Un ammasso di pietre poco appariscente, se osservato oggi, è ciò che resta del cairn camerato di Boreland, all’interno della Knockman Wood, nell’area sud-occidentale della Scozia, nella regione di Galloway. Eppure, circa seimila anni fa, questo luogo rappresentava un punto di riferimento per le comunità neolitiche dell’area atlantica. Quelle stesse comunità che, intorno al 4000 a.C., si insediarono in Scozia e nell’Irlanda del Nord portando con sé nuove pratiche agricole e rituali complessi, e costruendo monumenti in pietra di grandi dimensioni, i cosiddetti Clyde cairns, cairn a camera. Oggi, grazie a una nuova iniziativa di visualizzazione digitale, il sito di Boreland può essere esplorato in una forma che si avvicina maggiormente all’aspetto originario. Un pannello installato nell’area offre un codice QR che rimanda a un video online: l’utente viene così guidato attraverso una ricostruzione tridimensionale del sito, che permette di comprendere la struttura architettonica del cairn e di immaginarne il ruolo nella società che lo ha costruito (qui si può visualizzare la ricostruzione del cairn di Boreland in 3D).
Il progetto rientra nell’ambito della risorsa educativa The Bare Bones, pubblicata nel 2023, che mira a esplorare la cultura materiale e immateriale delle popolazioni neolitiche dell’area atlantica. Il libretto, corredato da illustrazioni e testi esplicativi, si avvale di una combinazione di tecnologie moderne e interpretazione archeologica creativa per offrire nuove prospettive sui monumenti megalitici del periodo. Per produrlo sono state utilizzate tecniche di scansione laser, riprese aeree con droni e modellazione tridimensionale. A occuparsi della ricostruzione del cairn di Boreland è stato l’archeologo Marcus Abbott, che ha condotto un’analisi approfondita del sito. Il primo passaggio ha previsto la raccolta di centinaia di fotografie aeree scattate con l’ausilio di un drone. Il materiale così ottenuto è stato poi elaborato per costruire un modello 3D dettagliato del cairn, permettendo di ipotizzarne la configurazione originaria e di raccontarne la storia con maggiore efficacia. L’obiettivo del progetto è duplice: da un lato, restituire un’immagine più comprensibile di strutture che oggi appaiono erose dal tempo; dall’altro, stimolare una riflessione sul modo in cui tali monumenti venivano vissuti dalle comunità preistoriche.
La denominazione di cairn a camera fa riferimento a una tipologia funeraria diffusa nel Neolitico, costituita da tumuli di pietre al cui interno erano ricavate camere sepolcrali. In Scozia sud-occidentale queste strutture prendono il nome di Clyde cairns, mentre in Irlanda del Nord sono note come tombe di corte per via della presenza di un’area cerimoniale anteriore alla camera vera e propria. Il cairn di Boreland si inserisce quindi in questa tradizione architettonica e rituale, rappresentando uno dei numerosi esempi disseminati lungo le coste atlantiche delle isole britanniche.
La ricerca archeologica, tuttavia, può offrire solo una visione parziale del passato. Le ossa nude, come le definisce la pubblicazione The Bare Bones, sono ciò che rimane di un sistema culturale complesso, fatto di simboli, emozioni e ritualità di cui si è persa traccia. Proprio per questo, iniziative come la ricostruzione digitale di Boreland cercano di colmare, almeno in parte, il divario tra la materialità dei reperti e l’esperienza umana che vi era associata. Non è possibile sapere con certezza che tipo di cerimonie si svolgessero intorno a questi monumenti, ma le ipotesi restano aperte: si trattava di eventi familiari, ristretti a pochi partecipanti, oppure di grandi raduni comunitari? Le cerimonie erano accompagnate da danze, canti, suoni di tamburi, oppure da processioni lente e silenziose, illuminate da torce e scandite da gesti simbolici? Le pratiche funerarie, in ogni epoca, sono strettamente connesse alla visione del mondo delle società che le compiono. La costruzione di cairns come quello di Boreland richiedeva uno sforzo collettivo considerevole, a testimonianza del ruolo centrale che la memoria dei morti e il culto degli antenati rivestivano per queste comunità. La disposizione delle pietre, l’orientamento dell’ingresso, la conformazione della camera e degli spazi circostanti suggeriscono un’organizzazione del sacro radicata nel territorio e nei cicli naturali.
Nel contesto più ampio della ricerca archeologica in Scozia e Irlanda, progetti come The Bare Bones si inseriscono in una linea di lavoro volta a valorizzare i siti preistorici attraverso linguaggi accessibili e coinvolgenti. L’obiettivo è quello di promuovere la conoscenza del patrimonio culturale senza rinunciare alla precisione scientifica, aprendo al tempo stesso nuove possibilità educative.
“L’architettura di queste carne a camera suggerisce il loro uso sia come tomba per i morti, dove le persone collocavano i defunti nelle camere all’interno del cairn, sia come spazio per i vivi, dove le persone potevano rendere omaggio all’interno del piazzale”, spiega l’archeologo Matt Ritchie. “Pensare a come le persone del primo Neolitico hanno vissuto la vita e la morte può aiutarci ad apprezzare meglio la nostra esperienza di spazio, luogo e comunità. Perché mentre possono essere lontani nel tempo dai nostri antenati, le loro terre sono le nostre terre e noi non siamo lontani dal luogo. I cairns a camera del Canale del Nord rimangono un’importante connessione tra le persone e il luogo attraverso i millenni - marcatori di luogo, allora e oggi. Di coloro che sopravvivono, alcuni rimangono vestiti, i loro segreti nascosti sotto enormi cumuli di pietra, come a Boreland a Galloway. Alcuni sopportano le devastazioni del tempo, i loro lineamenti mascherati da macerie e collasso. Alcuni sono stati disturbati dai cacciatori di tesori, le loro camere sono state aperte ed esposte. Alcuni sono stati derubati di pietre dai loro cassi di copertura e sopravvivono solo come contorni scheletrici. E alcuni sono stati ricostruiti come rovine e presentati al pubblico. Tuttavia, molti altri sono stati persi nel tempo, con solo una manciata registrata come piani spettrali nelle pagine dei diari antichi o schizzi spettrali nei quaderni dei loro escavatori”.