Nadia Righi (Museo Diocesano di Milano): “Ecco come le nostre guide lavorano anche online”


Il Museo Diocesano di Milano ha inventato dei particolari modelli di visite guidate online tramite piattaforma Zoom: ne abbiamo parlato col direttore, Nadia Righi.

In questi giorni di chiusura forzata, il Museo Diocesano di Milano (che nel 2019 è stato frequentato da 35.000 visitatori) ha dato vita a un modello di visite guidate online inedito e originale, replicando sulla rete l’esperienza che l’istituto da tempo sperimenta con successo dal vivo: visite guidate gratuite col direttore e visite a pagamento con le guide del museo. Anche sull’online, quindi, il Museo Diocesano di Milano ha sperimentato con successo un modello che permette di erogare contenuti di qualità. Il tutto attraverso la piattaforma Zoom, scelta anche per incentivare il dialogo (perché con questo strumento tutte le persone possono vedersi e interagire come se stesso partecipando a una vera visita). Di questo, e di quello che il museo sta facendo e farà, abbiamo parlato proprio col direttore, Nadia Righi. L’intervista è a cura di Federico Giannini, direttore responsabile di Finestre sull’Arte.

Nadia Righi
Nadia Righi

FG. Dottoressa Righi, come procedono le attività del museo in questo momento di chiusura? I musei in Lombardia sono stati i primi a chiudere.

NR. Per il momento stanno procedendo come da disposizioni del dpcm: siamo chiusi fisicamente, ci sono i custodi e gli addetti alla vigilanza che si recano in sede per i controlli, e poi abbiamo attivato diverse attività da remoto. Gli uffici di conseguenza sono vuoti. Rimangono attivi i controlli per la sicurezza dell’edificio e delle opere, ma le attività sono ferme. Il 23 febbraio abbiamo dunque dovuto chiudere, peraltro pochi giorni dopo l’apertura della mostra Gauguin Matisse Chagall. Arte francese dai Musei Vaticani, Poi a Milano c’è stata una riapertura una settimana dopo, che è durata cinque giorni e che è stata per noi abbastanza interessante, perché pur essendo già state attivate tutte le disposizioni di sicurezza del caso (ovvero il contingentamento degli ingressi e il distanziamento all’interno: per noi è stato abbastanza semplice perché non abbiamo numeri da grandi musei europei e neanche da grandi musei italiani), abbiamo visto che il pubblico, in quei pochi giorni, è tornato con grande entusiasmo, anche se si trattava di giorni feriali e anche se erano tutti già un po’ preoccupati. Il museo quindi è fermo per quanto riguarda l’attività in loco, ma abbiamo voluto trovare delle modalità per far sì che l’attenzione dei nostri visitatori rimanesse desta, attiva, nella speranza di riaprire presto. E quindi abbiamo iniziato a fare attività online, dapprima con una serie di piccole iniziative molto home made, perché le risorse finanziarie del museo non consentono altri mezzi (piccole pillole video sui social, post con immagini, per esempio dello smart working e del back stage della mostra). Poi a un certo punto abbiamo riscontrato che questo per noi non era sufficiente: quando si è capito che la chiusura non sarebbe stata breve, abbiamo iniziato a chiederci cosa avremmo potuto fare, e in quel momento è nata e partita la sfida dell’online.

Online su cui siete molto attivi. E quello che mi ha colpito è questo doppio calendario di appuntamenti sulla piattaforma di videoconferenze Zoom: da una parte le visite “approfondimenti” con il direttore, dall’altra le visite proposte dalle guide del museo, con le prime erogate gratuitamente e le seconde a pagamento. Una sorta di replica virtuale di quello che già fate dal vivo. Ci può spiegare meglio il modello e i perché di questa scelta?

