Animali e luoghi fantastici nei musei d'Italia: Lombardia


Comincia il viaggio tra animali e luoghi fantastici nei musei italiani. Si parte della Lombardia: dalla Pinacoteca di Brera agli affreschi di Palazzo Teglio, da Palazzo Ducale a Mantova alla Certosa di Pavia.

Inizia oggi il nostro viaggio che vi condurrà alla scoperta degli animali, delle creature e dei personaggi fantastici raffigurati nelle opere d’arte dei musei di tutte le regioni d’Italia, da Nord a Sud, tra pittura, scultura e oggetti artistici, oltre che in alcuni luoghi fantastici che incontreremo in tutto il paese. Un progetto che Finestre sull’Arte intraprende in collaborazione con il Ministero della Cultura che ha l’obiettivo di farvi visitare i luoghi della cultura in modo originale e divertente, in tutta sicurezza, in famiglia e in compagnia dei vostri bambini che faranno a gara a chi scoverà per primo le creature fantastiche provenienti dal mondo della mitologia e della letteratura. Partiamo dalla Lombardia con dieci opere e luoghi fantastici che potete trovare e visitare in diverse città, da Milano a Mantova, da Pavia a Desenzano del Garda, da Vigevano alla provincia di Sondrio. Pronti dunque per questo viaggio... fantastico? Partiamo.

1. Il diavolo. Pala dei Tre Arcangeli di Marco d’Oggiono, Pinacoteca di Brera (Milano)

Un diavolo munito di corna, ali nere di pipistrello e zampe inferiori da rapace sta precipitando a testa in giù in una grossa voragine che si è aperta nel terreno; ha già il braccio sinistro dentro e il volto non è dei più felici. È il diavolo o Satana che viene sconfitto dall’arcangelo guerriero Michele, come si legge nel passo dell’Apocalisse: Michele, al centro della composizione, si libra infatti nel cielo sostenuto da grandi ali e stringe nella mano destra la lunga spada affilata con cui ha appena sconfitto il demonio, simbolo del male. Nelle opere a tema religioso il diavolo è un’entità malvagia e distruttrice che viene sempre sconfitta da angeli o da entità divine, a significare il bene che vince sul male. Ai lati della scena sono raffigurati in piedi gli arcangeli Gabriele e Raffaele. L’opera venne realizzata da Marco d’Oggiono, allievo di Leonardo da Vinci (leonardeschi sono infatti i tratti somatici e la grazia delle creature angeliche), nel 1516 circa ed è oggi conservata alla Pinacoteca di Brera. Qui vi giunse nel 1806 dalla chiesa delle monache agostiniane di Santa Marta a Milano, di cui sono noti i legami con la corrente spirituale ispirata all’Apocalypsis Nova di Amedeo Mendez da Silva, ricca di contenuti profetici e visionari.

Marco d'Oggiono, Pala dei Tre Arcangeli (1516 circa; olio su tavola, 255 x 190 cm; Milano, Pinacoteca di Brera)
Marco d’Oggiono, Pala dei Tre Arcangeli (1516 circa; olio su tavola, 255 x 190 cm; Milano, Pinacoteca di Brera)

2. I satiri. Venere e Cupido con due satiri di Simone Peterzano, Pinacoteca di Brera (Milano)

Immersa in un paesaggio all’ombra degli alberi, la dea Venere completamente nuda sta dormendo in una posa molto sensuale su panneggi rosa e blu; ha vicino suo figlio Cupido con arco e frecce che osserva la scena. La dea è stata trovata infatti da due dispettosi satiri che disturbano il suo sonno e tentano di insidiarla: uno la guarda con volto malizioso e le rimuove un panneggio dorato, l’altro maneggiando vicino ai piedi di Venere della vite, simbolo attribuito al dio Bacco e ai suoi seguaci, ovvero i satiri. Accanto alla vite si nota invece una melograna, attributo legato a Venere che indica fertilità e prosperità. Il satiro è un essere dei boschi tratto dal mondo mitologico greco-romano rappresentato in forma umana con orecchie appuntite, coda e zoccoli di cavallo o di capro. Conservato alla Pinacoteca di Brera, il dipinto venne eseguito da Simone Peterzano, allievo di Tiziano e maestro di Caravaggio attivo soprattutto a Milano, nel 1570 circa; l’opera, caratterizzata da una forte carica erotica che intende celebrare le forze generatrici della natura e il piacere dell’amore carnale, costituisce uno dei pochi dipinti a tema profano compiuti dall’artista e rappresenta un dettagliato brano di natura morta.

