Riproduzioni beni culturali, cambia finalmente la disciplina: aumentano le gratuità


Il Ministero della Cultura pubblica finalmente le modifiche alle linee-guida sulle riproduzioni delle immagini dei beni culturali, ampliando in maniera consistente i casi di gratuità. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

Il settore dei beni culturali può finalmente tirare un sospiro di sollievo: il Ministero della Cultura ha infatti allargato le maglie in materia di riproduzione delle immagini dei beni culturali, pubblicando un decreto ministeriale, il numero 108 del 21 marzo 2024, che introduce una serie di esenzioni sul pagamento delle tariffe per le riproduzioni. Il decreto interviene a modificare il decreto del Ministro della Cultura numero 161 dell’11 aprile 2023, che aveva riformato la materia. Il decreto dello scorso anno, in particolare, varava alcune linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna ai luoghi della cultura statali: scopo del Ministero era quello di fare ordine stabilendo canoni per ogni evenienza, dunque sia per la riproduzione delle immagini, sia per l’affitto delle sale dei luoghi della cultura.

La parte sulle riproduzioni era stata però molto contestata, soprattutto per due motivi: il meccanismo del processo d’individuazione delle tariffe, ritenuto macchinoso e poco rispondente alle necessità dell’odierna società digitale, e la limitazione delle esenzioni. Inizialmente, infatti, sembrava che dovessero pagare anche soggetti solitamente esentati, come le riviste scientifiche, lasciando la gratuità solo per le riproduzioni prive di finalità di lucro e destinate ad attività di studio, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale. Il MiC era poi intervenuto, per il tramite del capo dell’ufficio legislativo Antonio Tarasco, spiegando che i canoni non si sarebbero applicati alle riviste scientifiche e alle tesi accademiche.

Tuttavia, le precisazioni non furono sufficienti, tanto che ci furono numerosi appelli da parte delle associazioni della base, e un acceso dibattito. Anche Finestre sull’Arte ha dedicato ampio risalto alla discussione, ospitando, prima sul cartaceo e poi sulla versione online, interventi di Andrea Brugnoli, Roberto Caso, Deborah De Angelis, Gloria Gatti, Daniele Manacorda, Anna Maria Mauro, Iolanda Pensa, Stefania Ventra, Giuliano Volpe e del Gruppo Digital Culture Heritage di ICOM Italia sul tema delle riproduzioni delle immagini delle opere d’arte e sulle conseguenze del decreto dell’aprile 2023.

Vediamo nello specifico cosa prevede la nuova normativa, che va a sostituire completamente quella introdotta dal decreto dello scorso anno. Intanto, le nuove linee guida sono aggiornate sul recepimento, da parte dell’Italia (con decreto legislativo n. 200 del 2021, che nelle linee guida di aprile 2023 non veniva menzionato), della direttiva 2019/1024 dell’Unione Europea sul riuso dei dati prodotti dalla pubblica amministrazione, che stabilisce di favorire il più possibile il riutilizzo dei dati della pubblica amministrazione, stabilendo che il riutilizzo libero, anche per fini commerciali, può essere strategico per lo sviluppo sociale e culturale dei paesi dell’Unione (musei e archivi, va tuttavia sottolineato, possono richiedere il pagamento di tariffe per poter finanziare le attività di digitalizzazione, e viene data agli Stati membri la facoltà di normare l’esazione delle tariffe).

Il nuovo decreto introduce un nuovo paragrafo in cui viene stabilito che sono considerate libere, poiché finalizzate a “studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale”, le riproduzioni di immagini di beni culturali contenute in pubblicazioni liberamente accessibili da chiunque (“open access”), in quanto prive di un prezzo di copertina. Ancora, altra novità, vengono specificate le categorie di riproduzioni che hanno diritto alla gratuità: 1. le riproduzioni di beni culturali e il loro riuso per i volumi a cui viene riconosciuto dall’ente concedente un carattere scientifico (contributi in volume, atti di convegni nazionali ed internazionali) e accademico; 2. le riproduzioni di beni culturali e il loro riuso per volumi e riviste a cui viene riconosciuto dall’ente concedente un contenuto divulgativo e didattico; 3. le riproduzioni di beni culturali e il loro riuso per i cataloghi d’arte, di mostre e manifestazioni culturali con tiratura fino a 4000 copie; 4. le riproduzioni di beni culturali e il loro riuso per le riviste scientifiche e di Classe A di cui agli elenchi dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR); 5. le riproduzioni di beni culturali e il loro riuso per pubblicazioni in giornali e periodici nell’esercizio del diritto-dovere di cronaca; 6. le riproduzioni di beni culturali e il loro riuso destinate alle pubblicazioni liberamente accessibili da chiunque senza il pagamento di un prezzo (“open access”); 7. le riproduzioni di beni culturali eseguite autonomamente da chiunque (come ad esempio studenti, studiosi, ricercatori, docenti universitari) effettuate a scopo non lucrativo e non destinate alla vendita; 8. le riproduzioni di beni culturali e il loro riuso per la realizzazione del materiale espositivo, scientifico, didattico e divulgativo di mostre e manifestazioni culturali organizzate da un organo del Ministero ovvero da enti pubblici e privati per finalità di valorizzazione del patrimonio culturale attuate senza scopo di lucro.

Chi richiede un’immagine sarà tuttavia tenuto al rimborso di eventuali spese sostenute dall’amministrazione per eseguire le riproduzioni, e il rimborso riguarderà esclusivamente i costi vivi in rapporto alla richiesta di riproduzione e per la fornitura. Nessun rimborso sarà dovuto per le riproduzioni già disponibili online che restino liberamente scaricabili e per quelle eseguite direttamente da privati.

Al contempo, cambiano e soprattutto si aggiornano le tariffe per chi dovrà pagare. Per esempio, sulle immagini digitali, il decreto precedente distingueva solo tra fotografie in bianco e nero e fotografie a colori e tra bassa e alta risoluzione. Adesso invece la distinzione è sulla qualità foto: per il web (72 dpi), per la stampa (300 ppi), altissima risoluzione (gigapixel), RTI e acquisizione 3D. Rivisti all’insù anche i moltiplicatori, ovvero i coefficienti che fanno aumentare il prezzo della riproduzione sulla base della finalità (per esempio 1,5 per i cataloghi d’arte – prima il coefficiente dell’editoria di settore era 1 – 5 per le pubblicazioni in copertina, ecc.).

Un nuovo decreto, dunque, che interviene con le tanto attese modifiche al provvedimento fortemente criticato lo scorso anno e offre agli addetti ai lavori uno strumento sicuramente più aggiornato.

Foto: Sandro Nardoni

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