Rimini si rinnova: il riallestimento del Museo della Città


Rimini non vuole essere solo una meta balneare o congressuale, ma da qualche tempo si sta proponendo anche come meta culturale di rilievo. E adesso, dopo aver aperto il Fellini Museum e il PART, si appresta a rinnovare il Museo della Città.

Nota ai più come stazione balneare e mitico centro del divertimento notturno, Rimini è anche una città dallo strepitoso patrimonio artistico, che vede i suoi principali snodi nelle vestigia dell’antichità romana, nella pittura del Trecento, nella fioritura culturale che si ebbe alla corte dei Malatesta nel Rinascimento (e di cui ancora si erge il fiore più eccelso, l’albertiano Tempio), nella variegata produzione artistica di un “Seicento inquieto” (per richiamare il titolo di una bella mostra di qualche anno fa). Città che come nessun’altra in Italia ha subito le conseguenze dell’ultimo conflitto mondiale: situata a una delle estremità della Linea Gotica che, giungendo fino a Massa, ha per mesi interminabili tagliato in due la Penisola, Rimini ha perso per i bombardamenti oltre l’80% del proprio tessuto edilizio, raso al suolo o irrimediabilmente danneggiato. Nonostante le distruzioni e, come spesso è avvenuto, una ricostruzione non sempre encomiabile, il centro storico riminese conserva notevoli testimonianze dell’evoluzione storica e artistica della città e un’atmosfera affascinante, in cui si alternano spazi più solenni, come l’ampia Piazza Cavour (su cui veglia, al centro, il meraviglioso Paolo V bronzeo di Nicolas Cordier), e stradine (un tempo) popolari, come quelle del variopinto Borgo San Giuliano.

Le amministrazioni comunali che hanno governato negli ultimi anni hanno cercato e stanno cercando con grande caparbietà di riconnettere la città al proprio passato e di valorizzare la storia e le bellezze riminesi, con un duplice obiettivo: da un lato, quello di migliorare la vivibilità e la piacevolezza della città per i suoi stessi abitanti; e con il proposito, dall’altro, di aumentare l’attrattività di Rimini come meta del turismo culturale, in modo tale che il già notevole afflusso di visitatori non sia più unicamente legato alla stagione estiva o alla presenza di grandi eventi congressuali e fieristici. Gli interventi più significativi hanno riguardato Castel Sismondo, ricollegato alla città mediante la creazione di un’ampia piazza che lo circonda (e che ha sostituito un parcheggio) e divenuto sede del bel museo dedicato a Federico Fellini; la ricostruzione, a pochi passi di distanza, del Teatro Galli, tornato a essere sede di una vivace attività culturale; la fondazione, all’interno dei palazzi dell’Arengo e del Podestà, di un polo espositivo dedicato all’arte contemporanea, nato dapprima col nome di FAR (Fabbrica Arte Rimini) e ora divenuto PART (Palazzi dell’Arte Rimini); la sistemazione dell’area verde e dello specchio d’acqua su cui si libra il bellissimo Ponte di Tiberio.

Il Tempio Malatestiano
Il Tempio Malatestiano
La statua di Paolo V di Nicolas Cordier
La statua di Paolo V di Nicolas Cordier
Il Ponte di Tiberio
Il Ponte di Tiberio
Il Fellini Museum
Il Fellini Museum
Il PART di Rimini. Foto: Henrik Blomqvist
Il PART di Rimini. Foto: Henrik Blomqvist
Il Museo della Città, sezione romana
Il Museo della Città, sezione romana
La domus del Chirurgo
La domus del Chirurgo