Simone Peterzano, Venere e Cupido con due satiri (1570-1573; olio su tela, 135,2 x 206,9 cm; Milano, Pinacoteca di Brera)
Simone Peterzano, Venere e Cupido con due satiri (1570-1573; olio su tela, 135,2 x 206,9 cm; Milano, Pinacoteca di Brera)

3. Il diavolo. Le demon du jeu di Gino Severini, Pinacoteca di Brera (Milano)

Un diavolo munito di un lungo forcone con corna, ali rosate, coda da asino e zoccoli svolazza con volto maligno e dispettoso nel cielo; sotto di lui si sta svolgendo una partita a carte giocata da tre pierrot seduti in cerchio, due con la maschera ancora sul viso e uno a volto scoperto che ha posato la maschera a terra. Nel mezzo una struttura architettonica che rimanda al mondo classico. È la scena raffigurata da Gino Severini nel 1928 nel pannello intitolato Le demon du jeu, oggi custodito alla Pinacoteca di Brera a Milano. Il pannello, insieme a Le coup de foudre, apparteneva alla serie di pannelli decorativi commissionati in quell’anno all’artista da Léonce Rosenberg, mercante d’arte parigino che voleva decorare una stanza del nuovo appartamento di rappresentanza per renderlo un tempio del gusto, esponendo in modo permanente i principali artisti legati alla Galérie de l’effort moderne che lui aprì nel 1918. La commissione prevedeva la realizzazione di un ciclo di sei tele che rappresentassero paesaggi classici abitati da personaggi mitologici, ma Severini propose di sostituire questi ultimi con maschere della commedia italiana ambientate in capricci all’italiana in cui si combinano l’antico, la natura morta, il rosso pompeiano e la teatralità dei deus ex machina.

Gino Severini, Le demon du jeu (1928; olio su tela, 160 x 66 cm; Milano, Pinacoteca di Brera)
Gino Severini, Le demon du jeu (1928; olio su tela, 160 x 66 cm; Milano, Pinacoteca di Brera)

4. Animali e creature fantastiche. Grottesche di Palazzo Ducale (Mantova)

Il Palazzo Ducale di Mantova, che si estende nella piazza principale della città, piazza Sordello, era la residenza ufficiale della famiglia Gonzaga, tra le signorie più potenti del Rinascimento italiano. Le sue sale presentano sul soffitto un particolare tipo di decorazione, detta a grottesca, che riprende la pittura romana di epoca augustea. Si tratta di una sorta di illustrazione fantasiosa costituita dalla raffigurazione di esseri mostruosi e ibridi, ritratti con esili e sottoli tratti, solitamente su sfondi monocromi; la grottesca crea cornici, intrecci e motivi ornamentali che si intersecano con decorazioni spesso naturalistiche. Come è possibile ammirare sulle volte di Palazzo Ducale, dove racemi vegetali si combinano a cariatidi, teste, putti alati, animali e altri elementi fantasiosi creando un dialogo tra architettura, pittura e scultura. Motivi figurativi tratti dalla pittura antica in un ritmo paratattico che sembra adattarsi allo stile tardo-antico; spesso il soffitto diventa quasi un pergolato, popolato da figure di animali e creature alate in un disegno complessivo armonico ed elegante.

Decorazioni della Galleria dei Mesi di Palazzo Ducale a Mantova
Decorazioni della Galleria dei Mesi di Palazzo Ducale a Mantova

