Artissima, le 15 opere top: 5 artisti affermati, 5 nuovi talenti, 5 opere da non perdere


Le 15 opere top ad Artissima 2017 secondo Finestre sull'Arte (in-kind media partner): 5 opere di artisti affermati, 5 opere di nuovi talenti, 5 opere da non perdere.

Si è aperta oggi al pubblico l’edizione 2017 di Artissima (qui i dettagli e le informazioni pratiche): sono 206 le gallerie presenti, provenienti da 31 paesi, che hanno portato all’Oval Lingotto di Torino più di duemila opere di settecento diversi artisti. Difficile fare una selezione rapida e sintetica: consci che qualunque “riassunto”, specie se così breve, non sarà mai sufficientemente completo, noi abbiamo provato a darvi un’idea, e vi proponiamo dunque la selezione delle quindici opere top secondo Finestre sull’Arte (in-kind media partner di Artissima 2017). L’abbiamo suddivisa in tre categorie: cinque opere di artisti già affermati e noti al pubblico, cinque opere di giovani talenti che in futuro faranno parlare di sé, e cinque opere che non dovete assolutamente perdere. Non abbiamo preso in considerazione le opere del Deposito d’arte italiana presente, perché a questo progetto dedicheremo un focus a sé stante. Per il catalogo completo, vi suggeriamo di consultare il sito www.artissima.it.

Artisti affermati

1. Jan Fabre, Adelaarsboom (Silent Screams, Difficult dreams) (1992; vetro veneziano, tessuto, penna bic, metallo e legno). Proposto da: Mario Mauroner Contemporary Art - Salisburgo / Vienna, Austria.

Adelaarsboom, in olandese, significa letteralmente “Albero di aquile”. È un’opera appartenente a una serie intitolata Silent Screams, Difficult Dreams, in cui Jan Fabre (Anversa, 1958) mette in scena bizzarri teatrini popolati di inquietanti figure (in questo caso protagoniste sono le tre aquile una sopra all’altra) tratte dal mondo immaginario di una ragazza, Helena, una donna che Fabre realmente conobbe e che viveva in un mondo tutto suo, colmo di rimandi simbolici. Silent Screams, Difficult Dreams nacque come opera teatrale che faceva parte di una trilogia (The minds of Helena Troubleyn) dedicata proprio a questa bizzarra figura femminile.

Jan Fabre, Adelaarsboom

2. Maurizio Nannucci, Look (2005; neon, vetro Murano rosso, 200 x 400 x 1,5 cm). Proposto da: Enrico Astuni - Bologna, Italia.

La grande scritta al neon di Maurizio Nannucci (Firenze, 1939) è già tra le opere più fotografate della ventiquattresima edizione di Artissima. Il neon è il medium tipico dell’artista toscano, che lo utilizza per riflettere sul linguaggio e sul modo in cui quest’ultimo si relaziona con lo spazio entro cui è inserito. “Il neon”, dice l’artista, “mi dà la possibilità di formare e trasformare lo spazio in sensazioni e concetti che arrivano molto vicino al grado zero di rappresentazione, aprendo al contempo nuove prospettive e orizzonti di percezione e interazione con la realtà”. E questo Look può esser visto come un... invito a guardare nel profondo le opere di Artissima!

Maurizio Nannucci, Look

3. Antony Gormley, Open Swoon (2015; scultura in ferro). Proposto da: Galleria Continua - San Gimignano, Italia.

Tipico soggetto del linguaggio dello scultore inglese Antony Gormley (Londra, 1950), l’uomo scomposto in forme geometriche non ha un’identità riconoscibile: potremmo dire che quell’uomo rappresenta tutti noi, e le diverse forme che assume possono simboleggiare le varie situazioni con cui abbiamo a che fare, gli stati d’animo che proviamo, le esperienze che facciamo nel corso della nostra esistenza. “L’arte”, dice Gormley, “è il mezzo attraverso il quale facciamo sapere come ci si sente stando vivi”. E questo vale anche per l’Open Swoon (letteralmente “svenimento aperto”) portato ad Artissima da Continua.

Antony Gormley, Open Swoon

4. Mario Schifano, Ninfee (1983). Proposto da: Galleria de’ Foscherari - Bologna, Italia

Ad Artissima c’è spazio anche per artisti ormai storicizzati: tra questi figura uno dei maggiori esponenti della pop art italiana, Mario Schifano (Homs, 1934 - Roma, 1998), di cui possiamo trovare alcuni dipinti, tra cui queste Ninfee, soggetto su cui l’artista tornò diverse volte. Opera che trae spunto dalla storia dell’arte, e in particolare dalle Ninfee di Monet, che si trasformano, nell’opera di Schifano, in fiori dai colori forti, quasi violenti, come se quelle ninfee fossero testimoni dei cambiamenti storici intercorsi nei cent’anni di storia che le separano dalle loro omologhe impressioniste.