Il venerando Museo della Città, che si appresta a tagliare, nel 2024, il traguardo dei cent’anni di vita, non poteva sottrarsi a questa ventata di rinnovamento, e infatti ha da poco avviato un percorso che, nel giro di qualche anno, ne cambierà profondamente l’aspetto e la capacità di ‘parlare’ al visitatore. Fondato dal grande studioso di cose riminesi Luigi Tonini (al quale è intitolato) e ospitato all’interno della maestosa ‘fabbrica’ del collegio dei gesuiti, il museo presenta, al pian terreno, una sezione romana che già si propone in una veste rinnovata, con una funzionale esposizione dei reperti e un adeguato apparato comunicativo: si tratta in buona parte di pezzi di notevole qualità che testimoniano la ricchezza dell’antica Ariminum, da una serie di mosaici ai manufatti rinvenuti nella vicina Domus del Chirurgo, a cominciare dal nutrito set di strumenti chirurgici che ha dato alla domus il nome con cui è conosciuta (si raccomanda una visita allo scavo, sia per il pregio dei mosaici ancora in situ, sia perché rappresenta un bell’esempio di archeologia urbana, con le vestigia antiche protette da una copertura che, una volta tanto, non disturba, ma anzi si integra con il contesto). Diverso il discorso per le sezioni successive, che presentavano fino ad ora un aspetto decisamente più ‘polveroso’, caratterizzato dalla classica ostensione paratattica dei pezzi, che non erano messi in grado di narrare una storia al visitatore, perlomeno non a quello che non arrivasse al museo con una solida preparazione alle spalle.

La prima tranche dei lavori è già iniziata e se ne prevede la conclusione entro il 2023: essi contemplano il completo riallestimento della porzione del museo che illustra la storia di Rimini dall’Alto Medioevo al Rinascimento, per un totale di circa 1200 metri quadrati di spazio espositivo e circa 300 opere, articolate in 13 sezioni. Nel nuovo percorso espositivo, che riprenderà il discorso che si conclude alla fine della sezione romana, esponendo innanzitutto i reperti relativi alla Rimini altomedievale, avranno ampio spazio il racconto della Rimini comunale (la città romagnola fu uno dei primi comuni d’Italia), l’illustrazione di quei monumenti e simboli della città che non esistono più, come la cattedrale di Santa Colomba, che sarà ricostruita virtualmente, e quindi il fermento del Trecento riminese, crocevia di artisti e di culture. Seguiranno le sale dedicate ai decenni della signoria malatestiana. Si tratterà di un nuovo allestimento totalmente differente da prima, sarà “un allestimento museale che sembra una mostra”, per dirlo con le parole del direttore del museo, Giovanni Sassu: il percorso avrà un filo narrativo molto marcato, e cercherà di far parlare i reperti instaurando relazioni tra gli oggetti stessi e tra gli oggetti e il contesto storico e artistico cittadino. Insomma, il proposito è quello di passare, come recita lo slogan adottato per il lancio dei lavori, “Dal Museo della Città al Museo per la Città”: un museo che coinvolge di più il visitatore, e che per farlo giustamente impara dalle (buone) mostre.

Rendering del futuro Museo della Città
Rendering del futuro Museo della Città
Rendering del futuro Museo della Città
Rendering del futuro Museo della Città
Rendering del futuro Museo della Città
Rendering del futuro Museo della Città
Maestro dell'Annunciazione Dreicer, Santa Caterina (1410 circa; arenaria con tracce di policromia; Rimini, Museo della Città)
Maestro dell’Annunciazione Dreicer, Santa Caterina (1410 circa; arenaria con tracce di policromia; Rimini, Museo della Città)
Giuliano da Rimini Polittico con l'incoronazione della Vergine, quattro santi e scene della Passione (1320 circa; tavola, 190,5 x 205 cm; Rimini, Museo della Città)
Giuliano da Rimini, Polittico con l’incoronazione della Vergine, quattro santi e scene della Passione (1320 circa; tavola, 190,5 x 205 cm; Rimini, Museo della Città)
Giovanni Bellini, Cristo in pietà (1474 circa; tempera su tavola, 80,5 x 120 cm; Rimini, Museo della Città)
Giovanni Bellini, Cristo in pietà (1474 circa; tempera su tavola, 80,5 x 120 cm; Rimini, Museo della Città)

