Con l’arrivo della primavera, Castel Belasi in Val di Non (Trento) inaugura una nuova stagione espositiva, trasformandosi ancora una volta in un luogo di incontro tra linguaggi artistici, pensiero scientifico e riflessione ecologica. A partire da venerdì 9 maggio 2025, il maniero cinquecentesco di Campodenno apre le sue porte al pubblico con tre mostre profondamente interconnesse, che indagano temi di grande attualità: il rapporto tra uomo e ambiente, la biodiversità, il cambiamento climatico e la possibilità di immaginare un futuro diverso. Il programma, ideato e curato da Stefano Cagol, si inserisce nella collaborazione tra il Comune di Campodenno e il MUSE – Museo delle Scienze di Trento, e si distingue per la sua capacità di fondere arte contemporanea e sensibilità ambientale in un contesto di grande suggestione storica e paesaggistica.
“Grazie alla partnership tra MUSE e Comune di Campodenno, anche quest’anno proponiamo a Castel Belasi una serie di progetti che danno evidenza del fecondo dialogo in corso tra scienza e arte rispetto alla crisi eco-sociale in corso”, spiega il direttore Massimo Bernardi. “La programmazione concretizza l’impegno del direttore Stefano Cagol e del nostro museo nel dare spazio a ogni linguaggio in grado di contrastare il torpore dell’assuefazione alle crisi che stiamo vivendo. Crisi climatica e di biodiversità, in primis, che tuttavia si stanno fondendo, esasperandole, con crisi di natura sociale, economica e psicologica, generando uno scenario cupo che rischia di annichilirci. Le mostre che proponiamo sono evidenza della possibilità di una reazione, di un immaginario diverso rispetto alla semplice, passiva, constatazione di queste dinamiche. Sono immagini che esprimono la nostra empatia verso piante, ghiacciai, deserti: immagini di dolore, ma anche di attenzione e di cura verso un pianeta che possiamo ancora sanare”.
“La scelta di questi progetti espositivi”, racconta il direttore artistico Stefano Cagol, “nasce dalla volontà di stimolare immaginazione e visione rispetto al rapporto fra umanità e ambiente, rispondendo alla mission dell’istituzione che dirigo. Le mostre sono attraversate dal tema della sparizione, dei ghiacciai, della biodiversità e delle certezze, eppure sono pervase da un grande senso di proiezione verso il futuro. In un’epoca in cui convinzioni e certezze si stanno dissolvendo come neve al sole, lo sguardo anticipatore e sensibile delle arti contemporanee è sempre più prezioso per la società. Così, presenti sono le opere di artisti di generazioni differenti, celebrati e giovani, di culture che vanno da quella Inuit a quella del Kazakhistan, e provenienze da tutto il globo, dall’Australia agli USA, passando per la Cina, in un mosaico di punti di vista, arricchito dalla fruttuosa collaborazione con MUSE, nella convinzione della forza di uno sguardo esteso”.
La prima mostra a prendere vita, Raccolti e Racconti. La biodiversità nell’arte botanica (10 maggio – 22 giugno), è una raffinata selezione di tavole botaniche provenienti dal progetto internazionale Botanical Art Worldwide Italy. Il focus è posto sulle piante coltivate, ortaggi, frutti, cereali e fiori, come simbolo di un’intimità antica e concreta tra esseri umani e ambiente. Attraverso il tratto delicato ma scientificamente rigoroso degli illustratori botanici, le opere esposte invitano a riflettere sulla diversità biologica e sull’importanza della sua conservazione, ma anche sulla capacità dell’arte di trasformare la precisione scientifica in racconto visivo, emozionale e culturale.
“Le specie vegetali rappresentate”, spiega la botanica e curatrice per il MUSE Helen Catherine Wiesinger, “sono spesso varietà antiche e storiche, coltivate solo in piccole quantità da coltivatori su scala limitata e a rischio di essere perdute. In un contesto di una popolazione in crescita, di profondi cambiamenti climatici e di perdita di habitat, la riscoperta e promozione della diversità genetica vegetale acquisisce una notevole importanza e nella mostra viene comunicata attraverso la bellezza stessa delle opere, insieme all’impegno e dedizione di chi conserva e salvaguardia i semi del nostro futuro”.
