Quali sono i problemi dei musei durante il Covid e come lavorare per superarli: parlano 5 istituti


Come è andata la riapertura dei musei negli ultimi mesi? Quali sono i principali problemi che hanno dovuto affrontare? Cosa serve per lavorare bene durante l'emergenza? Abbiamo sentito i pareri di cinque importanti istituti.

Limitazioni al numero di visitatori, riduzione degli spazî, percorsi obbligati, protocolli sanitarî rigidi e rigorosi, controlli serrati sul pubblico, necessità di reperire il materiale per poter eseguire le sanificazioni e per consentire a chiunque entri nei musei di igienizzarsi: questa è, da maggio a questa parte, la realtà con cui i musei devono per forza misurarsi se vogliono aprire le porte al pubblico durante l’emergenza sanitaria Covid-19. Sono passati quasi cinque mesi dalla riapertura, ed è possibile dire con fermezza che i musei sono tra i luoghi più sicuri che esistano: al momento non si registrano infatti casi di contagio tra il pubblico e non ci sono istituti che hanno dovuto chiudere i battenti per infezioni da Covid (l’unico caso simile di cui si ha per ora notizia è avvenuto ai primi di settembre in Francia, e peraltro per via di un contagio tra gli addetti all’accoglienza, che hanno contratto il virus fuori dal museo, durante una cena). Questo però non significa che per i musei sia tutto facile.

Ci sono necessarie criticità (una su tutte riguarda, per esempio, la limitazione dell’accesso ai gruppi, che sono una delle principali fonti di guadagno di molti istituti), il calo dei visitatori è una costante che colpisce moltissimi istituti, la scarsità del personale, che già prima del coronavirus era uno dei principali problemi dei musei italiani, rischia adesso di diventare ancora più grave, e per molti sono venute meno le condizioni di sicurezza economica, già molto fragili ancor prima che scoppiasse la pandemia. Per capire come sia andata la riapertura, quali siano i maggiori problemi riscontrati dai musei e di che cosa il settore abbia bisogno per affrontarli nel migliore dei modi, abbiamo raggiunto cinque tra direttori e dirigenti di alcune importanti istituzioni (un museo statale, un museo pubblico, un museo privato, un museo diocesano e una manifestazione internazionale d’arte contemporanea): Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia, Maria Grazia Magenta, dirigente del servizio Beni e Attività Artistiche e Culturali della Città Metropolitana di Bari (nonché dirigente della Pinacoteca “Corrado Giaquinto” del capoluogo pugliese), Laura Bugliosi, responsabile marketing del Museo Bagatti Valsecchi di Milano, Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano "Carlo Maria Martini di Milano e Doris Ghetta, fondatrice e organizzatrice della Biennale Gherdëina, la rassegna internazionale d’arte contemporanea di Ortisei in val Gardena, giunta nel 2020 alla settima edizione.

Galleria Nazionale dell'Umbria. Ph. Credit Finestre sull'Arte
Galleria Nazionale dell’Umbria (foto pre-Covid). Ph. Credit Finestre sull’Arte

Intanto, c’è da sottolineare che la risposta del pubblico, nonostante le difficoltà, è stata buona: è vero, il pubblico non è quello del periodo pre-Covid, ma non ci sono state neppure le sale vuote come forse ci si sarebbe aspettati all’inizio dell’estate. “La ripresa”, conferma Pierini della Galleria Nazionale dell’Umbria che ha riaperto il 28 maggio posticipando la chiusura dell’importante monografica su Taddeo di Bartolo al 30 agosto, “è stata superiore alle aspettative, con numeri importanti nei mesi estivi, che si mantengono molto buoni anche in questo principio di autunno. Le misure adottate per il contingentamento degli ingressi e per la gestione dei flussi nelle sale hanno garantito una visita sicura ai fruitori, e un ambiente di lavoro idoneo al personale”. Note positive anche alla Biennale della val Gardena, come evidenzia Doris Ghetta: “L’inaugurazione è stata un momento di festa e di incontro molto partecipato e molti degli artisti che sembrava non potessero venire, alla fine con il graduale distendersi della situazione sono riusciti a partecipare alle giornate inaugurali. Anche il pubblico ha accolto molto bene la manifestazione. La Biennale è stata uno dei pochi eventi che, svolgendosi per la maggior parte all’aperto, ha potuto essere confermata; inoltre di edizione in edizione il progetto cresce sempre più e parallelamente cresce l’interesse di nuovi pubblici, sia di che già frequenta il settore delle arti visive, sia di chi si avvicina all’arte contemporanea per la prima volta”. Buone sensazioni anche a Bari, come dice Maria Grazia Magenta della Pinacoteca Giaquinto, tornata ad accogliere il pubblico dal 25 maggio: “I fedelissimi della Pinacoteca hanno ripreso a frequentare i nostri luoghi museali per ogni loro esigenza, compresa la consultazione dei volumi raccolti nella Biblioteca d’Arte della Pinacoteca. La nostra biblioteca è frequentata da numerosi studiosi e non mancano insegnanti e studenti”.

