Dalla Francia al Salento. Genesi di un dipinto di Raffaele Maccagnani


A fine Ottocento la circolazione delle fotografie di opere d’arte favorì la diffusione di soggetti e motivi: accadde così che un artista salentino, Raffaele Maccagnani, dipinse una sua opera, la Pastorella, rifacendosi apertamente all’Étoile du Berger di Jules Breton.

Louis Aimé Aldolphe Jules Breton, pittore e poeta francese, nasce a Courrières, un piccolo centro nel dipartimento del Pas de Calais nella regione dell’Alta Francia, il 1° maggio 1827. I suoi primi studi sono al collegio di Saint Bertin a Saint Omer ed in seguito presso il Collegio Reale di Douai. Nel 1843 si sposta a Gand per frequentare l’Accademia Reale sotto la guida di Félix de Vigne e nel 1858 sposa la figlia di questi, Élodie; dal loro matrimonio nasce Virginie, unica figlia della coppia, anch’essa pittrice. Nel 1846 lavora per un breve periodo presso l’Accademia di Anversa. L’anno successivo è ammesso all’École des Beaux Arts di Parigi dove segue i corsi di Michel Martin Drolling. Tuttavia, nonostante gli insegnamenti accademici, i viaggi nelle grandi città europee e le molteplici onorificenze, Jules Breton è nostalgico della sua terra natìa, oltre che essere intimamente attratto dalla vita dei campi.

Nell’autobiografia La vie d’un artiste: Art et Nature egli scrive: “Sorti du tourbillon parisien, à chaque retour à Courrières, je ressentais l’immense volupté du grand calme champêtre et des promenades solitaires où l’on peut suivre les effets de la Nature, en étudier les causes sur des motifs simples et d’où ressort d’autant mieux l’évidence des grands lois éternelles. Alors me revenaient les milles problèmes discutés à Paris entre camarades. Ils se redressaient, dans l’isolement, devant ma raison; je cherchais à les résoudre. Peut être aurais je mieux fait d’aller droit devant moi sans autre souci que de satisfaire la sorte d’idéal que je ressentais, sans excitation vane, sans ambition trop élévée. C’est ce que j’avais fait sans m’en douter lors de mes pemieres tableaux de Courrières; c’est ce que je tâche de faire, moins inconsciemment, à présent... . J’ai toujours cru que le but de l’Art était de réaliser l’expression du Beau. Je crois au Beau, je le sens, je le vois! Si l’homme chez moi est souvent pessimiste, l’ar tiste, au contraire, est éminemment optimiste” (“Uscendo dal vortice di Parigi, ogni volta che tornavo a Courrières, sentivo l’immensa voluttà delle grandi passeggiate agreste, tranquille e solitarie dove si possono seguire gli effetti della Natura, studiarne le cause su basi semplici e da cui emerge tanto meglio l’evidenza delle grandi leggi eterne. Poi mi sono tornati in mente i mille problemi discussi a Parigi tra i compagni. Si alzarono, isolati, davanti alla mia ragione; stavo cercando di risolverli. Forse avrei fatto meglio ad andare diritto senza altre preoccupazioni, piuttosto che soddisfare il tipo di ideale che sentivo, senza vana eccitazione, senza troppa ambizione. Questo era ciò che avevo fatto senza sospettarlo durante i miei primi dipinti di Courrières; è quello che cerco di fare, meno inconsciamente, ora... . Ho sempre creduto che lo scopo dell’Arte fosse quello di raggiungere l’espressione della Bellezza. Credo nella Bellezza, la sento, la vedo! Se l’uomo in me è spesso pessimista, l’artista, al contrario, è eminentemente ottimista”).

Breton, conosciuto anche come il pittore della vita contadina, è considerato uno dei maggiori rappresentanti del Realismo rurale, corrente artistica sorta in Francia intorno alla metà del XIX secolo che, in contrasto con le tendenze spiritualistiche del romanticismo, rifiuta qualsiasi idealizzazione immaginativa, privile giando un’attenta osservazione e rappresentazione sia della natura che della realtà. In genere le figure dipinte da Breton sono tuttavia idealizzate, non presentano difetti fisici e non appaiono logorate dal lavoro e dal tempo. Al contrario, nelle sue opere, il pittore francese presenta una visione quasi idilliaca dell’esistenza rurale in quanto riteneva che “le but de l’Art était de réaliser l’expression du Beau”. Le raffigurazioni poetiche di leggiadre contadine, spesso modèles paysannes, che Breton predilige per la loro autenticità rispetto alle modelle professioniste sullo sfondo della campagna dell’Alta Francia, riscuotono un grande successo, oltre che in Francia, anche in Inghilterra e negli Stati Uniti e, proprio in virtù di questa grande popolarità, vengono realizzate numerose incisioni e stampe che contribuiscono alla popolarità delle opere di Breton.