La riflessione è partita confrontandoci tra di noi: ci siamo detti che tra le cose di cui sentivamo molto la mancanza c’era proprio il contatto col nostro pubblico, che negli ultimi tempi cercavamo di avere in modo continuato, sia attraverso le visite a pagamento che da noi ci sono sempre state, sia con le visite guidate in pausa pranzo offerte gratuitamente dal Direttore e dai Conservatori dietro pagamento del biglietto, che rappresentavano un’offerta aggiuntiva rispetto al quelle a pagamento. Quindi abbiamo pensato che forse valesse la pena riprendere quest’idea, e poiché stavamo usando internamente la piattaforma Zoom per le riunioni, abbiamo provato a lanciare questa proposta, nata da una parte dal nostro desiderio di mantenere i rapporti, e dall’altra da un interrogativo che ci siamo posti. Ovvero, partendo dalla considerazione sulla funzione reale del museo che è centro di produzione e divulgazione culturale a servizio della comunità. Anche i musei infatti sono un “bene necessario” in quanto indispensabili per lo spirito, per l’anima, per sollevare lo sguardo, per stare bene. Oltretutto, in Lombardia, questa necessità era ancora più evidente, perché sentivamo il cerchio stringersi, con conoscenti e genitori di amici gravemente malati, e di conseguenza ci siamo chiesti cosa potessimo fare in questo momento per portare un po’ di bellezza e serenità. Del resto siamo il museo della Diocesi e abbiamo sempre coltivato con grande intensità il rapporto con il territorio e a maggior ragione in questa situazione abbiamo ritenuto che anche questo facesse parte della nostra mission. Abbiamo perciò lanciato un’iniziativa che forse non avremmo mai pensato e abbiamo lavorato per metterla in atto e fare sentire la nostra presenza. Abbiamo cominciato con le visite gratuite del direttore e la risposta è stata sorprendente: si percepiva una gratitudine da parte di chi ha ricevuto la newsletter, le mail di riscontro erano bellissime (ce ne sono arrivate anche da parte di chi era al lavoro in ospedale, ci è stato detto che questa proposta è stata avvertita come un regalo personale, perché capace di portare la bellezza in mezzo alla tragedia, c’è stato chi era contento di avere compagnia in quanto solo in casa, chi invece era semplicemente felice di rivederci, e così via), ed è per questo che abbiamo deciso di rendere fisso l’appuntamento. Ovviamente sempre con la certezza che questa iniziativa non potrà mai sostituire la visita al museo e l’unicità dell’esperienza davanti a un’opera d’arte: su questo punto non cambio idea. Ma rispetto ad altre tipologie di visite virtuali (come le dirette Facebook , Instagram o Youtube), queste che facciamo su Zoom hanno il vantaggio di mantenere alcuni criterî fondamentali di una visita al museo, quanto meno la durata nel tempo, l’esperienza, l’imprevisto, il dialogo (perché alla fine è possibile fare domande), il rapporto con le persone (dal momento che una visita di questo tipo non è solamente mettersi davanti allo schermo e guardare un video). Del resto già durante la prima settimana sono state le persone stesse a chiederci di organizzare altre visite guidate su altri argomenti, e in collaborazione coi nostri servizî didattici, che nel nostro museo sono affidati a due associazioni e dunque a liberi professionisti. Per questo, dopo una lunga riflessione, abbiamo proposto anche iniziative a pagamento, per le quali le persone si iscrivono e pagano direttamente i servizî educativi. Questo ci sembra anche un bel modo per sostenere le guide che ora sono senza lavoro. Anche questa proposta è stata accolta molto favorevolmente, certo con dei numeri diversi: per le visite guidate gratuite del Direttore si iscrivono cinquecento persone a settimana, per quelle a pagamento abbiamo limitato a 40 persona a proposta, per dare l’idea del gruppo. E anche queste stanno andando esaurite e ci vengono richiesti nuovi appuntamenti. È come se i visitatori si sentissero davvero parte del museo

Mi interesserebbe comprendere alcuni aspetti di questa proposta, andiamo per gradi: la prima domanda che Le rivolgo è una domanda che si fa anche per la visita dal vivo, nel senso che quando si propongono le aperture gratuite tanti dicono che la risposta del pubblico che visita un museo gratuitamente è molto diversa rispetto a quella del visitatore che paga (c’immaginiamo quest’ultimo più attento e più concentrato, e quello gratuito più distratto). Io stesso penso che, almeno per le visite dal vivo, sia così. Per l’online secondo Lei è la stessa cosa?

Premetto che da noi la visita al museo non è mai completamente gratuita: quando ci sono le visite gratuite si paga comunque il biglietto. Noi siamo un museo privato e non aderiamo alle domeniche gratuite: in passato le abbiamo proposte, ma poi abbiamo deciso di toglierle. Sull’online, in questa fase, io noto un atteggiamento diverso (però credo che sia anche un particolare momento storico, con il pubblico che ha proprio bisogno di queste iniziative): certo, possono capitare gli imprevisti, che sull’online sostanzialmente comportano l’impossibilità di partecipare all’evento per cui ci si era prenotati, ma devo dire c’è un tasso di defezioni basso, non è mai più del 10% degli iscritti. Ma questo non significa che ci sia un’attenzione diversa. Anzi: anche per le visite gratuite (e lo vedo dalle osservazioni, dai commenti, dal desiderio con cui gli utenti chiedono subito quella successiva) io non noto una disattenzione. Credo che questo sia dovuto al fatto che a mio avviso si sta creando un pubblico molto consolidato, che ha voglia di tornare (e quasi tutti lo dicono). Ci ha stupito che alcuni visitatori virtuali abbiano fatto delle piccole donazioni di loro spontanea volontà al Museo dopo avere partecipato alla visita e possessori dell’abbonamento Musei Lombardia si sono riproposti di pagare il biglietto quando si potrà di nuovo visitare il museo. Credo che questo avvenga perché le nostre visite gratuite vengono percepite dal pubblico come un regalo personale, ed essendo un regalo personale si tratta di una cosa molto partecipata. Il tema, dunque, è davvero molto diverso e molto lontano da quello delle domeniche gratuite.

