“Artista pop, intellettuale, conoscitore del passato: chi era mio padre Concetto Pozzati”


Dal 27 ottobe 2023 all’11 febbraio 2024, Palazzo Fava a Bologna dedica la prima grande antologica a Concetto Pozzati in una sede museale dopo la sua scomparsa. Chi era Concetto Pozzati? Un’intervista alla figlia Maura Pozzati, curatrice della mostra, ci svela l’artista e l’uomo dietro le sue opere.

È da poco stata aperta a Bologna, a Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni, la mostra Concetto Pozzati XXL, prima antologica dedicata a Concetto Pozzati (Vo’ Vecchio, Padova, 1935 - Bologna, 2017) in una sede museale dopo la sua scomparsa. Curata da Maura Pozzati, figlia dell’artista, curatrice e direttrice dell’Archivio Concetto Pozzati, l’esposizione è presentata da Genus Bononiae, insieme a Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna. In questa intervista parlano il Presidente di Genus Bononiae, Filippo Sassoli de’ Bianchi, e la curatrice Maura Pozzati, per illustrarci vari aspetti della mostra che vuole restituire per la prima volta un’immagine completa di Concetto Pozzati: non solo un artista visivo, ma un intellettuale a tutto tondo.

Concetto Pozzati davanti al dipinto Tempo sospeso. Foto: Vittorio Valentini
Concetto Pozzati davanti al dipinto Tempo sospeso. Foto: Vittorio Valentini
Concetto Pozzati lavora al ciclo Ciao Roberta. Foto: Vittorio Valentini
Concetto Pozzati lavora al ciclo Ciao Roberta. Foto: Vittorio Valentini

IB. Come ha accolto la decisione, da curatrice e direttrice dell’Archivio Concetto Pozzati e da figlia dell’artista, di dedicare a Bologna una mostra antologica, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e da Genus Bononiae, a Concetto Pozzati?

MP. In realtà le cose sono andate diversamente e in una maniera davvero inaspettata: ero andata Palazzo Fava a un incontro con il consigliere delegato di Genus Bononiae, il dottor Gianandrea Rocco di Torrepadula, per proporgli una mostra di opere su carta di mio padre, Concetto Pozzati, durante Arte Fiera e ART CITY Bologna, pensando a Santa Maria della Vita. Durante la conversazione, parlando dell’Archivio Concetto Pozzati – istituito da me e da mio fratello Jacopo nel 2020 – il dottor Rocco di Torrepadula ha proposto di realizzare una mostra più grande. Ovviamente sono uscita da quell’incontro molto felice, arrivava il momento di esporre opere importanti di mio padre in uno splendido palazzo storico di Bologna, dopo sei anni dalla sua scomparsa. Mi è venuta così l’idea di riprendere un vecchio progetto che mio padre non era riuscito a concretizzare e di esporre quadri inediti e poco visti, di grandi dimensioni e tutti di proprietà dell’Archivio.

Come descriverebbe l’arte di suo padre?

È una domanda fuorviante, difficile descrivere l’arte di un pittore, come mio padre amava definirsi. Concetto Pozzati ha sempre lavorato per cicli e non si è mai ripetuto, ha sempre cambiato pelle per non essere omologato, per non cedere alle lusinghe del mercato, per essere libero e controcorrente, fuori dalle mode. I suoi scritti sono illuminanti in tal senso: e se proprio dobbiamo descrivere la sua arte fondamentale è leggere quello che scriveva: “L’arte è sempre interrogazione ed è sempre indicibile…L’importante è essere fuori dal conformismo sia della rappresentazione che della presentazione perché l’arte è creazione di differenza”.

Com’è stato da figlia curare una mostra che raccontasse l’intera carriera di suo padre? Per la selezione delle opere ha influito anche il suo rapporto privato o qualche ricordo?