Nel 1887 Jules Breton dipinge l’Étoile du Berger (Fig.1) (olio su tela, 102,8x78,7 cm) nella quale il pittore raffigura una giovane contadina dallo sguardo fiero, mentre ritorna scalza dai campi trasportando sul capo un sacco con il raccolto della giornata: è il crepuscolo, momento in cui Capella, una delle stelle più luminose del firmamento, inizia a sorgere alle spalle della donna che, nel suo aspetto elegante e maestoso, più che una contadina ricorda un’antica canefora. È l’ora del silenzio e della serena illusione, quella che l’artista francese rappresenta nella sua opera intrisa di realismo e di malinconia.

Jules Breton, Étoile du Berger (1887; olio su tela, 102,8 x 78,7 cm; Toledo, Toledo Museum of Art)
Jules Breton, Étoile du Berger (1887; olio su tela, 102,8 x 78,7 cm; Toledo, Toledo Museum of Art)

L’Étoile du Berger viene esposta per la prima volta al Salon di Parigi nel 1888, considerato l’evento artistico più importante non solo in Francia, ma in tutta l’Europa. Lo scrittore e critico letterario Henry Houssaye scrive a proposito della paysanne esposta da Breton al Salon parigino: “M. Jules Breton expose un autre tableau: l’Étoile du Berger. L’orbe sanglant du soleil descend à l’horizon, tandis que dans le ciel qui s’obscurit apparâit la première étoile. Une grande et robuste paysanne, sa journèe de travail accomplie, rentre au village en portant sur ses épaules, accoutumées aux lourds fardeaux, un gros sac de pommes de terres... mais imaginez qu’elle porte sur le dos une gerbe de blé au lieu d’un sac de pommes de terre, et elle pourrait être aussi la personification de la moisson. C’est une Cérès moderne” (“Il signor Jules Breton espone un altro dipinto: l’Étoile du Berger. Il globo insanguinato del sole scende all’orizzonte, mentre nel cielo che si oscura appare la prima stella. Una contadina alta e robusta, finita la sua giornata di lavoro, torna al villaggio portando sulle spalle, abituata ai carichi pesanti, un grosso sacco di patate... ma immaginate che porti sulla schiena un covone di grano al posto di un sacco di patate, e potrebbe anche essere la personificazione del raccolto. È una moderna Cerere”). Il poeta e cronista francese Firmin Javel nel settimanale “L’Art français” descrive l’Étoile du Berger come una pagina squisita creata nell’atelier di Courrières e nella quale l’artista rappresenta la solenne figura della contadina completamente avvolta dalla poesia infinita della sera, dall’intenso lirismo caratterizzante i dipinti del poeta pittore Breton. Sempre nel 1888 l’artista Alfredo Müller (Livorno, 1869 - Parigi, 1939), il quale si è da poco trasferito con la famiglia dall’Italia a Parigi, esegue un’acquaforte che riproduce l’opera di Jules Breton e che viene pubblicata su Arts and Letters, An illustrated review.

Presso il Musée Carnavalet, il museo dedicato alla vita e alla storia di Parigi, è conservata una riproduzione del dipinto di Jules Breton. Non è documentabile il modo e l’anno in cui l’opera grafica sia arrivata a far parte della collezione museale parigina ma la sua esistenza è un’ulteriore dimostrazione della grande notorietà e della diffusione della produzione a rtistica del pittore di Courrières. Nel giro di poco tempo il dipinto di Breton, oltre che in Europa, viene conosciuto ed apprezzato anche in America. Critiche favorevoli appaiono su riviste specializzate come The Connoisseur: in un suo articolo, Eugen von Jagow evidenzia come gli appassionati d’arte americani siano disposti a pagare anche cifre molto alte pur di entrare in possesso di un’opera di Breton. Nel 1889 l’Étoile du Berger viene presentata all’Esposizione Universale di Parigi, dove sono già disponibili numerose incisioni e stampe dell’opera in questione autografate dallo stesso Breton. Già nello stesso anno il dipinto viene acquisito ed esposto presso l’Art Institute di Chicago dove rimane fino al 1908, dopodiché viene acquistato dal filantropo e collezionista d’arte Arthur J. Secor.

