Vercelli turrita: viaggio tra le antiche torri della città piemontese


In tempi antichi, Vercelli era una città piena di torri, come attesta anche una stampa settecentesca: oggi ne rimangono soltanto cinque ma consentono di compiere un viaggio nel passato, in una città che non esiste più ma che ha molto da raccontare.

Come illustrato nell’incisione che raffigura una veduta di Vercelli come città turrita, in epoca medievale la città sul fiume Sesia era ricca di torri. Uno skyline che nulla aveva da invidiare a San Gimignano. L’incisione, pubblicata ad Augusta tra il 1730 e il 1745, appartiene a una serie di vedute di città turrite europee vendute separatamente. Custodita alla Biblioteca Diocesana Agnesiana di Vercelli, la stampa mostra il titolo Vercella-Vercelli su un nastro in alto, che sovrasta il paesaggio verdeggiante con sullo sfondo la città murata e una numerosa presenza di torri; ai lati del nastro due cartigli, sorretti ognuno da un putto alato e sui quali sono scritti i diciotto nomi dei campanili e delle torri risalenti al Medioevo. Tra questi, Sant’Andrea, il Duomo, Spedale, San Marco, Torre da Palazzo, Torre dell’Orologio, Santo Spirito, e così via. È qui dunque illustrato il profilo di Vercelli come si presentava intorno al 1730, quando erano ancora presenti i resti dei bastioni smantellati dai francesi nel 1704, e soprattutto quando molte torri svettavano ancora sulla città, dominandola dall’alto.

Le torri erano infatti simbolo di potere che le famiglie più prestigiose facevano costruire per evidenziare il loro rilevante ruolo nella società; ancora oggi, passeggiando per Vercelli e alzando lo sguardo verso il cielo, se ne possono ammirare varie, testimonianza della loro epoca più fiorente, ma delle più importanti se ne sono conservate solo cinque: la Torre dei Tizzoni, la Torre dei Vialardi, la Torre dell’Angelo, la Torre di Città o Comunale e la Torre di San Marco. I loro nomi fanno riferimento alle relative famiglie che rappresentavano o a luoghi particolarmente significativi della città.

Vercelli Turrita (Augusta, 1730-1745; incisione, 330 x 225 mm; Vercelli, Biblioteca diocesana Agnesiana)
Vercelli Turrita (Augusta, 1730-1745; incisione, 330 x 225 mm; Vercelli, Biblioteca diocesana Agnesiana)


Vercelli, Piazza Cavour con le torri
Vercelli, Piazza Cavour con le torri


Vercelli, piazza Cavour di notte. Foto Finestre sull'Arte
Vercelli, piazza Cavour di notte. Foto Finestre sull’Arte


I campanili della basilica di Sant'Andrea
I campanili della basilica di Sant’Andrea

La più nota è la Torre dell’Angelo che spicca sulla centralissima piazza Cavour. Secondo una leggenda popolare, sembra che il suo nome derivi dall’intervento miracoloso di un angelo che avrebbe salvato la vita a un uomo di passaggio a Vercelli che, salito sulla torre per godere della veduta panoramica della città, si sporse troppo e precipitò. Durante la caduta l’uomo invocò la Vergine, a cui era molto devoto, e a quel punto apparì un angelo che lo afferrò portandolo sano e salvo a terra. Altre fonti letterarie parlano di un miracoloso intervento da parte di san Mauro nei confronti di un uomo precipitato dalla torre nel 543, ma ciò non spiegherebbe il nome dato alla torre.

Realizzata nel Trecento, ha una base quadrata sulla quale si inserisce un corpo ottagonale tardo gotico che termina con lunghe caditoie medievali. La sopraelevazione con finestroni e la sommità merlata risale invece al 1875 ed è stata interpretata in stile neo-goticizzante dal geometra Angelo Bosso. Una decorazione in cotto quattrocentesca, ancora presente nei cortili su cui domina la torre, orna l’intradosso degli archi; le murature affioranti dal terreno e i sotterranei sono probabilmente romanici, mentre gli elementi architettonici rimanenti risalgono alla fine del Trecento e agli inizi del Quattrocento. Molto suggestiva e tipica è la vista dai portici opposti, in particolare attraverso la nona arcata, molto stretta, denominata “lancetta”.

