Durante un’operazione di sorveglianza archeologica connessa a lavori stradali nel centro storico della città francese di Toul, nel dipartimento di Meurthe-et-Moselle, gli archeologi dell’Institut National de Recherches Archéologiques Préventives (INRAP) hanno portato alla luce un importante ritrovamento. Si tratta dei frammenti di una statua equestre di epoca rinascimentale, rimasta sepolta per secoli nei pressi della porta settentrionale della città, nota nei documenti medievali come “Portae platae”, ovvero “La Piazza”.
Il sito è stato oggetto di scavi a partire da marzo 2024, in concomitanza con un programma di riqualificazione urbana. Al termine dei lavori, previsti per maggio 2025, è stato possibile individuare la porzione centrale della struttura della porta medievale nord, demolita poco dopo il 1700 nel quadro delle trasformazioni urbanistiche volute da Sébastien Le Prestre de Vauban. L’opera di fortificazione moderna aveva comportato la rimozione dell’antica porta, la cui base era stata riempita di macerie e di resti architettonici in pietra da taglio, databili al XV secolo.
In corrispondenza della strada che conduceva alla porta, sul lato interno delle mura, è stata rinvenuta una fossa profonda oltre un metro, colmata da terra e detriti. All’interno, gli archeologi hanno recuperato i frammenti di una scultura a tutto tondo, raffigurante un cavaliere a cavallo. L’opera, spezzata in numerose parti, è stata attribuita al periodo rinascimentale in virtù dello stile e della resa dei dettagli. Il cavallo risulta conservato in buona parte, con il corpo pressoché integro, comprese le zampe anteriori, il collo e la testa. Del cavaliere restano invece il bacino, la parte superiore delle cosce e il tronco, adagiato su un sottosella ben visibile. Mancano la testa e gran parte degli arti superiori, elementi che limitano la possibilità di un’identificazione certa della figura rappresentata. Il frammento principale, che comprende il busto del cavaliere e il corpo del cavallo, misura oltre 1,10 metri sia in lunghezza sia in altezza, con una larghezza variabile tra i 50 e i 60 centimetri e un peso superiore ai 500 chilogrammi. Secondo le stime degli archeologi, il gruppo originario doveva raggiungere circa 1,60 metri in altezza e in lunghezza. Il materiale utilizzato è un calcare bianco conchiglifero, presumibilmente proveniente dalla regione del Barrois (o Perthois), nota per le sue cave.
La posizione del ritrovamento induce a pensare che la statua fosse originariamente collocata in una nicchia sopra il portico della porta cittadina, nella sua configurazione del XV-XVI secolo. Durante la demolizione della struttura agli inizi del XVIII secolo, il gruppo scultoreo potrebbe essere stato abbattuto e fatto cadere ai piedi del monumento, per poi essere rapidamente interrato, forse per nasconderlo o per eliminarne la memoria visiva. Il gesto appare intenzionale, suggerendo una volontà precisa di cancellare simboli non più coerenti con la nuova funzione strategica delle fortificazioni.
L’iconografia del gruppo rimanda a modelli dell’antichità classica: il cavaliere è rappresentato come un personaggio nobile, vestito con una tunica e avvolto in un mantello, o clamide, secondo una tipologia di ritrattistica già adottata nella statuaria romana. Confronti coerenti si trovano in diverse città italiane del Quattrocento, Napoli, Firenze, Milano, dove artisti rinascimentali reinterpretarono idealmente figure eroiche e imperiali ispirandosi a esempi antichi. Tra i riferimenti più evidenti emergono la statua equestre di Marco Aurelio sul Campidoglio a Roma e quella del Regisole, collocata a Padova prima della sua distruzione.
Numerosi artisti italiani, attratti in Francia nel corso del XVI secolo su invito di mecenati aristocratici e religiosi, contribuirono all’introduzione di questi modelli nella scultura monumentale lorenese. La scelta di rappresentare una figura nobile in abiti classici, piuttosto che un sovrano o un condottiero in armatura, come avverrà più tardi tra il XVI e il XVIII secolo, rivela in realtà una preferenza per un’estetica che guarda direttamente all’antico, anziché alla tradizione medievale del cavaliere armato.
In assenza di documenti scritti o fonti raffigurative relative alla decorazione della porta nord di Toul, l’attribuzione dell’opera resta aperta. Ad ogni modo, gli archeologi avanzano due ipotesi principali sul possibile committente. Una riconduce la statua al re di Francia Enrico II, che nel 1552 conquistò i Tre Vescovati lorenesi, tra cui Toul, e diede avvio a un programma di rafforzamento delle difese urbane. L’altra, considerata più plausibile, è legata al cardinale Giovanni III di Lorena, vescovo di Toul, Metz e Verdun nella prima metà del Cinquecento. Figura centrale nel panorama politico e artistico dell’epoca, il prelato fu un fervente sostenitore del Rinascimento e mantenne relazioni diplomatiche con il papato per conto del re Francesco I. Non sarebbe sorprendente quindi che una simile statua sia stata commissionata da lui o dal suo entourage per abbellire l’ingresso settentrionale della città episcopale.
Oggi, l’INRAP ha avviato un complesso lavoro di rimontaggio dei 27 frammenti recuperati. In parallelo si sta procedendo a un’analisi stilistica approfondita e a una scansione 3D in fotogrammetria per facilitare lo studio dell’opera e una sua possibile restituzione museografica.
L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia
Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.