Jules Breton muore a Parigi il 5 luglio 1906. Sei anni dopo la sua morte, nel 1912, in occasione della mostra d’inaugurazione del Toledo Museum of Art (TMA), museo di fama mondiale situato nel quartiere Old West End della città di Toledo (Ohio, Stati Uniti), l’Étoile du Berger, il cui titolo è tradotto in The Sheperd’s Star, viene prestata per l’evento inaugurale da Arthur J. Secor (allora secondo vice presidente del Museo di Toledo), il quale nel 1922 dona l’opera al museo di Toledo, istituzione presso la quale è da allora esposta nella Sala 32.

Alfredo Müller, Étoile du Berger (acquaforte)
Alfredo Müller, Étoile du Berger (acquaforte)
Riproduzione fotografica della Étoile du Berger (fine del XIX secolo; stampa, 32 x 24 cm; Parigi, Musée Carnavalet)
Riproduzione fotografica della Étoile du Berger (fine del XIX secolo; stampa, 32 x 24 cm; Parigi, Musée Carnavalet)

Raffaele Oronzio Maccagnani, fratello maggiore di Eugenio (Lecce, 1852 - Roma, 1930), scultore di fama internazionale, nasce a Lecce il 24 marzo 1841 da Mattia Maccagnani e Rosa Grassi. La famiglia paterna è originaria di Lizzanello, un piccolo paese alle porte di Lecce, celebre per aver dato i natali all’illustre scienziato Cosimo De Giorgi (Lizzanello, 1842 - Lecce, 1922). Nel capoluogo salentino, Mattia è conosciuto come rinomato orefice e gioielliere, mentre suo fratello Antonio (Lecce, 1807 - 1889) è un “celebre statuario di santi in cartapesta”; la madre Rosa è figlia di Pasquale Grassi (Campi Salentina, 1781 - Lecce, 1817) e sorella di Giovanni (Lecce, 1809 - 1882), entrambi pittori piuttosto apprezzati in ambito salentino. Raffaele viene allevato quindi da una famiglia di artisti con una formazione variegata e cresce in un ambiente ricco di sollecitazioni e stimoli creativi senza tuttavia riuscire mai a raggiungere la notorietà del fratello Eugenio. Raffaele apprende i primi rudimenti dell’arte a Lecce, prima nella bottega dello zio paterno Antonio e poi dallo zio materno Giovanni. Dopo i primi insegnamenti nella città natale, nel 1865 ottiene dal Consiglio Provinciale di Terra d’Otranto un contributo economico che gli permette di trasferirsi a Napoli. Qui frequenta l’atelier del pittore Vincenzo Petrocelli (Cervaro, 1823 - Napoli, 1896) e lo studio di Domenico Morelli (Napoli, 1826 - 1901), figura di spicco della cultura figurativa napo letana nella seconda metà del XIX secolo, grazie al quale Raffaele perfeziona la tecnica del disegno e della pittura, così come testimoniato in una lettera scritta nel 1906 dal fratello Eugenio ad Onorato Roux: “In questo tempo, mio fratello Raffaele, studi ava la pittura in casa di un altro mio zio, Giovanni Grassi, pittore. Dopo qualche anno, mio Padre lo mandò a Napoli, per perfezionarsi, sotto la direzione di Domenico Morelli. Passato un certo tempo, Raffaele, per giustificare verso mio Padre il frutto de i suoi studi, mandò diversi lavori tanto in pittura ad olio quanto a sfumino”.

