici a Roma. Successivamente, entrambi i bronzi furono trasferiti davanti al portico della villa, ai lati della fontana di Mercurio dello scultore Giambologna. Nel 1787, su iniziativa di Pietro Leopoldo di Lorena, il Sileno con Bacco fanciullo e il Marte di Ammannati furono trasferiti a Firenze ed esposti nella Galleria degli Uffizi, dove sono ancora visibili oggi.
Rispetto alla versione antica, la scultura moderna mostra un naturalismo più vivace: i lineamenti del volto e la muscolatura sono resi con maggiore precisione, mentre la barba e i capelli sono più dettagliati. Il tronco dell’albero su cui Sileno si appoggia è arricchito da una vite che si arrampica in un intreccio di grappoli e viticci. Il committente aggiunse un cartiglio con un’iscrizione tratta dall’Eneide: “Le guerre, la pace sono il mio mestiere; talché sotto la tua guida lungimirante, io rivelerò gli arcani del destino del tempo a venire”. Questa citazione, legata alle arti divinatorie di Sileno, potrebbe essere interpretata come un omaggio di Ferdinando de’ Medici al padre Cosimo, granduca di Toscana. Originariamente, la statua doveva essere utilizzata come fontana, ma questa idea fu abbandonata prima della fusione. È probabile che Ferdinando volesse inizialmente donare l’opera al padre, ma la morte di Cosimo nel 1574 rese questo progetto impraticabile. L’opera fu quindi collocata nella villa di Ferdinando sul Pincio fino al suo trasferimento agli Uffizi.