L’opera Carta da parato (1976) di Tomaso Binga è entrata a far parte della collezione del Centre Pompidou di Parigi e appartiene a una serie di lavori concepiti dall’artista tra il 1976 e il 1977, in cui si fondono installazione, poesia e performance. Nel 1976, Binga realizza la prima versione dell’installazione ambientale Carta da parato all’interno di una residenza privata romana. L’opera viene poi ricostruita in altre sedi, tra cui Riolo Terme e la Galleria d’Arte Moderna di Bologna.
Per questa installazione, l’artista ricoprì accuratamente le pareti degli spazi con carta da parati, sulla quale tracciò a mano segni grafici che si estendevano fino a ricoprire interamente la superficie. Indossando un abito confezionato con lo stesso materiale, Binga si mimetizzava nell’ambiente circostante, mentre recitava in modo iterativo la poesia Io sono una carta.
L’azione performativa trasforma in immagine l’espressione idiomatica “fare carta da parato”, un modo di dire che, nella tradizione italiana, indica le donne considerate poco avvenenti, costrette durante i balli a rimanere ai margini, “attaccate alle pareti”, in attesa di essere invitate. Attraverso questa metafora, Binga denuncia le disuguaglianze di genere e mette in luce la subordinazione culturale e la violenza psicologica che colpiscono le donne nella società contemporanea.
In linea con i principi del femminismo, negli anni Settanta Tomaso Binga avvia una ricerca radicale sul linguaggio, mirata alla sua de-strutturazione e alla reinvenzione della riscrittura. Tale sperimentazione si fonda anche sull’uso del corpo e della voce come strumenti di espressione e di liberazione dai codici linguistici patriarcali, con l’intento di smontare gli stereotipi sessisti radicati nella comunicazione e nell’immaginario collettivo.
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