Curare questa mostra Concetto Pozzati XXL in uno spazio così importante, una vera e propria casa della pittura, è stato emozionante e la tensione emotiva mi ha fatto passare notti insonni, ma ho sempre avuto la sensazione che i quadri di grande formato di Concetto Pozzati, soprattutto i dittici di 6 metri che lui teneva per sé e non metteva in vendita, avrebbero dialogato perfettamente con gli affreschi dei Carracci, di Ludovico, di Cesi, di Albani. Per la selezione delle opere e la scelta dei quadri nel piano nobile ho esclusivamente ragionato sul rapporto con le stanze del Palazzo, con i fregi, con gli arredi, con i pavimenti, cercando davvero una consonanza amorosa tra la pittura di Concetto, così iconica e pop, e quella sedimentata nelle sale di Palazzo Fava. Al piano superiore invece ho pensato di esporre solo le opere su carta, perché per mio padre disegnare era importante tanto quanto dipingere e pensare a una grande mostra di Pozzati senza la parte grafica era davvero impensabile: “Disegnare non è un esercizio ma un pensiero, un’idea, una ginnastica eidetica ispessita dalla ginnastica dell’occhio che spia nei dintorni del segno tra una pausa e l’altra. È una cartografia immaginaria, a volte esasperata da pentimenti e da ostacoli, richiami, accumuli, sovrapposizioni. Disegnare è una necessità…”, scriveva Concetto Pozzati.

Come si struttura il percorso espositivo?

Il percorso espositivo, come già detto, si basa sul dialogo tra artisti che scavalca il tempo e i secoli: non è quindi un percorso cronologico ma basato su scelte specifiche in relazione agli spazi. Durante la visita si incontrano opere che fanno parte di cicli diversi ma che tracciano un percorso circolare, che sfocia nell’ultima sala, quella dedicata al suicidio di Didone, dove due lavori pop degli anni Sessanta stanno insieme a due quadri dell’ultimo ciclo dipinto dall’artista in vita dedicato alle vulve, proprio per sottolineare la stessa intensità del gesto, la medesima ricerca cromatica e simbolica, l’amore per il fare pittura.

Allestimenti di Concetto Pozzati XXL. Foto: Elettra Bastoni
Allestimenti di Concetto Pozzati XXL. Foto: Elettra Bastoni
Allestimenti di Concetto Pozzati XXL. Foto: Elettra Bastoni
Allestimenti di Concetto Pozzati XXL. Foto: Elettra Bastoni
Allestimenti di Concetto Pozzati XXL. Foto: Elettra Bastoni
Allestimenti di Concetto Pozzati XXL. Foto: Elettra Bastoni
Allestimenti di Concetto Pozzati XXL. Foto: Elettra Bastoni
Allestimenti di Concetto Pozzati XXL. Foto: Elettra Bastoni
Allestimenti di Concetto Pozzati XXL. Foto: Elettra Bastoni
Allestimenti di Concetto Pozzati XXL. Foto: Elettra Bastoni

In mostra, come testimonianza di una delle fasi principali della carriera di Concetto Pozzati, sono esposte opere riconducibili al periodo Pop. Com’è la Pop Art di Concetto Pozzati? Per quale tratto si contraddistingue?

Concetto Pozzati è un artista pop sui generis: per lui la Pop Art non è stata una tendenza artistica ma un’idea, una riflessione sul concetto di mercificazione. Mio padre ha sempre parlato di immagini private che si scontravano con quelle pubbliche-cartellonistiche, scambiandosi le parti tra ciò che è pubblico e ciò che è privato. Un esempio è la tanto citata pera (che era quella del manifesto “derby-pera”) che utilizzata da Pozzati diventava la pera Pozzati. Il prodotto, cioè, univa in sé tutte le contraddizioni linguistiche e compito dell’artista era quello di compiere investigazioni sul linguaggio pubblico e privato, oggettivo e soggettivo, in modo da creare una “suspence” comunicativa.

In alcune opere la memoria personale e la memoria storica diventano parte dell’opera stessa: nel ciclo Fuori dalla porta ad esempio l’artista inserisce vecchie fotografie, buste di lettere, cartoline, schizzi. Qual era il suo rapporto con la storia pubblica e con i ricordi personali? In entrambi i casi avviene un dialogo con il tempo...

Per Pozzati guardare il passato significa osservarlo con gli occhi e la problematica del contemporaneo e del presente. La storia e la storia dell’arte diventavano per lui un “momento critico” sempre attuale, un materiale qualsiasi da usare, rubare, citare, saccheggiare. Se ripesca qualcosa dal passato Pozzati lo fa senza nostalgia, perché, come scrive: “I ’ricordi’ (non le nostalgie) si sono affollati e si sono depositati. È vero tutto cambia, anche il già visto, il già fatto, il già vissuto a seconda dell’osservazione, della finestra dell’osservazione. Ricostruire ogni volta diversamente da quello che eravamo in quanto siamo quelli che siamo oggi”.