Mario Schifano, Ninfee

5. Nanni Balestrini, Quindici (1969; collage su carta, 26,5 x 27 cm). Propost da: Frittelli Arte Contemporanea - Firenze, Italia

Nanni Balestrini (Milano, 1935) fu uno degli esponenti di spicco del Gruppo 63 e trovare ad Artissima i suoi collage con i quali rifletteva sul futurismo proponendosi come nuova avanguardia (riuscendoci, peraltro: ed è stata forse quella del Gruppo 63 l’ultima vera avanguardia della storia dell’arte italiana), assieme alle opere di tutti gli artisti che furono partecipi di quel clima culturale (Lamberto Pignotti, Ketty La Rocca, Lucia Marcucci), portati a Torino da Frittelli, è uno splendido modo per riscoprire una feconda stagione della nostra cultura. Anche perché molte delle opere, tra le quali i collage della serie Quindici, appartengono proprio a quel periodo.

Nanni Balestrini, Quindici

Nuovi talenti

1. Summer Wheat, Coreena (2016; foglia d’oro, resina e pittura acrilica, 175,2 x 121,9 cm). Proposto da: Braverman Gallery - Tel Aviv, Israele

La statunitense Summer Wheat (Oklahoma City, 1977) di certo non s’affaccia per la prima volta su palchi importanti, ma è comunque un’artista la cui carriera è in ascesa. Coreena, la sua opera arrivata ad Artissima, contiene tutti i tratti caratteristici del suo stile. L’arte di Summer Wheat non è certo di classica bellezza, ma contiene una grande energia, è pregna di un erotismo quasi sciamanico, è connotata da una travolgente forza espressiva e pesca a piene mani dall’arte tribale. In definitiva un’arte intensa e sensuale quella che emerge dai suoi lavori, e Coreena non fa eccezione.

Summer Wheat, Coreena

2. Simone Monsi, Transparent word banner (this website is so boring) (2016; perspex, acciaio, MDF; 135 x 200 x 12 cm). Proposto da: Placentia Arte - Piacenza, Italia.

Artista tra i più giovani di Artissima, Simone Monsi (Piacenza, 1988) si presenta con un’opera della serie Transparent word banners: sono frasi tratte da Tumblr, scelte tra quelle più semplici e banali ma al contempo capaci di riscuotere maggior successo, quindi decontestualizzate e tradotte in letterine di plexiglas. Un’arte capace di calarsi in maniera intelligente nelle problematiche della società odierna, e Monsi (proprio quest’anno, peraltro, Placentia Arte ha organizzato la sua prima mostra personale) si rivela un osservatore acuto, attento e intelligente.

Simone Monsi, Transparent word banner

3. Cosimo Veneziano, Giorni di un futuro passato (2017; carboncino su tela, 100 x 200 cm). Proposto da: Alberto Peola - Torino, Italia.

Giorni di un futuro passato è uno degli ultimi lavori di Cosimo Veneziano (Moncalieri, 1983), presentato per la prima volta quest’anno alla sua seconda mostra personale, ospitata proprio dalla galleria Alberto Peola di Torino. L’artista rilegge le immagini di propaganda del Novecento per riflettere su come la propaganda stessa ponga l’accento sulla distruzione che presuppone i cambiamenti che avvengono nella storia: un processo che contiene contraddizioni (quella tra la distruzione e la novità non è che una: l’artista riflette anche sul dissidio tra la magniloquenza delle rappresentazioni, che intendono celebrare un momento storico, e al contempo la censura che caratterizza l’agire di molta politica). Veneziano, peraltro, è stato selezionato anche per il Deposito d’arte italiana presente.

Cosimo Veneziano, Giorni di un futuro passato

4. Catherine Parsonage, Campari Spring (2017; matita, pastello e acquerello su carta Fabriano, 111 x 66 cm). Proposto da: House of Egorn - Berlino, Germania.

La giovane artista Catherine Parsonage (Wirral, 1989), inglese di nascita ma residente in Italia, esegue ritratti che hanno quasi sempre per soggetto principale il corpo femminile. “La pratica dell’artista”, leggiamo nel catalogo della sezione Present future di Artissima, per la quale Catherine Parsonage è stata selezionata, “si interroga sulle nozioni di genere e identità attraverso un personale approccio rappresentativo della corporeità, decostruito e basato sull’utilizzo del colore. Il corpo viene espresso come un’entità in divenire [...]. Questi ritratti eterei evocano le attuali frizioni emerse dalla svolta digitale, nei loro tratti delicati riecheggiano la frammentazione dei corpi e delle loro immagini come conseguenza delle ampliate possibilità di riproduzione, manipolazione e circolazione delle immagini”.

Catherine Parsonage, Campari Spring

5. Joanna Piotrowska, Untitled (2017; stampa su gelatina d’argento, 120 x 95 cm). Proposto da: Madragoa - Lisbona, Portogallo.

