“Io conosco il mio paese, lo dipingo”: Gustave Courbet e la natura


Recensione della mostra 'Courbet e la natura' a Ferrara, Palazzo dei Diamanti, dal 22 settembre 2018 al 6 gennaio 2019.

Lo si vede fiero e sicuro di sé, con lo sguardo rivolto verso l’osservatore in un atteggiamento quasi altezzoso, in compagnia del suo fedele cane, uno spaniel nero. È Gustave Courbet (Ornans, 1819 – La Tour-de-Peilz, 1877) in persona che si autoritrae in primo piano seduto, vestito in abiti da dandy: un’elegante redingote nera, il colletto bianco e i pantaloni grigi a quadri testimoniano l’elevato ceto sociale a cui apparteneva la sua famiglia, mentre il cappello nero a tesa larga e il bastone da passeggio curvo che sporge a sinistra del dipinto rimandano alla sua abitudine di fare interminabili passeggiate in mezzo alla natura. La lunga capigliatura e la pipa nella mano destra lo dichiarano membro dell’ambiente bohémien parigino e l’album da disegno posto dietro indica la sua attività di pittore all’aria aperta, probabilmente durante le frequenti camminate tra i boschi e le valli della regione natia, la Franca Contea.

Sullo sfondo infatti si intravede alle sue spalle una parete rocciosa e, più in lontananza, una vallata. In questo dipinto, realizzato nel 1842 e oggi conservato al Musée des Beaux-Arts di Parigi, Courbet sembra orgoglioso di essere parte dello scenario che lo circonda, che altro non è che la sua terra d’origine, e rivela attraverso la sua arte una parte molto significativa della sua autobiografia: il suo legame viscerale con la natura e soprattutto con i suoi luoghi natali.

Ed è quindi proprio lo stesso Courbet a introdurre i visitatori alla mostra che Palazzo dei Diamanti di Ferrara gli dedica fino al 6 gennaio 2019, Courbet e la natura. Come detto, lo fa attraverso il suo Autoritratto, genere poco frequentato dagli artisti francesi fino alla metà dell’Ottocento, ma al contrario praticato in varie occasioni da Courbet (tra il 1842 e il 1855 ne ha realizzati una ventina), evidenziando già in questo aspetto il suo carattere rivoluzionario e controcorrente. Inoltre si tratta di un’opera particolarmente significativa nella sua attività pittorica, poiché fu, nel 1844, la prima tela dell’artista accettata al Salon e quindi il primo successo pubblico del pittore appena venticinquenne. I paesaggi presenti nel quadro, ovvero gli scenari rocciosi, i boschi, le valli, tipici della Franca Contea, non abbandoneranno mai l’animo del pittore: si ritroveranno in innumerevoli dipinti, anche in quelli ambientati all’estero, durante i suoi soggiorni. Ogni paesaggio da lui raffigurato diviene un’autobiografia, in cui invita lo spettatore a conoscere la parte più intima di se stesso, al di là del suo carattere forte.

La particolarità della sua arte paesaggistica è data dal rifiuto a considerare la natura e il paesaggio circostanti come elementi a se stanti, bensì amalgamati e contestualizzati alla biografia del pittore, nonché alla presenza di personaggi raffigurati. Paesaggio e uomini o animali sono sempre legati reciprocamente. Anche dove non c’è presenza umana o animale, come nel dipinto posto nella sala introduttiva,raffigurante la quercia di Flagey, altrimenti detta la quercia di Vercingetorige, si percepisce la natura autobiografica: l’imponente quercia rappresentata fortemente saldata a terra si nutre della forza del suolo della Franca Contea, così come è per Courbet stesso. La presenza, quasi impercettibile rispetto alla maestosità dell’albero, di un cane che rincorre una lepre, anticipa al visitatore la sua passione per l’arte venatoria, a cui è stata dedicata, come vedremo, l’ultima sala della mostra. Inoltre, la forte personalità del pittore, rivoluzionario per la sua epoca, si comprende se si considera come la pittura di paesaggio sia stata marginale per gli artisti a lui precedenti o contemporanei: ritenuta un genere minore dagli accademici, Courbet l’ha fatta assurgere a motivo significativo della sua arte. Infine, la quercia di Vercingetorige assume un significato storico e ancora una volta rivoluzionario, poiché Napoleone III e i suoi seguaci ambientavano la celebre battaglia di Alesia tra Galli e Romani combattuta nel 52 a.C. in Borgogna, mentre Courbet con questo dipinto afferma la sua convinzione che la battaglia sia stata combattuta nella Franca Contea: dubbio causato dalla disputa tra Alise Sainte-Reine, in Costa d’Oro, e Alaise nei pressi di Flagey, nella Franca Contea.

