Sugli usi e costumi, tricolori e non, secondo la sindaca di Merano


La sindaca di Merano, Katharina Zeller, attribuisce il suo rifiuto della fascia tricolore anche agli usi e ai costumi della sua terra: eppure, ha festeggiato la sua elezione sciabolando una bottiglia di champagne. Che ci risulta pratica resa popolare da chi i suoi antenati li combatteva...

L’aspetto più buffo della vicenda della sindaca di Merano che si toglie la fascia tricolore è in realtà, almeno a mia sensibilità, un dettaglio laterale e curioso: nei video dei festeggiamenti trasmessi dalla locale TV33, si vede la signora Katharina Zeller intenta a sciabolare, pure con una certa perizia, una bottiglia di spumante per celebrare la vittoria alle elezioni comunali, come se la sede istituzionale fosse una Gintoneria qualsiasi. Ma, ad ogni modo, a ognuno le sue celebrations: piuttosto, mi fa sorridere lo stridio tra, da una parte, il tentativo d’olimpica arrampicata sugli specchi, condotto oggi a mezzo comunicato stampa, col richiamo agli usi e costumi locali (in base ai quali, a detta della prima cittadina, sarebbe atto forzato l’indossare la fascia durante la pur informale cerimonia d’insediamento) e, dall’altra, la pratica del sabrage che, malgrado le origini controverse, venne resa popolare dai reparti d’un esercito contro il quale gli antenati della signora Zeller, così come i miei, hanno tenacemente combattuto.

Katharina Zeller sciabola una bottiglia di spumante per festeggiare la sua elezione a sindaca
Katharina Zeller sciabola una bottiglia di spumante per festeggiare la sua elezione a sindaca
La Sala Hofer a Palazzo d'Arco. Sul fortepiano in fondo, la stampa che riproduce il monumento funebre di Hofer nella Hofkirche di Innsbruck. Foto: Finestre sull'Arte
La Sala Hofer a Palazzo d’Arco. Sul fortepiano in fondo, la stampa che riproduce il monumento funebre di Hofer nella Hofkirche di Innsbruck. Foto: Finestre sull’Arte

È, ribadiamo, un dettaglio del tutto marginale, del tutto superato dalla storia che ha visto i più svariati mescolamenti sui fronti opposti, e parliamo d’una pratica che non si sa bene a chi debba essere attribuita, certo. Appena visto il video m’è però subito venuto in mente che a Mantova, città che frequento da una vita per motivi sentimentali e lavorativi, c’è una sala, a Palazzo d’Arco, che è dedicata ad Andreas Hofer (il comandante della resistenza tirolese contro l’occupazione francese), che venne qui tradotto in catene dagli sciabolatori di champagne che avevano occupato sia le terre della sindaca di Merano, sia le mie. Venne processato proprio a Palazzo d’Arco, forse nella Sala degli Antenati, la prima che si visita dopo aver superato lo scalone monumentale.

Su alcuni libri di storia, che immagino siano noti alla sindaca Zeller, si legge che i miei antenati, toccati dalla forza d’animo del suo antenato, raccolsero una cospicua somma di denaro per ottenere la sua libertà, ma i francesi si rivelarono inflessibili e decisero comunque di condannarlo a morte. Si conserva una lettera, firmata da Napoleone, che chiede a Eugenio di Beauharnais di essere inflessibile: “Mon fils, je vous avais mandé de faire venir Hofer à Paris ; mais puisqu’il est à Mantoue, envoyez l’ordre de former, sur le champ, une commission militaire pour le juger et faire exécuter à l’endroit où votre ordre arrivera. Que tout cela soit l’affaire de vingt-quatre heures” (“Figlio mio, ti avevo mandato a condurre Hofer a Parigi; ma poiché si trova a Mantova, manda subito ordine di costituire una commissione militare per processarlo e farlo giustiziare dovunque arriverà il tuo ordine. Lascia che tutto questo sia una questione di ventiquattro ore”).

Hofer venne fucilato il 20 febbraio 1810, e oggi Mantova ricorda il condottiero che veniva dalla Val Passiria (quindi dalle zone della sindaca Zeller e dei suoi genitori che, per inciso, per svariate legislature sono stati eletti, entrambi, alternatamente alla Camera e al Senato, percependo dunque per anni l’indennità corrisposta anche dai contribuenti che abitano da Egna-Ora in giù), non solo nella sala di Palazzo d’Arco, in cui è conservata un’incisione ottocentesca che raffigura il monumento funebre di Hofer sito nella Hofkirche di Innsbruck, ma anche con uno spazio interamente dedicato alla sua memoria, con un monumento e pure con un parco pubblico a lui intitolato.

È allora singolare, insomma, che la prima cittadina si sia tolta la fascia in quanto, a suo dire, lontana dalle tradizioni delle sue zone, e abbia festeggiato la sua elezione a sindaca optando per una pratica che i più fanno risalire agli usi dei signori che condannarono a morte il genius loci delle sue terre. Ribadiamo: è un elemento del tutto marginale della vicenda, la tendenza futura è quella di ritenersi europei più che italiani, francesi, tedeschi, olandesi e così via, e le origini d’una pratica nata in ambito militare si sono perse, quindi chi vuole festeggi sciabolando bocce di champagne quanto vuole senza preoccuparsi delle origini della sua pratica preferita. Se però si tira fuori la fola degli usi e dei costumi, si dovrebbe cercare una certa tenuta nella propria giustificazione. Anche a questo allora serve ogni tanto visitare qualche museo, specie se legato a un passato che dovrebbe essere il proprio: a evitare di fare delle figuracce. O, tutt’al più, a restringere il novero delle possibili scusanti. Se proprio ammettere d’aver fatto una gaffe senza dover addurre ora le tradizioni, ora le discriminazioni di genere, ora le provocazioni, è davvero così difficile.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Al suo attivo anche docenze in materia di giornalismo culturale (presso Università di Genova e Ordine dei Giornalisti), inoltre partecipa regolarmente come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).




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