La Galleria Nazionale della Puglia di Bitonto, un museo nato grazie alle generosità di due fratelli collezionisti


La Galleria Nazionale della Puglia, uno dei musei più ricchi della regione, è nato grazie alla donazione di due fratelli collezionisti, Girolamo e Rosaria Devanna. Scopriamo la storia del museo e alcuni dei suoi pezzi più interessanti.

Lungo l’antica via “delli Mercanti” di Bitonto, che collegava la porta principale della città, porta Baresana, e la Cattedrale, in quello che si potrebbe definire il cuore rinascimentale dell’abitato, si erige Palazzo Sylos Calò, edificio nobiliare che deve la sua denominazione a Giovanni Alfonso Sylos, spagnolo di Burgos che restaurò nella seconda metà del Cinquecento una costruzione di età medievale, aggiungendo un altro piano sulla spettacolare loggia che si affaccia sulla piazza più importante della città antica, oggi denominata piazza Cavour. Per il suo aspetto, che offre a chiunque ammiri il palazzo un compiuto esempio di architettura civile rinascimentale di Bitonto, nel 1902 il Ministero della Pubblica Istruzione lo fece inserire nell’Elenco degli Edifici Monumentali d’Italia. Dunque, un tesoro architettonico della città divenuto ulteriormente significativo per la storia bitontina dal 2009, da quando il palazzo è stato scelto per ospitare la Galleria Nazionale della Puglia, prima galleria nazionale della regione dedicata all’arte moderna e contemporanea.

Esternamente il palazzo si presenta nel suo aspetto rinascimentale, con una loggia su colonne e pilastri e un piccolo cortile interno, sbocco verso l’esterno di molte sale del piano terra; una scala a due rampe conduce inoltre al piano nobile, dove gli ambienti sono uniti e spesso comunicanti grazie a un terrazzo-camminamento posto sopra al loggiato. Il portale è invece caratterizzato da bugne e lesene a bugnato e da due medaglioni a decorazione che raffigurano di profilo ritratti imperiali.

La facciata di Palazzo Sylos Calò, sede della Galleria Nazionale della Puglia
La facciata di Palazzo Sylos Calò, sede della Galleria Nazionale della Puglia


Il cortile di Palazzo Sylos Calò
Il cortile di Palazzo Sylos Calò

La storia della Galleria Nazionale della Puglia, conosciuta anche come Galleria “Girolamo e Rosaria Devanna”, ha inizio nel 2004, a seguito di un atto di grande generosità da parte dei proprietarî di una ricca e ampia collezione di dipinti, i fratelli Rosaria e Girolamo Devanna, originarî di Bitonto. I due fratelli possedevano un’eccezionale raccolta di opere d’arte che comprendeva centinaia di dipinti e disegni (allo Stato sono stati donati 229 dipinti e 108 disegni), capaci di coprire quattro secoli di storia, dal Cinquecento al Novecento, frutto di una grande passione per l’arte. Una forte passione accompagnata da tanta generosità e da un grande gesto di condivisione, poiché nel luglio del 2004, i Rosaria e Girolamo decisero di donare allo Stato la loro collezione completa, con l’intento di renderla pubblica e quindi visibile a tutti, desiderando ovviamente che le opere non venissero disperse ma, al contrario, che si permettesse di ammirarle nella loro città e sul loro territorio. Pertanto, a conclusione di tutti i passaggi necessarî, dalla catalogazione e documentazione alla scelta della sede museale, dal restauro alla realizzazione di tutto ciò che concerne la musealizzazione delle opere, compresi gli apparati didascalici e una guida breve al museo, la Galleria ha aperto le porte al pubblico cinque anni più tardi.

