La sostenibilità economica dei musei: la crescita sostenibile inizia dai numeri


La sostenibilità economica nei musei: la museologia contemporanea non può prescindere dall’idea che la crescita sostenibile di un museo cominci dal controllo dei numeri. Business model, fundraising e misurazione dell’impatto economico sul territorio.

La sostenibilità economica è una dimensione fondamentale per le strutture che producono cultura che devono essere messe in condizione di mantenere le loro promesse, di adempiere al loro essere un pubblico servizio e di perseguire finalità di interesse generale (bene comune). Una gestione economicamente sostenibile unita a un’elevata qualità della ricerca e della produzione scientifica (esposizioni e produzione di pubblicazioni), e a una fruizione più estesa connessa alle “nuove” funzioni del museo, devono essere obiettivi imprescindibili per salvaguardare tutti i gradi della sostenibilità e fidelizzare maggiormente i pubblici. Sostenibilità economica, responsabilità sociale e sostenibilità ambientale vanno di pari passo in quanto più una struttura museale riesce a intercettare, recuperare e utilizzare le risorse economiche tanto più si estende il perimetro delle azioni di pubblica utilità.

In un momento storico come quello attuale in cui gli individui hanno bisogno di ritrovare punti di riferimento esistenziali, di uscire da stati di stress e di ansia, di confrontarsi con nuove identità e di rivivere la cultura in contesti sempre più inclusivi, interattivi, esperienziali e soggettivi che producono piacere psico-fisico, il museo diventa un’impresa al servizio delle persone. Riconoscere il valore economico dei beni culturali significa prendere consapevolezza di poter riunire all’interno della struttura che li accoglie processi di benessere e soddisfazione delle nuove esigenze dei pubblici e agire per questi obiettivi in modo da ottenere il massimo risultato dai propri mezzi. Il profitto rimane, comunque, il fattore principale di ogni modello economico connesso alla crescita sostenibile. Il profitto, che nel caso di un museo sarà completamente re-investito nelle proprie iniziative, avrà lo stesso valore dell’inclusione, del benessere sociale e della coscienza ecologica trasmessa. I visitatori di un museo diventano, perciò, al tempo stesso protagonisti, risorse fondamentali e fruitori esistenziali (stile di vita condiviso)1.

La biglietteria del Museo Santa Giulia di Brescia. Foto: Fondazione Brescia Musei
La biglietteria del Museo Santa Giulia di Brescia. Foto: Fondazione Brescia Musei

L’efficacia e l’efficienza di una gestione museale virtuosa è importante perché collegata a filo doppio con la valorizzazione e con l’utilizzo, da parte del pubblico generico, del patrimonio culturale attraverso modalità più in linea con le necessità del “qui e ora”. Le strutture che producono cultura sono chiamate a adottare, nella definizione delle strategie e degli assetti organizzativi, strumenti e modelli gestionali derivati dal mondo dell’impresa. Ed è proprio nel cambiamento che un approccio economico e finanziario più oculato, se consapevole, può fare la differenza; infatti, non possiamo dimenticare che:

  • sono cambiate le esigenze delle persone: il museo entra nel mercato del loro tempo libero;

  • sono mutate le necessità e le abitudini dei turisti;

  • il visitatore è al centro di ogni offerta culturale: la cultura vuole entrare nella quotidianità delle persone;

  • i pubblici conosciuti, segmentati e coinvolti diventano protagonisti attraverso esperienze tailor made. Obiettivo: la loro fidelizzazione;

  • sono aumentate le funzioni dei musei anche nel loro dover valorizzare, oltre ai beni materiali, i beni immateriali, il bene comune e il bene relazionale;

  • è diventata di primaria importanza la pianificazione etica sui quattro gradi di crescita sostenibile;

  • sono cambiate le modalità con cui concepire mostre temporanee ed eventi collaterali;

  • sono aumentate le competenze richieste al board di gestione;

  • sono evolute le relazioni con le università e con le scuole di ogni ordine e grado;

  • la connessione con i mondi digitali e con l’innovazione è diventata sempre più funzionale e in linea con gli obiettivi del museo;

  • l’abbattimento delle barriere architettoniche e sociali è diventato un obiettivo prioritario;

  • sono cambiate le modalità di aprirsi e interagire con il territorio.