E anche nei due musei milanesi, che hanno avuto un’apertura posticipata rispetto alla Galleria di Perugia e alla Pinacoteca di Bari, le cose sono andate bene. Il Diocesano ha riaperto il 2 giugno con la mostra Gauguin Matisse Chagall. La passione nell’arte francese dai Musei Vaticani che, a causa del lockdown, era stata aperta in febbraio solo pochissimi giorni, mentre il 19 giugno è stata inaugurata (“cercando di dare un segnale di positività”, tiene a precisare la direttrice Nadia Righi), la mostra fotografica su Inge Morath. “Non è stato facile riaprire”, racconta Righi, “e tantomeno scegliere di inaugurare una mostra nuova. Abbiamo naturalmente in atto tutte le necessarie precauzioni (dai gel disinfettanti alla nuova segnaletica per i distanziamenti, dalla biglietteria on line al limite di capienza nelle sale), ma la risposta del pubblico è stata davvero sorprendente. Non avremmo mai pensato, da subito, di avere così tanti visitatori, molti dei quali sono venuti a ringraziarci dell’attività on line che abbiamo portato avanti durante il lockdown. Abbiamo esteso l’apertura all’orario serale, sino alle 22, e proposto molte attività nel chiostro (teatro, conferenze sull’arte e sulla fotografia), sempre molto apprezzate”. Il Bagatti Valsecchi ha invece riaperto il 19 di giugno, solo tre giorni a settimana, ovvero il venerdì, il sabato e la domenica, con il solito orario dalle 13 alle 17:45. La riduzione dei giorni ha consentito, dice Bugliosi, “da un lato di gestire in maniera più efficace le risorse, dall’altro di monitorare da vicino l’andamento del settore, con la possibilità di verificare day by day l’opportunità di modificare le scelte iniziali”. Quanto ai risultati, sottolinea la responsabile del museo, “non c’è dubbio che la ripresa sia stata inizialmente timida e prevalentemente nutrita da un turismo di prossimità. Tuttavia stiamo osservando (nelle ultime settimane e malgrado i numeri ancora fortemente inferiori alle medie del periodo) un minimo di ripresa e l’arrivo dei turisti stranieri”.

Museo Diocesano di Milano
Museo Diocesano di Milano
Museo Bagatti Valsecchi, Milano. Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Museo Bagatti Valsecchi, Milano. Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Pinacoteca Corrado Giaquinto, Bari
Pinacoteca Corrado Giaquinto, Bari

