Non solo un omaggio all’arte di Alphonse Mucha (Ivančice, 1860 – Praga, 1939), ma anche un’occasione per riflettere su un’epoca caratterizzata da un rinnovato interesse per l’arte, il design e la pubblicità e dalla notevole capacità che l’arte ha di unire le persone e di comunicare messaggi universali: sono questi i due grandi intenti che stanno alla base della mostra in corso fino al 7 aprile 2024 al Museo degli Innocenti di Firenze, a cura di Tomoko Sato con la collaborazione di Francesca Villanti. Alphonse Mucha. La seduzione dell’Art Nouveau, questo il titolo dell’esposizione, è una mostra adatta a tutti, e rivolta sia a coloro che conoscono già l’universo di Mucha, o per meglio dire, le Style Mucha, sia a coloro che, incuriositi dai suoi manifesti armonici, floreali e ornamentali, si approssimano per la prima volta al suo mondo. È infatti una mostra comprensibile a tutti, come del resto lo stesso Mucha desiderava fosse l’arte in generale. Lo ricorda il nipote, John Mucha, attuale presidente della Fondazione Mucha, che per presentare l’esposizione ha scritto nel catalogo: “Mio nonno anelava a un mondo migliore in cui tutti, ciascuno con la sua cultura di provenienza, sapessero rispettare le differenze e vivere in pace e armonia: un messaggio quanto mai attuale in questo mondo tormentato. Era anche appassionatamente convinto che l’arte fosse un dono essenziale per il genere umano, e per questo dovesse essere accessibile al grande pubblico, incoraggiando il maggior numero di persone ad ammirarla e apprezzarla. Speriamo dunque, con questa nuova rassegna, di proseguire nel solco da lui tracciato, e riuscire a comunicare con freschezza ai visitatori – toscani e non – gli interessi, le passioni e le convinzioni insite nella sua visione artistica”. Si percorrono piacevolmente le sale espositive dedicate, anche grazie ad allestimenti sobri e spesso dai colori tenui che non infastidiscono la vista e grazie a un corridoio immersivo che vi catapulta all’improvviso tra i fiori tipici dello stile dell’artista ceco. I grandi manifesti di Mucha, considerato il più famoso esponente dell’Art Nouveau, sono spesso affiancati lungo il percorso espositivo da disegni (Mucha era infatti anche un grande disegnatore), libri, fotografie che immergono ancor più il visitatore nell’universo dell’artista, nei suoi temi, e negli intenti della sua arte.
Come spiega Tomoko Sato, curatrice della Fondazione Mucha e curatrice della mostra al Museo degli Innocenti, al centro della filosofia artistica di Alphonse Mucha vi è il concetto di bellezza: per lui la bellezza è simbolo delle armonie morali e possiede un’intrinseca capacità d’ispirazione; l’artista è dunque “un sacerdote all’altare della bellezza” e il suo ruolo è comunicare il messaggio della bellezza a un pubblico più vasto. Si sente quindi più vicino al concetto di arte per il popolo anziché a quello di arte per l’arte; a un’arte “economica e alla portata di tutti, che trovava casa presso le famiglie povere come pure nelle cerchie più facoltose” e che in ambito pubblicitario promuovesse la diffusione dell’estetica nell’artigianato artistico. E nel determinare quali fossero le forme e le linee più piacevoli, suggeriva di apprendere la legge delle proporzioni equilibrate dalle strutture organiche della natura: “La natura visibile, che cogliamo attraverso gli occhi, ci circonda di forme ricche e armoniose. La meravigliosa poesia del corpo umano e di quello animale, e la musica di linee e colori che promana da fiori, foglie e frutti, sono le più evidenti maestre per lo sguardo e per il gusto”.