Di fatto, i musei devono applicare una gestione disciplinata da strategie innovative, piani economici e business model capaci di produrre introiti, che completano le risorse messe a disposizione dalla Pubblica Amministrazione. Ecco alcune delle modalità per generare entrate:

  • biglietti e abbonamenti;

  • facility management con gestione diretta o indiretta (ristorante, caffetteria, bookshop, giftshop, spazio eventi). I servizi non sono solamente un’opportunità per i visitatori del museo, ma delle vere e proprie proposte indipendenti per attrarre pubblici con proposte a tema e fidelizzarli con “pacchetti speciali”;

  • eventi collaterali a pagamento (visite guidate con performance teatrale, performance interdisciplinari a tema, cene a tema con performance teatrali, workshop, ecc.);

  • corporate fundraising (partnership con imprese private);

  • Art Bonus: un’agevolazione fiscale che riguarda cittadini, enti e imprese che sostengono, attraverso erogazioni liberali, il patrimonio culturale italiano ottenendo, in cambio, un credito d’imposta pari al 65% dell’importo donato;

  • progetti comunitari e bandi pubblici;

  • prestito opere;

  • contributi volontari (donazioni) e forme associative (Amici del museo);

  • partnership con enti pubblici e privati del territorio per progetti legati a un turismo lento e sostenibile (il museo diventa una destinazione)2;

  • sponsorizzazioni e sponsorizzazioni tecniche.

La difficoltà dei musei di adempiere alle proprie funzioni e alle proprie mission solamente con il denaro pubblico ha fatto sì che l’istituzione museale si sia avvicinata a una gestione non lontana da quella di una qualunque impresa privata – mantenendo coerenza con i propri obiettivi culturali, etici e sociali –, svolgendo con precise strategie un’attività mirata a intercettare nuove forme di finanziamento, posizionandosi come struttura che eroga benefici emotivi, esperienziali e strategici nei tre mercati di riferimento (Pubblica Amministrazione/turismo sostenibile, pubblico generico e imprese private). Le Pubbliche Amministrazioni, che fino a pochi anni fa si assumevano la responsabilità di finanziare quasi per intero il fabbisogno dell’istituzione museale, ottengono dal museo quella che potremmo definire legittimazione socio-culturale3 e ottime opportunità comunicative. Un museo ben gestito e frequentato da tante persone, meglio se fidelizzate, non produce solamente valore culturale, sociale ed economico, ma rafforza le relazioni con la comunità, con i media e con gli stakeholder del territorio e, inoltre, migliora i rapporti interni producendo un’azione positiva nei confronti del proprio capitale umano. Il museo può trasformarsi in una specie di stazione permanente di coordinamento turistico diventando destinazione e parte attiva per proposte di tour building, elemento propulsivo di un sistema museale, soggetto fondamentale di un cluster culturale e componente imprescindibile del rapporto impresa-cultura-territorio esaltando il valore economico che produce la cultura.

Bookshop di Palazzo dei Diamanti a Ferrara. Foto: Fondazione Ferrara Arte
Bookshop di Palazzo dei Diamanti a Ferrara. Foto: Fondazione Ferrara Arte

