Sta facendo molto discutere in questi giorni, in Danimarca, La Grande Sirena (Den Store Havfrue) di Peter Bech. Si tratta di una scultura in granito che l’Agenzia danese per i Palazzi e il Patrimonio Culturale ha recentemente chiesto di rimuovere dal Forte di Dragør (Danimarca), ritenendola incompatibile con il valore storico del sito. Quella della sirena di Bech è una vicenda che deriva da decisioni prese già alcuni mesi fa e che merita di essere ricostruita con maggiore chiarezza. Per cominciare, a riferire la decisione dell’Agenzia danese è stato lo scorso 12 marzo il giornale danese Dragør Nyt, che ha raccontato come il Comune abbia rifiutato l’offerta dell’artista di donare la scultura, comprensiva di trasporto, per una nuova collocazione su suolo pubblico della cittadina.
Peter Bech, artista residente a Dragør, aveva realizzato la Sirena per il proprio ristorante situato a Langelinie, Copenaghen. Collocata nei pressi della famosa Sirenetta tra il 2006 e il 2018 (era stata rimossa anche da lì a seguito delle lamentele dei residenti, che l’avevano definita una sirena falsa e volgare), la scultura alta quattro metri (scolpita a Pechino e progettata dall’artista stesso) era poi stata spostata al Forte di Dragør in accordo con l’affittuario del sito. In ogni caso, l’opera non è mai passata inosservata e ha continuato a generare reazioni contrastanti, fino al recente intervento dell’autorità per il patrimonio culturale.
Nel tentativo di preservarla da un’eventuale rimozione definitiva, Bech ha dunque proposto la donazione al Comune, ma la Commissione per il Clima, l’Urbanistica e le Imprese, su raccomandazione dell’amministrazione comunale, ha respinto la proposta. La motivazione fornita dalla stessa amministrazione, e riportata sempre da Dragør Nyt, risiede infatti nella mancanza di coerenza con la storia del territorio. “La scultura della sirena è difficile da integrare, in quanto non è legata alla storia di Dragør e può quindi essere considerata un elemento che non contribuisce alla storia, ad esempio, del centro storico di Dragør o del porto”, riporta il giornale.
Dragør Nyt a questo punto rilascia anche le osservazioni di Bech. “Ci sono sculture di sirene in molte città e Dragør è una città portuale. Quindi avrebbe perfettamente senso trovare un posto per loro qui. Da quando mi sono trasferito a Dragør qualche anno fa, mi sono sentito trattato bene e molto benvenuto. Quindi ho voluto restituire qualcosa e ho offerto al comune di installare la sirena vicino all’acqua. Ci ho messo due anni. Il motivo è che i clienti del mio ristorante erano spesso delusi dal fatto che la Sirenetta fosse così piccola, quindi volevo offrire loro un’esperienza diversa. Negli anni in cui è stata esposta di fronte al ristorante, è stata fotografata migliaia di volte (…) È stata collocata in questa posizione elevata per dimostrare che le donne hanno conquistato nel tempo un posto indipendente e per mostrare il rispetto che hanno ottenuto. Penso che sia in linea con il desiderio di avere più statue di donne in generale. Un altro elemento è che la sua posizione trasmette sicurezza in se stessa e rispecchia la visione danese del mare che lei domina, sia storicamente che oggi. È stato definito kitsch, un pugno nell’occhio e uno gnomo da giardino, ma ad altri piace molto”.
Secondo il giornale, Helle Barth, presidente della Commissione per il Clima, Urbanistica e Imprese, sembra aver confermato invece l’esito del processo decisionale, ammettendo però le difficoltà dell’organo nel rifiutare un’opera offerta a titolo gratuito. “Non è stata una decisione facile quella di rifiutare la scultura. Era un’offerta davvero allettante, ma è difficile inserirsi a Dragør, quindi abbiamo gentilmente rifiutato l’offerta”, riporta Dragør Nyt.
La controversia, però, ha superato i confini del dibattito amministrativo. Secondo Mathias Kryger, critico d’arte della rivista danese Politiken, la Sirena non sarebbe mai dovuta essere installata in città. Intervistato da TV 2 Kosmopol, Kryger ha parlato di un’opera troppo brutta e pornografica, e ha indicato la responsabilità che le istituzioni hanno nel decidere quali opere debbano occupare lo spazio pubblico. “C’è un’enorme responsabilità da parte di chi decide quali statue adorneranno lo spazio pubblico. Le sculture devono suscitare riflessioni ed essere ben pensate. Non credo che La Grande Sirena sia caratterizzata da questo”, ha dichiarato a TV 2 Kosmopol.
