Antonio Ligabue: il pittore, la vita, le opere


La biografia di Antonio Ligabue, i temi principali delle sue opere, il perché della sua importanza.

È tra i pittori più amati del Novecento: parliamo di Antonio Ligabue (Zurigo, 1899 - Gualtieri, 1965), considerato il pittore naïf per antonomasia (anche se, come vedremo, è una definizione un po’ “stretta”). Le sue opere continuano ad appassionare decine di migliaia di persone, la sua vita straordinaria è stata raccontata in sceneggiati televisivi (celeberrimo quello con Flavio Bucci nei panni dell’artista), oltre che in film, anche di recente (per esempio il lungometraggio con Elio Germano che interpreta il pittore), e la sua stessa esistenza è considerata quasi come il simbolo di una rivalsa avvenuta grazie all’arte, dato che, per gran parte della sua vita, Ligabue non se l’è davvero passata bene, tutt’altro. La sua vita è stata infatti molto difficile.

Oggi, Ligabue è un pittore così apprezzato dal pubblico da essere protagonista di numerose mostre che vengono organizzate in tutta Italia. In effetti, Ligabue è stato un pittore molto originale, privo di formazione accademica, capace di immedesimarsi totalmente nel prodotto delle sue mani (sia che si trattasse di dipinti, sia che si trattasse di sculture: Ligabue infatti fu anche scultore), oltre che di emozionare l’osservatore e di catturarlo trascinandolo con sé nel suo mondo visionario, fatto di animali feroci, ricordi della Svizzera (la sua terra natale), vedute della campagna emiliana e molto altro. Con la sua arte, tuttavia, Ligabue fu in grado di sublimare le sue vicissitudini affermando la propria personalità, malgrado all’inizio “el Matt” (questo il soprannome che gli fu affibbiato dagli abitanti di Gualtieri, il suo paese adottivo) non venisse compreso dai suoi contemporanei, che al contrario lo scambiavano per un folle e spesso rifiutavano anche i suoi dipinti. Solo sul finire della carriera, grazie soprattutto all’operato del critico Renato Marino Mazzacurati, che gli spalancò le porte del successo. Per l’artista fu un successo effimero, dato che morì pochi anni dopo essersi goduto appieno i frutti della sua arte, ma per la storia dell’arte è un successo che si può ormai definire imperituro, nonostante la critica continui a dividersi su Ligabue.

La grandezza di Ligabue sta soprattutto nella sua dimensione di autentico primitivo, di artista che dipinge senza formalismi ma solo perché spinto da una necessità interiore che non risponde ad alcun preconcetto o ad alcun retaggio derivante da studio o tradizione: per Ligabue l’arte è un’esigenza innata. E le sue opere sono lì a testimoniarlo: conosciamo dunque la sua vita, alcuni dei suoi capolavori, i motivi della sua grandezza, dove vedere le sue opere.

Opere di Antonio Ligabue, Autoritratto (1955-56; olio su tavola di faesite, 45 x 35 cm; Gualtieri, Fondazione Museo Antonio Ligabue)
Antonio Ligabue, Autoritratto (1955-56; olio su tavola di faesite, 45 x 35 cm; Gualtieri, Fondazione Museo Antonio Ligabue)

Ligabue: la biografia

Antonio Ligabue nasce il 18 dicembre del 1899 a Zurigo, in Svizzera: la madre è Elisabetta Costa, emigrata, originaria del borgo di Cencenighe Agordino, nei pressi di Belluno. Non si sa chi sia il padre, e all’anagrafe della città elvetica il neonato viene registrato come Antonio Costa. Nel settembre del 1900 viene affidato a una coppia locale, Johannes Valentin Göbel ed Elise Hanselmann, con i quali vive fino al 1919: il bambino (che non parla italiano, ma solo tedesco: frequenta le scuole fino alla terza elementare, nella città di Tablat, vicino a San Gallo), rimane legatissimo alla sua famiglia adottiva. Nel frattempo, nel 1901, un emigrato originario di Gualtieri, Bonfiglio Laccabue, aveva sposato Elisabetta Costa nella città di Amrisweil, e subito dopo legittima il piccolo Antonio dandogli il suo cognome: il pittore però non avrebbe mai amato il suo patrigno, e il disprezzo sarebbe stato tale che in seguito, raggiunta la maggiore età, avrebbe cambiato il suo cognome trasformandolo, appunto, in “Ligabue”.

