Se mettiamo in relazione tre recenti opere di tre artisti italiani possiamo capire quello che un sistema completamente acritico ha prodotto negli ultimi vent’anni: le solite luminarie da Luna Park che Marinella Senatore ha presentato ad Art Basel Unlimited, le altalene di Francesco Arena con su scritte, anche qui, frasi che potremo trovare nei Baci Perugina, e infine gli scheletri con teste di cane di Giulia Cenci nella project room di Palazzo Strozzi. Abbiamo rispettivamente le luci, il gioco delle altalene e una sorta di “museo delle cere/casa delle streghe” di Giulia Cenci. In sostanza un Luna Park.
L’incapacità di questi artisti di sviluppare linguaggi in grado di competere e dialogare con il nostro presente li porta verso goffi tentativi di attirare l’attenzione. Ma dove sta il valore di un’opera d’arte contemporanea? Non tanto nell’opera in sé, ma in modi, atteggiamenti, visioni e attitudini (la nuvola MAVA) da cui queste opere precipitano come fossero testimoni di questi modi, atteggiamenti, visioni e attitudini. Il valore nella nuvola MAVA sta nella sua capacità di affrontare e resistere al nostro presente, in relazione alla storia dell’arte, a quello che è stato, alla citazione che va bene ma che deve, appunto, diventare un ponte per affrontare il presente, e non un feticcio da contemplare passivamente. E i feticci offrono di solito, a pochi operatori del sistema dell’arte (il curatore, la collezionista, il direttore del museo), gli oggetti su cui creare un sistema speculativo dove le opere vengono gonfiate arbitrariamente di valore, e quindi di prezzo, senza che però ci siano reali ragioni e motivazioni.
Tornando a Senatore, Arena e Cenci: al di là del fatto che sono completamente immersi in linguaggi derivativi e neo-manieristi, le loro opere precipitano da modi, atteggiamenti, visioni e attitudini totalmente incapaci di affrontare il nostro presente se non in modalità anacronistiche. Che valore ha per la mia vita una luminaria, che potrei benissimo vedere in una festa in Salento, a cui è stato appiccicato il titolo “Io contengo moltitudini”, verso rubato al poeta americano Walt Whitman vissuto a fine Ottocento? Cosa significa “io contengo moltitudini” se decontestualizzato dal lavoro di Whitman? Non siamo altro che davanti all’effetto delle scritte casuali che troviamo dentro i Baci Perugina. Marinella Senatore avrebbe potuto anche usare altre frasi, come “mi illumino di immenso” o “ama il prossimo tuo come te stesso”. Il senso di vuoto e la retorica buonista sarebbero stati gli stessi.
E che dire delle stesse frasi, più criptiche, che Francesco Arena incide sui sedili delle sue altalena in Maremma quasi a ricordare le stesse frasi di Giovanni Anselmo su supporti simili? Una delle altalene è congelata in aria e presenta la frase “TUTTO È FALSO”. Ma cosa significa? Non è necessariamente vero che tutto sia falso. Come possono passare queste semplificazioni e queste banalizzazioni da Baci Perugina in quello che consideriamo il migliore sistema dell’arte italiano?
Con Giulia Cenci la situazione sembra migliorare di un poco perché almeno l’artista lascia perdere le frasi in stile Baci Perugina e si concentra su una modalità scultorea che è però totalmente arenata nel Novecento, e dove si incontrano chiari riferimenti all’informale italiano degli anni Cinquanta (Germano Sartelli), soluzioni identiche a Bruce Nauman (1989) e tentativi scultorei alla Brancusi che denotano solo un grave accademismo francamente intollerabile per un artista così presenzialista e appena entrata nella Galleria Massimo De Carlo, una delle più potenti d’Italia.
La situazione che avevo rilevato già nel 2009 oggi è ancor più degenerata. Nessuno ha il coraggio di ammettere pubblicamente che “il re è nudo”. Ma questi artisti rappresentano solo la punta dell’iceberg di un movimento in profonda crisi da molti anni e dove quello che potremmo chiamare il “doping delle pubbliche relazioni” conta molto di più di qualsiasi tentativo sincero di ricercare la qualità. Le energie artistiche migliori sono morte negli anni schiacciate da queste dinamiche. Chi osa dire questo viene ostracizzato, ignorato e marginalizzato.
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