Girolamo e Rosaria Devanna (quest’ultima è scomparsa a febbraio del 2019, a settantun anni d’età), di professione rispettivamente docente di letteratura americana all’Università di Urbino e insegnante di lettere alle scuole medie, entrambi privi di una formazione accademica in storia dell’arte, ma profondamente appassionati della materia e fini conoscitori in contatto costante con storici dell’arte, specialisti e direttori di musei, hanno cominciato a collezionare opere d’arte fin dagli anni Sessanta, spinti da un grande amore per l’arte e dalla voglia di affermarsi proprio attraverso la collezione, con i suoi pezzi raccolti seguendo due logiche sostanziali: la prima, il gusto dei due collezionisti, e la seconda, la voglia di creare una raccolta che raccontasse la storia dell’arte dal XVI secolo in poi. Le opere sono state radunate soprattutto tramite acquisti e scambi con altri collezionisti, e nel catalogo della collezione, pubblicato nel 2005 poco dopo la donazione, Claudio Strinati ripercorreva le motivazioni di fondo che hanno portato alla costituzione dell’imponente raccolta: “la collezione Devanna si è formata in lunghi anni di appassionata e personalissima ricerca”, scriveva lo storico dell’arte, “sviluppatasi secondo criteri di un gusto e una attenzione all’Antico che sono stati premiati da valide scoperte e da tanti significativi risultati”. Strinati passava poi a parlare della personalità di Girolamo Devanna, dei due fratelli fu il primo ad aver cominciato a collezionare opere d’arte: “Devanna rientra in quella categoria di collezionisti per i quali il primo e basilare punto risiede nella sfida, generosa e disinteressata, con gli altri esperti nella inesausta ricerca dell’opera d’arte da acquisire. Devanna, uomo di vasta cultura e vasti interessi, non disdegna certamente la consultazione e il consiglio di storici e critici d’arte e di altri collezionisti e, anzi, è sempre stato ammirevole il suo scrupolo nel documentarsi e nel confrontare le diverse idee, ma nel contempo concepisce la collezione anche come affermazione del proprio talento e della propria capacità di scoperta e individuazione”.

Per queste ragioni, le porte della casa dei Devanna erano sempre aperte agli studiosi, agli antiquarî, agli esperti che hanno sempre apprezzato la vastità e la varietà della raccolta, benché non seguisse un preciso filo logico: i due fratelli erano soliti seguire le proposte del mercato, piuttosto che andare alla ricerca di pezzi particolari (eventualità che comunque talvolta si verificava): la collezione, spiegava Strinati, non è stata costruita con lo scopo di dimostrare una tesi specifica, “come la ricostruzione di un ambiente, una scuola o di singole personalità”. Non mancavano comunque le preferenze: in particolare, alla base degli interessi dei due collezionisti vige, ha scritto Rosa Lorusso Romito, la curiosità per le “spettacolari rappresentazioni di pietismo controriformato che rimandavano le pale d’altare e le scenografiche decorazioni di cupole e controsoffitti delle chiese bitontine”, tant’è che l’arte locale del Seicento occupa un ruolo importante nella collezione Devanna. Non si trattava però, come detto, di un collezionismo mosso da interesse accademico: le scelte dei fratelli Devanna sono state dettate, continuava Lorusso Romito, “certo dalle contingenze del mercato e della situazione finanziaria del momento, ma sempre ispirate dal gusto per il bello e da una innata curiosità per le diverse forme e culture artistiche”. Scelte che hanno condotto ad “acquisti fortuiti”, e anche a “intuizioni e scoperte inseguite lungo percorsi accidentati, esito di pazienti ‘appostamenti’ o di contrattazioni spesso lunghe e faticose, o infine di scambi tanto necessarî quanto dolorosi, ma che hanno condotto il principale collezionista a procacciarsi ora opere di grandi maestri, ora opere ‘minori’, di artisti meno noti, per le quali l’originaria intuizione è stata successivamente confortata dal riconoscimento della storiografia artistica, ora infine dipinti oggetto tuttora di ipotesi attributive contraddittorie, ma che tuttavia rivestono per l’altissima qualità un sicuro interesse non solamente per gli addetti ai lavori“. E se Girolamo è sempre stato, in un certo modo, il volto pubblico della collezione e il primo “firmatario” delle scelte, a Rosaria (che partecipava costantemente alle decisioni del fratello) si riconosce soprattutto un ruolo legato alla loro conservazione: si dice sia stata lei a spingere il fratello a donare la prima porzione della collezione allo Stato, e sempre lei si occupava della cura delle opere che erano invece rimaste nella sua residenza di Bitonto.