5. Lo Zodiaco. Affreschi Sala della Creazione di Palazzo Besta (Teglio)

A Teglio, in provincia di Sondrio, si erige Palazzo Besta, tra i più importanti palazzi storici della Valtellina, nonché la più bella dimora rinascimentale del territorio, tanto da essere considerata la “piccola reggia nelle Alpi”. Costruito a partire dalla seconda metà del Quattrocento per volontà di Azzo I Besta, ma alla sua morte furono il figlio Azzo II e la moglie Agnese Quadrio a occuparsi della commissione della decorazione pittorica dell’edificio, trasformandolo in una corte rinascimentale frequentata da artisti, letterati e filosofi. Il palazzo presenta infatti ambienti interamente decorati con cicli pittorici, in particolare la Sala della Creazione, al primo piano, con raffigurate storie della Genesi. È tuttavia sulla volta che si apre ai nostri occhi la meraviglia: la famiglia Besta era molto appassionata di geografia, cartografia e astrologia, tanto che accanto alla scene della Creazione è raffigurato un enorme planisfero che mostra il mondo conosciuto alla metà del Cinquecento e, sopra il caminetto, sono raffigurati i due emisferi con i segni zodiacali e le costellazioni. Secondo l’astrologia occidentale, le creature dei segni dello Zodiaco che tutti conosciamo sono dodici come i mesi dell’anno e ogni segno zodiacale rimanda a una costellazione collocata lungo il piano dell’eclittica.

Il cielo boreale negli affreschi di Palazzo Besta a Teglio
Il cielo boreale negli affreschi di Palazzo Besta a Teglio

6. Satiri e animali fantastici. Studiolo della Certosa (Pavia)

All’interno del Palazzo Ducale di Pavia, residenza estiva dei Visconti-Sforza, è ospitato il Museo della Certosa che si articola su due piani. Se al piano terra è allestita la Gipsoteca e al primo piano si estende la Pinacoteca e la collezione scultorea, è nello Studiolo collocato sempre al primo piano che è possibile ammirare un meraviglioso interno rinascimentale tutto affrescato e decorato. Non si conosce l’autore del ciclo pittorico: gli affreschi sulle pareti rappresentano paesaggi coloratissimi scanditi da mostri monumentali dalla gambe di serpente, detti telamoni, i quali in pose manieristiche sorreggono il peso dell’architrave sulla loro testa. Sulla volta appaiono invece grottesche su fondo bianco che circondano la scena del Sogno di Costantino. Eseguite con pennellate veloci, le grottesche comprendono figure di ninfe e di satiri, mascheroni, sfere armillari e animali europei ed esotici, che sembrerebbero simili ad alcune decorazioni di Aurelio Luini. I bassorilievi delle lunette descrivono storie di re, imperatori e santi unite dal comune denominatore del rapporto tra potere politico e vita religiosa, esemplificati da episodi di superbia punita e da glorificazioni dell’umiltà e della vita solitaria.

Decorazioni dello Studiolo della Certosa di Pavia
Decorazioni dello Studiolo della Certosa di Pavia

7. Animali veri e fantastici. Mosaici della Villa Romana (Desenzano del Garda)

I resti della Villa Romana di Desenzano del Garda sono stati rinvenuti tra il 1921 e il 1923 e costituiscono la più importanti testimonianza archeologica delle grandi villae tardo antiche nell’Italia settentrionale. Databile tra la fine del I secolo a.C. e e il V secolo d.C., la villa era situata poco a nord della via Gallica che collegava le antiche città di Bergamo, Brescia e Verona, quindi in una posizione favorevole dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Anticamente la Villa si affacciava direttamente sull’acqua ed è possibile che il proprietario di questa dimora fosse Flavius Magnus Decentius, fratello dell’imperatore Magnenzio. Nel corso degli scavi sono stati rinvenuti oltre 240 metri quadrati di mosaici policromi che si presentano ancora in buono stato e raffigurano scene con menadi e satiri, belve che assalgono animali selvatici, allegorie della primavera e dell’estate e amorini che intrecciano ghirlande e festoni di frutta, amorini vendemmiatori o su bighe in corsa.

Mosaici della Villa Romana di Desenzano del Garda
Mosaici della Villa Romana di Desenzano del Garda

8. Colombe di Venere. Balsamari del Museo Archeologico Nazionale della Lomellina (Vigevano)

Negli spazi del Castello Sforzesco di Vigevano è situato il Museo Archeologico Nazionale della Lomellina che riunisce i reperti archeologici appartenenti a varie epoche che sono stati rinvenuti nel territorio lomellino, nella provincia lombarda di Pavia. Il museo venne inaugurato nel 1998, ampliato nel 2006 con l’aggiunta di tre sale e nel 2018 con l’apertura del salone accanto alla scuderia. Tra i reperti più famosi della collezione sono i balsamari a forma di colomba che sono diventati addirittura simbolo del museo: dall’aspetto elegante e in vetro, sono frequenti nei corredi funerari legati al mondo femminile, talvolta caratterizzati anche da colori vivaci che li rendono ancora oggi particolarmente apprezzati dai visitatori. Venivano utilizzati come contenitori di liquidi, come profumi, unguenti e balsami. Certo, le colombe non sono animali fantastici, ma come non ricordare il loro legame con la dea Venere? La colomba, simbolo d’amore, era il suo animale sacro. Frequenti sono anche le appliques decorative in terracotta dei letti funerari a forma di animali, tra cui protomi di leoni, di cavalli e di muli, ma anche di grifoni e di trampolieri che rimandano alle simbologie funerarie del culto dionisiaco. Presenti anche statuette fittili che raffigurano animali come galletti, colombe, muli e asini, che richiamano il mondo pastorale e la vita quotidiana in questo territorio.

