Ecco come Trump vorrebbe il Padiglione USA alla Biennale di Venezia 2026: pubblicato il bando


Sarà un Padiglione USA in chiave MAGA quello della Biennale di Venezia 2026? Probabilmente sì, dato il bando, pubblicato ieri, con i criteri di selezione. Spariti tutti i riferimenti a inclusione, diversità, comunità svantaggiate: il padiglione dovrà “promuovere i valori americani”.

Make America Great Again... anche alla Biennale di Venezia. Il prossimo Padiglione degli Stati Uniti alla Biennale d’Arte del 2026 sarà una celebrazione dell’America di Trump? È probabile, date le linee guida appena diramate dall’Ufficio dell’Istruzione e della Cultura (ECA, Bureau of Educational and Cultural Affairs) del Dipartimento di Stato USA: è stato pubblicato ieri infatti il bando per sostenere la realizzazione della mostra che gli Stati Uniti presenterà alla prossima biennale. Il Padiglione degli USA, progettato nel 1929 in stile neoclassico, è di proprietà della Solomon R. Guggenheim Foundation e viene gestito a livello operativo dalla Peggy Guggenheim Collection di Venezia, ed è sempre stato considerato, da parte dell’amministrazione statunitense, una “piattaforma di alto profilo per illustrare l’innovazione, l’ingegno, gli alti meriti artistici e l’ampiezza della comunità americana dell’arte”. Naturale, dunque, che rifletta anche gli orientamenti di chi governa il paese.

Il documento ufficiale con i criteri di selezione (valido, peraltro, anche per la Biennale del 2028) illustra in dettaglio obiettivi, modalità di finanziamento, criteri di ammissibilità e procedure per la candidatura. Il programma si propone di mostrare al pubblico internazionale opere d’arte che siano capaci di promuovere i “valori americani e di favorire il dialogo su sfide globali condivise”, si legge nel bando. Gli obiettivi del programma vanno infatti oltre la semplice esposizione artistica. Si punta, in particolare, a “contrastare stereotipi negativi” sugli USA e a sostenere “gli obiettivi di politica estera degli Stati Uniti consentendo agli esperti di cultura degli Stati Uniti di interagire con importanti pubblici stranieri nel mondo”. La partecipazione alla Biennale, si legge ancora nel documento, rappresenta anche un’opportunità per “promuovere la creatività e l’imprenditorialità degli artisti e delle istituzioni culturali americane, sviluppando nuove partnership e competenze”. Ancora, il Padiglione USA dovrà “valorizzare la varietà e l’elevato valore artistico degli Stati Uniti e accrescere la consapevolezza e la comprensione della cultura, dei valori e della società statunitense tra i partecipanti e il pubblico internazionale”, e poi ancora “consentire al pubblico straniero di conoscere la cultura, la società e le istituzioni statunitensi”, oltre che “stabilire relazioni e legami duraturi tra il pubblico, i colleghi e le istituzioni statunitensi e stranieri per coltivare lo scambio di conoscenze e competenze a beneficio delle comunità partecipanti”.

Il Padiglione USA alla Biennale 2009, con la mostra di Bruce Nauman. Foto: Sperone Westwater
Il Padiglione USA alla Biennale 2009, con la mostra di Bruce Nauman. Foto: Sperone Westwater

È un importante cambio di passo rispetto al bando scorso, pubblicato sotto l’amministrazione Biden: in quel caso, infatti, venivano specificati con precisione gli obiettivi della politica estera USA, ovvero “diversità e inclusione, ambiente, sicurezza sanitaria e alimentare, diritti umani, auto-determinazione, resilienza e risposta alle sfide globali condivise”. Nel bando attuale, questi obiettivi sono stati tutti rimossi (l’unico rimasto è la generica “risposta alle sfide globali”). Non solo: per il padiglione 2024, la valutazione di elementi come la diversità, l’inclusione, i diritti umani, la sostenibilità ambientale davano punti in fase di selezione. Quest’anno, invece, gli elementi di valutazione sulla capacità del progetto di dimostrare gli obiettivi della politica estera americana sono soltanto due, che non figuravano nel bando per la Biennale 2024: “promuovere relazioni pacifiche tra gli Stati Uniti e le altre nazioni” e “promuovere una comprensione internazionale completa dei valori e delle politiche americane”. Inoltre, nei criteri dell’eccellenza artistica, il nuovo bando ne aggiunge uno: la “capacità di mettere in mostra l’eccezionalità e l’innovazione americana”.

