Il Seicento genovese. Artisti, capolavori, origini e sviluppo


Il Seicento fu il più importante secolo per le arti a Genova: origini e sviluppo del Seicento genovese, i maggiori artisti, i capolavori.

Il periodo che intercorse tra il 1528 e il 1630 circa è passato alla storia come il secolo dei genovesi: la Repubblica di Genova infatti in questa epoca, oltre a confermare il proprio ruolo di crocevia dei traffici marittimi tra Oriente e Occidente, aveva visto crescere notevolmente il proprio peso nella politica europea (le banche genovesi avevano concesso grandi prestiti alla Spagna per la sua politica coloniale) ed era diventata un importantissimo polo artistico di portata europea. Genova, infatti, fu un centro in cui si sperimentarono tendenze e attraverso cui transitarono diversi dei più grandi artisti del tempo, di tutte le nazionalità (si ricordano in particolare Orazio Gentileschi, Pieter Paul Rubens, Antoon van Dyck e Mattia Preti).

La crescita delle ricchezze genovesi portò a un fastoso rinnovamento urbanistico della città, evidente soprattutto nella Strada Nuova (l’odierna via Garibaldi) e nelle vie limitrofe, dove le più potenti e influenti famiglie della città (come gli Spinola, i Doria, i Brignole, gli Adorno, i Grimaldi) fecero costruire le loro sontuose abitazioni che andarono a costituire il cosiddetto sistema dei Rolli. Il termine “rolli” in particolare indicava le graduatorie delle famiglie che potevano ospitare, presso le proprie residenze, le importanti personalità straniere (ambasciatori, principi... ) che transitavano per Genova. Di conseguenza, onde mostrare agli ospiti il prestigio del proprio casato, le famiglie genovesi facevano a gara per creare le dimore più sfarzose, che erano spesso decorate dai più importanti artisti presenti in città.

Bernardo Strozzi, Madonna col Bambino e san Giovannino (1620 circa; olio su tela, 158 x 126 cm; Genova, Palazzo Rosso)
Bernardo Strozzi, Madonna col Bambino e san Giovannino (1620 circa; olio su tela, 158 x 126 cm; Genova, Palazzo Rosso)
Bernardo Strozzi, La cuoca (1625 circa; olio su tela, 176 x 185 cm; Genova, Palazzo Rosso)
Bernardo Strozzi, La cuoca (1625 circa; olio su tela, 176 x 185 cm; Genova, Palazzo Rosso)
Sinibaldo Scorza, Sacrificio di Noè (1605-1630 circa; olio su tela, 73 x 96 cm; Genova, Palazzo Rosso)
Sinibaldo Scorza, Sacrificio di Noè (1605-1630 circa; olio su tela, 73 x 96 cm; Genova, Palazzo Rosso)

Da Andrea Doria all’apice del Barocco genovese

Le premesse di questo importante sviluppo della Repubblica di Genova sono da ricercarsi proprio nell’anno 1528, quando l’ammiraglio Andrea Doria pose fine all’influenza francese su Genova, che durava da circa un trentennio, per unirsi all’imperatore Carlo V ponendo così Genova sotto l’orbita spagnola. Fu proprio nel 1528, tra l’altro, che Genova diventò una Repubblica. Fino ad allora, infatti, l’organizzazione politica genovese era la cosiddetta Compagna Communis, nata alla fine dell’undicesimo secolo: si trattava di una sorta di federazione delle compagnae, che erano associazioni cittadine, principalmente commerciali, ma dotate anche di carattere militare. Così la Repubblica di Genova, diventando alleata della Spagna che stava espandendo enormemente i propri domini nel Nuovo Mondo, si garantì un secolo di pace e prosperità durante il quale riuscì a controllare tutti i commerci del Mediterraneo e, grazie all’attività delle proprie banche, a muovere notevoli flussi di ricchezze. La crisi che iniziò a partire dal quarto decennio del Seicento, in coincidenza con la perdita di prestigio della Spagna a livello internazionale, avrebbe portato alla fine dell’indipendenza della Repubblica nel 1797 (lo stesso anno in cui anche Venezia perse la propria indipendenza).