Uno dei Balsamari del Museo Archeologico Nazionale della Lomellina
Uno dei Balsamari del Museo Archeologico Nazionale della Lomellina

9. Minotauro. Anfora con Teseo e il Minotauro, Museo Civico Archeologico (Milano)

Tra i pezzi più belli e più significativi del Museo Civico Archeologico di Milano è l’anforetta sulla quale è raffigurata la scena mitologica di Teseo che lotta contro il minotauro, celebre impresa di coraggio e di forza compiuta dall’eroe prima di diventare re di Atene. Secondo il mito, il re di Cnosso Minosse obbligava Atene a mandare ogni nove anni in pasto al Minotauro, un brutale mostro che aveva corpo di uomo e testa di toro che viveva rinchiuso nel Labirinto costruito appositamente da Dedalo, sette fanciulli e sette fanciulle. Tra questi sette fanciulli, giunse a Creta Teseo, giovane coraggioso che riuscì a sconfiggere il terribile mostro con l’aiuto di Arianna, figlia del re Minosse che si era perdutamente innamorata di lui: la fanciulla diede infatti a Teseo un gomitolo di lana per poter tracciare la strada percorsa nel labirinto e uscire con facilità. Una volta sconfitto il minotauro, Teseo uscì dal labirinto e Arianna fuggì con lui verso Atene, ma poi l’abbandonò sull’isola di Nasso. Nel grande riquadro centrale sul ventre dell’anforetta è rappresentata la scena della lotta tra due figure femminili, una delle quali è probabilmente Arianna. Il reperto è esposto nella sezione greca del museo e risale al terzo quarto del VI secolo a.C.; è stato realizzato con la tecnica detta “a figure nere”.

Arte greca, Anfora con Teseo e il Minotauro (terzo quarto del VI secolo a.C.; ceramica a figure nere; Milano, Museo Civico Archeologico)
Arte greca, Anfora con Teseo e il Minotauro (terzo quarto del VI secolo a.C.; ceramica a figure nere; Milano, Museo Civico Archeologico)

10. Giganti. Camera dei Giganti di Palazzo Te (Mantova)

La Camera dei Giganti di Palazzo Te a Mantova è uno degli ambienti più suggestivi e più spettacolari che la mente di un artista abbia potuto creare: Giulio Romano ha realizzato infatti, tra il 1532 e il 1535, all’interno della dimora di svago e di piacere del marchese di Mantova Federico II Gonzaga, una stanza in cui i limiti architettonici vengono totalmente eliminati attraverso la pittura. Smussa gli angoli delle pareti e della volta e crea un pavimento, oggi non più visibile, formato da un mosaico di ciottoli di fiume che dà un carattere unitario a tutto l’ambiente completamente affrescato. Un ambiente fortemente illusionistico in cui il visitatore si trova completamente immerso, partecipando all’evento in atto, ovvero la Caduta dei Giganti. La vicenda tratta dalle Metamorfosi di Ovidio si concretizza qui a partire dalla volta, in cui un vortice di nubi avvolge il cielo per sconfiggere e vendicarsi dei giganti che avevano tentato di assaltare, non riuscendo nell’impresa, l’Olimpo. La vendetta divina si abbatte quindi sui giganti che cadono e vengono schiacciati dal peso di grandi massi degli edifici caduti, vengono travolti dalla montagna, investiti da impetuosi corsi d’acqua. È Giove, divinità suprema, che lanciando fulmini, assistito da Giunone e dagli immortali, punisce i giganti ribelli che hanno osato sfidarlo.

Camera dei Giganti di Palazzo Te (Mantova)
Camera dei Giganti di Palazzo Te (Mantova)

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