Italian Council: un booster strategico per artisti e curatori italiani?


L’Italian Council ha sostenuto progetti innovativi e residenze artistiche, contribuendo all’internazionalizzazione dell’arte italiana e alla costruzione di una rete culturale solida e riconosciuta all’estero. Cosa funziona, come potrebbe essere migliorato. L’opinione di Irene Sanesi.

Nel periodo dal 2017 al 2024, Italian Council ha supportato numerosi progetti e iniziative, contribuendo alla produzione di nuove opere di artisti italiani, all’ampliamento delle collezioni pubbliche e alla partecipazione internazionale. Le risorse stanziate sono aumentate, il che indica un crescente impegno da parte del Ministero della Cultura, e la distribuzione dei fondi tra diversi settori (committenza internazionale, promozione degli artisti, supporto a curatori e acquisizioni) riflettendo una visione articolata e uniforme. In altre parole, anche grazie all’Italian Council emerge la filiera dell’arte contemporanea e non soltanto i singoli attori. Resta il fatto che il sistema abbia una vocazione che tende all’esterofilia, in parte per ragioni legate alla vendibilità e al mercato. E questo non soltanto perché molte gallerie scelgono artisti stranieri.

Una osservazione attenta fa emergere che gli artisti italiani capaci di posizionarsi sono quelli seguiti da gallerie straniere o con sedi all’estero. Per questo risulta efficace un intervento pubblico insieme a quello privato nella produzione e valorizzazione del contemporaneo: il tema della propensione al rischio è appannaggio dei privati ma l’investimento pubblico in questo settore è imprescindibile se vogliamo considerarlo strategico per il paese. Sono decennî che altri settori vengono sostenuti con varie modalità: dall’automotive all’edilizia. La cultura e la produzione artistica non possono essere relegate alla mera sfera hobbystica e dunque oggetto di booster marginali. Un giudizio importante sull’operato dell’Italian Council dall’anno della sua istituzione ci è dato dal Report Quanto è (ri) conosciuta all’estero l’arte contemporanea italiana? al quale ho lavorato come co-autrice. Ventiquattro nterviste a curatori d’arte contemporanea italiani riportano per molti di loro un giudizio sullo strumento dell’Italian Council. Tra i risultati concreti rilevati dalle interviste: l’aiuto ad avvalorare la credibilità istituzionale dei partner coinvolti nel presentarsi alle istituzioni internazionali facilitando la realizzabilità dei progetti, la loro presentazione e valorizzazione; l’Italian Council ha colmato il gap rispetto a strumenti esteri favorendo conoscenza reciproca e scambio cultuale; ha stimolato e consolidato il rapporto fiduciario che l’ente proponente instaura con l’artista nel progetto e nelle prospettive future; rappresenta uno strumento per documentare e promuovere il lavoro progettuale degli artisti italiani non solo all’estero ma anche in Italia.

Gli impatti più visibili dell’Italian Council sono: la crescita delle collezioni permanenti di arte contemporanea in Italia e all’estero; il sostegno alla partecipazione di artisti italiani a eventi internazionali e residenze, che favorisce la visibilità dell’arte italiana nel contesto globale; il finanziamento di curatori e progetti editoriali, che ampliano la riflessione critica e la conoscenza delle pratiche artistiche italiane; il numero elevato di vincitori per edizione (fino a oltre 50) potrebbe sollevare il dubbio che le risorse non siano sempre destinate in modo incisivo. Se da un lato il supporto capillare può ampliare la base di artisti e progetti sostenuti, dall’altro potrebbe diluire l’impatto di ciascun intervento, rendendo il programma meno mirato e focalizzato.

Sarebbe interessante una ricerca che misuri il pre-Italian Council con la situazione attuale, cosa non semplice perché mancano i dati che sono fondamentali per misurare gli impatti e orientare le politiche. La capillarità ritengo che abbia un senso in Italia se pensiamo che, a differenza di altre realtà europee e internazionali, vi è lungo lo Stivale la presenza di gallerie, centri indipendenti e committenze pubbliche che hanno stimolato un collezionismo locale e una produzione che ha forti rapporti identitar con i luoghi, andando a costruire un legame di senso e un rapporto fiduciario tra gli attori e i portatori di interesse.

