Dieci cose da sapere su Renata Boero, l'artista che collabora con la natura


Dieci cose da sapere su Renata Boero, artista la cui ricerca si colloca tra arte e natura, dal 4 giugno al 9 novembre 2025 in mostra ai Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi a Macerata con la rassegna “Renata Boero. Teleri”.

Renata Boero (Genova, 1936) è annoverata tra le figure femminili di spicco nell’arte del secondo Novecento, attiva sulla scena internazionale fin dagli anni Sessanta. La sua ricerca artistica si concentra su un confine sottile tra il gesto creativo e il processo naturale, un’indagine profonda sulla materia e sulle sue intrinseche potenzialità di trasformazione nel corso del tempo. Attraverso il suo operato, Boero esplora prevalentemente cicli pittorici in cui emergono le qualità dei pigmenti ottenuti da elementi naturali, come radici, erbe e tuberi, che vengono trattati attraverso bollitura e ammollo direttamente sulla tela.

Questo approccio le permette di generare segni che conferiscono ritmo al racconto cromatico, in lavori di grande formato caratterizzati da reticolati di tinture dove il tempo e la memoria assumono un ruolo centrale nel processo creativo, guidando l’interazione tra natura e spiritualità. L’opera di Boero si configura come una scrittura silenziosa che interroga la materia, il tempo e la natura nella loro dimensione più profonda. Un’opportunità per immergersi in questo immaginario è offerta dalla mostra Renata Boero. Teleri, che i Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi a Macerata ospitano dal 4 giugno al 9 novembre 2025. L’esposizione presenta opere monumentali a parete realizzate tra la metà degli anni Settanta e i primi anni Duemila, fusioni di arte e natura, pigmenti e memoria, espresse in un linguaggio distintivo nel panorama dell’arte contemporanea. Di seguito, vediamo dieci cose da sapere su Renata Boero.

Renata Boero, Ritratto, 2025
Renata Boero, Ritratto, 2025

1. La sua ricerca si colloca tra arte e natura

La ricerca di Renata Boero si posiziona in modo distintivo sul confine che separa il gesto artistico dal processo naturale. L’artista non si limita a ritrarre la natura, ma la ricostruisce concettualmente, orientando la sua cifra stilistica verso l’interpretazione della pittura come un gesto che va oltre la mera rappresentazione della realtà. Questo approccio si manifesta nella necessità di approfondire e comprendere i processi naturali in relazione all’azione umana, portando a un superamento dell’arte intesa come semplice riproduzione. “Natura è salvezza e il lavoro dell’arista si carica di una tensione positivamente ossessiva”, ha scritto Vittoria Coen. “L’arte è ossessione del fare, dunque, e fa sì che l’opera penetri nella natura e ne riceva altrettanta energia, in una fraternità ideale, in uno scambio, nel quale la sacralità e la spiritualità dello stesso processo creativo testimoniano la volontà di proteggere il pianeta. Il rapporto natura/cultura è in lei così forte, poiché l’opera continua a vivere e a rivivere spontaneamente con l’utilizzo di pigmenti naturali, terre, radici, segni, che respirano e rinascono dalla tela grezza che li ha abbracciati e protetti”.

La sua opera non è il risultato di una manipolazione esclusiva da parte dell’artista, ma piuttosto una collaborazione in cui la materia organica è lasciata agire e trasformarsi autonomamente nel tempo. Il suo lavoro diviene un mezzo per trascrivere l’invisibile e la forza della sua pratica risiede in una ritualità laica e in una scienza intuitiva, dove la pittura si manifesta come un processo di vita autonomo. La tela grezza, imbevuta di pigmenti, assorbe il colore e genera segni che danno ritmo al racconto cromatico, permettendo al tempo e alla memoria di guidare l’interazione tra natura e spiritualità.

Renata Boero, Allestimento Teleri, 2025, Macerata
Renata Boero, Allestimento della mostra Teleri, 2025, Macerata

2. È una profonda esploratrice dei pigmenti naturali

Renata Boero si distingue per la sua intensa esplorazione delle potenzialità dei pigmenti ottenuti da elementi naturali. La sua pratica artistica prevede l’uso di radici, erbe, tuberi e altri componenti organici, che vengono trattati attraverso la bollitura e l’ammollo direttamente sulla tela. Questo processo consente alla tela stessa di assorbire il colore, generando segni che conferiscono un ritmo intrinseco al racconto cromatico. La ricerca di Boero trova espressione in lavori di grande formato, caratterizzati da reticolati di tinture. In opere come Cromogramma Giallo (1970-1975), la composizione orizzontale è strutturata in quattro fasce parallele di rettangoli irregolari, con colori che spaziano dal giallo intenso a tonalità più profonde.

