Il divo Gaudì e le follie dell'architettura

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2011, Ottava puntata

Antoni Gaudí è stato uno degli architetti più rivoluzionari dell'arte contemporanea: le sue realizzazioni sono famose in tutto il mondo e la sua influenza arriva fino ai giorni nostri. Riccardo, con il suo articolo, prende uno dei suoi capolavori più importanti, ovvero Casa Battló a Barcellona e ce lo descrive con il suo consueto stile appassionato... da tenere a mente se vi capita di fare una vacanza a Barcellona!


Ci sono artisti, architetti, musicisti che difficilmente possono ascriversi ad un movimento preciso e codificato. Goya, ad esempio, ha nella sua poetica tutta l’oscurità di un Romanticismo non tanto lontano, le torbide paure del Gotico, la pulsione creativa ed erotizzante del surrealissimo Dalí e, talvolta, la negazione totale dello spazio razionale e totalmente occidentale definito “prospettico”. Nella storia dell’architettura brilla un altro “outsider” che è stato capace di farci vedere, con un secolo di anticipo, le bizzarrie sinuose del XXI secolo: questo fu Antoni Gaudí (1852-1926).

L’analisi dell’intero corpus di progetti partoriti dal visionario architetto iberico sarebbe incredibilmente lunga. Ci limiteremo all’analisi ed al commento di uno dei suoi tanti capolavori: Casa Batlló, quell’edificio che sembra atterrato per caso in Passeig de Gracia a Barcellona dopo un rocambolesco viaggio iniziato su Marte. Sui libri di storia dell’architettura viene inserito nel cosiddetto Modernismo catalano e, in parte, è vero. Gli anni sono quelli, gli anni in cui l’uomo occidentale si lascia sedurre dalla silenziosa poesia delle “piccole cose umili e silenziose” come sussurra Madama Butterfly nell’omonima opera pucciniana. Non dimentichiamo che, quasi contemporaneamente, D’Annunzio scriveva l’Alcyone e Pascoli Myricae, entrambe raccolte di liriche in cui il poeta immerge se stesso in una natura intima che si fa emblema vegetale del suo io più profondo. Questo è il clima e Gaudí ne fa parte. Con la sua opera architettonica però anticiperà buona parte di quelli che saranno il XX e il XXI secolo.

Casa Batlló è un edificio complicatissimo da comprendere – basta vedere alcuni schizzi di Gaudí per rendersene conto. Il prospetto sorprende per accostamenti insoliti: la pietra arenaria viene modellata come se fosse morbida creta – diviene talvolta magma, altre volte una successione di esili elementi ossei – l’uso della ceramica, assolutamente “catalano”, fa sì che in facciata brilli nelle giornate di sole come se ognuno di quei tasselli irregolari fosse la squama di un pesce tropicale. Un racconto a sé può essere fatto per la copertura: in essa Gaudí ha voluto tradurre in architettura il noto episodio di san Giorgio e il drago (scena assai ricorrente nell’iconografia religiosa catalana). Il tetto, rivestito di tasselli di ceramica, si adagia pesante sull’intero corpo di fabbrica come se fosse il dorso di un drago e, su di essa, spicca un bizzarro “acroterio” che culmina in un elemento cruciforme. Gli interni, poi, sono disegnati con la stessa fantasia che potrebbe oggi usare un grafico della PIXAR per dar vita ad un fondale marino: tutto è liquido, si contorce, il soffitto pare inabissarsi in un vortice che ruota attorno ad un curioso corpo illuminante a forma di riccio di mare. Ogni singolo scorcio di quell’interno è ricolmo di dettagli incredibili e fantastici. Non vale la pena descriverli ad uno ad uno.

Pare infatti più interessante ragionare sul modo che Gaudí utilizzava per progettare le complessissime strutture dei suoi capolavori, da Casa Milá al Parc Guell, da Casa Batlló alla Sagrada Familia. Anche a chi non mastica il linguaggio tecnico della scienza delle costruzioni è noto che vi sono strutture tese e strutture compresse: un pilastro o una colonna sono elementi compressi mentre una corda a cui è agganciato un peso è un elemento teso. Nella casa museo di Gaudí, costruita dal suo allievo e collaboratore Berenguer, vi è un esempio illuminante. Uno dei suoi edifici viene schematizzato da questa sorta di ragnatela cui sono attaccati dei pesi. Sotto a questo reticolo vi è uno specchio: con questo semplice éscamotage possiamo renderci conto di come questa architettura di fili, che “lavora a trazione”, nella sua rappresentazione al contrario, lavori a compressione. In altri termini lo specchio ci consente di vedere come funzioneranno le strutture dell’edificio una volta costruito. La funzione dello specchio è quella di invertire il verso dei vettori-forza. Un matematico cambierebbe di segno ad un calcolo aritmetico ma Gaudí era un architetto: doveva vedere, toccare, sporcarsi le mani. Usava il plastico come metodologia progettuale come faceva lo stesso Michelangelo. Egli ha tra l’altro anticipato l’uso del computer e di software di calcolo specifici: quelle strutture schizofreniche, ondulate, quelle superfici ricurve e liquide che paiono sorgere dagli abissi e mescolarsi al cielo di Barcellona dove le nuvole vanno molto veloci sono soggette a calcoli difficilissimi. Tra le altre cose l’architetto catalano anticipa anche l’utilizzo di programmi di modellazione 3D, oggi tanto abusati dai progettisti e, tuttavia, conserva nella sua poetica le reminiscenze di un passato che affonda le sue radici nel gotico, nello sfavillante barocco spagnolo e, forse, nel manuelino portoghese.

Senza Gaudí, oggi, non ci sarebbe Gehry, il divo delle architetture ricurve e scultoree (fatte però realizzare prima in cartone dai suoi assistenti e poi scannerizzate al fine di ottenere un modello digitale 3D); senza di lui non ci sarebbe Zaha Hadid, l’architetto che disegna le sue sculture architettoniche come se fossero esplosioni magmatiche battute da un vento ancestrale. Gaudí è un grande artista anche perché è uno dei pochi che, per dirla con Pascal, può essere capito benissimo anche servendosi solo dell’ésprit de finesse dimenticando il rigoroso ésprit de géometrie. Lo si comprende, insomma, prima col cuore che con la ragione.

È veramente artista solo quel singolo capace, col suo mondo interiore, di parlare una lingua universale. Gaudì lo era. E fa sognare tutt’oggi.

Riccardo Zironi








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