La Galleria dell'Accademia di Firenze accoglie due statue di età classica in deposito dal Museo Archeologico


Da oggi sono visibili all’uscita della Galleria dell’Accademia di Firenze, in un nuovo allestimento dedicato, due sculture di età classica provenienti dal Museo Archeologico di Firenze, concesse in deposito temporaneo nell’ambito di un accordo di valorizzazione tra le due istituzioni. 

La Galleria dell’Accademia di Firenze e i Musei del Bargello accolgono due sculture marmoree di epoca classica: l’Apollo citaredo e l’Eroe nudo con corno, provenienti dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze e concesse in deposito temporaneo nell’ambito di un accordo di valorizzazione tra le due istituzioni autonome del Ministero della Cultura. Collocate nelle nicchie poste lungo le pareti dell’attuale uscita della Galleria, sono da oggi visibili in un nuovo allestimento dedicato.

La statua dell’Apollo citaredo, ispirata a un prototipo del II secolo d.C., rappresenta il dio della musica nell’atto di suonare la cetra. Il volto idealizzato, con le labbra semiaperte e lo sguardo rapito, evoca l’accompagnamento del canto. L’opera rielabora motivi della tradizione lisippea, arricchiti da influssi del tardo ellenismo, e presenta un’iconografia poco frequente nella scultura a tutto tondo, paragonabile soltanto a un esemplare conservato al Museo Archeologico Nazionale di Venezia.

La piccola scultura dell’Eroe nudo con corno, databile tra il I e il II secolo d.C., ripropone nel nucleo antico, costituito dal torso e dalla parte superiore delle gambe, il celebre modello di Eracle ideato da Policleto nella seconda metà del V secolo a.C. In epoca moderna la statua è stata completata con testa, braccia e base, trasformandola nella figura di un giovane eroe cacciatore, forse identificabile con Meleagro accompagnato dal suo cane.

Le due opere sono state collocate nelle nicchie dell’area corrispondente all’attuale uscita della Galleria dell’Accademia, un ambiente in stile neoclassico che, in epoca lorenese, fungeva da vestibolo d’accesso dell’Opificio delle Pietre Dure. Fondato nel 1588 dal granduca Ferdinando I de’ Medici, l’Opificio venne trasferito tra il 1797 e il 1798 nell’attuale sede dell’ex monastero di San Niccolò, in via degli Alfani, per volontà di Ferdinando III Asburgo Lorena, il cui busto e la relativa epigrafe sono ancora collocati sopra la porta principale.

Apollo citaredo
Apollo citaredo
Eroe nudo con corno
Eroe nudo con corno

La prima fase dell’attività dell’Opificio nella nuova sede si svolse in una serie di ambienti successivamente trasformati per dare spazio alla Tribuna del David e alle sale adiacenti. Nel vestibolo, i medaglioni affrescati con i ritratti di Cosimo I, Ferdinando I e Francesco I de’ Medici, affiancati dalle rispettive epigrafi, celebrano il ruolo dei granduchi nello sviluppo e nella promozione dell’arte del commesso fiorentino.

Le nuove opere si aggiungono così al gruppo di sculture classiche già presenti nello spazio: la Venere nell’atto di cingersi la spada sottratta a Marte, soggetto raro nell’arte ellenistica e romana e simbolo della potenza dell’amore capace di vincere la violenza, e la statuetta di Venere restaurata in epoca moderna come Euterpe, Musa della poesia lirica. Quest’ultima, proveniente dalla collezione del cardinale Leopoldo de’ Medici, presenta nella parte originale uno schema iconografico riconducibile allo scultore Callimaco (V sec. a.C.).

Completano l’allestimento la grande testa di Giunone del II secolo d.C., documentata nelle raccolte della Galleria degli Uffizi già agli inizi del XVIII secolo, un busto maschile ispirato all’iconografia ufficiale dell’imperatore Antonino Pio (138–161 d.C.) e un busto femminile pseudo-antico dal gusto classicistico.

In vista del deposito temporaneo, le due sculture in marmo bianco apuano sono state sottoposte a un accurato intervento di restauro conservativo, eseguito da Francesca Piccolino Boniforti sotto la supervisione di Barbara Arbeid e di Giulia Basilissi, funzionarie del Museo Archeologico Nazionale di Firenze.Il restauro ha riguardato soprattutto la pulitura e la rifinitura selettiva delle superfici ancora disomogenee. Si è scelto di non rimuovere i frammenti di marmo riadesi in precedenti interventi, per garantire la stabilità delle integrazioni. Le stuccature sono state realizzate con una malta a base di calce e polvere di carbonato di calcio micronizzato, addizionata con resina acrilica in emulsione; le zone discordanti sono state ritoccate con un conguaglio cromatico reversibile, migliorando significativamente la leggibilità delle sculture. Al termine, è stata applicata una protezione che faciliterà le future operazioni di manutenzione.

L’intervento ha richiesto la progettazione di un nuovo allestimento dedicato all’esposizione, curato da Elvira Altiero ed Eleonora Pucci e dagli architetti Claudia Gerola, Roberto Lembo e Barbara Francalanci del sistema museale della Galleria dell’Accademia di Firenze e dei Musei del Bargello. L’iniziativa è stata resa possibile grazie alla stretta collaborazione tra le due istituzioni museali fiorentine, unite da obiettivi comuni di tutela e valorizzazione. Il deposito permette inoltre di rendere accessibili al pubblico due opere fino a oggi non esposte.

Nuovo allestimento all'uscita della Galleria
Nuovo allestimento all’uscita della Galleria

“Ritengo felicemente riuscita questa modalità di leale ed efficace collaborazione istituzionale tra il Museo Archeologico Nazionale di Firenze e la Galleria dell’Accademia, che permette di unire tutela e valorizzazione, restituendo alla fruizione della collettività due opere antiche sulle quali è stato operato un attento restauro”, sottolinea la direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze e Musei del Bargello Andreina Contessa. “La fruizione del patrimonio culturale”, prosegue, “è al contempo l’obiettivo e l’oggetto di una istituzione museale: infatti queste due antiche opere saranno ora visibili ai milioni di visitatori che frequentano la Galleria dell’Accademia di Firenze, promuovendo al contempo la conoscenza, la conservazione, la promozione e il restauro”.

“L’occasione mette in rete due eccellenze del panorama culturale fiorentino, affratellate dalla volontà di riunire in una filiera unica la conservazione e la fruizione del patrimonio culturale”, commenta il direttore del Museo Archeologico Nazionale di Firenze Daniele Federico Maras. “Infatti, grazie a un accurato intervento di restauro e alla nuova prestigiosa sede espositiva, le due sculture del Museo Archeologico ritornano alla loro funzione «per ornamento dello Stato, per utilità del pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri», secondo la volontà espressa nel «patto di famiglia» che segnò il passaggio delle collezioni dai Medici ai Lorena nel 1737”.

“Nel ruolo di coordinamento regionale della Direzione regionale dei Musei nazionali Toscana, ed in vista dell’imminente e definitivo passaggio amministrativo di consegna dei siti museali e dei beni culturali dal nostro Istituto ai nuovi Musei autonomi, tra i quali anche il Museo Archeologico Nazionale di Firenze”, dichiara Stefano Casciu, “accolgo con piacere e condivido l’iniziativa di esporre alcune sculture antiche finora non accessibili da parte del pubblico, per arricchire l’offerta di un museo quale la Galleria dell’Accademia che ha proprio nella scultura uno dei suoi punti di forza”.


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