Una sala della mostra Courbet e la natura
Una sala della mostra Courbet e la natura


Una sala della mostra Courbet e la natura
Una sala della mostra Courbet e la natura. Ph. Credit Finestre sull’Arte


Una sala della mostra Courbet e la natura
Una sala della mostra Courbet e la natura. Ph. Credit Finestre sull’Arte


Una sala della mostra Courbet e la natura
Una sala della mostra Courbet e la natura


Gustave Courbet, Autoritratto con cane nero (1842; olio su tela, 46,5 x 55,5 cm; Parigi, Petit Palais, Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris)
Gustave Courbet, Autoritratto con cane nero (1842; olio su tela, 46,5 x 55,5 cm; Parigi, Petit Palais, Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris)


Gustave Courbet, La quercia di Flagey (1864; olio su tela, 89 x 111,5 cm; Ornans, Musée départemental Gustave Courbet)
Gustave Courbet, La quercia di Flagey (1864; olio su tela, 89 x 111,5 cm; Ornans, Musée départemental Gustave Courbet)

Proseguendo con gli autoritratti, il visitatore ne troverà un altro nella sala successiva, dedicata alle “cartoline” della Franca Contea. Si tratta de L’uomo ferito: in primo piano è raffigurato lo stesso Courbet, sdraiato e appoggiato al tronco di un grande albero, con gli occhi chiusi e una ferita sul petto, che gli ha macchiato di sangue la camicia bianca tenuta aperta. Accanto a lui spunta una spada. Questo è un dipinto che risente molto dell’influenza romantica tedesca e francese, poiché dalla radiografia è emerso che in primo piano erano raffigurati il pittore e la sua amata, teneramente assopiti e abbracciati. L’attuale composizione, frutto di una modifica dello stesso artista, risale invece al 1854, quando Courbet aveva scoperto che la sua amata, nonché madre di suo figlio, Virginie Binet, si era sposata Quelle raffigurate sono perciò ferite sentimentali.

Lo stesso anno, rivolgendosi all’amico e mecenate Alfred Bruyas, Courbet affermava che nella sua vita aveva fatto parecchi ritratti di se stesso, a seconda della sua situazione spirituale, perciò era come se avesse scritto la sua autobiografia.

Orgoglioso della terra d’origine, l’artista pronuncia quasi una massima della sua arte: “Per dipingere un paesaggio, bisogna conoscerlo. Io conosco il mio paese, lo dipingo”. Sono infatti molti i dipinti che raffigurano la Franca Contea e in questa seconda sala il visitatore si trova calato negli scenari più suggestivi di questa zona della Francia, tra boschi, monti, altopiani, fiumi,valli; una regione dominata pienamente dalla natura. Il primo quadro che può essere considerato iniziatore di questo tema è La valle della Loue sotto un cielo tempestoso: presente in mostra, l’opera affascina per la sua composizione, in quanto risulta tagliata nettamente in due parti distinte. Nella parte inferiore l’elemento roccioso si lega a quello boschivo, costituito da una ricca varietà di verdi e marroni che delineano i profili degli alberi e degli arbusti; sono presenti inoltre, al centro, abbastanza mimetizzate nell’ambiente circostante, due figure umane accompagnate da un cane accucciato alle loro spalle. La parte superiore dell’opera invece è occupata interamente dal cielo, che dal colore plumbeo annuncia l’arrivo di un grande temporale. A questa tela seguiranno dal 1855 numerose variazioni, come il Paesaggio nei pressi di Maisières e il Paesaggio di Ornans, dove permane la convivenza tra dominanti rocce e vegetazione, e in dipinti che Courbet realizza lontano da Ornans, negli ultimi anni della sua esistenza, come la Valle della Loue, nei pressi di Ornans e I meli di papà Courbet a Ornans, quest’ultimo caratterizzato dalla presenza in primo piano di alcuni meli dalla rigogliosa chioma punteggiata da macchie giallo-verdognole e da un cielo non completamente sereno, ma con nuvole grigiastre in arrivo.

