“Il colore è una porta che apre sull'inconscio”. Conversazione con Rolando Tessadri


Il pittore trentino Rolando Tessadri è noto per la sua pittura minimalista fatta di griglie astratte: in questa conversazione con Gabriele Landi ci racconta il suo percorso rigoroso e meticoloso, dove il colore diventa misura, la griglia si fa respiro e la pittura si trasforma in uno spazio meditativo che dialoga con luce, tempo e memoria.

Rolando Tessadri è nato a Mezzolombardo (Trento) nel 1968. Pittore analitico, noto per le sue “tessiture” dove l’elemento principale è il modulo una griglia ortogonale ottenuta tramite la tecnica del frottage, si distingue per la sua pratica meticolosa, minimalista, astratta. Parallelamente all’attività artistica ed espositiva, si è occupato anche di tecniche della vetrata: nel 2014 ha progettato e seguito la realizzazione dell’intera decorazione vetraria della nuova cattedrale di Antibari in Montenegro. Nel 2023 ha vinto il concorso per la realizzazione di un’opera d’arte per l’abbellimento del tempio crematorio del cimitero monumentale di Trento. Ha esposto presso la Galleria Ars Now Seragiotto con Igino Legnaghi e presso la Galleria Giraldi di Livorno con Bruno Querci. Nel 2017 è presente nella mostra itinerante Pittura analitica: origine e continuità organizzata dalla Galleria Ferrarin di Legnago. Nel 2018 espone al Mart-Galleria Civica di Trento nella mostra Ex Post. Ha inoltre esposto presso la Galleria Caldirola di Monza, la Galleria Disegno di Mantova, la Galleria Artesilva di Seregno, la Paolo Maria Deanesi Gallery di Trento e 55ArtPrivè di Badia al Pino. In questa conversazione con Gabriele Landi ci racconta la sua arte.

Rolando Tessadri
Rolando Tessadri

GL. Per molti artisti l’infanzia è l’età dell’oro in cui si coltivano fantasticherie che poi in qualche forma ritornano ad anni di distanza nel lavoro. È stato così anche per te?

RT. Sono stato un bambino come tanti altri, con le sue fantasie, i suoi sogni, i suoi affetti. Di tutto questo è penetrato poco nel mio lavoro, se non a livello emozionale. È vero però che molti dei ricordi che conservo della mia infanzia riguardano proprio la pittura. Ad esempio, del periodo passato alla scuola dell’infanzia mi è rimasto impresso l’odore dei pastelli che stavano sui tavoli dell’aula di arte. Mi piaceva disegnare e fin dalla tenera età ho comunicato volentieri i miei racconti attraverso il linguaggio delle immagini.

Che studi hai fatto?

Ho frequentato l’Istituto d’Arte di Trento e poi mi sono iscritto all’università a Udine. Qui mi sono laureato in Storia del Cinema con una tesi su Giulio Carlo Argan, il cui pensiero ha contribuito ad avvicinarmi al mondo dell’astrazione. Parallelamente al percorso universitario, ho continuato ad approfondire la ricerca in campo artistico stabilendo contatti con gli astrattisti dell’ambiente trentino (in particolare con Mauro Cappelletti e poi anche con Diego Mazzonelli e Gianni Pellegrini), per poi volgere lo sguardo verso sud, dove ho coltivato rapporti significativi soprattutto con Igino Legnaghi, al quale sono tuttora legato da una profonda amicizia e che stimo come uno degli artisti più intelligenti del panorama italiano.

L’esperienza che porti avanti sembra molto vicina a quella della Pittura Analitica. Sei interessato a questo tipo di esperienze e hai avuto contatti con gli artisti che l’hanno praticata?

Sì, come ho detto ho avuto dei contatti significativi con alcuni artisti che hanno lavorato negli anni Settanta nell’ambito Pittura Analitica (e con alcuni critici, come Giorgio Bonomi e Claudio Cerritelli, che li hanno sostenuti con continuità). Io però, per una questione anagrafica, li ho conosciuti in una fase successiva, quando ormai avevano imboccato strade che spesso li avevano condotti lontano dalle premesse iniziali e questo mi ha portato ad osservare questo fenomeno con un certo distacco. Più che un pittore analitico, credo di essere un artista che coltiva un’attitudine analitica. Il mio punto di riferimento è il minimalismo (soprattutto Agnes Martin e Robert Ryman) al quale unisco una grande passione per la pittura europea del Novecento.