Torre dell'Angelo
Torre dell’Angelo

La più antica e più alta (37 metri) tra le torri gentilizie di Vercelli è la Torre di Città o Torre Comunale. Di pianta quadrangolare e più disadorna rispetto alle altre, fu punto di riferimento per tutti i vercellesi, che regolavano sulle sue campane e sul suo grande orologio (dalla fine del Trecento) la loro vita. Per molti secoli dominò la sede del Comune. Le campane suonavano per convocare il parlamento cittadino e il popolo, per annunciare un momento di festa o un lutto, o per segnalare un imminente pericolo. Nel Seicento c’erano tre campane ma, dopo l’assedio franco-spagnolo del 1704, di cui conservano ancora i segni delle cannonate, si rivelò necessaria la cessione di una di queste per pagare le imposizioni dei vincitori: rimasero un “campanone” e una campana più piccola che fu successivamente donata alla chiesa di Billiemme perché con i suoi rintocchi ricordasse i caduti per la patria.

Non si sa chi fece costruire la torre, neanche le fonti più antiche lo ricordano; tuttavia è ancora oggi visibile sia da via Gioberti che da “Piazza dei Pesci” o Piazza Palazzo Vecchio, così chiamata perché dominava la sede dell’antico Broletto, dove erano situate le vecchie sedi del Comune. La struttura si presenta quasi interamente ricoperta d’intonaco di colore beige e la porzione rimanente ricoperta di mattoni; sono poi presenti finestroni ad arco a tutto sesto disposti in ordine irregolare, e la parte superiore mostra due finestroni di questo tipo su ogni facciata. Sulla superficie muraria si vedono fori lasciati dalle maestranze per possibili restauri. Nel 1821 un fulmine abbatté la cuspide che, secondo le fonti, era ottagonale e altissima, circa venti metri.

Torre Civica
Torre Civica

Collocata a fianco di Corso Libertà, verso Porta Milano, la Torre dei Tizzoni fa parte del palazzo, databile alla metà del Quattrocento, della famiglia di parte ghibellina dei Tizzoni. Si tratta di una famiglia di origini antichissime: probabilmente discende da un tribuno militare ucciso durante la battaglia di Ravenna. Nel XII secolo un nipote di quest’ultimo era diventato podestà di Vercelli e tutti i suoi parenti si distinsero nei campi delle scienze e delle lettere. Da sempre ghibellini e nemici di un’altra importante famiglia, gli Avogadro, i Tizzoni ebbero tra i loro esponenti più rilevanti Pietro Tizzoni, giovane ghibellino del XVI secolo che da guerriero sconfisse i guelfi guidati dagli Avogadro in una battaglia a Trino, avvenuta nel marzo 1329, nel corso della quale il borgo poco distante da Vercelli venne occupato e incendiato. Dopo questa battaglia, si distinse Riccardo Tizzoni, capo dei ghibellini vercellesi che venne nominato vicario imperiale. Non si ebbero più notizie della famiglia dal 1334, anno in cui gli Avogadro vinsero contro i Tizzoni e da quel momento scomparvero dalla scena politica.

Pietro Tizzoni è inoltre protagonista di un’antica leggenda: egli, invaghitosi di Maria Avogadro, la fece rinchiudere nella torre della sua dimora; lei, nota per le opere di carità, resistette alle lusinghe dell’uomo che le offriva la sua ricchezza in cambio dei suoi favori: questo fatto contribuì alla pace tra le due famiglie e, con la sua fede, Maria fece pentire dei suoi atteggiamenti Pietro. Per questa ragione la Torre dei Tizzoni è conosciuta anche come Torre della brava figlia.

Dalla forma ottagonale con motivi morfologici simili a quelli della Torre dell’Angelo, la torre ha subito interventi di restauro e rifacimenti alla fine dell’Ottocento e in particolare quelli compiuti nel 1874 su progetto dell’architetto Locarni modificarono l’aspetto originale: venne intonacata, furono aperte tre finestre nella parte inferiore, vennero rifatti il tetto e le bifore delle finestre sottostanti; fino al 1935 si presentava completamente in cotto, mentre più recentemente la parte inferiore è stata rivestita in pietra. All’interno, nel salone a pian terreno, sono visibili affreschi sulla volta a vela raffiguranti divinità classiche realizzati dal Moncalvo, noto artista di scuola vercellese del Cinquecento.