Gustave Courbet, L'uomo ferito (1844-1854; olio su tela, 81,5 x 97,5 cm; Parigi, Musée d'Orsay)
Gustave Courbet, L’uomo ferito (1844-1854; olio su tela, 81,5 x 97,5 cm; Parigi, Musée d’Orsay)


Gustave Courbet, Paesaggio nei pressi di Maisières (1865; olio su tela, 50 x 65 cm; Monaco di Baviera, Neue Pinakothek)
Gustave Courbet, Paesaggio nei pressi di Maisières (1865; olio su tela, 50 x 65 cm; Monaco di Baviera, Neue Pinakothek)


Gustave Courbet, Paesaggio di Ornans (1855-1860; olio su tela, 65 x 81 cm; Vienna, Gemäldegalerie der Akademie der bildenden Künste)
Gustave Courbet, Paesaggio di Ornans (1855-1860; olio su tela, 65 x 81 cm; Vienna, Gemäldegalerie der Akademie der bildenden Künste)


Gustave Courbet, La valle della Loue sotto un cielo tempestoso (1849 circa; olio su tela, 54 x 65 cm; Strasburgo, Musée des Beaux-Arts)
Gustave Courbet, La valle della Loue sotto un cielo tempestoso (1849 circa; olio su tela, 54 x 65 cm; Strasburgo, Musée des Beaux-Arts)


Gustave Courbet, Valle della Loue nei pressi di Ornans (1872; olio su tela, 80 x 100 cm; Bristol, Bristol Museums & Art Gallery)
Gustave Courbet, Valle della Loue nei pressi di Ornans (1872; olio su tela, 80 x 100 cm; Bristol, Bristol Museums & Art Gallery)


Gustave Courbet, I meli di papà Courbet a Ornans (1873; olio su tela, 45 x 54,5 cm; Rotterdam, Museum Boijmans van Beuningen)
Gustave Courbet, I meli di papà Courbet a Ornans (1873; olio su tela, 45 x 54,5 cm; Rotterdam, Museum Boijmans van Beuningen)

Come accennato precedentemente, il paesaggio per Courbet non è un elemento che passa in secondo piano, come lo era nella pittura accademica, bensì profondamente legato alle eventuali figure di uomini e animali: l’uno era da lui considerato un complemento degli altri. Lo si può ben notare in alcune opere presenti in esposizione, quali Caprioli alla fonte, dove due caprioli si stanno bagnando gioiosamente nell’acqua che scorre tra un paesaggio ancora una volta costituito da rocce e alberi e un altro capriolo in primo piano, che guarda con un vispo occhio l’osservatore; il simpatico animale si trova ancora all’ombra delle chiome degli alberi, ma è pronto per tuffarsi con gli altri suoi simili nella fresca acqua. O lo si può notare in due dipinti molto suggestivi in cui acqua e figura umana interagiscono all’interno del paesaggio verdeggiante: si tratta de La sorgente o Bagnante alla fonte e della Giovane bagnante. Nel primo si nota una formosa figura femminile, nuda, di spalle e con i capelli raccolti, appoggiata su una roccia. La sensuale giovane si sta reggendo con una mano alla fronda di un albero, mentre sta facendo scorrere sull’altra mano aperta verso l’alto l’acqua che scende dalla fonte; i piedi sono immersi nell’acqua trasparente. Nel secondo dipinto invece si vede una giovane donna nuda, dalle piene forme, che molto sensualmente sta immergendo la punta di un piede nel corso d’acqua che scorre attraverso il bosco. Anche lei si regge con una mano al ramo di un albero, mentre con l’altra mano si tocca i capelli. Inoltre si nota in questa un’espressione assorta, contemplativa. Courbet, in questi due quadri, affronta il tema del nudo immerso nella natura: non lo carica però dei riferimenti mitologici della tradizione, bensì diviene rappresentazione del piacere sensuale a contatto con gli elementi naturali. I misteri femminili sono così associati dall’artista ai misteri della natura, relativamente al carattere originatore di entrambe.