Numeri ridotti anche per la mancanza delle comitive e delle scolaresche sulle quali, nel pre-Covid, i musei facevano molto affidamento. E proprio la gestione dei gruppi è uno dei problemi principali in questa fase. “Sicuramente per noi”, ci fa sapere Nadia Righi del Diocesano di Milano, “la grande difficoltà è dover limitare i gruppi, che ora non possono essere superiori alle 10-12 persone, un dato che disincentiva la fruizione e la sostenibilità delle attività didattiche. Per il resto, vediamo che le persone visitano in tranquillità le sale, facendo con pazienza la fila se non hanno prenotato o se devono attendere prima di entrare nelle sale per mantenere il giusto distanziamento e rispettare il limite di capienza indicato”. Situazione simile anche alla Galleria Nazionale dell’Umbria: “Le principali criticità”, conferma Marco Pierini, “sono legate all’accesso dei gruppi, che deve tenere conto anche del numero massimo di visitatori consentito nelle singole sale, alcune delle quali di dimensioni ridotte, data la conformazione dello storico Palazzo dei Priori, sede della collezione museale. Limitazioni importanti riguardano anche le attività di fruizione e valorizzazione. È stato dunque necessario riprogettare alcuni eventi e calibrare l’offerta didattica alla nuova situazione, con proposte ripetute più volte per rispondere alla domanda crescente degli utenti. Nei prossimi mesi la vera sfida sarà quella di predisporre iniziative dedicate alle scuole che possano consentire di svolgere in sicurezza quella missione educativa a cui, da sempre, il nostro museo attribuisce un’importanza speciale”.

Per altri musei invece lo scoglio più arduo da superare è stata proprio la gestione dell’affluenza tout-court, che ha ridotto fortemente gli spazî dei musei più piccoli, come il Bagatti Valsecchi. “Le nuove regole generate dai decreti conseguenti alla pendemia”, dice Bugliosi del museo milanese, “hanno limitato fortemente gli accessi agli spazî museali, in particolare in realtà come la nostra che devono fare i conti anche con spazî, a volte, piuttosto ridotti; se è vero quindi che nel nostro Salone d’Onore possono stazionare anche 34 persone sedute, in alcune sale non possiamo accoglierne più di 8. Dobbiamo quindi studiare in maniera molto accurata le attività da proporre ai visitatori in modo da ottimizzare al meglio tempi e spazî, a seconda della tipologia di attività: alcune vengono svolte solo nella Sala più grande, mentre le visite guidate sono necessariamente ridotte al numero minimo di visitatori possibile negli spazî meno ampi. Viene quindi a mancare la possiiblità di realizzare alcune attività poiché i numero ridotti non consentono di ammortizzare le spese vive (guide, sorveglianza, specialisti della didattica)”. Problemi simili anche a Bari: “La principale criticità”, rileva Magenta, “è la gestione dell’affluenza, anche se si cerca in ogni modo di alleggerirne il peso; nel rispetto di ogni norma dettata in materia di sicurezza, si procede e si crea un clima di accoglienza quanto più armonico. Poiché la Pinacoteca di Bari è ubicata al quarto piano del Palazzo della Città Metropolitana, la misurazione della temperatura corporea è affidata al personale della portineria, e il visitatore, soltanto dopo aver rilevato questa potrà salire in Pinacoteca, indossando la mascherina, e qui eseguire la sanificazione delle mani. Solo dopo queste semplici verifiche avrà accesso alle Collezioni, sempre nel rispetto delle distanze di sicurezza”.

La Biennale Gherdëina, che avrebbe dovuto aprire nel mese di luglio, ha dovuto posticipare l’apertura di un mese perché, dice Doris Ghetta, “dopo lo scoppio della pandemia di Covid-19 abbiamo dovuto fermare tutto in attesa di capire che fare. Con il team ci siamo resi conto che era comunque importante mandare un segnale positivo di speranza e, posticipando di circa un mese la data di apertura, abbiamo deciso di confermare la manifestazione ripartendo proprio dal contributo sociale che l’arte può dare alla comunità”. Tuttavia, fortunatamente, ci fa sapere, “la maggior parte degli artisti erano già riusciti a fare un sopralluogo per visitare e conoscere gli spazi della Biennale prima della crisi sanitaria. È stato un aspetto fondamentale per la riuscita della Biennale, che si basa proprio sullo stretto legame che si crea tra gli artisti e i luoghi in cui questi vengono invitati a lavorare”. E nel caso della manifestazione altoatesina, le difficoltà sono state legate alla riduzione delle risorse, tema su cui occorrerà tornare a riflettere dal momento che per molti il problema si presenterà nei prossimi mesi: “Abbiamo avuto dei tagli al budget considerevoli”, dice Ghetta, “che hanno comportato la revisione di alcuni progetti e la rinuncia ad altri; abbiamo poi dovuto recuperare i mesi di stallo e organizzare la Biennale in tempi molto più stretti del previsto; ma alla fine ne è valsa la pena”.