L’artista, adolescente, manifesta alcuni problemi psichiatrici, tanto che nel 1913 viene iscritto a un collegio per ragazzi affetti da disabilità: Antonio però sopperisce ai suoi problemi con il suo talento artistico, che non viene tuttavia riconosciuto né notato, e complice anche l’insofferenza nei confronti della scuola, l’artista, che ha solo la quarta elementare all’età di quindici anni, terminato l’obbligo scolastico comincia a mantenersi con lavori saltuari. Al 1917 risale il suo primo ricovero in una clinica psichiatrica, a Pfäfers, a causa di uno sfogo violento contro Elise Hanselmann. Rimarrà ricoverato tre mesi, ma i problemi non sono finiti: la sua vita sregolata causa forti dissapori tra lui e la famiglia adottiva, tanto che Elise deciderà poi di denunciarlo, e il 15 maggio del 1919 il ragazzo viene espulso dalla Svizzera. Viene così accompagnato appena oltre il confine, a Como: il prefetto della città lombarda dispone il suo invio a Gualtieri, il comune d’origine del patrigno, dove giunge scortato dai carabinieri.

La vita in Emilia non è facile per l’artista: non parla italiano, vive nelle campagne da solo, non riesce a integrarsi con la popolazione locale, ha un carattere facilmente incline alla collera, continua a condurre una vita sregolata, e tenta anche, invano, di tornare in Svizzera (viene infatti fermato a Lodi, per essere poi ricondotto a Gualtieri). L’artista vive di sussidi pubblici, di lavori saltuari trovati ogni tanto, di carità e dei pochi soldi che riceve dalla madre adottiva. Ligabue comincia però a dipingere e a modellare piccole sculture in creta con l’argilla raccolta dal Po, e comincia a farsi notare con le sue creazioni nel paese: le regala in cambio di cibo o di piccoli servizi (per esempio in cambio di una seduta dal barbiere), e gli abitanti, ritenendolo un matto più che un artista, accettano giusto a titolo di carità. Risale all’inverno del 1928-1929 il primo incontro con Mazzacurati, che si era appena trasferito a Gualtieri (qui vivrà fino al 1937, installando il suo studio in Villa Torello Malaspina). La vita di Ligabue continua tra alti e bassi fino al 1937, quando subisce un nuovo ricovero, all’ospedale psichiatrico di San Lazzaro a Reggio Emilia, a causa dei suoi gesti di autolesionismo e di alcuni suoi sbotti violenti. Qui trascorre metà dell’anno, da luglio fino a dicembre: tornerà a San Lazzaro per “psicosi maniaco-depressiva” nel marzo del 1940. Uscirà solo nel maggio del 1941, dopo un anno, grazie all’intercessione di uno dei suoi più cari amici, lo scultore Andrea Mozzali, che lo ospita a casa sua a Guastalla.

Durante la guerra, Ligabue, data la sua perfetta conoscenza del tedesco, trova lavoro come interprete, rischiando però grosso a causa di un feroce litigio con un soldato tedesco: si salva da conseguenze nefaste solo perché è considerato pazzo e viene dunque ricondotto a San Lazzaro. Il ricovero questa volta dura tre anni: esce nel 1948 e comincia a esporre in piccole mostre locali, vincendo peraltro qualche premio. Grazie all’interessamento di Mazzacurati, comincia a calcare palcoscenici sempre più importanti e a guadagnare grazie all’arte. Negli anni Cinquanta è ormai uscito dalla sua situazione d’indigenza e, anzi, riesce anche a soddisfare qualche lusso: ad esempio, comincia ad acquistare motociclette, la sua vera passione, e a girare con un’automobile con tanto di autista. Nel febbraio del 1961 espone per la prima volta a Roma, alla Galleria “La Barcaccia”, e nel giugno dello stesso anno finisce in ospedale a causa di un incidente con la moto. Il successo è breve perché nel novembre del 1962, a pochi giorni dall’apertura di un’importante mostra antologica a Guastalla, viene colpito da una paresi ed è ricoverato all’ospedale Carri di Gualtieri, dove rimarrà per il resto dei suoi giorni, pur continuando a dipingere. Scompare qui il 27 maggio del 1965.