Altre differenze si possono ravvisare nei criteri di selezione del “merito artistico”: la parola “diversità” (diversity) nel criterio “Rappresentazione della vitalità e/o diversità della comunità artistica statunitense” è stata sostituita con la parola “gamma” (range); è stato eliminato l’incentivo a prevedere programmi pubblici per le comunità svantaggiate che si trovano nei dintorni di Venezia; eliminato il riferimento alla Biennale come possibilità per coinvolgere un pubblico diversificato composto anche da giovani, donne e comunità svantaggiate al di là del sito della mostra (il bando Trump parla più genericamente di un array of audiences, ovvero di una “gamma di pubblici”). Infine, uno dei principali criteri di valutazione del bando Biden, che dava 20 punti al progetto (su un totale di 80), ovvero il supporto all’equità e alle comunità svantaggiate (“le proposte”, si leggeva, “devono dimostrare chiaramente in che modo il programma sosterrà e promuoverà l’equità e coinvolgerà le comunità svantaggiate nella gestione, progettazione e implementazione del programma”), è stato cancellato e sostituito con un criterio “Promozione dei valori americani”, che ha lo stesso peso (25 punti su un totale di 100): “Le proposte”, afferma il bando Trump, “devono dimostrare chiaramente come il programma funzionerà per promuovere gli interessi degli Stati Uniti nell’amministrazione, nella progettazione e nell’implementazione del programma”.

Il Padiglione USA alla Biennale 2024, con la mostra di Jeffrey Gibson. Foto: Peggy Guggenheim Collection
Il Padiglione USA alla Biennale 2024, con la mostra di Jeffrey Gibson. Foto: Peggy Guggenheim Collection

Si profila già dunque un padiglione che porterà avanti la narrazione dei “valori americani” finora propugnati dall’amministrazione Trump, che tuttavia non ha tagliato il budget pubblico: il bando prevede infatti un massimo di 375.000 dollari di finanziamento (330mila euro al cambio attuale), di cui 125.000 (110mila euro) destinati alla gestione operativa del Padiglione e 250.000 (220mila euro) utilizzabili per la produzione, l’allestimento, il trasporto delle opere e i viaggi dei curatori. Si tratta della stessa cifra che l’ECA aveva messo a disposizione per il Padiglione del 2024, che tuttavia, nel complesso, poteva contare su di un budget di 5,8 milioni di dollari: tutto il resto, infatti, era stato fornito da donatori privati. Per fare un confronto, il Padiglione dell’Italia era costato 1,2 milioni di euro, di cui 800mila garantiti dalle casse pubbliche, e nella fattispecie dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, e gli altri 400mila giunti dagli sponsor privati (qui tutti i costi dei padiglioni nazionali alla Biennale 2024).

Possono presentare domanda organizzazioni non profit statunitensi, oltre a curatori e artisti cittadini o residenti permanenti negli Stati Uniti. La scadenza è fissata per il 30 luglio 2025, con la comunicazione degli esiti entro settembre. Fissate anche le date per la Biennale 2028: i progetti dovranno arrivare tra il 1° novembre 2026 e il 30 gennaio 2027 e verrà data comunicazione dei vincitori sarà data ad aprile 2027.


Se ti è piaciuto questo articolo abbonati a Finestre sull'Arte.
al prezzo di 12,00 euro all'anno avrai accesso illimitato agli articoli pubblicati sul sito di Finestre sull'Arte e ci aiuterai a crescere e a mantenere la nostra informazione libera e indipendente.
ABBONATI A
FINESTRE SULL'ARTE



MAGAZINE
primo numero
NUMERO 1

SFOGLIA ONLINE

MAR-APR-MAG 2019
secondo numero
NUMERO 2

SFOGLIA ONLINE

GIU-LUG-AGO 2019
terzo numero
NUMERO 3

SFOGLIA ONLINE

SET-OTT-NOV 2019
quarto numero
NUMERO 4

SFOGLIA ONLINE

DIC-GEN-FEB 2019/2020
Finestre sull'Arte