Due giovani fanciulle, ritratte insieme, sono protagoniste di un’altra grande opera, dal titolo Fanciulle sulle rive della Senna. Questa fu duramente criticata nel 1857 al Salon a causa delle sue monumentali dimensioni, generalmente tipiche delle raffigurazioni storiche, bibliche e mitologiche, e della sensualità che scaturisce dalle due figure femminili. Un dipinto definito brutto e volgare, secondo Théophile Gautier, che lo descrive così: “Due grosse figure, alle quali si fa un complimento se le si chiama donne facili, giacciono sull’erba […] in abiti di pessimo gusto e sembrano smaltire in uno stato di assopimento il vinaccio con cui nelle bettole di Asniéres si innaffiano i fritti”. Courbet ha ritratto in questo enorme quadro (di 174 per 206 centimetri) due fanciulle distese sull’erba sulla riva della Senna durante una giornata estiva. Una, assorta nei suoi pensieri, si regge la testa con la mano e nell’altra mano stringe un grande mazzo di fiori; l’altra ragazza è completamente sdraiata, in posizione prona, e fissa con occhi socchiusi l’osservatore. Gli abiti che indossano rivelano che entrambe non appartengono alla buona società: la prima veste un abito rosso, guanti di pizzo nero con un braccialetto di perline rosse e un largo cappello sulla testa; la seconda è in sottogonna e corsetto. Le due ragazze sono state interpretate da molti critici come delle prostitute o hanno pensato a un legame omosessuale, ma pare che Courbet si sia ispirato a un romanzo di George Sand, Lélia, nel quale due sorelle si interrogano sull’amore e sulla sensualità. Al di là di questo, l’artista ha qui rappresentato gli svaghi all’aperto della nuova società industriale, anticipando un tema molto caro agli impressionisti. Il dipinto è stato eseguito a Parigi, dove il pittore si era trasferito alla fine del 1839, e ha avuto quindi modo di entrare in contatto con la società parigina, nettamente differente dalla realtà di provincia dal quale proveniva.

Gustave Courbet, Caprioli alla fonte (1868; olio su tela, 97,5 x 129,8 cm; Fort Worth, Kimbell Art Museum)
Gustave Courbet, Caprioli alla fonte (1868; olio su tela, 97,5 x 129,8 cm; Fort Worth, Kimbell Art Museum)


Gustave Courbet, Bagnante alla fonte (1868; olio su tela, 128 x 97 cm; Parigi, Musée d'Orsay)
Gustave Courbet, Bagnante alla fonte (1868; olio su tela, 128 x 97 cm; Parigi, Musée d’Orsay)


Gustave Courbet, Giovane bagnante (1866; olio su tela, 130,2 x 97,2 cm; New York, Metropolitan Museum)
Gustave Courbet, Giovane bagnante (1866; olio su tela, 130,2 x 97,2 cm; New York, Metropolitan Museum)


Gustave Courbet, Fanciulle sulle rive della Senna (1856-1857; olio su tela, 174 x 206 cm; Parigi, Petit Palais, Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris)
Gustave Courbet, Fanciulle sulle rive della Senna (1856-1857; olio su tela, 174 x 206 cm; Parigi, Petit Palais, Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris)

Un altro aspetto da tenere in considerazione è che Courbet era solito dipingere all’aria aperta, come testimonia l’album da disegno presente nell’Autoritratto esposto nella prima sala: soprattutto i paesaggi erano ritratti da lui in loco e magari ritoccati successivamente nel suo studio. Ne sono esempi le due versioni del Ruscello del Puits noir, nella valle della Loue: uno risalente al 1855 e conservato nella National Gallery of Art di Washington, l’altro del 1865 e custodito nel Musée des Augustins di Tolosa. Alle sorgenti della Loue e del suo affluente Lison è dedicata un’intera sala: queste opere sono caratterizzate da una buia cavità carsica posta al centro del dipinto, dalla quale scaturisce l’acqua di sorgente. Amante delle passeggiate nella natura e in particolare nei boschi della sua Ornans, Courbet ha rappresentato quelle grotte e quelle sorgenti che ha vissuto in prima persona e che conosce molto bene e introduce nella loro raffigurazione anche la sensazione di inquietudine provata da lui stesso al momento della loro scoperta. Ne sono esempi la Sorgente del Lison, La grotta Sarrazine e La sorgente della Loue. In quest’ultima opera introduce al centro della composizione un piccolo pescatore in piedi su una diga che devia le acque verso un mulino. La figura risulta minuscola rispetto all’enorme cavità oscura che occupa l’intero dipinto e alla maestosa arcata calcarea, resa realisticamente da Courbet con la tecnica della spatola: stendendo direttamente con la spatola i colori sulla tela, l’artista era in grado di riprodurre la composizione materica del calcare.