In generale, qualunque impresa pubblica o privata interessata a far crescere i propri mercati dovrebbe dotarsi di strumenti in grado di misurare le proprie performance in relazione al raggiungimento dei propri obiettivi, delle mission e della crescita sostenibile. Valutazioni che, mettendo a fuoco punti di forza e di debolezza, permetterebbero di apportare cambiamenti per migliorare gli esiti attraverso scelte strategiche più appropriate. Misurare la performance di un museo, calcolare il suo impatto economico sul territorio, è un processo complesso che non può riguardare solamente i biglietti staccati; infatti, per una struttura che produce cultura, sarà importante includere anche la capacità di profilare, coinvolgere e fidelizzare i pubblici, il suo progetto scientifico e didattico, il valore dei suoi progetti di ricerca (anche in virtù di collaborazioni universitarie), la sua efficacia nei confronti dei visitatori occasionali (turisti), le modalità con cui sono redatti i piani economici, i business model per poter raggiungere la sostenibilità economica, la capacità di utilizzo delle risorse e le modalità di dialogo con il territorio (tutti i pubblici, imprese private e stakeholder). Anche la relazione con la crescita sostenibile, sempre più determinante, non potrà dare risposte economiche, dirette o indirette, in tempi brevi rispetto all’investimento iniziale.

Gli studi d’impatto economico delle attività culturali registrano nel nostro Paese ancora una bassa diffusione: solo dall’inizio del nuovo millennio si sta dando continuità a una concezione che considera la cultura alla stregua di un’industria capace di generare PIL e occupazione4. I parametri da definire nella misurazione dell’impatto economico di un museo per il territorio sono i segmenti di pubblico presi in esame, il tempo di permanenza sul territorio, la predisposizione e la capacità di spesa di ciascun segmento e l’area geografica di riferimento per valutare la “spesa aggiuntiva potenziale”. Saranno importanti anche le informazioni della locale Camera di Commercio per censire le strutture operanti nel settore della ricettività, della ristorazione, dei negozi, ovvero gli ambiti economici dell’area geografica di riferimento sui quali il museo produce ricadute. Per misurare la stima della spesa prodotta può essere utilizzato il metodo della “visitor survey” che consiste in un’indagine rivolta a un campione di visitatori sulla loro spesa giornaliera, distinta per macrocapitoli, dando per scontato che i visitatori di un museo, una volta in città, spendono anche per i servizi e le opportunità offerte dal territorio.

Note

1 B. Santoro, Pensare sostenibile. Una bella impresa, Milano, EGEA, 2018, p. 81.

2 M. Vanni, Il turismo dopo il Covid 19. La ricerca del senso della vita e i nuovi scenari sui quali progettare, in D. Piraina – M. Vanni, La nuova museologia: le opportunità nell’incertezza, Torino, Celid, 2020, p. 221.

3 F. Severino, Economia e marketing per la cultura, Franco Angeli, Milano, 2011, p. 76.

4 D. Mocchi, Come quantificare il valore economico di un museo per un territorio, in M. Vanni, Il museo diventa impresa. Il marketing museale per il break even di un luogo da vivere quotidianamente, Torino, Celid, 2018, p. 105.


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L'autore di questo articolo: Maurizio Vanni

Museologo, Critico e Storico dell’arte, specialista in Sostenibilità, Valorizzazione e Gestione museale ed in Marketing non convenzionale per la cultura. Già chief curator del MARS – Modern Art Center di Mosca (2002-2004), Curatore Museale della Fondazione Primo Conti (2005-2006), Direttore della Fondazione Dino Zoli Arte Contemporanea (2007-2008), Direttore Generale del Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art (2009-2021) e docente di Museologia e Marketing museale presso UMSA – Universidad del Museo Social Argentino di Buenos Aires (2013-2018). Attualmente lavora per il Ministero della Cultura – Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Lucca e Massa Carrara (Sostenibilità, Valorizzazione e Gestione dei Beni Culturali e dei Musei), è docente di Museologia presso l'Università degli Studi di Pisa, docente di Marketing non convenzionale alla Facoltà di Economia di Roma Tor Vergata nel Master “Economia e Gestione della Comunicazione e dei Media”, docente di Governance e gestione culturale presso il Conservatorio Luigi Boccherini di Lucca nel Master MaDAMM. È Coordinatore dell'Osservatorio di Storia dell'Arte della Pontificia Accademia Mariana Internationalis. È componente della Giuria Internazionale di Florence Biennale 2023. E' membro del Consiglio Direttivo dell'Associazione Greenaccord onlus.



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