Ad ogni modo, per i Devanna, la collezione da loro riunita grazie a un comune interesse culturale e a una condivisa passione per la storia e per le tradizioni artistiche doveva rappresentare una raccolta completa, capace di valicare la loro regione e non solo. In effetti sono comprese opere, tra dipinti e disegni, realizzate da grandi artisti italiani ed europei (francesi, tedeschi, inglesi), e per quanto riguarda la contemporaneità anche artisti d’Oltreoceano. Capolavori comunque esemplificativi per una generale scoperta dell’inedito e delle varie forme di arte figurativa. Volontà già testimoniata dai fratelli Girolamo e Rosaria e proseguita nella fase di musealizzazione della Galleria è quella di far nascere nei visitatori una certa curiosità per aspetti legati alle opere esposte, a cui segua il desiderio di approfondire e di conoscere e anche di tornare più volte nella sede museale. Percorrendo le varie sale del museo, si percepisce infatti questa attenzione nel presentare il corpus di opere come frutto di un’accurata collezione privata e nell’invogliare il pubblico a non esaurire con una semplice visita la conoscenza della Galleria, ma a continuare la scoperta seguendo i più disparati aspetti di approndimento.

Sala della Galleria Nazionale della Puglia
Sala della Galleria Nazionale della Puglia


Sala della Galleria Nazionale della Puglia
Sala della Galleria Nazionale della Puglia

Particolarmente rilevante è la presenza di numerosi bozzetti, studi preparatorî, repliche o copie antiche tipici di una raccolta che proviene per la maggior parte dal mercato antiquario; e per quanto riguarda i disegni, si nota la varietà delle tecniche utilizzate, come inchiostri, pastelli, carboncini, sanguigne, acquerelli su carta o su pergamena, e degli artisti che li hanno compiuti tra il Cinquecento e il Novecento. Tuttavia, nonostante gli studî effettuati e pubblicati e le schedature sulle opere che evidenziano la ricca complessità di questo patrimonio, permangono ancora incertezze su attribuzioni, iconografie e cronologie. Un museo quindi che si configura ancora aperto a nuove riflessioni sulle questioni irrisolte e a nuovi contributi da parte di studiosi e critici. Visitando la Galleria Devanna si ripercorrono inoltre, come detto, quattro secoli di storia dell’arte, accompagnati da molti dei più grandi maestri: il percorso espositivo è suddiviso in cinque sezioni distribuite sui due livelli dell’antico palazzo; al piano superiore si trovano le sale dedicate al Cinquecento, al Seicento, al Settecento e all’Ottocento, mentre al piano inferiore vi è solo la sezione dedicata al Novecento. L’ampia collezione oggi vanta oltre 350 dipinti che i visitatori possono ammirare e scoprire seguendo un chiaro filo cronologico.

Il percorso non si apre però con un’opera cinquecentesca: ad accogliere i visitatori è una Testa di santa del XIV secolo, che sarebbe stata attribuita per via orale da Federico Zeri a Giovanni da Rimini, uno dei principali giotteschi dell’Italia settentrionale. Si tratta di un frammento di un’opera più vasta, e non è ancora stato approfonditamente studiato: per il momento, si preferisce riferirlo a un più generico ambito adriatico. La piccola porzione di tavola non è che una delle tante scoperte dei Devanna. Tra le tante spicca, per esempio, una Natività riferita a Pietro Negroni detto lo Zingarello (Cosenza, 1505? - Napoli, 1567), enigmatico artista vicino a Polidoro da Caravaggio, che conobbe con tutta probabilità a Messina, dove entrambi i pittori si trovavano nel quarto decennio del Cinquecento, ma che dimostra anche una certa conoscenza di altri pittori di area settentrionale (come Giulio Romano e Pellegrino Tibaldi). La particolarità di questo dipinto sta nel fatto che la consueta iconografia è rovesciata: solitamente, è la Vergine che scopre Gesù Bambino, mentre qui accade l’esatto contrario, con il velo che viene sollevato da san Giuseppe. L’opera risale al 1560 circa (la datazione è stata suggerita dalla studiosa Sylvie Béguin, che ha messo in relazione la tavola con la pala raffigurante la Madonna col Bambino e i santi Andrea e Giacomo, firmata e datata 1555 da Negroni: fu eseguita probabilmente per la chiesa della croce di Lucca a Napoli e oggi si trova al Musée des Beaux-Arts di Orléans), epoca in cui nel Meridione (e non soltanto) il culto di san Giuseppe conobbe una certa popolarità: è dunque ipotizzabile che il committente dell’opera, devoto del padre putativo di Cristo, abbia voluto per tale ragione conferire questo insolito ruolo a san Giuseppe. Sempre per rimanere nell’ambito dell’arte cinquecentesca, uno dei dipinti più discussi della collezione è il Ritratto di monaco (o Ritratto di frate con saio bianco), inusuale ritratto di un frate domenicano che nel 1999 fu riferito per la prima volta, da parte dello studioso Maurizio Marini, a El Greco (Domínikos Theotokópoulos; Candia, 1541 - Toledo, 1614): un’attribuzione sostenuta anche da un altro importante storico dell’arte (nonché tra i massimi specialisti di El Greco), Lionello Puppi, e attorno alla quale il dibattito si è recentemente riaperto.

