Fuori la Russia dall’ICOM, ovvero l’International Council of Museums, il principale ente di rappresentanza dei musei a livello mondiale: a chiederlo è un’associazione no-profit francese, “Pour l’Ukraine, pour leur liberté et la nôtre”, che ha pubblicato una lettera aperta sul quotidiano Le Monde. L’associazione, rappresentata dall’analista Christian Castagna, specialista di affari europei e internazionali, è al lavoro, in particolare, sul tema dei beni culturali devastati durante questi tre anni di guerra cominciata dalla Russia il 24 febbraio 2022: a oggi, ricorda il sodalizio, l’Unesco ha contato 494 siti distrutti o danneggiati dall’inizio della guerra, tra cui 149 edifici religiosi, 257 edifici storici, 33 monumenti (inclusi anche i memoriali sull’Olocausto), 18 biblioteche, 34 musei e 2 siti archeologici.
“Tuttavia”, si legge nella lettera, “l’obiettivo di Mosca non è solo la distruzione. Si tratta anche di appropriarsi del patrimonio ucraino, ‘russificandolo’ ogni volta che è possibile. Dall’occupazione della Crimea nel febbraio 2014 , è stata attuata una politica sistematica di ridefinizione dell’identità culturale. Migliaia di opere d’arte vengono trasferite dai musei della Crimea alle istituzioni russe”. L’associazione elenca anche alcuni esempi: per esempio, la grande mostra su Ivan Aivazovskij tenutasi nel 2016 alla Galleria Tret’jakov di mostra, dove 38 sulle 120 opere esposte provenivano dalle collezioni della Crimea occupata dai russi. E ancora, lo smantellamento del sito archeologico di Chersoneso, uno dei sette siti che fanno parte del Patrimonio dell’Umanità Unesco in Ucraina, sul quale nel luglio del 2024 è stato anche installato un museo intitolato “Museo della Crimea e della Novorossija” (Nuova Russia), per giustificare le pretese russe di “riconquista” delle regioni orientali e meridionali dell’Ucraina.
“Questi saccheggi sistematici”, spiega l’associazione, “rispondono a un chiaro programma politico: realizzare la fantasia imperiale di una ‘Grande Russia’”; una visione che in Russia è stata sancita dalla legge tramite il voto della Duma sugli emendamenti costituzionali che legittimano l’annessione della Crimea e di quattro oblast’ dell’Ucraina (Donetsk, Lugansk, Cherson e Zaporizhia). E poi, nel maggio 2023 sono state pubblicate anche le “Raccomandazioni metodologiche per la creazione di mostre dedicate alla storia dell’‘operazione militare speciale’ nei musei della Federazione Russa”, che sono state quasi immediatamente attuate dai direttori dei musei russi, soprattutto nelle istituzioni “gemellate” con i musei situati nei territori occupati. Questo significa che il personale dei musei della cosiddetta Novorossija viene formato (come a Rostov sul Don, nell’ottobre 2024) per “ricatalogare” le collezioni ucraine nel sistema museale russo e allineare la propria programmazione culturale al revisionismo storico del Cremlino. “Oggi”, dice l’associazione, “le collezioni di 77 musei ucraini nei territori occupati sono inserite nel Catalogo statale del Fondo museale della Federazione Russa”.
Tali atti “costituiscono comunque violazioni del diritto internazionale, in particolare della Convenzione dell’Aia del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, di cui la Russia è firmataria. Le argomentazioni a favore della responsabilità legale sono forti. Le prove abbondano e alcuni autori hanno documentato personalmente i loro crimini”. Inoltre, dice Pour l’Ukraine, “diversi direttori di musei russi sono stati identificati come complici; uno dei più schietti è Mikhail Piotrovskij, direttore dell’Hermitage di San Pietroburgo, che giustificò ideologicamente il saccheggio. È auspicabile che l’applicazione del diritto internazionale consenta un giorno di condannare questi crimini e di restituire i beni rubati. Ma un’azione legale può durare decenni. Nel frattempo, i mercanti d’arte russi stanno già ristabilendo i legami con i collezionisti in occasione delle principali fiere internazionali, in particolare a Maastricht”.
Per queste ragioni, l’associazione chiede l’espulsione della Russia dall’ICOM: “Sono necessarie misure urgenti e decisioni concrete possono essere prese immediatamente: espellere la Russia dall’International Council of Museums (ICOM) e il personale dei musei russi coinvolto nel saccheggio delle collezioni ucraine nei territori occupati. L’articolo 7.2 del Codice etico dell’ICOM afferma chiaramente: ‘La politica del museo deve tenere conto della legislazione internazionale che funge da standard per l’interpretazione del Codice etico dell’ICOM’”.
“La presenza continuata all’interno dell’ICOM di istituzioni e individui coinvolti nella distruzione, nel saccheggio e nella falsificazione del patrimonio culturale costituisce una flagrante violazione di questi principi”, conclude Pour l’Ukraine. “Espellere la Russia dall’ICOM è il minimo che ci si possa aspettare da un’istituzione di diritto francese, dedita alla tutela del patrimonio culturale e all’applicazione di standard etici nella cooperazione museale internazionale. Molti comitati nazionali hanno già richiesto questa sanzione, finora senza successo. Sarà necessario che i tribunali francesi obblighino l’ICOM a rispettare le proprie regole?”.
Tra i firmatari della lettera ci sono diversi esperti: il curatore Kostantin Akinsha, e poi Francesca Thyssen Bornemisza fondatrice di “Musei per l’Ucraina”, e Vitalit Tytych, responsabile degli affari legali della sezione ucraina dell’ICOM. Al momento, l’ICOM non ha ancora risposto.