Mantenere un figlio fuori sede è estremamente impegnativo per Mattia, padre di altri cinque figli: il giovane Raffaele quindi procede nei suoi studi artistici con assiduo impegno e consapevole degli sforzi economici che la famiglia sopporta per mantenerlo lontano da Lecce. Nel 1868 Raffaele Maccagnani dipinge Lo Zingaro pittore napolitano (ispirato ad un episodio tra mito e leggenda riguardante la vita del pittore Antonio Solar io detto lo Zingaro) e lo invia alla Società Promotrice delle Belle Arti di Napoli, associazione fondata nel 1862 sull’esempio delle promotrici fiorentina e torinese, il cui obiettivo è promuovere l’arte e gli artisti del momento. La Commissione giudicatrice decide di ammettere l’opera all’esposizione. La notizia viene subito diffusa con entusiasmo dai quotidiani leccesi: “Con piacere annunziamo che il giovine pittore Raffaele Maccagnani, nostro concittadino mandò un quadro in olio che rappresenta lo Zingaro, alla Società Promotrice delle belle arti, e il Giurì lo ammise, ed ora è collocato nella terza sala dell’Esposizione testé aperta in Napoli. Sarebbe desiderabile che questo giovine, che dà così belle speranze nell’arte, venisse annoverato tra quelli, verso de’ quali la Provincia è larga di sussidii e d’incoraggiamenti”. “Sul quadro del nostro concittadino Raffaele Maccagnani, di cui facemmo menzione nel numero precedente, abbiamo trovato il seguente cenno sul giornale di Roma, del 14 corrente. Questo Zingaro è rappresentato nel momento che sta origliando alla porta di splendida sala, per sentir l’effetto che produce il suo quadro agli occhi di Colantonio del Fiore, voluto inventore della pittura ad olio, ed uomo la cui figliola amava lo Zingaro passionatamente, sicchè da fabbro mutossi in artista. Questo quadretto, nella sua nobile volgarità, è ben pensato, ben composto, e la curiosità che muove lo Zingaro, muove anche l’osservatore a dimandarne il soggetto. È un quadretto che sta da sé pieno di colore, con be’ contrapposti, e degno di lode pere la scelta del subietto, e per la felice riuscita del concetto”.

Gli articoli apparsi sui giornali e le critiche favorevoli sembrano segnare l’inizio di una carriera promettente per il giovane artista, se non fosse che l’opera in questione suscita in breve tempo grande scalpore, in quanto viene giudicata la copia di un bozzetto di Domenico Morelli, maestro di Raffaele Maccagnani durante la sua permanenza a Napoli. A tal proposito lo scrittore e critico Vittorio Imbriani scrive: “Raffaele Maccagnani, altro scolaro del Petruccelli, probabilmente inconscio dell’imitazione, ché difficilmente avrà visto con gli occhi propri la macchia del commendatore, se n’è avvalso per un quadretto intitolato lo Zingaro. Sventuratamente prendere un soggetto ed il modo di vederlo a Morelli, è più facile che usurpargli la sua esecuzione: ma senza dubbio egli schiferà quind’innanzi questo tema, come schiferebbe un boccone premasticato da altri; né d’un mediocre lavoruccio del Maccagnani può, malgrado i suggerimenti del maestro di lui, supplire un lavoro del Morelli”. Nel 1886 lo Zingaro pittore napolitano viene presentato alla Promotrice di Napoli, dove riscuote un notevole successo (verrà acquistato dal duca Amedeo d’Aosta).

Raffaele Maccagnani partecipa ancora una volta alla Promotrice di Napoli nel 1869 ed espone Dante e il fabbro. Il quadro “rappresenta Dante allorché un giorno, uditi storpiare i suoi versi da un fabbro che li cantava, va in bottega di costui e gli pone sottosopra gli stru menti, dicendogli tu guasti le cose mie, io guasto le tue”. Nella primavera del 1870 presenta un altro dipinto, La Vanitosa. Le due opere riscuotono un significativo successo e vengono entrambe vendute. Improvvisamente il giovane artista è costretto a lasciare per sempre la città partenopea e a far ritorno a Lecce rinunciando in parte alle sue aspirazioni di crescita e formazione. Nel giugno 1870, il padre di Raffaele muore lasciando la moglie ed i figli in una precaria situazione economica. Raffaele ha 29 anni ed in quanto primogenito tocca a lui provvedere ai bisogni materiali della famiglia. Già nel mese di ottobre dello stesso anno compaiono sui quotidiani locali le inserzioni per pubblicizzare lezioni private di disegno impartite da Raffaele nella sua abitazione in Largo San Vito a Lecce.

Uomo discreto e riservato, Raffaele non ama che le sue idee o simpatie politiche siano di pubblico dominio. Nell’autunno del 1874, dopo aver letto sulle pagine della Gazzetta di Terra d’Otranto della sua intenzione di voler aderire all’Associazione Unitaria Meridionale, chiede fermamente di smentire tale voce con una lettera indirizzata al direttore del Propugnatore “Io non feci dimanda di sorta di simil natura, né ebbi mai in animo di appartenere a cosifatta associazione. Come gentiluomo ed artista sono amico di tutti; come uomo politico mi si lasci in pace con le mie sacre opinioni”. Nel 1879 gli viene affidato l’incarico dell’insegnamento di disegno presso l’Associazione Giuseppe Giusti di Lecce associazione progressi sta fondata nel 1875 la cui primaria missione sociale è quella di “promuovere e diffondere l’istruzione popolare” e della quale fanno parte tra gli altri Michele Astuti e Cosimo De Giorgi. Nel 1897 in seguito allo scioglimento dell’associazione a causa del la mancanza di risorse economiche, i soci decidono di donare all’Amministrazione Provinciale cinquecento volumi della propria biblioteca nonché un paio di ritratti firmati da Raffaele Maccagnani, vale a dire due dipinti ad olio, uno raffigurante Giuseppe Libertini e l’altro Ascanio Grandi.