Oltre alle lunghe passeggiate nei boschi e nelle valli della Franca Contea, Courbet amava viaggiare: il viaggio era per l’artista motivo di scoperta di nuovi scenari naturalistici che poteva raffigurare nei suoi dipinti. Dal 1854 si reca per lunghi periodi nel sud della Francia, entrando così in contatto con il Mediterraneo. Soggiorna anche a Fontainebleu e trascorre vari periodi in Olanda, in Belgio, in Germania e in Svizzera. È proprio sulle coste del Mediterraneo che conosce nel 1853 Alfred Bruyas, un giovane collezionista già con esperienza originario di Montpellier. I due divengono subito amici e Bruyas è suo mecenate. L’incontro di Courbet con Bruyas sarà fondamentale per la sua carriera artistica ed è ben esemplificato nell’imponente dipinto in mostra L’incontro o Buongiorno signor Courbet: i due personaggi sopraggiungono l’uno di fronte all’altro in uno scenario della Francia meridionale; Bruyas non è solo, ma è accompagnato dal domestico Calas e dal cane. La stessa rappresentazione di ognuno dei due personaggi principali appare significativa perché definisce a primo impatto la loro provenienza: Courbet porta uno zaino sulle spalle, stringe nella mano destra un bastone da montagna e nella sinistra un cappello; un abbigliamento che rimanda immediatamente al paesaggio montano. Al contrario, Bruyas indossa abiti da cittadino borghese. Si potrebbe dire un incontro tra il mondo della montagna e il mondo marino del Mediterraneo.

Durante un soggiorno nella Saintonge, antica provincia al centro della Francia, Courbet ha modo di frequentare Jean-Baptiste Camille Corot (Parigi, 1796 - 1875), che già conosceva. Anche Corot dipingeva dal vero la natura e l’interesse e la volontà di rinnovare la pittura paesaggistica avvicinandosi sempre più a una rappresentazione realistica della natura, soprattutto per quanto riguarda la materia degli elementi, è visibile in un dialogo tra due dipinti realizzati dai due artisti: si tratta della Roccia sgretolata, studio geologico di Courbet e di Fontainebleu, miniera abbandonata di Jean-Baptiste Camille Corot, dove in entrambi i casi è la roccia a far da padrona.

Gustave Courbet, Il ruscello del Puits noir (1855; olio su tela, 104 x 137 cm; Washington, National Gallery)
Gustave Courbet, Il ruscello del Puits noir (1855; olio su tela, 104 x 137 cm; Washington, National Gallery)


Gustave Courbet, Il ruscello del Puits noir (1865; olio su tela, 80 x 100 cm; Tolosa, Musée des Augustins)
Gustave Courbet, Il ruscello del Puits noir (1865; olio su tela, 80 x 100 cm; Tolosa, Musée des Augustins)


Gustave Courbet, La sorgente del Lison (1864; olio su tela, 54 x 45 cm; Collezione privata)
Gustave Courbet, La sorgente del Lison (1864; olio su tela, 54 x 45 cm; Collezione privata)


Gustave Courbet, La grotta Sarrazine (1864; olio su tela, 46 x 55 cm; Lons-le-Saunier, Musée des Beaux-Arts)
Gustave Courbet, La grotta Sarrazine (1864; olio su tela, 46 x 55 cm; Lons-le-Saunier, Musée des Beaux-Arts)


Gustave Courbet, La sorgente della Loue (1864; olio su tela, 98,4 x 130,4 cm; Washington, National Gallery)
Gustave Courbet, La sorgente della Loue (1864; olio su tela, 98,4 x 130,4 cm; Washington, National Gallery)


Gustave Courbet, L'incontro o Buongiorno signor Courbet (1854; olio su tela, 132,4 x 151 cm; Montpellier, Musée Fabre)
Gustave Courbet, L’incontro o Buongiorno signor Courbet (1854; olio su tela, 132,4 x 151 cm; Montpellier, Musée Fabre)


Gustave Courbet, Roccia sgretolata, studio geologico (1864; olio su tela, 59,7 x 73 cm; Salins-les-Bains, Grande Saline)
Gustave Courbet, Roccia sgretolata, studio geologico (1864; olio su tela, 59,7 x 73 cm; Salins-les-Bains, Grande Saline)


