Com’è la situazione del mercato dell’antiquariato oggi in Italia? E a livello internazionale? Com’è cambiato l’antiquariato nel giro di vent’anni? Viene abbastanza valorizzato oggi l’antiquariato? Ne abbiamo parlato con Flavio Gianassi, che nel 2013 ha fondato e da allora dirige la sua galleria FG Fine Art Ltd con sede a Londra, dove lui stesso si è trasferito nel 2005, pur essendo di origini toscane. L’intervista è di Ilaria Baratta.
IB. Partiamo da TEFAF Maastricht. Lei ha partecipato a questa 37° edizione che si è da poco conclusa presentando una selezione di opere italiane che coprono tre secoli di storia dell’arte, dal Tre al Cinquecento: capolavori quindi di Cecco di Pietro, Cenni di Francesco di Ser Cenni, Bicci di Lorenzo, Santi Buglioni, Cosimo Rosselli. Era la Sua prima volta al TEFAF come galleria? Come valuta questa esperienza e, se posso chiederLe, ha venduto qualche opera?
FG. Per la mia galleria era la prima volta: ho partecipato nella sezione degli Showcase rivolta alle gallerie emergenti e che dà un’unica possibilità ai partecipanti di presentarsi al TEFAF e di usare questa occasione per avere più visibilità all’interno del mercato. Come mia galleria era la prima volta che partecipavo, però in realtà io avevo già partecipato al TEFAF in passato quando ero direttore da Moretti Fine Art a Londra, con la quale ho collaborato fino al 2018. Quest’anno ho invece debuttato a Maastricht, al TEFAF nella sezione degli Showcase, con la mia galleria ed è stata una bellissima esperienza, pur essendo stato impegnativo riassumere in pochi metri quadrati il mio gusto e il mio lavoro. Ho deciso di portare dipinti e sculture antiche con provenienze importanti o con corrispettivi e compagni nei musei, in una presentazione minimale e contemporanea. Ho trascorso gli ultimi mesi facendo ricerche d’archivio e preparando, con l’aiuto di prominenti storici dell’arte, le schede di ogni opera presentata. Detto ciò, è stato bello rientrare in fiera con il proprio nome, con il mio stand, e TEFAF è sempre la fiera più importante, almeno per il mercato dell’arte antica; è l’unico posto dove sotto lo stesso tetto si ritrovano i curatori di quasi tutti i musei del mondo, i direttori, i collezionisti oltre agli specialisti del mondo dell’arte, che vanno fino a Maastricht per partecipare e per visitare la fiera. La fiera è andata bene, ho venduto un’opera e al momento ho altre cose in trattativa.
Quindi come Le è sembrata l’edizione 2024 della grande fiera internazionale dell’antiquariato?
Devo dire che dalle edizioni del lockdown e post Covid mi è sembrata sicuramente la migliore. Anche da visitatore mi è sembrata una fiera con un livello alto di opere presentate. Tutti i galleristi hanno portato opere interessanti, con stand veramente curati; alcuni stand lasciavano veramente senza fiato. Sembrava di essere tornati a una fiera pre-covid e, nonostante l’edizione sia stata più corta, i numeri dei visitatori parlano chiaro: la fiera ha superato i 50mila visitatori.
La Sua galleria ha sede a Londra, dove si è trasferito nel 2005. Dopo tutti questi anni ha quindi esperienza di com’è la professione del gallerista all’estero. Coglie delle differenze con l’Italia in fatto di partecipazione sia da parte del pubblico che compra sia da parte delle istituzioni?
Una presenza all’estero ti rende forse un po’ più internazionale, nel senso che Londra fino a prima della Brexit era la capitale europea e tutti passavano di là e per questo era facile anche organizzare appuntamenti con clienti a Londra. Era una città molto più dinamica. Le cose sono cambiate purtroppo con la Brexit, che ha reso il mercato più difficile e ha reso la città anche forse meno interessante. Una delle conseguenze, ad esempio, è stata che una fiera che era un importante appuntamento prima dell’estate è stata cancellata, ma anche Frieze Masters che si è tenuta a ottobre non sembra aver avuto un gran successo di clienti, specialmente per i dipinti antichi; i collezionisti americani, che non vengono più spesso a Londra, mancavano. Un aspetto positivo è che a Londra si realizzano ancora tantissime mostre, quindi passano di qua ancora tanti curatori internazionali.