La discussione si è poi allargata, assumendo contorni più ampi che riguardano l’identità culturale, la rappresentazione del corpo femminile e i criteri di decoro nello spazio condiviso. Sulle pagine del quotidiano Berlingske, la giornalista Sorine Gotfredsen ha invece definito la statua “il sogno caldo di un uomo su come dovrebbe apparire una donna”, sostenendo che opere del genere non favoriscano un’ampia accettazione dei corpi femminili da parte delle donne stesse. “È particolarmente incoraggiante il fatto che ci sia stata insoddisfazione nei confronti della statua della sirena che attualmente troneggia a Dragør”, ha scritto Gotfredsen, citata anche dal Guardian in un articolo dedicato.
Il dibattito, secondo la redattrice di Berlingske, Aminata Corr Thrane, ha travalicato il campo dell’estetica per entrare addirittura in quello del body shaming. Come scrive il Guardian Corr Thrane ha criticato l’ossessione per le forme e le proporzioni accademiche del seno femminile, ricordando che la Sirena di Bech è accusata soprattutto di avere un seno più grande. “I seni femminili nudi devono avere una forma e una dimensione accademica specifiche per poter apparire in pubblico?”, ha domandato nel suo intervento riportato dal giornale britannico. E ancora “D’altra parte, ha un seno più grande, ed è qui che sta il problema. Forse le due statue, la Grande e la Sirenetta, rappresentano due lati della donna e l’eterno braccio di fune su cosa sia una veradonna. E forse anche quello che è una donna sbagliata”.
Un ulteriore elemento da tenere in considerazione riguarda il contesto in cui si inserisce la discussione su La Grande Sirena. Il dibattito avviene infatti in un momento storico in cui le statue femminili negli spazi pubblici danesi restano ancora fortemente minoritarie. Secondo un conteggio diffuso nel 2024 tramite un comunicato dell’Agenzia danese per i Palazzi e il Patrimonio Culturale, soltanto 31 delle 321 statue censite rappresentano figure femminili.
“I numeri parlano quasi da soli: solo 31 delle 321 statue e busti presenti in città raffigurano donne, e a Copenaghen ci sono più statue di creature mitologiche che donne”, scrive il ministro della cultura Jakob Engel-Schmidt. “È assolutamente pazzesco. È davvero questa l’immagine in cui crescerà la prossima generazione? Soprattutto se si pensa a quante conquiste cruciali nella società siano dovute alle donne. Abbiamo tutti bisogno di modelli a cui guardare e che ci diano una comprensione del nostro passato comune. Come ministro, vorrei usare la mia voce per rendere omaggio e riconoscere le numerose donne nella storia danese. Ecco perché voglio istituire un comitato per individuare a quali donne rendere omaggio con le statue. Spero poi che comuni, fondazioni e aziende contribuiscano a promuovere lo sviluppo. Come ministro, farò sicuramente la mia parte per garantire il sostegno a tali progetti”.
I dati raccolti provengono da un’indagine realizzata dal quotidiano Jyllands-Posten nell’estate del 2023, all’interno di una serie di articoli dedicati alla presenza scultorea nel Paese. Ad ogni modo, nonostante il rifiuto da parte di Dragør, la Sirena potrebbe effettivamente trovare una nuova collocazione, lontano dal Forte e dalle critiche. Il vicesindaco del comune di Guldborgsund (nella regione della Selandia), René Christensen, ha dichiarato al giornale Jyllands-Postenche il proprio Comune sarebbe disposto ad accogliere l’opera, indicando dunque la volontà di lasciare spazio a forme artistiche anche controverse.
“A Dragør hanno deciso di rimuovere la controversa scultura La Grande Sirena”, scrive Christensen. “È una decisione che trovo deplorevole e sintomatica della mancanza di spazio che spesso diamo all’arte negli spazi pubblici. Per me, La Grande Sirena è una bellissima opera d’arte proprio perché crea dibattito. Questo è ciò che l’arte può e deve fare. Le è consentito provocare, turbare e suscitare emozioni. Una sirena è una creatura mitica, non una donna. Le sirene appartengono a un mondo antico fatto di marinai, superstizione, mare e storie di ubriaconi. Pertanto, oggi non dovremmo leggerla come un ideale corporeo, ma come una figura mitica e giocosa che esiste da secoli. Qui nel comune di Guldborgsund, siamo molto carenti di arte e di opportunità di confrontarci con un po’ di riflessione nel nostro spazio urbano. Ci sono buoni passi avanti in città come Stubbekøbing, ma non abbiamo ancora compiuto il passo definitivo verso lo spazio pubblico aperto. Dovremmo farlo. Pertanto, alla prossima riunione della Commissione Finanze, accoglierò la proposta: non dovremmo proporci come nuovo comune permanente per La Grande Sirena? Qui, nella Danimarca meridionale, c’è spazio sia per grandi pensieri, sia per grandi sculture e sì, anche per grandi seni. L’arte è ciò che ne facciamo. Nel comune di Guldborgsund, c’è spazio per tutti”.