Similmente, in Cromogramma Terra (1980-1990), i toni si fanno più caldi e la superficie appare più testurizzata grazie ai pigmenti naturali, evocando una forte connessione con la materia e con il ciclo vitale, e richiamando processi di ossidazione e decomposizione. I pigmenti, spesso assorbiti o applicati in modo trasparente, lasciano affiorare la grana della tela e le tracce del tempo, evidenziando come la materia organica abbia avuto il tempo di sedimentare e trasformarsi autonomamente. Boero non si limita a usare i pigmenti come strumenti espressivi, ma li lascia agire, stabilendo un equilibrio tra il suo gesto e l’attesa che la materia si manifesti. L’opera nasce così dalla collaborazione tra materia e tempo, dove il colore non è applicato, ma prodotto dalla trasformazione operata da fattori naturali come il tempo, l’umidità, il calore e la luce, diventando co-autori dell’opera stessa.

Renata Boero, Cromogramma Giallo (1970-1975; colori vegetali e tecnica mista su tela, 236x280 cm)
Renata Boero, Cromogramma Giallo (1970-1975; colori vegetali e tecnica mista su tela, 236x280 cm)

3. Nella sua opera, tempo e memoria sono protagonisti del processo creativo

Nelle opere di Renata Boero, il tempo e la memoria non sono semplici elementi accessori, ma veri e propri protagonisti che guidano il processo creativo e l’interazione tra natura e spiritualità. La sua arte si configura come un’espressione del tempo, del silenzio e dell’origine, dove la trasformazione della materia nel tempo è una componente essenziale. L’artista stessa ricerca una “sospensione del tempo e dello spazio” attraverso la ritualità del suo fare, mirando a creare un luogo in cui gli oggetti della mente e della vita ordinaria siano sospesi. La sua ricerca, che si sviluppa a partire dagli anni Sessanta, matura nella seconda metà degli anni Settanta e anticipa molte istanze dell’arte contemporanea, inclusa l’attenzione al pensiero processuale. In lavori come i Cromogrammi, le opere sono ottenute attraverso l’azione diretta della natura su supporti piegati e trattati con componenti vegetali, dove il colore non è applicato ma è il risultato della trasformazione operata dal tempo, dall’umidità, dal calore e dalla luce, che agiscono come co-autori.

Renata Boero, Cromogramma (1975-1980; colori vegetali e tecnica mista su tela, 451x540 cm)
Renata Boero, Cromogramma (1975-1980; colori vegetali e tecnica mista su tela, 451x540 cm)

4. La “pittura che rinuncia alla pittura”: una scrittura biologica

Un concetto fondamentale nella poetica di Renata Boero è la “pittura che rinuncia alla pittura per diventare evento naturale, scrittura biologica, archivio vivente”. Questa definizione, proposta da Giuliana Pascucci, evidenzia la scelta dell’artista di superare la rappresentazione tradizionale per permettere alla natura stessa di agire come co-creatrice. Ciò si contrappone all’idea di un’arte imposta, per abbracciare un’arte che “accade” e si genera spontaneamente. Le opere di Boero sono descritte non come semplici lavori su carta o tessuto, ma come processi viventi, azioni silenziose in cui il tempo, la natura e il corpo agiscono insieme. L’artista cerca un’unità tra natura diretta e natura recuperata attraverso la pittura, persino “dipingere la terra con un pezzo di terra”, sottolinea ancora Pascucci. Questo approccio anticipa istanze contemporanee, trasformando l’opera in un “archivio sensibile che custodisce la memoria del mondo”. La sua arte non si limita a rappresentare, ma trascrive l’invisibile, con una forza che risiede nella ritualità laica e nella scienza intuitiva del suo operato.