Una delle installazioni della Biennale Gherdëina 2020
Una delle installazioni della Biennale Gherdëina 2020: Marcello Maloberti, Scritti Fighi, 1990-2020. Courtesy l’artista e Galleria Raffaella Cortese, Milano. Ph. Credit Tiberio Sorvillo

C’è un punto su cui tutti i musei sono d’accordo: ovvero, che per riuscire a far tornare il pubblico al museo serva una programmazione adeguata e all’altezza della situazione, con proposte interessanti, costanti, innovative. È quello che diversi musei hanno fatto quest’estate con ottimi risultati, a volte anche reinventandosi. Per poterla garantire è però necessario che i musei possano contare sulla sicurezza delle risorse, come sottolinea Laura Bugliosi del Bagatti Valsecchi, che indica qual è, a suo avviso, la ricetta per consentire ai musei di lavorare bene durante l’emergenza: “La stabilità economica è sempre una conditio sine qua non per favorire una spesa come quella a favore del settore culturale; inoltre occorrono regole certe che garantiscano la sicurezza, ma anche una programmazione che venga incontro a un nuovo modi di fruire la cultura, al di fuori della rigidità di schemi, percorsi e attività pensati solo per piccole nicchie di persone. La cultura deve essere sempre più al servizio di pubblico ampio e del territorio grazie a politiche di inclusione dei settori e delle fasce di popolazione più svantaggiate e di un approccio più aperto e user friendly”.

E ancora, sarà sempre più indispensabile non far troppo affidamento sui turisti e cercare di coinvolgere di più il pubblico della propria città o del proprio bacino territoriale. Questo è quello che si sta cercando di fare a Bari: “Il pubblico”, dice Maria Grazia Magenta, “ha bisogno di proposte culturali interessanti che vengano svolte in massima sicurezza; la Pinacoteca sta studiando iniziative il cui obiettivo, tra gli altri è quello soprattutto di riavvicinare il pubblico locale che potrà promuovere il proprio museo, tornare a frequentarlo, apprezzarne le proposte. Le iniziative attrarranno il pubblico residente e quello dei turisti e forestieri”. Naturalmente (e forse un po’ paradossalmente per come siamo abituati a immaginare il paesaggio dei musei), chi risulta svantaggiato in questa fase sono i musei delle grandi città turistiche, soprattutto quelli più grandi e che hanno il pubblico più sbilanciato sui turisti, mentre i musei più piccoli e abituati a lavorare con i cittadini riusciranno a limitare i danni. Tra i musei “avvantaggiati”, per così dire, figura il Diocesano di Milano: “Nel nostro caso”, spiega Nadia Righi, “il pubblico è tornato, anche più di una volta, per seguire le proposte culturali (conferenze, teatro, visite guidate). Il nostro vantaggio è che da anni lavoriamo sostanzialmente con un pubblico locale o con quello che si definisce ‘turismo di prossimità’. Credo che qui stia per noi la chiave: continuare a fare proposte differenziate, mantenendo quella attenzione ai visitatori che si sentono a casa e tornano volentieri”.

Punta sulla programmazione, infine, anche la Galleria Nazionale dell’Umbria. Che come tutti auspica un ritorno alla normalità, quella vera, quella che conoscevamo prima che il Covid-19 sconvolgesse le nostre abitudini e le nostre vite. “Il pubblico in realtà è tornato appena ne ha avuto la possibilità, sfidando lunghe code sotto il sole nei mesi estivi e rispettando con grande coscienziosità le norme di sicurezza”, afferma Marco Pierini. “La Galleria Nazionale dell’Umbria continua la sua attività di progettazione, che prevede nei prossimi mesi sfide impegnative, prima fra tutte quella del riallestimento della collezione, a cui si inizierà a lavorare da gennaio 2021. Quando il museo riaprirà in estate, la speranza è che i visitatori possano venire a scoprirlo nella sua veste completamente rinnovata in un contesto che non sia più di emergenza, ma di attesa ‘normalità’”.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

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