Il cuore della stagione espositiva è rappresentato dalla mostra Come Ghiaccio. Riflessioni sullo scomparire pensando al futuro (10 maggio – 26 ottobre), una collettiva internazionale che coinvolge 14 artiste e artisti da tutto il mondo, chiamati a confrontarsi con il tema della perdita dei ghiacciai e della memoria climatica. In occasione dell’Anno Internazionale per la Conservazione dei Ghiacciai (promosso da Unesco e OMM), Castel Belasi ospita installazioni, fotografie, video e opere sonore che interpretano lo scioglimento del ghiaccio non solo come fenomeno naturale, ma come metafora potente della fragilità umana e ambientale. Tra i nomi in mostra figurano protagonisti dell’arte contemporanea come il collettivo russo AES+F, l’artista groenlandese Ivínguak’ Stork Høegh, la fotografa italiana Laura Pugno e l’artista tedesco Gregor Hildebrandt. Il percorso si sviluppa tra le sale affrescate del castello, dove i miti classici raffigurati, dalle Metamorfosi di Ovidio al mito di Perseo, risuonano come archetipi di trasformazione e di rinascita. Un dialogo simbolico tra arte antica e contemporanea, tra ghiaccio e fuoco, tra ciò che si scioglie e ciò che resiste.
Completa il panorama la mostra Dall’Antropocene al Biocene (10 maggio – 26 ottobre), ospitata negli spazi della Project Room. Qui prende forma il lavoro di nove giovani artisti under 35, italiani e internazionali, selezionati attraverso la masterclass We Are the Flood #3, curata dalla critica e curatrice spagnola Blanca de la Torre per il MUSE. Le opere in mostra propongono uno sguardo nuovo e radicale sull’epoca in cui viviamo: un tempo in cui l’impronta umana sulla Terra ha raggiunto livelli critici (l’Antropocene), ma che potrebbe – grazie a una rivoluzione culturale e ambientale – lasciare spazio a una nuova era centrata sulla vita, sulla collaborazione interspecie, sull’equilibrio tra organismi e sistemi. Attraverso installazioni, sculture, disegni e video, i giovani artisti immaginano futuri possibili, in cui arte, ecologia e comunità si fondono in un’unica visione.
“Dobbiamo ascoltare il passato e guardare al futuro con i piedi per terra”, ha detto Blanca de la Torre, direttrice dell’IVAM-Istituto Valenzano d’Arte Moderna e co-curatrice della Biennale di Helsinki 2025, “in un presente in cui è necessario un cambiamento nelle regole del gioco. È ora più che mai che l’arte si presenti come uno spazio efficace per una consapevolezza positiva. È il momento di immaginare futuri, non ideali ma possibili, per riscattare l’importanza dell’estetica nella costruzione di nuove narrazioni. Questo cambio di paradigma sarà ecologico o non ci sarà affatto”.
A partire dal 4 luglio, le mostre saranno affiancate da Fragile. A Selection of Glasstress, un progetto espositivo che porterà a Castel Belasi una selezione di opere in vetro di Murano realizzate da grandi artisti contemporanei, provenienti dall’archivio di Glasstress. La materia fragile del vetro si fa simbolo di una condizione esistenziale, ma anche metafora di trasparenza, interconnessione, trasformazione. La mostra offrirà un ulteriore spunto di riflessione su un mondo in rapido mutamento, dove ogni equilibrio, fisico, biologico, culturale, va ripensato, protetto e reinventato.
Città | Campodenno | Sede | Castel Belasi | Date | Dal 10/05/2025 al 30/11/-0001 | Artisti | Artisti vari | Temi | Arte contemporanea, arte e natura |