Renata Boero, Cromogramma terra (1980-1990; colori vegetali e tecnica mista su tela, 230x370 cm)
Renata Boero, Cromogramma terra (1980-1990; colori vegetali e tecnica mista su tela, 230x370 cm)

5. La sua arte ha una dimensione ambientalista e politica

L’opera di Renata Boero si carica di un’accezione profondamente ambientalista, elevandosi a dichiarazione poetica e, al contempo, a gesto politico. La sua arte mette in discussione il presente e propone visioni alternative, intendendo per politica tutto ciò che concerne la convivenza civile. Boero rivaluta il rapporto umano con il mondo naturale, spesso abusato e calpestato da un progresso tecnologico che trascura i propri effetti collaterali sull’ambiente. Propone un modello di creazione che, anziché soffocare l’ecosistema, lo valorizza, riconoscendogli il potere generativo che gli è intrinseco. Questo è particolarmente significativo in un’epoca di crisi climatica e iperproduttività dell’immagine, dove le sue opere come i Cromogrammi e le Ctò-nio-grafie sono lette come precoci atti ecologici. Esse rappresentano testi silenziosi contro la velocità e l’artificialità, offrendo forme di resistenza sensibile. Il suo lavoro invita a rallentare lo sguardo, ad ascoltare le superfici e a lasciarsi toccare dalla vibrazione della sostanza fisica, riconoscendo in essa una forma di poesia non verbale. Questa prospettiva si lega all’idea di una cura non spettacolarizzata, di una scrittura del tempo che sottolinea come ogni trasformazione sia una relazione, un atto di ascolto e di lentezza. La sacralità e la spiritualità del suo processo creativo testimoniano una chiara volontà di proteggere il pianeta.

Renata Boero, Fioritura 1 (1990-2000; colori vegetali e tecnica mista su tela, 560x298 cm)
Renata Boero, Fioritura 1 (1990-2000; colori vegetali e tecnica mista su tela, 560x298 cm)

6. La sua sensibilità è autonoma

La sensibilità artistica di Renata Boero si sottrae a classificazioni rigide, sviluppandosi in parallelo ma senza mai assimilarsi completamente ai vari movimenti artistici del suo tempo. Nonostante operasse in un contesto culturale attraversato da profonde trasformazioni e sperimentazioni, l’artista ha scelto consapevolmente di non aderire a movimenti codificati, perseguendo una ricerca autonoma orientata a tematiche universali come il tempo, la natura e la trasformazione. Un’affinità può essere individuata con l’opera di Marcel Duchamp, in particolare con l’invenzione del concetto di Ready Made. Tuttavia, mentre Duchamp ricontestualizzava oggetti comuni, Boero si rivolge al mondo naturale per elevarlo al ruolo di agente nel percorso creativo, spostando l’attenzione dall’oggetto inanimato al processo organico. Questo la distingue anche dall’Arte Povera, che indagava la materia primordiale e il gesto minimo; Boero si muove in un percorso autonomo introducendo elementi essenziali come il tempo lento, la sedimentazione e il silenzio. Il suo lavoro è stato attivo e partecipe nei cammini dell’arte e nei moti rivoluzionari e radicali degli anni Settanta, un periodo fertile di istanze politiche e culturali. La sua ricerca è rimasta coerente e radicale per oltre cinquant’anni, lontana dai clamori e dalle mode, fedele a una visione in cui arte e natura si incontrano nel silenzio, nella materia e nel tempo.

Renata Boero, Ctò-nio-grafia “paesaggio in rosa” (anni Duemila; colori vegetali e tecnica mista su tela, 90x90 cm)
Renata Boero, Ctò-nio-grafia “paesaggio in rosa” (anni Duemila; colori vegetali e tecnica mista su tela, 90x90 cm)

7. Per Renata Boero, l’arte è un ponte verso lo spirituale

Secondo Vittoria Coen, l’arte di Renata Boero trascende la mera espressione estetica, fungendo da ponte verso un mondo spirituale. Essa rappresenta una forza, un’energia, una dichiarazione poetica totale e un divenire costante che abbraccia il luogo e ne determina le trasformazioni. Il gesto artistico di Boero costruisce un vero e proprio vocabolario di emozioni senza tempo, esprimendo un “credo animistico agli albori del mondo”, scrive Coen.

Questa dimensione spirituale si manifesta attraverso la densità del colore e il trasporto del supporto stesso, la tela grezza, che vive di vita propria e permette alla pittura di entrare in contatto con il tutto senza mediazioni. La sacralità e la spiritualità del processo creativo di Boero testimoniano la sua profonda volontà di proteggere il pianeta.