Durante i lavori il museo non chiuderà, eccezion fatta naturalmente per il primo piano, dove si trovano le sale oggetto del riallestimento: continueranno a essere visitabili il pian terreno con la sezione romana e il secondo piano, in cui sono radunate le opere del Seicento (con capolavori, tra gli altri, di Reni, Guercino e Cagnacci) e dei secoli successivi. In una sala al pian terreno, tuttavia, è stata riunita una selezionatissima rappresentanza delle collezioni interessate dal riallestimento, con il duplice scopo di continuare a rendere fruibili alcune delle opere più significative del museo e di esporre al visitatore metodi e finalità dei lavori in corso. Nella piccola sala sono state radunate una cassetta lignea finemente intagliata nella seconda metà del Quattrocento, di proprietà dei Malatesta e di produzione veneta o friulana, la cui presenza vuole alludere al fatto che nel nuovo allestimento avranno spazio non solo pittura e scultura, ma anche gli oggetti della vita quotidiana, ossia le cosiddette arti minori; una scultura in arenaria degli inizi del Quattrocento raffigurante Santa Caterina, attribuita al misteriosissimo Maestro dell’Annunciazione Dreicer, artista di origini oltramontane, francesi o tedesche, con la quale si vuole rimandare all’orizzonte europeo che caratterizzava il clima artistico e culturale della corte malatestiana; un polittico di Giuliano da Rimini, risalente al 1310-1315, con cui si testimonia la variegata reazione degli artisti locali al passaggio di Giotto, che a Rimini dipinse una cappella, oggi non più esistente, nella chiesa di San Francesco (poi Tempio Malatestiano) e un crocifisso che si conserva ancora oggi nell’abside del celebre tempio. Vi è infine il dipinto più noto, e più incantevole, del Museo, la Pietà di Giovanni Bellini, ovvero il Cristo morto sostenuto da quattro angeli. Siamo intorno al 1470-1475, negli anni in cui Bellini licenzia un altro suo grande capolavoro, la Pala di Pesaro: il pittore è in un assoluto stato di grazia, e riesce a trasmettere con nobile compostezza il dramma che si consuma nella scena. Indimenticabili gli angioletti che sorreggono e contemplano il corpo di Cristo: immerso in un’inconsolabile tristezza quello di destra, più teatrale nell’espressione del dolore quello al centro, e incredulo l’angelo all’estrema sinistra.

Le premesse perché venga fatto un ottimo lavoro ci sono tutte. Ci auguriamo che i lavori possano concludersi, come da previsioni, entro quest’anno, in modo tale che il museo possa festeggiare i suoi primi cento anni, nel 2024, con tutta la sua ampia porzione centrale completamente rinnovata, più comprensibile e attraente per il visitatore. A quel punto potranno iniziare i lavori per ridisegnare radicalmente anche le successive sezioni, in modo tale che il racconto della storia e dell’arte della città romagnola possa essere presentato in maniera avvincente lungo tutto il suo estesissimo sviluppo, dalle fasi più antiche alle soglie dell’attualità.


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Fabrizio Federici

L'autore di questo articolo: Fabrizio Federici

Fabrizio Federici ha compiuto studi di storia dell’arte all’Università di Pisa e alla Scuola Normale Superiore. I suoi interessi comprendono temi di storia sociale dell’arte (mecenatismo, collezionismo), l’arte a Roma e in Toscana nel XVII secolo, la storia dell’erudizione e dell’antiquaria, la fortuna del Medioevo, l’antico e i luoghi dell’archeologia nella società contemporanea. È autore, con J. Garms, del volume "Tombs of illustrious italians at Rome". L’album di disegni RCIN 970334 della Royal Library di Windsor (“Bollettino d’Arte”, volume speciale), Firenze, Olschki 2010. Dal 2008 al 2012 è stato coordinatore del progetto “Osservatorio Mostre e Musei” della Scuola Normale e dal 2016 al 2018 borsista post-doc presso la Bibliotheca Hertziana, Roma. È inoltre amministratore della pagina Mo(n)stre.



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