Opere di Antonio Ligabue, Autoritratto sulla moto (1953; olio su faesite 39 x 57 cm; Gualtieri, Fondazione Archivio Antonio Ligabue)
Antonio Ligabue, Autoritratto sulla moto (1953; olio su faesite 39 x 57 cm; Gualtieri, Fondazione Archivio Antonio Ligabue)

Le opere di Ligabue

L’opera di Ligabue può essere suddivisa in tre periodi principali, secondo le più recenti classificazioni operate dalla critica. Nel primo periodo, che va dal 1927 al 1939, i dipinti di Ligabue sono i più “delicati” della sua carriera: colori chiari, un impasto non troppo denso come lo sarà invece successivamente, temi tratti soprattutto dal mondo della campagna, con scene di vita rurale. Non mancano tuttavia già gli animali feroci che tanto lo affascinarono e che Ligabue dipingeva copiandoli dai libri di animali (non vide mai dal vivo molti degli animali su cui fantasticava: tigri, ragni enormi, gorilla, leopardi, leoni, grandi serpenti), ma le lotte furibonde tra belve sarebbero apparse successivamente. Il secondo periodo è quello che va dall’inizio della prima guerra mondiale agli anni dell’affermazione, orientativamente dal 1939 al 1952: la materia diventa più corposa e densa e le opere si fanno più rifinite. Il terzo periodo è quello in cui l’artista produsse di più, e va dal 1952 all’anno della sua scomparsa: la pittura di Ligabue si fa più netta, quasi nervosa, ulteriore riflesso del suo stato d’animo. Negli ultimi anni, inoltre, abbonda la presenza dei suoi celeberrimi autoritratti che invece sono quasi del tutto assenti nelle prime fasi della sua carriera. Occorre specificare che molte opere delle prime fasi sono andate perdute: sono quelle che l’artista regalava o scambiava per corrispettivi modesti con gli abitanti di Gualtieri, che non ne compresero l’importanza e dunque tendevano anche a buttarle.

Sono diversi i temi ricorrenti nelle opere di Ligabue. Per esempio gli autoritratti, attraverso i quali l’artista esprime la sua condizione sofferta e il proprio disagio, una situazione aggravata dalla sua psicosi. C’è poi il mondo naturale e la vita delle campagne, che non abbandonano mai l’arte di Antonio Ligabue neppure nell’ultimo periodo (per esempio in Aratura, opera del 1961 della Fondazione Ligabue di Gualtieri). E ci sono poi i dipinti probabilmente più iconici della sua produzione, quqlli con le belve feroci, con le quali l’artista peraltro si identificava, tanto da assumere i loro atteggiamenti prima di dipingerle (si metteva davanti allo specchio e imitava i loro versi e le loro movenze prima di mettersi al lavoro). Questi animali esprimono la voglia di libertà e di affermazione dell’artista, ma sono anche simbolo della sua enorme energia che si manifestava attraverso l’arte. Una forza che Ligabue espresse anche con le numerose scene di lotte tra animali, che abbondano sia tra i suoi dipinti che tra le sue sculture.

Del rapporto con gli animali parlò anche lo stesso Mazzacurati, che assistette in prima persona a un “incontro” tra Ligabue e le bestie di una fattoria, fatto tutt’altro che insolito (Ligabue visse a lungo nei boschi ed ebbe per molto tempo la sola compagnia degli animali che vivevano lungo il Po: e rimase un selvatico per tutta la vita). “Provava per loro un amore fortissimo”, scrisse Mazzacurati nel 1965, “e su tutti esercitava uno straordinario potere. Ricordo che, in seguito, quando si stabilì nella fattoria vicino alla mia casa, bastava che facesse degli strani gesti con le mani e le braccia ed emettesse con la bocca un leggero sibilo, perché tutti gli animali, come impazziti, gli corressero intorno. I cani scondinzolavano, miagolavano i gatti, i piccioni roteavano intorno alla sua testa, persino le galline gli chiocciavano vicino ai piedi: era uno spettacolo incredibile, mistico e arcano al tempo stesso”.