Torre dei Tizzoni. Foto Finestre sull'Arte
Torre dei Tizzoni. Foto Finestre sull’Arte

Tra via Giovanni Achille Cagna e via Francesco Antonio Vallotti si trova invece la torre più slanciata dei Vialardi, unica superstite quasi inalterata della dimora dell’omonima nobile famiglia. Di stirpe manfredinga, ovvero di origine germanica e derivata dai Signori di Casalvolone, i Vialardi sono tra le più antiche famiglie di Vercelli, già di notevole importanza nel XII secolo, ma poi fiorita verso la metà del Cinquecento. Tra gli esponenti più significativi si ricordano il nobile Manfredo Vialardi, i cui antenati erano feudatari di Verrone (i Vialardi di Verrone furono i primi signori del Biellese a prestare omaggio di fedeltà ai Savoia) investiti dal vescovo di Vercelli, e Giacomo Vialardi detto Carnario, che divenne vescovo della città dal 1235 al 1241. In epoca successiva si distinsero Romualdo Vialardi, duca del Monferrato nel 1655, Giovanni che divenne senatore ducale di Mantova, e Carlo Antonio che divenne governatore della Piazzaforte di Casale nel 1678. Dal Settecento la famiglia non compare più in documenti ufficiali: perse il proprio potere politico con l’arrivo dei Visconti.

Nel XII secolo i Vialardi abitavano in una casa-forte con torre patrizia nell’attuale via del Duomo, costruita su antiche terme romane; il Consiglio di Credenza acquistò nel 1203 questa casa-forte per trasformarla in Palazzo del Comune e la famiglia dovette quindi trasferirsi nell’attuale via Vallotti, dove, all’inizio del Quattrocento, edificarono la torre ancora esistente. Anch’essa di forma ottagonale, presenta due finestre al di sopra di altri edifici che si trovano alla sua base. La parte superiore è costituita da un primo livello di piombatoie e da un secondo livello con otto finestre bifore decorate con fregi in terracotta, e sopra una copertura a travata a tese larghe. Tra le torri vercellesi è quella che ha mantenuto meglio il suo originario aspetto. Accedendo al piccolo cortile, sono ancora visibili le arcate dell’antico portico rinascimentale e più in alto si può notare la traccia di un fregio ad affresco, databile alla fine del Quattrocento, che decorava l’ambiente insieme ad altri ornamenti.

Torre dei Vialardi. Foto Finestre sull'Arte
Torre dei Vialardi. Foto Finestre sull’Arte

Apparteneva probabilmente alla dimora degli Avogadro la Torre di San Marco, eretta a partire dal 19 agosto 1266, quando fu posata la prima pietra dell’omonima chiesa. Situata in via Verdi, la sua struttura è differente dalle altre torri della città per via della cornice marcapiano, a tre quarti dell’altezza, e per via degli spigoli che sono smussati dalla sporgenza di una lesena. Sebbene abbia pianta ottagonale, come le altre torri gentilizie principali, è databile a un’epoca precedente a queste ultime, ma risulta essere invece successiva alla Torre di Città, di forma quadrangolare.

Gli Avogadro erano di casata manfredinga e il nome della famiglia deriva dalla carica ereditaria di avvocati e visconti della chiesa vercellese. Di parte guelfa, fu vinta dalla famiglia Tizzoni, di parte ghibellina, nella battaglia di Trino del 1329, e a seguito di questa sconfitta dovette andare in esilio e rinchiudersi nei castelli tra i monti del Biellese. Esponenti degli Avogadro occuparono nei secoli XII, XIII e XIV la cattedra episcopale, mentre tra Ottocento e Novecento si distinsero vari personaggi in campo militare, come Alessandro, Generale d’Armata e Senatore del Regno di Savoia a cui venne dedicata una via, o il tenente colonnello Amedeo di Valdengo, o ancora il conte Gregorio Agostino, capitano nel reggimento provinciale. Molto noto è poi il fisico Amedeo Avogadro. Nel corso di lavori ottocenteschi, fu ritrovata intatta la sepoltura verticale di Simone Avogadro da Collobiano, condottiero e signore di Vercelli; l’armatura e la spada sono custodite all’Armeria Reale.

Torre degli Avogadro
Torre degli Avogadro

Il corpo della torre è strutturato in mattoni color rosso-bruno e ogni facciata presenta una doppia fila di fori, che venivano utilizzati nel caso di restauri (si inserivano in essi i sostegni dei ponteggi); la parte terminale è alleggerita da alcuni finestroni rettangolari in parte tamponati con mattoni più chiari. Oggi, sia la chiesa (fino allo scorso secolo adibita a mercato coperto) sia la torre sono di proprietà comunale e dovrebbero essere presto adibite a uso pubblico.

Superstiti dell’epoca di maggior fioritura della città di Vercelli, le torri raccontano storie e antiche leggende che si protraggono nel tempo e che ancora oggi affascinano; testimonianze di un antico potere e di un aspetto della città oggi quasi completamente perduto.


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, sono co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. Sono nata a Carrara nel 1987 e mi sono laureata a Pisa. Sono responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.

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