Ci sono stati cambiamenti nell’arco di questi vent’anni nell’ambito dell’antiquariato secondo Lei?
Beh sì, sicuramente il modo di approcciare l’antico è cambiato rispetto a quando ho iniziato io a lavorare all’inizio degli anni 2000-2001. Ovviamente tutto è più veloce; c’è forse più attenzione non tanto all’artista ma per l’oggetto in quanto tale, dando giustamente importanza alle condizioni, alla provenienza, ad un’eventuale storia interessante. Sono sempre meno forse i collezionisti di periodi specifici, gli “accumulatori”. Per l’esperienza che ho avuto negli ultimi anni il cliente ora si avvicina alle opere d’arte in maniera molto istintiva, forse compra ciò che gli “parla”, che gli piace e ciò che riesce a trasmettergli qualcosa, delle emozioni, senza tener conto più di tanto delle tendenze degli ultimi anni, dove si assiste a una ricerca maggiore per esempio delle artiste, anche nell’antico, lasciando ovviamente fuori dai giochi periodi come quelli di cui mi occupo io, per esempio il Trecento, dove artisti donna non sono conosciuti (e molto probabilmente non c’erano).
Chi è il vostro acquirente medio? E più o meno quanto spende?
Credo dobbiamo distinguere tra i clienti privati, che facendo una media sono persone tendenzialmente appassionate di arte, che comprano arte perché hanno i mezzi per potersela permettere e comprendere, e i musei che continuano ad acquistare. Ci sono musei con budget molto alti, altri con budget più ridotti, ma comunque utilizzati per coprire eventuali lacune della collezione. Fare una media della spesa dei clienti per le opere d’arte è sinceramente difficile, perché comunque è molto soggettiva: dipende sia dall’opera sia dal cliente; un cliente può andare dalle 50mila euro al milione, dipende veramente da quello che cerca o cosa lo colpisce.
La Sua galleria si focalizza soprattutto sugli Old Masters italiani, in particolare del Medioevo e del Rinascimento. A cosa si deve questa scelta?
È stata una scelta abbastanza naturale, prima di tutto perché sono i periodi che mi sono più vicini da un punto di vista personale. Da bambino, vivendo in Toscana, sono cresciuto vedendo questo tipo di arte; è l’arte che si trova nelle chiese, nei musei, nei grandi capoluoghi come Firenze e Siena come nei piccoli borghi. È stata una scelta anche dovuta all’esperienza che ho avuto in passato nelle precedenti collaborazioni e che quindi mi ha formato. E poi ho una passione per i fondi oro, perché trovo che nella loro arcaicità riescono ancora a essere moderni.
Leggevo appunto nei vostri progetti che la vostra ricerca è sempre volta a una connessione tra passato e futuro. Cosa si intende?
Collegandomi alla domanda precedente, diciamo che l’aspetto che mi piace molto anche del lavorare con opere così antiche è quello della ricerca, quando è possibile riuscire a fare ricerche d’archivio per scoprire ulteriori informazioni sulla storia dell’opera. Alla fine è quasi un giocare all’investigatore: si parte da un tassello per arrivare a un altro per risolvere un mistero in un quadro, e questo è l’aspetto forse più interessante del lavorare con le opere antiche, specialmente del Tre e del Quattrocento. Cerco sempre però di contestualizzare le opere antiche nel mondo in cui viviamo, nel mondo contemporaneo, tendendo quindi sempre a presentarle, dove possibile, in contesti puliti, essenziali, meno museali, meno tradizionali. Quando si pensa ai dipinti antichi si pensa solitamente al palazzo, ai broccati, alle pareti di tessuto, quando comunque possono essere presentati dal punto di vista espositivo anche in linea con i nostri tempi, quindi in modo più pulito e più leggero. E poi mi piace creare sempre dei dialoghi, dove è possibile, con opere del presente.
Qual è secondo Lei la situazione del mercato dell’antiquariato oggi in Italia? E a livello internazionale?