Del resto, non è la prima volta che sirene considerate pornografiche, false o volgari alimentano il dibattito pubblico: un precedente italiano del 2023 aveva già attirato attenzione e polemiche simili. Due anni fa a Monopoli, in provincia di Bari, era stata collocata in piazza Rita Levi Montalcini una scultura intitolata Il mare, raffigurante una sirena dalle forme prosperose, realizzata dagli studenti dell’Istituto superiore Luigi Russo. L’opera, situata accanto a un’area giochi per bambini, era stata definita da alcuni osservatori e utenti social come troppo audace o addirittura vomitevole, e non sono mancate le critiche online, raccolte anche nei commenti della pagina Facebook della testata locale The Monopoli Times.
“Ho rubato questi scatti dal post di un amico di Monopoli il quale giustamente ha espresso alcune perplessità circa questo “monumento” piazzato in piazza Rita Levi Montalcini”, aveva scritto l’attrice barese Tiziana Schiavarelli sul suo profilo Facebook. “Già dal primo sguardo, non si direbbe voglia raffigurare l’immagine della celebre scienziata… Piuttosto sembrerebbe una sirena con due tette siliconate da denuncia al chirurgo, e soprattutto un enorme culo mai visto ad una sirena. Almeno a quelle che conosco io...PS: non me ne vogliano gli autori dell’opera, né l’amministrazione comunale di Monopoli ma a me questa cosa diverte molto... Chissà che non diventi una ulteriore attrazione per i turisti…”.
A difendere gli studenti era intervenuto però il preside dell’Istituto, Adolfo Marciano, il quale aveva dichiarato a Telebari che la statua “potrebbe essere letta come un omaggio alla donna che è bella anche se curvy”, aggiungendo poi “basta con i modelli della donna perfetta propinati dalla pubblicità”. In sostegno all’opera italiana di due anni fa è intervenuto inoltre il consigliere regionale pugliese Stefano Lacatena, che si è espresso pubblicamente a favore dell’opera.
“Much ado about nothing…”, aveva scritto sul proprio profilo Facebook. “Mi è capitato di assistere a tantissime polemiche cittadine in tantissime realtà pugliesi ma probabilmente è la prima volta che mi capita di intervenire in una polemica per un’opera d’arte non ancora inaugurata! Ciò che sta accadendo nella mia Monopoli intorno alla statua della sirena progettata e realizzata dagli studenti dell’I.I.S.S. Luigi Russo ha dell’incredibile. Leggo ovunque sui social commenti di vario tipo: dalle critiche più feroci e “bacchettone” a veri e propri insulti nei confronti dei ragazzi che hanno realizzato l’opera. Cito in parte l’articolo 33 della nostra amata Costituzione: “l’arte e la scienza sono libere”. Bisogna avere maggiore rispetto nei confronti degli studenti che hanno realizzato quest’opera e nei confronti del professor Adolfo Marciano, dirigente scolastico del Luigi Russo. Portare rispetto nei confronti di questa opera è un dovere nei confronti delle ore di studio e di lavoro impiegate dai nostri ragazzi che non hanno certo bisogno delle critiche poco “critiche” dei frequentatori dei social!”
Il caso de La Grande Sirena di Peter Bech, così come quello italiano, potrebbe dimostrare perciò come il dibattito sull’arte pubblica tocchi sempre più spesso temi legati alla rappresentazione del corpo, alla definizione dell’identità culturale e al ruolo dello spazio condiviso. Resta dunque una domanda cruciale: chi ha il potere di stabilire cosa sia arte, cosa sia decoroso e cosa possa rappresentare una collettività nello spazio pubblico?
L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia
Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.Per inviare il commento devi
accedere
o
registrarti.
Non preoccuparti, il tuo commento sarà salvato e ripristinato dopo
l’accesso.