Rolando Tessadri, Tessiture n. 47/49/45/48 (2007; tecnica mista su tela, 100 x 50 cm ciascuno)
Rolando Tessadri, Tessiture n. 47/49/45/48 (2007; tecnica mista su tela, 100 x 50 cm ciascuno)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 21 (2010; tecnica mista su tela, 100 x 70 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 21 (2010; tecnica mista su tela, 100 x 70 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 15/18 (2012; tecnica mista su tela, 120 x 85 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 15/18 (2012; tecnica mista su tela, 120 x 85 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 23/24/25/26 (2012; tecnica mista su tela, 200 x 280 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 23/24/25/26 (2012; tecnica mista su tela, 200 x 280 cm)
Vicenza, Casa Gallo, Rolando Tessadri, 2013
Vicenza, Casa Gallo, Rolando Tessadri, 2013
Livorno, Galleria Giraldi, Un’astrazione rigorosa: Querci-Tessadri, 2015
Livorno, Galleria Giraldi, Un’astrazione rigorosa: Querci-Tessadri, 2015
Riva del Garda, Museo dell’Alto Garda, Supernova, 2015
Riva del Garda, Museo dell’Alto Garda, Supernova, 2015
Rolando Tessadri, Tessitura n. 08/15 (2016; tecnica mista su tela, 140 x 200 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 08/15 (2016; tecnica mista su tela, 140 x 200 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 17/18 (2016; tecnica mista su tela, 130 x 140 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 17/18 (2016; tecnica mista su tela, 130 x 140 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 33/34 (2016; tecnica mista su tela, 70 x 140 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 33/34 (2016; tecnica mista su tela, 70 x 140 cm)

Come scegli i colori che impieghi per dipingere?

Nel tempo mi sono reso conto di utilizzare in modo costante una gamma di colori (che vanno dagli ocra ai blu profondi) che emergono dal mio lavoro in modo del tutto spontaneo. Non si tratta di scelte estemporanee, non mi basta una passeggiata nel bosco per dipingere un verde. Sono scelte che coinvolgono la psiche nella sua complessità e di cui non so dare una ragione precisa. Diciamo che il colore è una porta che apre sull’inconscio. L’attitudine analitica si afferma in una fase successiva. Allora il colore diventa peso e misura, riceve un nome e si comunica al mondo.

In un’intervista che abbiamo fatto anni fa mi hai detto che c’è qualcosa di superficiale nella scelta delle tinte, che le vuoi ottuse. Puoi spiegarti meglio?

Si tratta di un modo di affrontare il colore che mi caratterizza quando tendo a schiarire le tinte fino al limite della percettibilità. Il bianco attenua i contrasti ed ha in questo caso la funzione di allontanare il colore e di accentuarne il carattere non naturalistico e superficiale.

Quando dipingi procedi per saturazione?

Lavoro molto con i grigi, che ottengo desaturando i colori mescolandoli con i loro complementari. Mi interessa che il colore abbia un corpo e che si presenti come una materia plastica da modellare. Le tinte pure invece compaiono molto raramente nel mio percorso: mai comunque in funzione espressionistica; piuttosto come reminiscenze della cultura pop, alla quale peraltro sono stato legato nella mia formazione giovanile.

I tuoi dipinti sono caratterizzati dalla presenza di un reticolo di linee molto sottili, una texture. A che funzione assolve?

Il reticolo di cui parli è in realtà un’impronta che risulta dalla pressione di una racla sulla superficie colorata della tela. Ciò che mi interessa non è solo l’organizzazione a griglia della superficie, ma il fatto che questa sia ottenuta con dei mezzi indiretti. Non c’è nulla di dipinto e tutto avviene per sottrazione. Penso si possa definire questo reticolo come una traccia indicale. È un approccio che caratterizza anche i miei lavori su carta, nei quali non c’è alcuna trama: anche in questo caso non appoggio il pennello sulla superficie, ma creo le condizioni affinché un colore si manifesti come esito di una serie di operazioni che precedono il suo apparire e che (sia prima che dopo) posso ricostruire solo per ipotesi.