Una delle opere-simbolo della Galleria Nazionale della Puglia è un dipinto di Giovanni Lanfranco (Parma, 1582 - Roma, 1647), il Commiato di Cristo dalla madre, pubblicato per la prima volta nel 1995 da Emilio Negro, che lo ha reso noto. La storia di questa importante tela, emersa sul mercato antiquario romano nel 1970, non è nota: possiamo solo ipotizzare che si tratta di un’opera la cui committenza maturò in ambienti francescani, presso i quali era diffusa l’insolita iconografia apocrifa del momento in cui Cristo si congeda dalla madre prima di partire per Gerusalemme alla vigilia della settimana della Passione. In questo dipinto, dove il gruppo principale (quello con Cristo inginocchiato, la Madre che lo benedice, e san Giovanni in piedi che osserva la scena), ricalca in maniera quasi letterale l’opera di omologo soggetto che il Correggio (Antonio Allegri; Correggio, 1489 circa - 1534), conterraneo di Lanfranco, dipinse attorno al 1517 e che oggi è conservata alla National Gallery di Londra, la composizione è particolarmente affollata, con i personaggi, contraddistinti dai loro coloriti pallidi, che si dispongono lungo le due diagonali del dipinto in modo quasi simmetrico: i modi (le tonalità, le fattezze dei personaggi, i panneggi), riscontrabili in altri dipinti realizzati a cavallo tra gli anni Dieci e gli anni Venti del Seicento, hanno portato gli studiosi a datare l’opera al 1620 circa. Altra opera molto dibattuta è uno splendido Cristo deriso risalente alla metà del Seicento: variamente attribuito al genovese Luciano Borzone (Genova, 1590 - 1645), è stato più di recente ricondotto alla mano del senese Bernardino Mei (Siena, 1612 - Roma, 1676). C’è poi spazio anche per un grande artista locale, Giuseppe De Nittis (Barletta, 1846 - Saint-Germain-en-Laye, 1884): nella collezione Devanna è presente una sua Veduta di Trafalgar Square eseguita quando l’artista, nel 1878, soggiornò per qualche tempo a Londra dipingendo diversi scorci della capitale inglese. Il dipinto, firmato, dovrebbe far parte di una serie di vedute londinesi che l’“impressionista italiano” dipinse quell’anno per il banchiere inglese Kaye Knowles e che oggi sono divise tra varie raccolte: quella di Bitonto si distingue per il suo insolito taglio verticale, come se l’artista dipingesse viaggiando attraverso la città con una carrozza e guardando fuori dal finestrino. Ancora, l’interesse dei Devanna per l’arte del Novecento è esemplificato soprattutto dai dipinti americani, che riflettono pienamente gli interessi di Girolamo Devanna: tra questi si possono annoverare i disegni di Beatrice Wood (San Francisco, 1893 - Ojai, 1998), come Situation, opera a matita e acquerello del 1925 che propone alcuni degli elementi tipici dell’opera grafica della pittrice e ceramista americana, come l’atmosfera fumosa, le forme semplificate, i personaggi dai volti sfuggenti.

Ambito adriatico, Testa di santa (XIV secolo; frammento di affresco, 8,3 x 8,5 cm; Bitonto, Galleria Nazionale della Puglia Girolamo e Rosaria Devanna)
Ambito adriatico, Testa di santa (XIV secolo; frammento di affresco, 8,3 x 8,5 cm; Bitonto, Galleria Nazionale della Puglia “Girolamo e Rosaria Devanna”)


Pietro Negroni detto lo Zingarello, Natività (1560 circa; olio su tavola, 102 x 85 cm; Bitonto, Galleria Nazionale della Puglia Girolamo e Rosaria Devanna)
Pietro Negroni detto lo Zingarello, Natività (1560 circa; olio su tavola, 102 x 85 cm; Bitonto, Galleria Nazionale della Puglia “Girolamo e Rosaria Devanna”)