Renata Boero, Fioritura 1 (1990-2000; colori vegetali e tecnica mista su tela, 560x298 cm)
Renata Boero, Fioritura 1 (1990-2000; colori vegetali e tecnica mista su tela, 560x298 cm)

8. Un rapporto primordiale e ciclico con la natura

Il rapporto di Renata Boero con la natura è profondo e totale, una vera e propria energia che si sprigiona dalle radici, sia filosoficamente che esteticamente. Questa relazione si manifesta come una dimensione primordiale, una compenetrazione fisica tra l’essere umano e l’universo, tra l’uomo e il sistema totale degli esseri viventi, che si sviluppa e si rigenera continuamente, dal sonno al risveglio, in un incessante divenire. La sua opera richiama processi organici e naturali, legando arte, corpo e tempo in un processo alchemico.

Esemplare in questo senso è Fioritura 1 (1990-2000), che allude alla ciclicità, alla crescita e alla trasformazione. Questa composizione si presenta come un mosaico organico composto da tessere che evocano elementi naturali come cortecce, fiori e terra, con colori vibranti e intensi. La composizione sembra espandersi lungo un asse centrale, dando l’impressione che la tela stessa abbia assorbito la natura, e la superficie ondulata che poggia direttamente sul pavimento amplifica il senso di contatto diretto con lo spazio e l’osservatore. La frase di Boero “Gli elementi naturali mi sono venuti incontro” sintetizza questa connessione viscerale, confermando una relazione in cui l’artista si affida alla natura come alleata, vivendo un’immersione completa e coerente. Il suo lavoro si carica di una tensione positiva, dove il rapporto natura/cultura è così forte che l’opera stessa continua a vivere e a rivivere spontaneamente grazie all’uso di pigmenti naturali, terre e radici, che respirano e rinascono dalla tela grezza.

Renata Boero, Ctò-nio-grafia, dittico (anni Duemila; colori vegetali e tecnica mista su tela, 48x194 e 49x195 cm)
Renata Boero, Ctò-nio-grafia, dittico (anni Duemila; colori vegetali e tecnica mista su tela, 48x194 e 49x195 cm)

9. La ritualità del gesto e il silenzio come elementi strutturali

La pratica artistica di Renata Boero è intrisa di una profonda ritualità del gesto, che non è solo una componente tecnica, ma un elemento strutturale e poetico della sua opera. Attraverso questa ritualità, l’artista mira a creare una “sospensione del tempo e dello spazio”, un luogo dove gli oggetti della mente e della vita ordinaria si trovano in uno stato di sospensione. Questa “scrittura silenziosa” interroga la materia, il tempo e la natura nella loro dimensione più profonda. I silenzi stessi, nella sua arte, parlano e ispirano chi sa ascoltarsi interiormente. La sua arte non si impone, ma “accade” e si genera spontaneamente, spesso in un contesto di solitudine e meditazione.

Le campiture e le pieghe delle sue tele, l’intero processo, parla di un respiro avvolgente e della ricerca di una totalità. È una condizione in cui l’inesorabilità della materia naturale, una volta abbandonata ogni mediazione linguistica, accompagna direttamente la vita. La sua arte è definita come un’espressione del silenzio e dell’origine, che si manifesta nel gesto e nella trasformazione della materia stessa.

Renata Boero, Ritratto, 2025
Renata Boero, Ritratto, 2025

10. La rilevanza contemporanea della sua ricerca

L’opera di Renata Boero, sviluppatasi fin dagli anni Sessanta, anticipa in modo significativo molte istanze dell’arte contemporanea, quali l’attenzione ecologica, il pensiero processuale, la riscoperta del gesto femminile e l’ascolto del vivente.

Oggi, nel pieno della crisi climatica e dell’iperproduttività dell’immagine, e in un panorama contemporaneo che scopre il post-umano, la sua arte appare molto attuale. I suoi Cromogrammi e Ctò-nio-grafie non sono solo opere d’arte, ma vengono letti come precoci atti ecologici, secondo Pascucci “testi silenziosi contro la velocità e l’artificialità”, proponendo forme di resistenza sensibile. La sua ricerca offre strumenti preziosi per ripensare il nostro rapporto con il mondo, con il corpo e con la terra. Boero, attraverso il suo lavoro, ci ricorda la forza del nascosto, la poesia del processo e la “politica dell’attesa”. La sua arte non rappresenta il mondo, ma lo trascrive in una “scrittura del tempo” che ci rammenta che ogni trasformazione è intrinsecamente una relazione, un atto di ascolto e di lentezza.


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