Gli stimoli artistici erano iniziati già sotto Andrea Doria, che ospitò a Genova alcuni dei più importanti pittori manieristi come Domenico Beccafumi, Perin del Vaga e il Pordenone (solo per elencare i nomi più noti). A questi artisti si aggiunse il nome di Luca Cambiaso che fu il massimo esponente della scuola artistica locale durante il Cinquecento e diede il via a una fortunata scuola tardomanierista che vide fiorire personalità come Lazzaro Tavarone (Genova, 1556 – 1640) e Bernardo Castello (Genova, 1557 - 1629). Tuttavia, l’artista con cui può dirsi inaugurato il Seicento genovese è Bernardo Strozzi (Genova, 1581 - Venezia, 1644), un artista eclettico che si formò alla bottega di Pietro Sorri, pittore manierista senese attivo però a Genova alla fine del Cinquecento.

Domenico Fiasella, San Lazzaro implora la Vergine per la città di Sarzana (1616; olio su tela, 213 x 149 cm; Sarzana, San Lazzaro)
Domenico Fiasella, San Lazzaro implora la Vergine per la città di Sarzana (1616; olio su tela, 213 x 149 cm; Sarzana, San Lazzaro)
Gioacchino Assereto, I filistei acciecano Sansone (1630 circa; olio su tela; Barcellona, Museu Nacional d'Art de Catalunya)
Gioacchino Assereto, I filistei acciecano Sansone (1630 circa; olio su tela; Barcellona, Museu Nacional d’Art de Catalunya)
Grechetto, Il viaggio della famiglia di Abramo (1650-1660; olio su tela, 186 x 282 cm; Genova, Palazzo Rosso)
Grechetto, Il viaggio della famiglia di Abramo (1650-1660; olio su tela, 186 x 282 cm; Genova, Palazzo Rosso)

La prima generazione degli artisti del Seicento genovese

Capace di filtrare suggestioni provenienti da diversi ambienti, anche molto differenti tra loro, Bernardo Strozzi si avvicinò dapprima alla pacata arte devozionale della Controriforma (un avvicinamento dettato dal fatto che lo stesso Bernardo Strozzi fu un frate, tanto che è noto anche con soprannomi come “il Cappuccino” o “il prete genovese”), ma seppe subito rivisitarla in modo del tutto originale secondo un naturalismo che aveva appreso analizzando l’arte di Orazio Gentileschi e probabilmente anche quella di Caravaggio (grazie a un probabile soggiorno a Roma dell’artista, soggiorno di cui però non ci sono notizie sicure). Il tutto fu arricchito dalla pienezza e dall’allegria delle forme della pittura barocca olandese di Rubens e van Dyck (entrambi presenti a Genova, e peraltro Rubens fu particolarmente colpito dai Palazzi dei Rolli: leggi qui un approfondimento sulla storia dei palazzi) che esercitarono un profondo fascino su Bernardo Strozzi. Tipico esempio di questa arte è la Madonna col Bambino e san Giovannino (1620 circa, Genova, Palazzo Rosso). Capace di dipingere intense scene sacre ma anche vivi ritratti di popolani (come La cuoca (1625 circa, Genova, Palazzo Rosso), l’artista si avvicinò anche allo studio del cromatismo veneto, in particolar modo quello tizianesco, durante il suo soggiorno a Venezia.