Ludovica Carbotta, Monowe (2024; film, colore, sonoro, 45 minuti). L’opera è stata realizzata grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito di Italian Council (11a edizione, 2022), il programma di promozione internazionale dell’arte contemporanea italiana. Su concessione di Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli.
Ludovica Carbotta, Monowe (2024; film, colore, sonoro, 45 minuti). L’opera è stata realizzata grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito di Italian Council (11a edizione, 2022), il programma di promozione internazionale dell’arte contemporanea italiana. Su concessione di Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli.

Quello che non deve essere capillare è l’azione di lobbying complessiva e la strategia, attraverso il coinvolgimento degli istituti italiani di cultura all’estero, per esempio, con la revisione della norma fiscale, ed una più mirata pervasività nelle piattaforme di comunicazione del sistema internazionale.

Paragonato a iniziative simili come il British Council, il Mondriaan Fund o il Pro Helvetia, Italian Council ha certamente un’importante caratteristica distintiva: la sua focalizzazione sulla produzione e diffusione dell’arte italiana contemporanea. Essendo più recente e meno strutturato rispetto ad altri programmi che hanno una lunga tradizione di intervento, ha spazî di sviluppo e radicamento nel panorama internazionale. Come ogni strumento ha avuto la sua fase di start-up ed è nella fase a regime entro cui analizzare dati e impatti per un riposizionamento in una traiettoria di continuità.

Quanto agli aspetti critici, una prima criticità è di natura finanziaria per via degli anticipi che non tutte le realtà possono permettersi e con un sistema bancario che ancora ha poca dimestichezza con il settore culturale come impresa che investe e dunque da finanziare.

La valorizzazione della filiera è uno dei punti di forza con spazî di miglioramento e crescita riguardo alla reale e autentica capacità che questa filiera non sia una serie di individualità bensì una comunità professionale in grado di fare lobbying, combattendo l’errata percezione dell’equivalenza tra arte e hobby, fino a costituire un vero e proprio movimento. Se ci pensiamo, è dai tempi dell’Arte Povera che non rileviamo un gruppo solido, con una densità di posizionamento e comunicazione tale da rappresentare l’Italia all’estero. Gli italiani che spiccano nel mercato internazionale sono un numero inferiore a dieci, non rappresentano insieme un movimento ma la cosa che li accomuna è la loro esperienza all’estero. Una visione politica a lungo termine (rafforzando gli effetti e gli impatti dello strumento dal 2017, anno della sua introduzione), dotata di una strategia e di una rete nazionale e internazionale, sono elementi essenziali perché lo strumento consolidi la sua efficacia.

Sulla qualità dei progetti, intanto sarebbe importante definire il concetto di qualità. Fermo restando un livello di discrezionalità, da un lato, ed anche, al contempo, la necessità di individuare degli indicatori per rendere il progetto misurabile, credo che sia presente una qualità diversificata. Ritengo importante che il concetto di qualità sia legato non solo al progetto ma anche al processo e agli impatti (ad intra e ad extra).

Infine, lo strumento dell’Italian Council può essere migliorato attraverso: un sistema di monitoraggio e follow-up sui progetti finanziati, per capire come questi evolvono nel tempo e se i benefici sono stati realmente sostenibili; la creazione di opportunità di mentoring per giovani artisti e curatori che ricevono il finanziamento potrebbe contribuire a un rafforzamento delle competenze professionali e a un maggiore impatto a lungo termine; una maggiore interazione e sinergia tra artisti e istituzioni estere che possano accompagnare gli artisti italiani, non solo durante la produzione delle opere, ma anche dopo, con il loro inserimento in contesti internazionali.

A tutti gli effetti l’Italian Council può essere un booster anche per la Quadriennale che ha tra le sue finalità, anche quella di promuovere la diffusione e la conoscenza all’estero della cultura artistica italiana, attivando una cabina di regia per la promozione dell’arte italiana all’estero. Se viene riconosciuta questa necessità (la cabina di regia), bisogna pensare come attivarla e fornirle i mezzi.

Questo contributo è stato pubblicato originariamente sul n. 25 della nostra rivista cartacea Finestre sull’Arte on paper, erroneamente in forma ridottaClicca qui per abbonarti.


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Irene Sanesi

L'autrice di questo articolo: Irene Sanesi

Irene Sanesi è dottore commercialista e revisore legale, socio fondatore e partner di BBS-pro Ballerini Sanesi professionisti associati e di BBS-Lombard STP srl.



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