Nei depositi del Museo Sigismondo Castromediano di Lecce è conservato un dipinto raffigurante l’illustre poeta epico leccese, opera finora priva di attribuzione. Ritengo di poter affermare che la sopraccitata opera possa essere attribuita a Raffaele Maccagnani il quale ha, con molta probabilità, preso ispirazione dall’acquaforte eseguita da Carlo Biondi, incisore attivo a Napoli nel la prima metà del XIX secolo.

Raffaele Maccagnani, Ritratto di Ascanio Grandi (olio su tela, 57 x 45 cm; Lecce, Museo Sigismondo Castromediano)
Raffaele Maccagnani, Ritratto di Ascanio Grandi (olio su tela, 57 x 45 cm; Lecce, Museo Sigismondo Castromediano)
Carlo Biondi, Ritratto di Ascanio Grandi (inizio del XIX secolo; acquaforte, 197 x 140 mm)
Carlo Biondi, Ritratto di Ascanio Grandi (inizio del XIX secolo; acquaforte, 197 x 140 mm)

Il 29 maggio 1880 Raffaele si unisce in matrimonio con Maria Concetta Cesani e presto la famiglia si allarga con la nascita di diversi figli. Nel 1881 disegna le nuove uniformi della Banda Cittadina di Lecce: le divise, in blu nero con orli e fasce blu chiare ed i frisi in argento vengono realizzate dalla Società Operaia dei Sarti ed indossate per la prima volta in occasione dei festeggiamenti in onore di sant’Oronzo, patrono del capoluogo salentino. A partire dal 1884 riceve l’incarico di insegnamento presso la Scuola di Disegno del Comune di Lecce dove viene chiamato per sostituire il pittore leccese Vincenzo Conte (Lecce, 1834 - 1884), morto prematuramente. Parallelamente all’attività didattica, Raffaele continua a dedicarsi all’esecuzione di diversi dipinti di committenza pubblica ed ecclesiastica: la Madonna del Riposo e la Vergine Addolorata (1879), Lo scemo e l’ubriaco (1881), il ritratto del colonnello Luigi Scarambone 1882), i ritratti di Giovan Battista Libertini e di Raffaele d’Arpe (1893), Santa Rita da Cascia (1910), il Coro campagnolo ed i ritratti di Oronzio e Giuseppe Carlino (1913), Il bacio di San Giovanni a Gesù, Donna che raccoglie il cotone, ritratti di illustri personaggi salentini tra cui Antonio Panzera, Antonio Guariglia , Giuseppe Marangio. Nel corso della sua carriera pittorica, sicuramente post 1888, Raffaele Maccagnani dipinge la Pastorella, opera nella quale raffigura una giovane donna mentre avanza su una strada sterrata con il raccolto avvolto in un fazzoletto e poggiato sul capo. L’espressione della ragazza è rassegnata, il volto provato dalla fatica così come i piedi scalzi i nduriti da ore di duro lavoro. L’abbigliamento è povero ed essenziale; la pecora che l’accompagna sembra rappresentare la sola compagnia e l’unico conforto per la fanciulla nella campagna deserta e silenziosa. Anche le pennellate corpose, quasi ruvide, ste se dal pittore sulla tela contribuiscono a rendere l’opera ancora più carica di crudo realismo.