Credo che in Italia il mercato sia ancora vivo, nonostante gli aspetti burocratici che possono complicare la movimentazione delle opere d’arte; c’è comunque ancora voglia di collezionare e di circondarsi di opere belle che ti arricchiscono sia culturalmente ma anche dal punto di vista emotivo. In Italia ci sono fiere come la Biennale di Firenze, a cui parteciperò a settembre, che è un appuntamento molto importante per l’arte italiana e che richiama un pubblico anche internazionale; ci sono fiere come Flashback a Torino, a cui io partecipo ormai da quattro anni e a cui parteciperò anche quest’anno, che si inseriscono in un contesto interessante, ovvero quello della settimana dell’arte torinese e che riescono a richiamare un pubblico anche più giovane rispetto ad altre fiere. Quindi possiamo dire che il mercato è sempre attivo, non è facile e veloce come poteva essere quindici o vent’anni fa quando io ho iniziato. Quello che manca forse nel mercato dell’antico è un costante rinnovo di nuovi collezionisti, del sangue nuovo come mi piace dire, un sangue che si avvicina al collezionismo. Ci sono certo ragazzi giovani, giovani collezionisti che si appassionano, però rispetto al mondo del contemporaneo è un numero sempre limitato. Stiamo parlando dell’Italia ma credo che comunque è una situazione che vale anche per il resto dell’Europa. Sicuramente città europee come Parigi e Milano, ma anche Firenze, hanno avuto dei vantaggi dalla Brexit e questo è dimostrato dall’apertura di nuove gallerie, perché hanno lasciato Londra o perché hanno dovuto aprire una sede in Europa. E questa forse è stata un’occasione, un’opportunità ulteriore per l’Europa per accrescere il mercato. Sono stato recentemente in visita al Salon du Dessin a Parigi ed era pieno di collezionisti e anche di curatori da vari musei. La voglia c’è, l’interesse c’è. È tutto però più lento, ma questo riflette un po’ secondo me anche la situazione che stiamo vivendo oggi, da quella economica a quella politica che comunque non sono facili a livello mondiale.
Certo. E secondo Lei l’antiquariato oggi è abbastanza valorizzato in Italia? E all’estero?
Come dire, ci possiamo sempre migliorare. È valorizzato, ma dovrebbe avere ancora più spazio, ancora più visibilità. L’Associazione Antiquari d’Italia sta facendo un gran bel lavoro in Italia. Per esempio con la fiera che hanno organizzato a Roma l’autunno scorso: è stata un’occasione importante, una bella mostra che ha riportato l’antiquariato a Roma, in una nuova sede, quella di Palazzo Brancaccio, dopo anni che la Biennale dell’Antiquariato a Palazzo Venezia non veniva più fatta. Ci dovrebbe essere forse un po’ più di attenzione da parte di chi ci amministra per agevolare in qualche modo il mercato. Trovare soluzioni “più veloci” per le esportazioni, ad esempio. Non voglio entrare nei dettagli, si aprirebbe una voragine. Però, ecco, diciamo che ci si potrebbe migliorare. Perché alla fine l’antiquariato, pur essendo un piccolo mercato di nicchia, è pur sempre un mercato importante che non si limita al solo gallerista, non è solo il mercante che lavora, ma intorno ci sono tante altre situazioni, c’è tutto un indotto di altri professionisti, che va dai restauratori ai corniciai, dagli storici dell’arte agli spedizionieri. È un settore dell’economia che è importante e che non va tralasciato.
Concludo con l’ultima domanda: ha in programma qualche progetto particolare per la Sua galleria nel prossimo futuro?
La Biennale di Firenze di settembre. Quello è il mio prossimo appuntamento. Io non ho una galleria aperta al pubblico a Londra, lavoro in modo privato come tanti altri colleghi hanno iniziato a fare negli ultimi anni. Lavoro privatamente dedicandomi alla ricerca, ai contatti con i clienti, a viaggiare per trovare le opere e visitare i collezionisti e i curatori dei musei e alle due/tre fiere l’anno durante le quali mi rendo più visibile al pubblico.
L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.