Rolando Tessadri, Tessitura n. 01/02/03/04/05/06/07/08 (2018; tecnica mista su tela, 240 x 320 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 01/02/03/04/05/06/07/08 (2018; tecnica mista su tela, 240 x 320 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 34/35 (2018; tecnica mista su tela, 100 x 200 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 34/35 (2018; tecnica mista su tela, 100 x 200 cm)
Seregno, Galleria Artesilva, Tessere, 2018
Seregno, Galleria Artesilva, Tessere, 2018
Trento, Mart-Galleria Civica, Ex Post, 2018
Trento, Mart-Galleria Civica, Ex Post, 2018
Mantova, Galleria Disegno, Italo Lanfredini / Marta Allegri / Rolando Tessadri, 2019
Mantova, Galleria Disegno, Italo Lanfredini / Marta Allegri / Rolando Tessadri, 2019
Rolando Tessadri, Tessitura n. 08/09/10/11 (2019; tecnica mista su tela, 100 x 200 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 08/09/10/11 (2019; tecnica mista su tela, 100 x 200 cm)
Rolando Tessadri, Moto apparente (2020; tecnica mista su tela, 200 x 280 cm)
Rolando Tessadri, Moto apparente (2020; tecnica mista su tela, 200 x 280 cm)
Rolando Tessadri, Da (2020; tecnica mista su tela, 120 x 320 cm)
Rolando Tessadri, Da (2020; tecnica mista su tela, 120 x 320 cm)
Rolando Tessadri, Contronatura (2021; tecnica mista su tela, 140 x 400 cm)
Rolando Tessadri, Contronatura (2021; tecnica mista su tela, 140 x 400 cm)
Rolando Tessadri, Senza titolo (2022; acrilico su carta, 18,5 x 25,5 cm)
Rolando Tessadri, Senza titolo (2022; acrilico su carta, 18,5 x 25,5 cm)

I tuoi dipinti si compongono di più tele che accosti fra loro spesso seguendo un andamento orizzontale. Quando inizi un dipinto hai già le idee chiare su come si svilupperà, da quanti elementi sarà composto, quali colori impiegherai… o lasci un margine al divenire del lavoro stesso?

Solitamente parto già con un progetto abbastanza chiaro in mente, però mano a mano che procedo lo verifico nella concretezza degli esiti materiali e molto spesso lo modifico o lo stravolgo. Talora elaboro una struttura che riutilizzo sostanzialmente invariata in una serie di quadri successivi, limitandomi a delle variazioni che riguardano il colore o le caratteristiche della superficie. In altri momenti realizzo dei moduli (costruiti in base a criteri di selezione che riguardano la dimensione, il formato, il colore, la tessitura) che assemblo successivamente appoggiandoli sul pavimento e girandoli fino quando ottengo un’organizzazione che mi convince. In genere costruisco il lavoro utilizzando quattro pannelli, che accosto in sequenze orizzontali o in strutture rettangolari. Quattro, perché questo è un numero che soddisfa il mio desiderio di completezza.

Che importanza ha per te l’idea di tempo sia per quanto riguarda lo svolgersi del lavoro che in seguito della sua fruizione da parte di chi guarda i tuoi quadri?

Ho un rapporto complicato con il tempo. Molti amici lavorano per cicli e, una volta esaurita una ricerca, aprono un nuovo capitolo i cui risultati possono essere anche in contraddizione con quelli precedenti. A me invece risulta naturale procedere a ritroso, magari ricombinando o sviluppando delle soluzioni che ho ideato anche in tempi lontani. È un continuo andare e ritornare, quasi non ci fosse linearità nel mio procedere. Come dice il mio amico Federico Mazzonelli, è come se stessi dipingendo da anni la stessa tela. Questa apparente immobilità penso sia percepita anche da chi legge il mio lavoro, che non richiede dei tempi lunghi di lettura perché sia particolarmente complessa da percepire, ma per il fatto che invita a rapportarsi con una dimensione nella quale lo scorrere del tempo si svolge all’incontrario.

Che idea hai dello spazio?

Solitamente costruisco il quadro usando delle griglie ortogonali, facendo sì che le sue parti siano dimensionate e messe in rapporto fra di loro secondo una logica spaziale data. È una struttura che si percepisce con una certa immediatezza. Il reticolo invece impone dei tempi di lettura più lenti e soggettivi. Qui tutto dipende da qual è la posizione dell’occhio rispetto all’opera, dall’angolo di incidenza della luce, dalla sua intensità, dalla vicinanza o lontananza, dalla collocazione ortogonale o diagonale ecc., cioè tutto dipende dallo spazio fisico in cui si svolge l’incontro fra lo sguardo dell’osservatore e la superficie del quadro.

Sei interessato all’idea di una pittura che si autorappresenta?

Penso che tutta la pittura contemporanea abbia posto se stessa come soggetto da rappresentare. E penso anche che questo principio non regoli solo le ricerche nel campo dell’astrazione, ma anche quello della figurazione, quando questa non cada nell’illusione di poter recuperare senza danni le modalità della rappresentazione naturalistica tradizionale.

Per te la pittura è una pratica spirituale?

Penso di sì. Anche se non nutro grande interesse per il culto religioso, il modo in cui affronto il lavoro in studio ha un carattere molto rituale, direi quasi liturgico, ed è teso al raggiungimento di un benessere che credo si possa proprio definire di tipo spirituale. Credo inoltre che questo benessere, questa condizione di equilibrio interiore, si possa raggiungere attraverso la contemplazione delle forme visibili e che tutti ne possano godere.