Dopo il tutto dove galleggia tutto, dove il tutto è uguale perché è stato fatto tutto, perché si può fare tutto, perché non si rincorre né si progetta il nuovo e il futuro. Un inventario della fine, un catalogo sulla non differenza dei segni e delle immagini”, scrive Pozzati richiamando il titolo di uno dei suoi più famosi lavori, Dopo il tutto, realizzato nel 1980, costituito da 301 disegni e presente in mostra. Qual era il suo rapporto con il futuro? E come cercava di superare il “tutto che era già stato fatto”?

La grande installazione Dopo il tutto che abbiamo riallestito a Palazzo Fava in una nuova veste, costituita da 301 disegni chiusi in scatole di plexiglass, è davvero un inventario pozzatiano, una sorta di grande repertorio di citazioni e di autocitazioni che bene evidenziano la propensione al saccheggio delle immagini che mio padre ha ripetutamente perpetrato. Definito il “corsaro della pittura” per questo suo ricorrere ad apparati iconografici provenienti dalla storia dell’arte, dall’enciclopedia Diderot e D’Alembert, dalla sua stessa pittura precedente, l’artista ha sempre rivendicato il diritto di rapina: numerosi in quest’opera i riferimenti ai pittori del passato, tante le citazioni di disegni della propria collezione privata, frequenti le immagini provenienti dal mondo animale e naturale, copiose le autocitazioni: il tutto reso possibile da quella tecnica del collage tanto amata da Concetto, che gli permetteva di allineare e far galleggiare sullo stesso foglio di carta icone, cose, sagome, reperti, vecchie fotografie, pezzetti di carta, macchie di colori, sgocciolature e graffette. Non posso invece rispondere su quale fosse il suo rapporto con il futuro in quel momento, era nato mio fratello da due anni, aveva trovato un nuovo studio finalmente fuori da casa, dove si era trasferito nel 1979 e dove crea nel 1982 il grandissimo quadro Il presepe di Valdonica per la Biennale di Venezia…immagino fosse preso da queste grandi novità.

Oltre al Pozzati artista, la mostra vuole far conoscere ai visitatori l’intellettuale a tutto tondo. In che modo questo aspetto viene fatto conoscere nel percorso espositivo?

In realtà l’intellettuale a tutto tondo, il fine pensatore, l’acuto critico d’arte che mio padre è stato a tutti gli effetti (oltre che grande insegnante) non viene fuori tanto nella mostra quanto nel catalogo edito da Maretti, dove le opere sono pubblicate in ordine cronologico e sono auto-presentate da Concetto Pozzati stesso attraverso il suo scritto corrispondente. Il catalogo mi ha permesso di fare quello che in mostra era molto difficile, cioè di fare emergere la sua voce potente e controcorrente, polemica e poetica contemporaneamente e di ripubblicare gran parte dei suoi scritti dedicati ai diversi cicli pittorici.

A che tipo di pubblico si vuole rivolgere la mostra? E come è stata accolta dal pubblico in questo primo periodo di apertura?

La mostra è pensata per tutti i tipi di pubblico per varie ragioni: innanzitutto il luogo, la sua bellezza intrinseca, il fatto che è visitato in quanto Palazzo Fava affrescato dai Carracci, indipendentemente dalla mostra in corso; poi perché questa è la prima grande personale organizzata in uno spazio museale dopo la morte dell’artista e quindi ideata per raccontare più di cinquant’anni di lavoro, attraversando varie fasi e cicli, tra cui anche quelli inediti, che non sono mai usciti dall’Archivio prima di adesso; e infine perché è una mostra che si presta all’attività didattica con le scuole e con i più piccoli, che possono davvero divertirsi a “giocare” con Concetto Pozzati.

Per ora ho ricevuto molti commenti positivi e tanti complimenti, speriamo davvero sia visitata da tutti quelli che amano la pittura, spinti dalla curiosità di incontrare un artista originale e fuori dagli schemi che va assolutamente rivalutato all’interno del mercato dell’arte e riconsiderato come una figura chiave all’interno della storia dell’arte contemporanea.