Jean-Baptiste Camile Corot, Fontainebleu, miniera abbandonata (1850; olio su carta incollata su tela, 29 x 43 cm; L'Aia, De Mesdag Collectie)
Jean-Baptiste Camile Corot, Fontainebleu, miniera abbandonata (1850; olio su carta incollata su tela, 29 x 43 cm; L’Aia, De Mesdag Collectie)

Ai paesaggi di mare sono dedicate tuttavia due intere sale della rassegna. Queste si possono suddividere in due serie: le onde e le marine. Entrambe sono eseguite nel periodo compreso tra il 1865 e il 1869, quando l’artista si trova a soggiornare per lunghi periodi in Normandia, nel nord della Francia, in luoghi che sono stati dipinti molto spesso dalla generazione successiva di artisti, gli impressionisti: il paesaggio quindi di Le Havre, di Étretat, e di altre cittadine circostanti. L’oceano ha insito un carattere più forte e deciso rispetto al mare: le frequenti tempeste, talvolta violente, si caratterizzano per le grandi e spumose onde e per il sovrastante cielo che cambia repentinamente colore, divenendo maggiormente scuro a seconda dell’avvicinarsi della tempesta. Tutti questi elementi sono protagonisti della serie delle Onde: tra gli esemplari in mostra più suggestivi, l’Onda custodita nelle National Galleries of Scotland di Edimburgo. Un grande flutto che si innalza prorompente verso il cielo, che sta divenendo più scuro, è in primissimo piano, permettendo all’osservatore di vedere distintamente ogni piccola pennellata, compiuta con il colore impresso direttamente sulla tela alla maniera impressionista, che costituisce la travolgente spuma bianca. Accanto alle diverse varianti sul tema, si nota un’opera in cui Courbet modifica la composizione aggiungendo in primo piano sulla riva una barca di pescatori. Il dipinto, eseguito nel 1870, è conservato a Orléans, nel Musée des Beaux-Arts, ed è simile all’Onda di Le Havre del 1869, dove le barche sono due e le tonalità sono molto più scure.

Ai momenti di pace in cui il mare è calmo è ispirata invece la serie delle Marine. Attira un attento sguardo lo splendido dipinto Tramonto: spiaggia a Trouville. Pennellate ricche di colore rendono il mare scintillante sotto un cielo che delicatamente sta arrossendo; in lontananza una piccola vela. Particolare e unico nella produzione di Courbet è il quadro dal titolo I levrieri del conte di Choiseul: l’opera è stata realizzata dall’artista nell’estate del 1866 a Deauville e qui raffigura i due bei levrieri del conte da cui era ospite; i due animali in primissimo piano, raffigurati da una prospettiva alla loro altezza, hanno linee ben definite che risaltano sullo sfondo costituito da mare e cielo, elementi separati nettamente da un ampio orizzonte.

Gustave Courbet, L'onda (1869 circa; olio su tela, 46 x 55 cm; Edimburgo, National Galleries of Scotland)
Gustave Courbet, L’onda (1869 circa; olio su tela, 46 x 55 cm; Edimburgo, National Galleries of Scotland)


Gustave Courbet, L'onda (1869; olio su tela, 71,5 x 116,8 cm; Le Havre, Musée d'art moderne André Malraux)
Gustave Courbet, L’onda (1869; olio su tela, 71,5 x 116,8 cm; Le Havre, Musée d’art moderne André Malraux)


Gustave Courbet, Tramonto: spiaggia a Trouville (1866 circa; olio su tela, 71,5 x 102,3 cm; Hartford, Wadsworth Atheneum Museum of Art)
Gustave Courbet, Tramonto: spiaggia a Trouville (1866 circa; olio su tela, 71,5 x 102,3 cm; Hartford, Wadsworth Atheneum Museum of Art)


Gustave Courbet, I levrieri del conte di Choiseul (1866; olio su tela, 89,5 x 116,5 cm; Saint Louis, Saint Louis Art Museum)
Gustave Courbet, I levrieri del conte di Choiseul (1866; olio su tela, 89,5 x 116,5 cm; Saint Louis, Saint Louis Art Museum)