Opere di Antonio Ligabue, Leopardo con bufalo e iena (1928; olio su tela, 83 x 126 cm; Gualtieri, Fondazione Archivio Ligabue)
Antonio Ligabue, Leopardo con bufalo e iena (1928; olio su tela, 83 x 126 cm; Gualtieri, Fondazione Archivio Ligabue)


Opere di Antonio Ligabue, Tigre reale (1941; china e pastelli a cera su carta intestata dell’Ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia, 36 x 50 cm; Reggio Emilia, collezione privata)
Antonio Ligabue, Tigre reale (1941; china e pastelli a cera su carta intestata dell’Ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia, 36 x 50 cm; Reggio Emilia, collezione privata)


Opere di Antonio Ligabue, Il pifferaio (1943-1945; olio su compensato, 40 x 56 cm; Gualtieri, Fondazione Museo Antonio Ligabue)
Antonio Ligabue, Il pifferaio (1943-1945; olio su compensato, 40 x 56 cm; Gualtieri, Fondazione Museo Antonio Ligabue)


Opere di Antonio Ligabue, Testa di tigre, (1955-1956; olio su  faesite, 75 x 64 cm; Gualtieri, Fondazione Museo Antonio Ligabue)
Antonio Ligabue, Testa di tigre (1955-1956; olio su faesite, 75 x 64 cm; Gualtieri, Fondazione Museo Antonio Ligabue)


Opere di Antonio Ligabue, Volpe in fuga (1952-1962; olio su faesite, 43 x 40,5 cm; Collezione privata)
Antonio Ligabue, Volpe in fuga (1952-1962; olio su faesite, 43 x 40,5 cm; Collezione privata)


Opere di Antonio Ligabue, Gorilla con donna (1957-58; olio su tavola di faesite, 88 x 100 cm; collezione privata)
Antonio Ligabue, Gorilla con donna (1957-58; olio su tavola di faesite, 88 x 100 cm; collezione privata)


Opere di Antonio Ligabue, Autoritratto (1955-56; olio su tavola di faesite, 45 x 35 cm; Gualtieri, Fondazione Museo Antonio Ligabue)
Antonio Ligabue, Autoritratto (1955-56; olio su tavola di faesite, 45 x 35 cm; Gualtieri, Fondazione Museo Antonio Ligabue)


Opere di Antonio Ligabue, Aratura (1961; olio su tela, 65,5 x 110 cm; Gualtieri, Fondazione Archivio Antonio Ligabue)
Antonio Ligabue, Aratura (1961; olio su tela, 65,5 x 110 cm; Gualtieri, Fondazione Archivio Antonio Ligabue)

L’importanza di Ligabue

In cosa consistono l’importanza e la grandezza dell’arte di Ligabue? C’è intanto da premettere che il parere della critica sull’artista nato in Svizzera sono tutt’altro che unanimi: e in effetti la tentazione di domandarsi quanto Ligabue si possa considerare un “artista” prende ancora molte persone. Si potrebbe comunque pensare che il principale valore della pittura e della scultura di Antonio Ligabue stia nella sua autenticità: la sua mancanza di legami con qualsiasi scuola o qualunque tradizione (se si eccettuano le “lezioni” di scultura ricevute da Mazzacurati: esistono peraltro diverse fusioni in bronzo curate da terzi, dato che Ligabue spesso non cuoceva neppure l’argilla, perché non aveva l’indole adatta per seguire tutto il processo di creazione di una scultura), unita al suo talento innato, al suo senso della composizione, alla sua prolificità, alla forza che l’artista riesce a esprimere con i suoi quadri e le sue sculture lo rendono un caso con pochi eguali nella storia dell’arte del Novecento. In passato lo si è a lungo ascritto al filone dell’arte naïf, ovvero l’arte “ingenua”: un’espressione che ultimamente si tende ad accantonare in quanto adoperata in passato più per moda che per intenti scientifici (verso la fine degli anni Cinquanta gli artisti cosiddetti naïf esplosero letteralmente, trascinati da articoli pubblicati su riviste e rotocalchi a grande tiratura: molti di loro, Ligabue in testa, venivano visti come artisti molto vicini al sentire popolare, e per tal motivo la loro produzione cominciò a essere divulgata, forse anche oltre il dovuto), e nel cui ambito sono stati assommati artisti dalle esperienze più disparate. Oggi è semmai più corretto parlare di outsider art o di art brut, pur con tutti i problemi che queste definizioni comportano. Ad esempio, una prima discrepanza tra “outsider” e “naïf” potrebbe oggi stabilirsi sulla base della consapevolezza dell’artista (“outsider” gli artisti totalmente fuori dal sistema e disinteressati, “naïf” quelli che sanno che esiste un sistema e che, magari ingenuamente, mirano a essere riconosciuti).