Concetto Pozzati, J. Ovvero la sottomissione (1964-65; olio e tempera su tela, 119 x 93 cm). Su concessione dell'Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, J. Ovvero la sottomissione (1964-65; olio e tempera su tela, 119 x 93 cm). Su concessione dell’Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, Hai sentito cosa succede? (1965; olio su tela, 175 x 200 cm). Su concessione dell'Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, Hai sentito cosa succede? (1965; olio su tela, 175 x 200 cm). Su concessione dell’Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, Rosa nera (1969; tempera, specchio e acrilico su tela, 175 x 200 cm). Su concessione dell'Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, Rosa nera (1969; tempera, specchio e acrilico su tela, 175 x 200 cm). Su concessione dell’Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, Eau Domestique ‘74 (Numana, 1974; tecnica mista e collage su tela, 175 x 200 cm). Su concessione dell'Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, Eau Domestique ‘74 (Numana, 1974; tecnica mista e collage su tela, 175 x 200 cm). Su concessione dell’Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, L’impiego del tempo (1978; tecnica mista su carta, 70x100 cm). Su concessione dell'Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, L’impiego del tempo (1978; tecnica mista su carta, 70 x 100 cm). Su concessione dell’Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, A che punto siamo con i fiori (1988; olio e acrilico su tela, 200 x 280 cm). Su concessione dell'Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, A che punto siamo con i fiori (1988; olio e acrilico su tela, 200 x 280 cm). Su concessione dell’Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, Con mio padre, passeggiando tra i fiori neri (1989; olio e acrilico su tela, dittico, 200 x 350 cm). Su concessione dell'Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, Con mio padre, passeggiando tra i fiori neri (1989; olio e acrilico su tela, dittico, 200 x 350 cm). Su concessione dell’Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, Ciao Roberta (2007; olio, smalto e acrilico su tela, 200 x 600 cm). Su concessione dell'Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, Ciao Roberta (2007; olio, smalto e acrilico su tela, 200 x 600 cm). Su concessione dell’Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, Tempo sospeso (2008-2009; acrilico, olio e smalto su tela, 200 x 600 cm). Su concessione dell'Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, Tempo sospeso (2008-2009; acrilico, olio e smalto su tela, 200 x 600 cm). Su concessione dell’Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, Vulvare (2016; acrilico e collage su tela, 175 x 200 cm). Su concessione dell'Archivio Concetto Pozzati
Concetto Pozzati, Vulvare (2016; acrilico e collage su tela, 175 x 200 cm). Su concessione dell’Archivio Concetto Pozzati

IB. Com’è nata l’idea di dedicare una mostra a Concetto Pozzati?

FSdB. Come raccontato dalla curatrice, Maura Pozzati, è nato tutto da una conversazione. Ci è stata proposta una mostra di disegni, ma ci è subito parso chiaro che una figura così importante per la storia culturale della nostra città meritasse di essere celebrata con una mostra più ampia, che riuscisse a raccontare per intero il suo percorso di artista. Sottolineo che la mostra è stata resa possibile grazie alla collaborazione con l’Archivio Concetto Pozzati, da cui provengono tutte le opere esposte.

La mostra di Palazzo Fava rientra nel programma di ricognizione che Genus Bononiae sta compiendo per far conoscere e per approfondire gli artisti importanti del territorio? Come sta procedendo in questa direzione?

La divulgazione e promozione degli artisti bolognesi è tra gli obiettivi primari che la Fondazione Carisbo persegue, e quindi anche Genus Bononiae, come sua società strumentale. L’anno scorso abbiamo dedicato una mostra a Bruno Pulga (1922-1993) nel centenario della sua nascita; quest’anno, oltre alla grande mostra su Concetto Pozzati, abbiamo fatto un importante lavoro di ricerca sul pittore Ilario Rossi (1911-1994), che ci ha permesso di realizzare un’esposizione negli spazi di Santa Maria della Vita (dal 10 novembre 2023 al 4 febbraio 2024). L’obiettivo di queste mostre è quello di valorizzare le personalità artistiche che si sono formate nel nostro territorio, e che qui hanno compiuto il loro percorso creativo, rendendo accessibile a cittadini e turisti un patrimonio che parla della storia della nostra città.

Quali saranno i prossimi artisti legati al territorio a cui verranno dedicate altre mostre su questa linea?

Dopo Concetto Pozzati XXL è in progetto a Palazzo Fava una mostra dedicata all’Ottocento bolognese, nella quale sarà possibile ammirare opere di artisti come Pelagio Palagi, Antonio Basoli e Alessandro Guardassoni, tutte provenienti dalle Collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna. L’esposizione rientra in un più vasto programma cittadino di rivisitazione di questo periodo storico, portata avanti dal Museo Civico del Risorgimento. Infatti, siamo sempre molto contenti quando si possono creare sinergie virtuose con altre realtà del territorio, perché Bologna è una città che ha moltissimo da offrire, come conferma anche l’incremento di turismo che si è registrato negli ultimi anni.


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, sono co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. Sono nata a Carrara nel 1987 e mi sono laureata a Pisa. Sono responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.

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