Gli ultimi anni della sua vita e della sua attività artistica sono segnati da un sentimento nostalgico e quasi romantico nei confronti dei suoi luoghi natali: nel 1873 Courbet è costretto a scegliere l’esilio, e quindi a non ritornare più nelle sue terre, per evitare un’ulteriore volta la prigione. Avvicinatosi maggiormente alle idee socialiste e anarchiche seguendo il suo perenne astio nei confronti dell’imperialismo e verso Napoleone III, viene eletto al Consiglio della Comune, il governo che autogestì Parigi da marzo a maggio 1871. Per questo fatto e per il suo discorso in cui si era dichiarato a favore della distruzione della Colonna Vendôme, il monumento in omaggio alle vittorie militari di Napoleone I, realmente distrutto nel 1872, l’artista è arrestato e condannato prima a sei mesi di carcere, poi a due anni, con l’aggiunta di confische di beni. Si trasferisce perciò definitivamente a La Tour-de-Peilz, sul lago Lemano, in Svizzera. Qui dipinge vedute del lago Lemano e del Castello di Chillon e scorci delle Alpi. Sono paesaggi con cieli nuvolosi o rossi per il tramonto che accentuano la visione dei sentimenti e dell’interiorità dell’artista malinconico.

Ricordandosi delle Marine dipinte durante i soggiorni in Normandia, realizza varie opere sul lago Lemano, in situazioni particolari di luce: al crepuscolo, al tramonto e sotto un cielo nuvoloso. Meravigliosamente suggestivo è il Panorama delle Alpi: la maestosità delle cime innevate e la notevole abilità nella rappresentazione della materia rocciosa rimandano ai paesaggi di montagna che dipingeva nella Franca Contea.

L’ultima sala della mostra è interamente dedicata alla caccia, continuando sulla scia della compenetrazione nello stesso quadro di paesaggio, animali e talvolta anche di umani. Courbet aveva praticato nella sua Ornans l’arte venatoria, che l’appassionava molto, e riproduce sulla tela questo tema con l’intento di una duplice fedeltà verso il realismo che lui professava, come cacciatore esperto, e verso la grande tradizione pittorica dei maestri fiamminghi del Seicento o degli artisti contemporanei inglesi. Dalle dimensioni monumentali (220 per 275 centimetri) è il dipinto più carico di drammaticità della sala: il Cervo nell’acqua. Lanciando un grido verso il cielo, il cervo balza nel fiume, andando incontro a una morte sicura; la scena drammatica è accentuata dal paesaggio circostante che appare vasto ma desolato e da un cielo che dal colore delle nubi sta preannunciando una tempesta. Un’espressione simile, con la bocca spalancata, si ritrova nel cervo a terra ormai ucciso nel dipinto Il cacciatore tedesco.

Affrontato con maestria è il tema della caccia sulla neve, dove cacciatori sono talvolta gli uomini, accompagnati dai loro fedeli animali, o gli animali stessi che, seguendo le leggi della natura, si procurano cibo. Ne sono rispettivamente esempi il Cacciatore a cavallo, mentre segue le tracce e la Volpe nella neve. Il primo raffigura un uomo tutto imbacuccato per il freddo, ma con un’espressione stanca e malinconica, probabilmente a causa di una lunga giornata di caccia che però non ha dato grandi risultati, e il suo cavallo. Quest’ultimo ha il dorso incurvato e sta cercando di fiutare le orme della preda ferita. Le orme sulla neve macchiate di sangue fanno intendere allo spettatore che poco lontano dalla scena raffigurata c’è un animale ferito, ma non si comprende quale. I toni del dipinto sono piuttosto scuri a indicare che la lunga giornata sta per volgere al termine e che le nuvole nel cielo si stanno avvicinando; anche la neve non appare candida, ma di un colore tendente al grigio. Questo dipinto risente delle esperienze di caccia dello stesso Courbet, appassionato cacciatore che trascorreva l’autunno nella sua Ornans per non perdere la stagione di caccia, ed era solito praticarla senza cani.

Il secondo quadro citato raffigura invece una bella volpe in primo piano, tutta incurvata tenendo la parte della coda verso l’alto, intenta a gustarsi la sua caccia andata a buon fine: con una zampa infatti tiene un topolino, sua preda, e dalla bocca spuntano filamenti di carne di quest’ultimo.