Ligabue non è comunque un fatto totalmente nuovo: per esempio, nel primo Novecento, alcuni critici (Ardengo Soffici su tutti) avevano manifestato un’interesse per “quella pittura”, scriveva Soffici, “che le persone intelligenti dicono stupida [...]”, ovvero quella pittura “ingenua, candida e virginale”, la pittura “degli uomini semplici, dei poveri di spirito, di coloro che non hanno mai visto i baffi di un professore”. Per la critica si trattava di una ricerca essenziale, soprattutto per conoscere le ragioni più riposte che portano un essere umano a fare arte. Ligabue può essere considerato la quintessenza di quegli outsider che tanto affascinarono Soffici e altri importanti critici. Inoltre, Ligabue è stato probabilmente l’outsider più prolifico e in grado di giungere a risultati qualitativamente più alti senza aver mai frequentato maestri o altri artisti (altri pittori considerati naïf invece frequentarono scuole o altri autori).

Di conseguenza negli ultimi anni la critica vicina a Ligabue ha cominciato a svolgere un lavoro per ottenere il pieno riconoscimento critico e scientifico dell’artista: Ligabue, del resto, non fa ancora parte dei “canoni ufficiali”, per così dire. E sono ancora pochissimi i musei importanti che conservano sue opere. Alcuni soggetti, per esempio la Fondazione Archivio Ligabue, la Fondazione Museo Antonio Ligabue e la Casa-Museo Ligabue svolgono da tempo un lavoro accurato e rigoroso per garantire un’adeguata collocazione per l’artista: sono diverse le mostre organizzate in giro per l’Italia (spesso occasioni di approfondimento sull’artista, ma molto spesso no) con l’intento di avvicinare il pubblico ad Antonio Ligabue.

Dove vedere le opere di Antonio Ligabue

Per conoscere Antonio Ligabue è d’obbligo un passaggio a Gualtieri: qui è possibile visitare il Museo Ligabue allestito nelle sale di Palazzo Bentivoglio oppure la Casa-Museo Ligabue, che ha sede in un edificio dove l’artista ha vissuto per qualche tempo, presso la famiglia Caleffi, ancora proprietaria dello stabile. Inoltre a Gualtieri è attiva la Fondazione Archivio Ligabue che possiede un buon numero di opere dell’artista, che vengono spesso portate in giro per mostre.

Uscendo da Gualtieri, il nucleo forse più importante di opere di Ligabue in un museo aperto al pubblico si trova al Labirinto della Masone di Fontanellato, nella collezione di Franco Maria Ricci. Altre opere di Ligabue si possono incontrare, per esempio, al Museo Magi ’900 di Pieve di Cento, nei pressi di Ferrara (uno dei più importanti musei dedicati al Novecento che ci siano in Emilia-Romagna), al Museo Mallè di Dronero (Cuneo), al Museo d’Arte Moderna “Rimoldi” di Cortina d’Ampezzo. Un autoritratto di Ligabue è conservato anche nella collezione di autoritratti del Corridoio Vasariano alla Galleria degli Uffizi. Al momento non ci sono grandi musei d’arte del Novecento che ospitino opere di Ligabue: la critica, infatti, è ancora molto divisa sul suo conto e siamo ancora ben lontani da un pieno riconoscimento della sua figura.


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