Raffaele Maccagnani è rimasto evidentemente affascinato dall’Étoile du Berger di Breton, talmente affascinato da decidere di copiare l’opera. Non abbiamo certezza di quando egli ha occasione di conoscere il quadro dell’artista francese ma ricordiamo che frequenti sono i viaggi del fratello Eugenio a Parigi per partecipare a mostre ed esposizioni internazionali. Nel 1889, anno in cui l’Étoile du Berger è esposta all’Esposizione Universale di Parigi, Eugenio Maccagnani partecipa alla stessa manifestazione e viene premiato con la medaglia d’oro per l’opera I Gladiatori: probabilmente è grazie al fratello scultore, il quale torna spesso a Lecce da Roma dove risiede ed opera da anni, che Raffaele ha modo di vedere una riproduzione o una stampa del dipinto ed è piuttosto verosimile quindi ritenere che sia stato proprio questo il tramite che consentì a Raffaele Maccagnani di venire a conoscenza dell’opera di Jules Breton. Mettendo a confronto il dipinto di Jules Breton e quello di Raffaele Maccagnani, si nota come il pittore leccese abbia in qualche modo cercato di diversificare e personalizzare il soggetto, scegliendo una diversa tavolozza cromatica e rappresentando la giovane contadina in un contesto paesaggistico che potrebbe essere quello della campagna salentina. Inoltre la raffigurazione è ambientata in pieno giorno e non in un’atmosfera crepuscolare come nel dipinto di Breton. La luminosa stella Capella, guida dei pastori nelle lunghe notti attraverso i campi, viene sostituita da una pecora per cui l’ovvio ed inevitabile cambio del titolo dell’opera: l’Étoile du Berger (la Stella del Pastore) viene trasformato in La Pastorella.

Nel corso di questo mio studio ho riscontrato inoltre che presso la Collezione privata Valerio Terragno a Lecce è conservato un disegno di Raffaele Maccagnani intitolato La contadina. Si tratta sicuramente del disegno eseguito dal Maccagnani nel momento in cui decide di reinterpretare l’opera di Breton: interessante notare che il foglio della Collezione Terragno (33x23cm) è quasi della stessa misura della stampa (32x24cm) riproducente l’Étoile du Berger conservata presso il Musée Carnavalet di Parigi. Possiamo supporre pertanto che il Maccagnani abbia riprodotto il soggetto di Breton da una delle tante stampe in circolazione, quasi certamente una stampa a colori, e lo abbia fatto mediante l’uso della quadrettatura, dividendo sia l’originale che il foglio bianco in quadrati aiutandosi poi con queste linee guida per riprodurre il disegno. Raffaele Maccagnani copia l’opera di Breton aggiungendo la pecora alla composizione, dopodiché dipinge il quadro sulla tela le cui misure sono quasi il doppio del disegno quadrettato.

Raffaele Maccagnani, La Pastorella (post 1888; olio su tela, 68,5 x 43,5 cm; Lecce, Museo Sigismondo Castromediano). Foto di Raffaele Puce
Raffaele Maccagnani, La Pastorella (post 1888; olio su tela, 68,5 x 43,5 cm; Lecce, Museo Sigismondo Castromediano). Foto di Raffaele Puce
Raffaele Maccagnani, La contadina (Lecce, Collezione Valerio Terragno)
Raffaele Maccagnani, La contadina (Lecce, Collezione Valerio Terragno)

La Pastorella viene esposta nell’agosto del 1924 alla Prima Mostra d’Arte Salentina, evento culturale ideato e fortemente voluto dal giornalista e studioso di cultura salentina Pietro Marti (Ruffano 1863 Lecce 1933), rassegna alla quale concorrono 57 artisti salentini con 400 opere d’arte pura, applicata e industriale. L’artista salentino si spegne l’anno successivo, il 9 agosto 1925, nella sua abitazione nel centro storico di Lecce in via Idomeneo 59.

Raffaele Maccagnani dedica l’intera sua esistenza all’insegnamento e all’arte senza tuttavia riuscire a distinguersi per originalità tanto meno per capacità inventiva. Nella sua produzione artistica egli ricalca, in maniera consapevole - e non “probabilmente inconscio dell’imitazione” come scrive Vittorio Imbriani nel 1868 - l’esempio dei modelli e degli artisti più celebrati, rivelandosi, tuttavia, un ritrattista molto abile e con grande capacità descrittiva, così come testimoniato dai numerosi dipinti conservati presso collezioni private ed istituzionali nel capoluogo salentino. Da una parte Jules Breton e Raffaele Maccagnani, due pittori di provincia con percorsi umani e artistici differenti, e dall’altra parte Arthur J. Secor e Maurizio Aiuto, due collezionisti e cultori dell’arte che con la loro generosità hanno consentito la condivisione ed il confronto tra due opere pittoriche che altrimenti sarebbero rimaste rinchiuse in uno spazio privato e godute solo da pochi eletti. Si è così voluta evidenziare l’importanza delle donazioni di collezioni private ad istituzioni pubbliche per una conoscenza più completa della storia e degli eventi legati al territorio.


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