Un altro artista che subì il fascino della pittura fiamminga, anche se in modo diverso, fu Sinibaldo Scorza (Voltaggio, 1589 - Genova, 1631): se infatti Bernardo Strozzi aveva guardato alla pittura barocca olandese più fastosa e opulenta, Sinibaldo Scorza si rivolse invece alla pittura di genere e alla pittura paesaggistica che aveva trovato in Frans Snyders, presente a Genova nel primo decennio del Seicento, la principale figura di riferimento. Sinibaldo Scorza in particolare sviluppò la componente naturalistica dell’arte olandese elaborando un genere di pittura in cui i protagonisti erano gli animali. Questo originale tipo di pittura, che trovò largo apprezzamento negli ambienti genovesi, e che dava importanza agli animali anche in episodi dove non erano i protagonisti, ma nei quali era giustificata la loro presenza (come storie tratte dalla mitologia o dalla Bibbia, per esempio il Sacrificio di Noè, 1605-1630 circa, Genova, Palazzo Rosso), fu ulteriormente sviluppato da Giovanni Benedetto Castiglione detto il Grechetto (Genova, 1609 - Mantova, 1664), che però seppe dare alla sua arte anche non trascurabili connotati morali e filosofici.

L’arte di Domenico Fiasella (Sarzana, 1589 - Genova, 1669) partì dalle stesse suggestioni caravaggesche che contraddistinsero quella di Bernardo Strozzi, ma invece di rileggerle secondo il linguaggio barocco olandese, Fiasella preferì mediarle attraverso le influenze del classicismo seicentesco, soprattutto quello del Domenichino, che l’artista sarzanese approfondì durante un soggiorno giovanile a Roma. Tornato a Sarzana e quindi trasferitosi a Genova, Fiasella seppe coniugare istanze caravaggesche e raffinatezza classicista in un modo omogeneo e armonioso (San Lazzaro chiede alla Madonna la protezione per la città di Sarzana, 1616, Sarzana, San Lazzaro). Questo suo stile a metà tra classicismo e naturalismo ebbe un grande successo a Genova, tanto che la sua bottega fu tra le più prolifiche e feconde del tempo.

Esiti diversi furono invece raggiunti dall’arte di Gioacchino Assereto (Genova, 1600 – 1649), che fu sicuramente il più potente dei pittori genovesi di inizio Seicento perché condusse la sua riflessione sulla drammaticità e sulla teatralità della nascente arte barocca: il suo linguaggio è caratterizzato dalla rappresentazione figure molto vigorose e da espressioni e stati d’animo fortemente caricati, quasi da rasentare il grottesco, arrivando in certi casi a suscitare senso di repulsione nell’osservatore (I filistei acciecano Sansone, 1630 circa, Barcellona, Museu Nacional d’Art de Catalunya). Tutto ciò era poi accentuato da un luminismo di matrice caravaggesca che metteva in particolare evidenza le situazioni tragiche e drammatiche dei suoi dipinti. Alla stessa generazione appartenne Giovanni Andrea De Ferrari (Genova, 1598 - 1669), che risentì invece dell’influsso di Bernardo Strozzi e seppe rielaborarlo in forme connotate da un certo intimismo delicato, di matrice caravaggesca ma privo di drammaticità e contraddistinto da toni pacati. Poco più anziano era invece Luciano Borzone (Genova 1590 - 1645), che si formò sugli esiti della pittura di artisti come Cesare Corte, Giulio Cesare Procaccini e Giovanni Battista Paggi: fu tuttavia attratto anche dalla pittura caravaggesca, che influì in modo particolare sulla sua arte soprattutto a partire dagli anni Trenta, rendendolo, assieme a Gioacchino Assereto, il più interessante dei pittori naturalisti attivi a Genova.