Percorrendo le sale della mostra si è perciò circondati da opere sempre armoniche, nel puro Style Mucha, con figure femminili aggraziate ed eleganti, incorniciate da composizioni floreali e da elementi decorativi che s’ispirano alla natura, o con figure femminili (le donne sono sempre protagoniste nell’arte di Mucha) calate in cartelloni pubblicitari che sono il ritratto di momenti sempre lieti, anche nella loro quotidianità. In particolare nella prima e nella terza sezione. La mostra accoglie subito il visitatore con la prima sezione, dal titolo Donne, Icone e Muse, dedicata proprio alle donne, che con la loro grazia e il loro fascino, sono al centro della produzione di Mucha. Si dà in particolare spazio a Sarah Bernhardt, la grande attrice parigina, soprannominata la Divina, che Alphonse Mucha conobbe verso la fine del 1894 e che lei stessa gli commissionò una locandina per il suo allestimento di Gismonda (qui presente in una grande litografia a colori). In quel momento Mucha era un illustratore di libri, ma nonostante l’inesperienza la locandina che l’artista le realizzò, svelata a Parigi il giorno di Capodanno del 1895, fu subito un successo, tanto che la Divina Sarah gliene commissionò altre per le messe in scena da lei curate: in mostra quelle per La dame aux camélias, La Samaritaine, Médée. Presente anche il manifesto per la rivista d’avanguardia La Plume, dove è raffigurata Sarah Bernhardt nel ruolo della Princesse lointaine. Direttore de La Plume era il poeta Léon Deschamps, che gestiva anche la sala mostre denominata Salon des Cents: aperta nel 1894, questa promuoveva le opere di artisti legati alla rivista; due anni dopo, nel 1896, Deschamps invitò Mucha a entrare in questo contesto artistico e quest’ultimo, in segno di gratitudine, realizzò il poster per la ventesima mostra del Salon, come si può vedere nella litografia a colori in mostra, e l’anno successivo il Salon ospitò un’ampia retrospettiva dedicata all’artista ceco, dove Mucha espose quasi quattrocentocinquanta opere.
La terza sezione è invece dedicata ai Manifesti pubblicitari: Mucha diviene infatti nella Parigi di fine secolo il grafico più richiesto, tanto che in vent’anni ne realizza circa centoventi, oltre al vero e proprio packaging. Famosissimi sono quelli per lo champagne Moët & Chandon, ma come si può vedere in mostra ne realizzò veramente per ogni genere di prodotto, dal cioccolato alle sigarette, alla birra, passando per i prodotti alimentari per l’infanzia (Nestlé), per le biciclette, i biscotti (Lefèvre-Utile), i profumi (particolarissimo il profumo in formato spray Rodo).
Disegni e fotografie esposte raccontano a questo punto l’utilizzo della fotografia da parte dell’artista, che diviene per lui parte importante del processo creativo: scatta infatti nel suo atelier fotografie alle modelle, improvvisando le più diverse pose, di cui poi si serve come fonti d’ispirazione per disegni e dipinti
Tra queste due sezioni, la seconda è incentrata sulla cultura bretone: il recente studio compiuto da Tomoko Sato in collaborazione con Philippe Le Stum ha rilevato una passione estetica e intellettuale da parte di Mucha per la cultura bretone e celtica, che lui sente affine alla cultura popolare ceca. Spesso infatti l’artista si raffigura con addosso la camicia ricamata della tradizione nazionale, simbolo dell’unità slava. L’interesse di Mucha per la Bretagna nasce presumibilmente a Parigi poco dopo il 1890, grazie all’incontro con gli artisti della scuola di Pont-Aven, e in particolare con Paul Gauguin, con il quale stringe un rapporto di amicizia che durerà fino alla partenza di Gauguin per Tahiti. Frutto di questi viaggi in Bretagna sono molti schizzi e fotografie di paesaggi, come le marine e i litorali rocciosi, e della cultura popolare locale, ma anche di figure con costumi popolari tipici (ne sono esempi la coppia di stampe decorative Erica delle scogliere e Cardo delle sabbie). Nelle sue opere cominciò quindi a introdurre motivi ornamentali tratti dalla tradizione celtica come linguaggio simbolico espressione di una precisa identità culturale: si vedono quindi abiti di foggia slava, motivi floreali e botanici ispirati alla tradizione della Moravia, motivi circolari e geometrici che ricordano le aureole e le chiese barocche ceche. Le opere di Mucha con il loro caratteristico stile si diffusero ovunque, sotto forma di stampe decorative, di disegni, ma anche di calendari, cartoline, oggettistica, grazie anche al fatto che l’artista prediligeva raffigurare, sempre in ottica di un’arte comprensibile a tutti ed universale, temi come le stagioni o le ore del giorno, personificate da splendide e aggraziate fanciulle attorniate da fiori ed elementi della natura. Ne sono esempi in mostra il calendario per i punti vendita Dewez con le raffigurazioni delle stagioni e le figure decorative Éveil du matin, Éclat du jour, Réverie du soir, Repos de la nuit.