L’artista polacca Joanna Piotrowska (Varsavia, 1985) ha chiesto a diverse persone di costruire, dove volessero, una tenda, come quella che si faceva da bambini per giocare, mettendo per esempio un telo tra due sedie. Ne è scaturita una serie di fotografie, chiamata semplicemente Untitled e realizzata tra il 2016 e il 2017, che mira a evidenziare, con l’aspetto infantile che le immagini assumono, “le fragili e intime contraddizioni che stanno alla base della nostra identità” (così nel catalogo): l’artista, in altri termini, vuole sottolineare come tutti abbiamo sempre necessità di trovare un rifugio o una protezione.

Joanna Piotrowska, Untitled

Opere da non perdere

1. Nicola Samorì, La caduta dei giganti (2017; olio su rame, 70 x 50 cm). Proposto da: Monitor - Roma, Italia

Nicola Samorì (Forlì, 1977), tra i più interessanti artisti italiani contemporanei, già presente alla Biennale di Venezia, propone un linguaggio che affonda le proprie radici nell’arte del Seicento (e che s’avvale anche dell’uso di tecniche tradizionali, come l’olio su rame) e la rilegge (con figurazioni tuttavia originali) sottoponendola a colate di materia, strappi, bruciature, quasi per evidenziare lo scorrere del tempo e per sottolineare che un’opera d’arte, icona che ci appare fissata nel tempo, è in realtà un oggetto che va incontro a un normale processo di deperimento. Quest’anno, le sue opere forti e potenti (e la galleria Monitor propone ad Artissima un’ottima selezione) sono state esposte in una mostra personale a Pesaro.

Nicola Samorì, La caduta dei giganti

2. Abdoulaye Konaté, Alep (2017; arazzo, 346 x 236 cm). Proposto da: Primo Marella - Milano, Italia.

Un medium tradizionale, l’arazzo, per rappresentare un dramma contemporaneo: l’artista maliano Abdoulaye Konaté (Diré, 1953) traduce in opera tessile la tragedia di Aleppo. Croci , stelle e mezzelune come a voler dire che la violenza non fa sconti a nessuno, un rosso sangue che colora tutto (la terra, i corpi riversi sul suolo, gli edifici), una sorta di pioggia infuocata che cade dal cielo. È una delle opere più forti che troviamo all’edizione 2017 di Artissima.

Abdoulaye Konaté, Alep

3. Giuseppe Penone, Pelle di cedro. Edera (2007; cuoio e bronzo, 276 x 298 x 22 cm). Proposto da: Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea - Torre Pellice, Italia

Pelle di cedro è una delle opere più famose di Giuseppe Penone (Garessio, 1947), esponente di spicco dell’arte povera. È una riflessione sulla natura: si tratta del calco di una corteccia di cedro realizzato in pelle. Animale e vegetale dunque entrano a far parte l’uno dell’altro, coinvolgendo noi stessi, fruitori dell’opera, dando vita secondo nuove forme a quel dialogo tra uomo e natura che ha sempre contraddistinto l’arte di Penone.

Giuseppe Penone, Pelle di cedro

4. Jules de Balincourt, Truck stop blues (2016; olio su tavola, 61 x 50,8 cm). Proposto da: Victoria Miro Gallery - Londra, Regno Unito

Con lo spirito d’osservazione d’un artista fiammingo (e in certa misura i suoi dipinti fanno quasi pensare all’arte fiamminga della tradizione), il francese Jules de Balincourt (Parigi, 1972) guarda alla realtà con occhio disincantato. “Non posso dipingere bouquet floreali e far finta che tutto sia meraviglioso. Non mi interessa”, ha dichiarato. E la sua realtà si presenta sotto forma di piccoli paesaggi quotidiani connotati da colori acidi e violenti. Un po’ come accade in questo Truck stop blues, che ci trasporta quasi in una stazione di servizio americana, di notte, con i camion che s’avvicendano al parcheggio, sulle malinconiche note di Ry Cooder.

Jules de Balincourt, Truck stop blues

5. Jacqueline de Jong, La clique au bassin (Série Noire) (1981; olio su tela, 86 x 105 cm). Proposto da: Dürst Britt & Mayhew - L’Aia, Paesi Bassi

Selezionate per la sezione Back to the future, le opere della Série Noire di Jacqueline de Jong (Hengelo, 1939) sono ispirate ai film di Fassbinder: opere, leggiamo nel catalogo di Artissima, “al tempo stesso umoristici e audaci, figurativi e iconografici, violenti e formalmente impeccabili, surrealisti e cinematografici”, che dànno idea del temperamento di un’artista cosmopolita e indipendente, ma anche disobbediente, al punto da essere cacciata dall’Internazionale Situazionista da Guy Debord (e lei poi fondò una rivista situazionista, The Situationist Times).

Jacqueline de Jong, La clique au bassin (Série Noire)


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo





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