Valerio Castello, Galleria del Ratto di Persefone (1655-1659; affreschi, Genova, Palazzo Balbi-Senarega)
Valerio Castello, Galleria del Ratto di Persefone (1655-1659; affreschi, Genova, Palazzo Balbi-Senarega). Foto di Laura Guida
Domenico Piola, Madonna Assunta (olio su tela, 294 x 194 cm; Chiavari, San Giovanni Battista)
Domenico Piola, Madonna Assunta (olio su tela, 294 x 194 cm; Chiavari, San Giovanni Battista)
Giovanni Andrea Carlone, Allegoria della vita dell'uomo (1691-1692; affreschi; Genova, Palazzo Rosso)
Giovanni Andrea Carlone, Allegoria della vita dell’uomo (1691-1692; affreschi; Genova, Palazzo Rosso). Foto di Francesco Bini

Il Barocco genovese

Alla bottega di Domenico Fiasella si formò Valerio Castello (Genova, 1624 - 1659), figlio del Bernardo allievo di Luca Cambiaso. Valerio Castello fu un artista che, malgrado una brevissima vita, ebbe una notevole importanza nell’ambito della pittura del Seicento a Genova in quanto fu il primo artista compiutamente barocco che la città conobbe. Il suo stile partì dalla commistione di classicismo e naturalismo tipica di Fiasella, ma seppe aggiornarlo secondo una tendenza al dinamismo carico e accentuato tipica del Barocco (un dinamismo che Valerio Castello aveva appreso dalla lezione di Rubens). Questa commistione trovò il suo definitivo compimento nell’arte di Castello soprattutto nelle sue opere ad affresco, caratterizzate da quelle quadrature che trovarono largo impiego nella grande decorazione barocca che in quegli anni si praticava soprattutto a Roma e della quale Valerio Castello fu il primo esponente in Liguria (leggi qui un approfondimento sugli affreschi di Valerio Castello in Palazzo Balbi Senarega).

Parallelamente alle ricerche di Valerio Castello si sviluppò l’arte di Giovanni Andrea Ansaldo (Voltri, 1584 - Genova, 1638): artista che per tutta la sua carriera fu caratterizzato dall’adesione alle istanze controriformistiche aggiornate però sul modello di Bernardo Strozzi e dei fiamminghi presenti a Genova. Sul finire della carriera, negli ultimi tre anni della sua vita, Ansaldo fu autore di una clamorosa svolta in senso barocco, che però guardava più all’arte di Giovanni Lanfranco che a quella di Pietro da Cortona: il suo principale lavoro, la decorazione ad affresco della cupola della chiesa della Santissima Annunziata del Vastato a Genova, fonda il suo impianto illusionistico sulla visione della luce e dell’aria secondo un procedere tipico dell’artista emiliano.

Le linee artistiche inaugurate da Castello e da Ansaldo furono poi sviluppate da pressoché tutti gli artisti della generazione successiva, che arricchirono le chiese e i palazzi nobiliari di Genova con affreschi caratterizzati da forti impianti scenografici votati alla teatralità e alla spettacolarità. Il principale di questa folta schiera di artisti fu Domenico Piola (Genova, 1627 - 1703) che, dopo Valerio Castello, fu probabilmente il più interessante pittore barocco a Genova. Piola diede il via a uno stile fondato sull’estrosa vivacità compositiva che in sostanza continuò quello di Valerio Castello, di cui Domenico Piola fu anche collaboratore. L’importanza di Domenico Piola fu anche più strettamente accademica, in quanto raccolse una notevole quantità di disegni che costituivano copie delle opere dei grandi maestri, e faceva circolare queste opere tra i suoi allievi in modo da spronarli a copiarle a loro volta e a imitarle. Un artista che invece risentì direttamente delle suggestioni di un importante pittore come Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio (il quale, anche se genovese, non fu mai attivo nella sua città, bensì a Roma), fu Giovanni Andrea Carlone (Genova, 1639 - 1697). Esponente di una importante dinastia di artisti originari del Canton Ticino, fece proprio il linguaggio di Gaulli con gli elementi dell’affresco che travalicavano le architetture della quadratura per raggiungere esiti di maggior spettacolarità (Allegoria della vita dell’uomo, 1691-1692, Genova, Palazzo Rosso).


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