Giovanni Lanfranco, Commiato di Cristo dalla madre (1620 circa; olio su tela, 93 x 126 cm; Bitonto, Galleria Nazionale della Puglia Girolamo e Rosaria Devanna)
Giovanni Lanfranco, Commiato di Cristo dalla madre (1620 circa; olio su tela, 93 x 126 cm; Bitonto, Galleria Nazionale della Puglia “Girolamo e Rosaria Devanna”)


Bernardino Mei, Cristo deriso (1650-1660 circa; olio su tela, 90 x 68 cm; Bitonto, Galleria Nazionale della Puglia Girolamo e Rosaria Devanna)
Bernardino Mei, Cristo deriso (1650-1660 circa; olio su tela, 90 x 68 cm; Bitonto, Galleria Nazionale della Puglia “Girolamo e Rosaria Devanna”)


Giuseppe De Nittis, Veduta di Trafalgar Square a Londra (1876-1878 circa; olio su tela, 21 x 12,5 cm; Bitonto, Galleria Nazionale della Puglia Girolamo e Rosaria Devanna)
Giuseppe De Nittis, Veduta di Trafalgar Square a Londra (1876-1878 circa; olio su tela, 21 x 12,5 cm; Bitonto, Galleria Nazionale della Puglia “Girolamo e Rosaria Devanna”)


Beatrice Wood, Situation (1925; Bitonto, Galleria Nazionale della Puglia Girolamo e Rosaria Devanna)
Beatrice Wood, Situation (1925; matita e acquerello su carta; Bitonto, Galleria Nazionale della Puglia “Girolamo e Rosaria Devanna”)

Le opere, come detto, sono suddivise in sale corrispondenti ai diversi secoli. Oltre alle opere di cui si è parlato sopra, le sale del Cinquecento ospitano un Ritratto di Gentiluomo attribuito a Tiziano, e ancora opere di importanti artisti che lavorarono nel Meridione durante il XVI secolo, a cominciare da Leonardo Corona e Giovanni Filippo Criscuolo, ma non mancano artisti in rappresentanza delle altre scuole regionali: per esempio, nella raccolta figura un’opera attribuita al senese Marco Pino, ci sono opere del marchigiano Vincenzo Pagani, e c’è anche un dipinto del milanese Giovanni Ambrogio Figino. Per il Seicento, si spazia da Giovanni Baglione a Jan Miel (di entrambi sono presenti gli autoritratti), da Nicolas Poussin a Simon Vouet, e anche in questo caso è ben rappresentata la pittura meridionale con Andrea Vaccaro, Cesare Fracanzano, Francesco Antonio Altobello (quest’ultimo, peraltro, originario di Bitonto). Ci sono anche opere attribuite a Orazio Gentileschi e a Salvator Rosa. Molto ricca è la sezione del Settecento: ci sono due importanti opere (un San Paolo e un San Vincenzo Ferrer) di Francesco De Mura, ci sono dipinti di Corrado Giaquinto, Sebastiano Conca (e del nipote di quest’ultimo, Tommaso Maria Conca), Francesco Trevisani, Pietro Fabris, Camillo De Vito. La pittura straniera è rappresentata da William Hamilton, Thomas Lawrence, François-Xavier Fabre, e c’è anche un Re Lear di uno dei padri del romanticismo, lo svizzero Johann-Heinrich Füssli. Il romanticismo maturo è rappresentato, nelle sale dell’Ottocento, da Eugène Delacroix, e per la pittura italiana del XIX secolo, oltre al già citato De Nittis, figurano opere di Domenico Morelli, Francesco Saverio Altamura, Giuseppe Carelli, Gabriele Smargiassi, Giuseppe Casciaro e altro. Il percorso si conclude con l’arte del Novecento, dove spiccano le opere di Emilio Notte, Beatrice Wood e Joseph Stella.

Oggi, la Galleria Nazionale della Puglia è un museo che attira ogni anno circa ventimila visitatori: il 2018, in particolare, è stato l’anno record, con la cifra di 21.586, in aumento costante rispetto agli anni precedenti, e ci sono ulteriori margini di crescita, dal momento che il museo rappresenta una delle collezioni più ricche della Puglia. Lo Stato, ha dichiarato Girolamo Devanna, è sembrato a lui e alla sorella “la struttura più rassicurante per la conservazione della collezione e per un suo sviluppo nell’ambito di un modello non legato meramente a schemi localistici, che potesse rappresentare un allargamento dei confini culturali della nostra regione”. Un patrimonio prezioso che è diventato così patrimonio di tutti i cittadini italiani, che sempre saranno grati alla munificenza dei fratelli Devanna.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo



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