La mostra prosegue nella sua quarta sezione con il ritorno di Mucha nella sua patria, nel 1910, con l’obiettivo di porsi con la propria arte al servizio della libertà politica della nazione, e lo fa lavorando per ben diciassette anni (dal 1911 al 1926) al monumentale progetto dell’Epopea slava, reso possibile con il sostegno finanziario di un ricco uomo d’affari e filantropo, Charles Richard Crane, che Mucha conosce negli Stati Uniti prima del rientro in patria. L’Epopea slava, un ciclo di venti dipinti su grandissime tele, ha l’intento di invitare il popolo slavo a imparare dalla storia per poter progredire e raggiungere l’indipendenza politica, ma anche di suggerire un obiettivo futuro, ovvero quello di mantenere la pace tra slavi e l’intero genere umano. Anche in questo monumentale capolavoro, che Mucha e il mecenate presenteranno ufficialmente a Praga nel 1928, in occasione del decimo anniversario dell’indipendenza della nazione, l’artista continua a sviluppare il suo stile: le donne, in abiti tradizionali, diventano espressioni simboliche dell’anima della nazione, icone spirituali che ispirano e uniscono i popoli slavi. Oltre all’Epopea slava, che in mostra è presente solo con un’immagine panoramica che raffigura il ciclo esposto al Clementinum di Praga e in una foto che ritrae l’artista al lavoro su una delle tele, Mucha lavora in patria anche a progetti pubblici, quali la decorazione degli interni del municipio di Praga, il disegno di una vetrata artistica per la cattedrale praghese di San Vito e i poster per i raduni ginnici panslavi del movimento Sokol nel 1912 e nel 1926.
Le Style Mucha diviene nel 1900 sinonimo di Art Nouveau e influenza in quello stesso anno l’Esposizione Internazionale di Parigi. Il percorso espositivo prosegue dunque presentando bozzetti e figure per materiali promozionali dell’Esposizione stessa, ma anche progetti in qualità di esponente parigino dell’Art Nouveau, come le sue collaborazioni con l’antica profumeria Houbigant e con Georges Fouquet, tra i più famosi orafi e gioiellieri di Parigi, che lo incarica non solo di disegnare un’intera collezione di gioielli per l’Esposizione, ma anche di decorare il nuovo negozio dell’orefice in rue Royale: fotografie testimoniano gli interni e la facciata del negozio rinnovati da Mucha insieme a disegni dei progetti.
La mostra si chiude con un capitolo dedicato all’Art Nouveau in Italia che vede protagonista con bozzetti, dipinti, vasi, piatti e pannelli Galileo Chini, colui che in Italia coglie e sperimenta, pur con uno stile personale, lo spirito innovativo e internazionale dell’Art Nouveau attraverso i principi dello stile Liberty. Si ritrovano qui le fanciulle aggraziate dai lunghi capelli svolazzanti, gli elementi naturali, i fiori, ma soprattutto l’idea di diffondere la bellezza a tutti, rendendola accessibile a tutti gli strati sociali.
Si conclude con questa sezione focus italiana l’esposizione fiorentina al Museo degli Innocenti dedicata ad Alphonse Mucha: una mostra che accompagna il visitatore nei temi della produzione del celebre artista ceco, presentati con molti esempi per ciascuna sezione, e dove non possibile, con fotografie documentative. Si ha occasione di conoscere inoltre aspetti poco noti di un artista che è diventato famoso soprattutto per i suoi manifesti pubblicitari, come la sua passione per la cultura bretone e il monumentale ciclo dell’Epopea slava, mosso sempre da un’idea di arte che possa trasmettere messaggi universali. Da visitare lasciandosi trasportare dalla bellezza.
Del catalogo, scritto in doppia lingua (italiano-inglese), purtroppo non si può dire altrettanto, poiché non aggiunge nulla all’esposizione: vi è solo un’introduzione generale della curatrice e piccole introduzioni della stessa (ad eccezione di quella dell’ultima sezione scritta da Francesca Villanti) alle varie sezioni. E l’ordine delle opere nel catalogo non rispecchia fedelmente l’ordine dell’esposizione. Peccato.
L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.