Rolando Tessadri, Senza titolo (2022; acrilico su carta, 18,5 x 25,5 cm)
Rolando Tessadri, Senza titolo (2022; acrilico su carta, 18,5 x 25,5 cm)
Rolando Tessadri, Berliner (2024; tecnica mista su tela, 80 x 30 cm)
Rolando Tessadri, Berliner (2024; tecnica mista su tela, 80 x 30 cm)
Rolando Tessadri, Quadrante (2024; tecnica mista su tela, 80 x 30 cm). Su concessione di Galleria Giraldi, Livorno
Rolando Tessadri, Quadrante (2024; tecnica mista su tela, 80 x 30 cm). Su concessione di Galleria Giraldi, Livorno
Rolando Tessadri, Tessitura n. 1 (2024; tecnica mista su tela, 80 x 50 cm). Su concessione di Galleria Giraldi, Livorno
Rolando Tessadri, Tessitura n. 1 (2024; tecnica mista su tela, 80 x 50 cm). Su concessione di Galleria Giraldi, Livorno
Rolando Tessadri, Tessitura n. 3 (2024; tecnica mista su tela, 80 x 50 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 3 (2024; tecnica mista su tela, 80 x 50 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 1 (2025; tecnica mista su tela, 160 x 240 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 1 (2025; tecnica mista su tela, 160 x 240 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 2 (2025; tecnica mista su tela, 160 x 240 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 2 (2025; tecnica mista su tela, 160 x 240 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 6 (2025; tecnica mista su tela, 100 x 70 cm)
Rolando Tessadri, Tessitura n. 6 (2025; tecnica mista su tela, 100 x 70 cm)
Badia al Pino (Ar), Galleria 55 Art Privè, Il colore silenzioso, 2025
Badia al Pino (Ar), Galleria 55 Art Privè, Il colore silenzioso, 2025
Rovereto, Spazio Kn, Gesti minimi, 2025
Rovereto, Spazio Kn, Gesti minimi, 2025

Quando realizzi un’esposizione sei interessato all’idea di messa in scena?

Più che la messa in scena (che rimanda a un’organizzazione dello spazio di tipo teatrale) sono interessato a mettere in relazione il mio lavoro con il luogo che lo ospita. Direi che che ragiono in termini di installazione: valuto lo spazio espositivo e di conseguenza costruisco i quadri e decido la loro collocazione. Quindi per me è molto importante che l’intervento espositivo sia progettato e che io possa aver avuto la possibilità di maturare la soluzione in tempi non troppo stretti. L’esito può avere anche le caratteristiche della messa in scena, teoricamente. Tutto dipende da com’è lo spazio in cui mi trovo a lavorare.

Che cosa vuol dire per te leggerezza?

La leggerezza per me è la capacità che ha talvolta una texture di rendersi visibile sulla superficie ad un’osservazione ravvicinata e di scomparire permanendo come pura vibrazione luminosa quando l’occhio se ne stia più lontano.

Che cos’è secondo te la bellezza?

Non mi pongo il problema della bellezza e non saprei nemmeno come definirla. Nei miei quadri, e in generale nell’arte, cerco altro. Ci sono dei lavori di Matisse o di Picasso (per non parlare di Beuys), ad esempio, che difficilmente potremmo definire belli, magari non sono nemmeno eleganti. Eppure hanno una capacità comunicativa straordinaria e una qualità estetica tale da essere in grado di cambiare la nostra visione del mondo per sempre. E lo stesso discorso vale per le epoche storiche precedenti. In questo sterminato archivio di immagini che ci consegna la storia dell’arte e che consultiamo tutti i giorni quando siamo in studio (anche solo con la memoria) noi non cerchiamo la bellezza, ma qualcosa che ci aiuti a comprendere in quale direzione stia procedendo il nostro lavoro e in che modo si stia relazionando con il mondo contemporaneo.


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Gabriele Landi

L'autore di questo articolo: Gabriele Landi

Gabriele Landi (Schaerbeek, Belgio, 1971), è un artista che lavora da tempo su una raffinata ricerca che indaga le forme dell'astrazione geometrica, sempre però con richiami alla realtà che lo circonda. Si occupa inoltre di didattica dell'arte moderna e contemporanea. Ha creato un format, Parola d'Artista, attraverso il quale approfondisce, con interviste e focus, il lavoro di suoi colleghi artisti e di critici. Diplomato all'Accademia di Belle Arti di Milano, vive e lavora in provincia di La Spezia.



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