A differenza della tela precedente, la neve è candida e il paesaggio si può definire certamente boschivo: si notano infatti rocce e piccoli arbusti, anch’essi innevati. Appare invece più scenografico e tranquillo il quadro dal titolo Il rifugio dei caprioli in inverno: tra alti alberi innevati che formano un bosco e un soffice manto di candida neve che ricopre il suolo, se ne stanno al centro della tela tre caprioli, di cui due accovacciati in riposo e un altro sembra andare in esplorazione dell’ambiente in cui si è rifugiato.

Gustave Courbet, Lago Lemano al crepuscolo davanti a Bon-Port (1876; olio su tela, 59,5 x 80 cm; Collezione privata)
Gustave Courbet, Lago Lemano al crepuscolo davanti a Bon-Port (1876; olio su tela, 59,5 x 80 cm; Collezione privata)


Gustave Courbet, Tramonto sul lago Lemano (1874; olio su tela, 54,5 x 65,4 cm; Vevey, Musée Jenisch)
Gustave Courbet, Tramonto sul lago Lemano (1874; olio su tela, 54,5 x 65,4 cm; Vevey, Musée Jenisch)


Gustave Courbet, Lago Lemano sotto un cielo nuvoloso (1874; olio su tela, 38 x 55,5 cm; Londra, National Gallery)
Gustave Courbet, Lago Lemano sotto un cielo nuvoloso (1874; olio su tela, 38 x 55,5 cm; Londra, National Gallery)


Gustave Courbet, Panorama delle Alpi (1876 circa; olio su tela, 64 x 140 cm; Ginevra, Musées d'art et d'histoire)
Gustave Courbet, Panorama delle Alpi (1876 circa; olio su tela, 64 x 140 cm; Ginevra, Musées d’art et d’histoire)


Gustave Courbet, Cervo nell'acqua (1861; olio su tela, 220 x 275 cm; Marsiglia, Musée des Beaux-Arts)
Gustave Courbet, Cervo nell’acqua (1861; olio su tela, 220 x 275 cm; Marsiglia, Musée des Beaux-Arts)


Gustave Courbet, Il cacciatore tedesco (1859; olio su tela, 119 x 177 cm; Lons-le-Saunier, Musée des Beaux-Arts)
Gustave Courbet, Il cacciatore tedesco (1859; olio su tela, 119 x 177 cm; Lons-le-Saunier, Musée des Beaux-Arts)


Gustave Courbet, Cacciatore a cavallo mentre segue le tracce (1863-1864; olio su tela, 119,4 x 95,3 cm; New Haven, Yale University Art Gallery)
Gustave Courbet, Cacciatore a cavallo mentre segue le tracce (1863-1864; olio su tela, 119,4 x 95,3 cm; New Haven, Yale University Art Gallery)


Gustave Courbet, Volpe nella neve (1860; olio su tela, 85,7 x 128 cm; Dallas, Dallas Museum of Art)
Gustave Courbet, Volpe nella neve (1860; olio su tela, 85,7 x 128 cm; Dallas, Dallas Museum of Art)


Gustave Courbet, Il rifugio dei caprioli in inverno (1866; olio su tela, 54,1 x 72,8 cm; Lione, Musée des Beaux-Arts)
Gustave Courbet, Il rifugio dei caprioli in inverno (1866; olio su tela, 54,1 x 72,8 cm; Lione, Musée des Beaux-Arts)

Si conclude un percorso espositivo, ben argomentato con apparati didascalici, che intende presentare un tema poco conosciuto al grande pubblico e poco affrontato nelle mostre dedicate ad artisti la cui arte è tuttavia impregnata del rapporto con la natura, come nel caso di Gustave Courbet. Il visitatore, giunto al termine della retrospettiva, avrà compreso come per l’artista la sua terra natale sia stata fondamentale per tutta la sua carriera e come nel profondo sia sensibile il carattere dell’artista. Courbet e la natura risulta quindi una mostra ben comprensibile, curata e allestita attentamente per permettere a tutti di approfondire un aspetto molto significativo dell’artista francese.

Accompagna l’esposizione un catalogo con saggi sul significato del paesaggio per Courbet, su come per l’artista la natura rappresenti non un semplice scenario su cui ambientare i suoi personaggi, bensì come in modo innovativo e rivoluzionario rispetto alla sua contemporaneità abbia affrontato questo tema, e sull’eredità moderna di Courbet.


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, sono co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. Sono nata a Carrara nel 1987 e mi sono laureata a Pisa. Sono responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.

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