Nel cuore dell’Appennino pistoiese un percorso artistico nella natura per riflettere su come abiteremo il mondo


Nel cuore dell’Appennino pistoiese, all’interno della riserva naturale Oasi Dynamo, OCA – Oasy Contemporary Art and Architecture offre un percorso artistico nella natura per riflettere su come abiteremo il mondo. 

Nel cuore dell’Appennino pistoiese, all’interno della riserva naturale Oasi Dynamo, fino al 7 novembre 2025 OCA – Oasy Contemporary Art and Architecture offre ai visitatori un percorso circolare costellato da interventi di protagonisti della scena artistica e architettonica contemporanea (Alejandro Aravena, Mariangela Gualtieri con Michele De Lucchi, Kengo Kuma, Quayola, David Svensson, Pascale Marthine Tayou e Matteo Thun) che prende forma attorno a una domanda universale: Come abiteremo il mondo?

Sotto la direzione artistica di Emanuele Montibeller, il progetto si articola lungo diverse prospettive – urbanistiche, filosofiche, culturali e ambientali – invitando architetti e urbanisti di fama internazionale a ideare opere create appositamente per questo contesto. Interventi concepiti in stretta connessione con il paesaggio, in un rapporto di simbiosi con la natura circostante.

Il percorso si configura come una narrazione per tappe: ogni opera dialoga con le altre, rilanciando il tema centrale e interpretandolo attraverso l’esperienza, la provenienza geografica, il background culturale e la traiettoria professionale di ciascun autore. Non vengono offerte soluzioni definitive, ma stimoli e domande che aprono a visioni plurali. Le installazioni diventano così prototipi, ipotesi di nuove modalità di abitare e interpretare il mondo, frammenti di una narrazione corale, aperta e condivisa.

Michele De Lucchi e Mariangela Gualtieri, Nella terra il cielo, 2025 OCA Oasy Contemporary Art ©Mattia Marasco
Michele De Lucchi e Mariangela Gualtieri, Nella terra il cielo, 2025 OCA Oasy Contemporary Art ©Mattia Marasco

Le opere 

Il percorso narrativo di OCA prende avvio da una visione globale, un’indagine sul mondo nella sua “alterità”, per poi invitare all’introspezione e a una riflessione sul legame che intrecciamo con la natura. L’inizio del Sentiero è affidato all’artista camerunense Pascale Marthine Tayou, la cui installazione Plastic Bags denuncia con forza il destino dei rifiuti prodotti dall’eccesso produttivo dell’Occidente. La sua opera apre un discorso non soltanto ecologico, ma anche geopolitico, per sollecitare a ripensare le interconnessioni tra regioni e culture diverse.

In questo orizzonte, i temi ambientali non possono più essere affrontati dentro i confini ristretti della nazione, ma necessitano di un atteggiamento aperto. È questo il nucleo concettuale di Home of the World dell’artista svedese David Svensson.

Il Dynamo Pavilion di Kengo Kuma porta invece la riflessione oltre la sensibilità occidentale, introducendo i principi del “vuoto” e del silenzio, centrali nella tradizione orientale. Realizzata in acciaio e fibra di carbonio, la struttura si insinua tra gli alberi di una radura, apparendo come un incontro inaspettato. Il cammino prosegue con l’opera ideata dall’architetto e designer Michele De Lucchi insieme alla poetessa Mariangela Gualtieri. Qui la narrazione diventa essa stessa architettura: la poesia genera la struttura, che si rinnova a ogni ascolto, ribaltando l’ordine classico di mito-rituale-racconto. L’opera vive in una dimensione “atemporale”, evocando atmosfere mitologiche e permettendo un continuo scambio tra interno ed esterno, tra voce e spazio.

La dimensione rituale riaffiora anche nell’intervento dell’architetto Matteo Thun, che costruisce un cerchio di “dolmen” intitolato Fratelli Tutti. L’opera si ispira all’enciclica Laudato Si di Papa Francesco. È un invito a riconoscerci come membri di una stessa comunità planetaria, senza barriere né divisioni, in una prospettiva spirituale che invita a una rinnovata armonia interiore ed esteriore.

Kengo Kuma, Dynamo Pavillion, 2025, OCA Oasy Contemporary Art ©Mattia Marasco
Kengo Kuma, Dynamo Pavillion, 2025, OCA Oasy Contemporary Art ©Mattia Marasco

Accanto al cerchio di Thun, la natura cela altre presenze misteriose: rocce nere simili a meteoriti, adagiate ai margini del bosco. Sono le Erosions dell’artista italiano Quayola, pietre laviche erose da algoritmi e macchine speciali, in continuità con l’antica tradizione orientale delle “rocce degli studiosi”, pietre naturali scolpite dall’uomo da contemplare.

Il percorso si conclude con Self Regulation di Alejandro Aravena. L’opera pone il visitatore di fronte a una scelta implicita, che riflette il suo modo di concepire il rapporto con se stesso e con l’ambiente. Non vi è una risposta corretta o errata: ciò che conta è il processo di consapevolezza che l’opera attiva, trasformando l’esperienza estetica in un percorso personale di scoperta.

Matteo Thun, Fratelli Tutti, 2025, OCA Oasy Contemporary Art ©Mattia Marasco
Matteo Thun, Fratelli Tutti, 2025, OCA Oasy Contemporary Art ©Mattia Marasco


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