USA, lo Smithsonian chiude i musei a Washington per lo shutdown


Lo Smithsonian Institution ha sospeso le attività dei suoi 21 musei a Washington a causa del blocco del governo federale, in corso dal 1° ottobre. La chiusura segue quella della National Gallery of Art e solleva interrogativi sul futuro delle mostre e sulla condizione dei lavoratori.

Lo Smithsonian Institution, uno dei più vasti complessi museali al mondo con sede a Washington, ha chiuso le proprie strutture a causa dello shutdown del governo federale iniziato il 1° ottobre. La decisione, comunicata nel fine settimana e come riporta la rivista Artnews, segna un passaggio importante nella crisi che da due settimane paralizza diversi settori della capitale statunitense. L’interruzione delle attività coinvolge 21 musei e gallerie, tra cui il noto Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, lo Smithsonian American Art Museum e il National Portrait Gallery, e rappresenta la più ampia sospensione di attività culturali determinata finora dal blocco governativo.

Non è il primo caso di chiusura forzata per le istituzioni culturali della città. Già la National Gallery of Art (ne abbiamo parlato qui) aveva abbassato le saracinesche lo scorso fine settimana, a conferma dell’impatto crescente che lo stallo politico sta avendo sul panorama culturale di Washington. La differenza, nel caso dello Smithsonian, risiede nelle dimensioni e nell’importanza della rete museale, che raccoglie milioni di visitatori ogni anno e custodisce collezioni di rilievo internazionale. L’istituzione riceve gran parte del proprio finanziamento dal governo federale, ma nei giorni immediatamente successivi all’avvio dello shutdown aveva tentato di restare operativa utilizzando fondi interni. Inizialmente si era parlato di una chiusura fissata per il 6 ottobre, poi rinviata all’11, nel tentativo di guadagnare tempo in attesa di sviluppi politici. L’assenza di accordi tra Democratici e Repubblicani ha però reso inevitabile la sospensione a tempo indeterminato.

Il tema delle ricadute sui lavoratori rimane delicato. Secondo quanto scritto da Artnews, nel precedente shutdown, tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019, i dipendenti dello Smithsonian rimasero senza stipendio, con pesanti conseguenze personali ed economiche. Non è chiaro se la situazione attuale seguirà lo stesso percorso. Il presidente Donald Trump, nelle scorse settimane, ha lasciato intendere che i lavoratori federali in congedo forzato non avranno automaticamente diritto a retribuzioni arretrate. A complicare il quadro, venerdì la Casa Bianca ha reso noto un nuovo ciclo di licenziamenti legati direttamente al blocco delle attività. Le radici dello scontro politico che ha generato lo shutdown si trovano nelle divergenze tra i due principali partiti sul tema della sanità. I Democratici hanno chiesto di eliminare i tagli introdotti dai Repubblicani, mentre questi ultimi hanno insistito affinché venisse approvato il proprio piano di finanziamento. L’assenza di un compromesso ha portato alla paralisi che, entrando nella seconda settimana, inizia a produrre effetti tangibili anche in ambito culturale.

Lo Smithsonian American Art Museum. Foto: Zack Fran
Lo Smithsonian American Art Museum. Foto: Zack Fran

A destare preoccupazione sono ora i programmi espositivi programmati dalle diverse sedi. Il Smithsonian American Art Museum, ad esempio, ha in calendario per la fine del mese una mostra dedicata a Grandma Moses, la pittrice statunitense divenuta celebre per le sue raffigurazioni rurali. Al National Portrait Gallery era attesa per il 18 ottobre l’apertura di un’esposizione legata a un concorso periodico di ritrattistica, già rinviata a data da destinarsi. L’assenza di certezze rende quindi difficile prevedere se tali iniziative potranno svolgersi regolarmente o se subiranno cancellazioni definitive. Lo Smithsonian si trova inoltre da tempo al centro di tensioni politiche con l’amministrazione Trump. Già a marzo il presidente aveva firmato un ordine esecutivo in cui accusava l’istituzione di essersi lasciata influenzare da una ideologia divisiva e incentrata sulla razza. Nello stesso contesto aveva diffuso un elenco di opere esposte nei musei federali che, a suo giudizio, veicolavano tematiche sgradite, in particolare quelle legate alla migrazione e all’identità transgender.

Le polemiche hanno inciso soprattutto sul National Portrait Gallery. La direttrice Kim Sajet ha rassegnato le dimissioni dopo che Trump aveva dichiarato pubblicamente di averla rimossa dall’incarico. Sempre in quella sede, l’artista Amy Sherald ha annullato una tappa della sua mostra itinerante, motivando la decisione con accuse di censura. La pittrice, nota anche per il ritratto ufficiale di Michelle Obama, ha sostenuto che l’istituzione le avesse chiesto di escludere un’opera raffigurante una donna trans afroamericana nelle vesti della Statua della Libertà. Il protrarsi dello shutdown si intreccia con un contesto di tensioni politiche e culturali già evidenti da mesi. Con il blocco governativo entrato nella sua seconda settimana, resta difficile stabilire se e quando le strutture dello Smithsonian potranno riaprire. Intanto Washington perde, almeno temporaneamente, l’accesso a uno dei suoi patrimoni culturali più riconoscibili, in un momento in cui le vicende politiche sembrano avere un impatto diretto e immediato sulla vita culturale della città.


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