Un ulteriore aspetto che vorrei approfondire è legato proprio al pubblico, nel senso che, da quanto penso d’aver compreso in parte visitando il museo e seguendone le iniziative, e in parte dalla Sua risposta, credo che il pubblico del Museo Diocesano di Milano sia molto fidelizzato e molto affezionato all’istituto. Pensa che questo modello funzioni proprio in virtù della composizione del vostro pubblico, oppure crede che possa essere replicato, per esempio, anche nei musei più legati ai flussi turistici?

Ovviamente il nostro non è un museo che vive di turismo, quindi quello che posso immaginarmi è uno scenario ideale. Quello che sto notando è che, siccome la notizia di queste iniziative è stata diffusa mediante newsletter, mediante i nostri social (che peraltro in questo periodo hanno aumentato i follower con percentuali molto alte, perché in questo momento la gente utlizza molto social) e anche a mezzo stampa, il pubblico che segue queste visite è un pubblico molto eterogeneo, non è solo il pubblico fedele del museo. Davanti ai computer io vedo famiglie, ragazzi universitari, persone che durante i normali orarî d’apertura lavorano e non possono visitare il museo. Nello schermo vedo in sostanza un pubblico molto più vario rispetto a quello che c’è normalmente nei nostri orarî d’apertura diurni e feriali. Abbiamo avuto addirittura nelle visite on line persone da altre parti d’Italia ma anche dall’estero: per esempio ci sono stati partecipanti dagli Stati Uniti, dall’Irlanda, dalla Repubblica Ceca, che ci hanno detto di avere saputo delle nostre iniziative da colleghi o parenti italiani. Detto questo, non so se è un modello che si può replicare ovunque allo stesso modo, ma io credo che si tratti di un’esperienza praticabile: secondo me è un argomento su cui adesso siamo chiamati a riflettere. Io sono proprio convinta che ogni crisi possa essere un’opportunità. Allora, siccome per tanto tempo i visitatori non potranno tornare nei musei (o potranno tornare a piccolissimi gruppi, con il distanziamento fisico), e siccome l’esperienza della visita guidata come l’abbiamo in mente tornerà chissà quando (ma in ogni caso ci vorrà tanto tempo), questa potrebbe essere una formula che funziona: si ascolta una visita guidata o un approfondimento davanti a uno schermo e poi si decide, a museo riaperto, di andare a vedere la mostra di persona, da soli o con gli amici. Penso sia una modalità di fruizione nuova che potrà esserci utile sicuramente per tanto tempo. Poi capiremo se questa modalità potrà prendere forme diverse, gratuite o a pagamento. Non sono ancora in grado di valutarlo bene proprio perché in questi mesi la situazione è talmente in evoluzione che io credo saremo costretti in continuazione a fare nuove riflessioni. Basti pensare che questa modalità di visita online fino a non molto tempo fa era impensabile: quando il museo era ancora aperto, c’era chi ci chiedeva se esistessero per le nostre conferenze modalità di fruizione a pagamento anche da remoto, ma io all’epoca pensavo che fosse una cosa molto difficile anche solo da immaginare. Poi però abbiamo dovuto fare i conti con una realtà che ci ha portato a provare e scoprire queste modalità, e a concludere che potrebbe trattarsi anche di un’iniziativa rivolta a chi proprio non ha la possibilità di visitare il museo, perché vive lontano o non può muoversi. Certo, c’è anche da considerare che ascoltare una lezione di un’ora e mezza davanti a un relatore che parla è diverso rispetto ad ascoltarla davanti allo schermo, e anche per questo io credo che non sostituirà mai totalmente l’esperienza dal vivo. Però diventerà un aiuto, e sicuramente lo sarà in questa lunga fase di transizione che abbiamo davanti.

Nell’ipotesi che si torni in un tempo più o meno lungo alla normalità, come immagina di rendere sostenibile questo modello? Ovvero, nel caso in cui i musei torneranno a essere percorsi come prima, questo modello potrà continuare nelle stesse forme?

Questo modello potrebbe continuare, potrà essere gratuito in alcune grandi occasioni, e potrebbe essere sostenibile se diventerà propedeutico alla visita e non sostitutivo. Voglio poi sottolineare che c’è anche da pensare ai professionisti del settore culturale, e che lavorare sull’online implica anche delle metodologie alternative, perché un conto è una visita guidata fatta in loco, un conto è preparare tutti i materiali per l’online. Bisognerà pensare a lungo a come adattare e migliorare sempre di più il modello: certo è che dev’essere sicuramente sostenibile, perché adesso ci troviamo in un momento davvero particolare, e possiamo anche permetterci, ad esempio, un direttore che fa cinque o sei repliche online e prepara le visite, ma è chiaro che quando torneremo a regime questa modalità diventerà una scelta di tempo importante nelle nostre attività. La proposta delle visite effettuate online dal servizio didattico potrà invece continuare, bisognerà vedere come e in che termini.

A proposito di lavoro: da voi c’è stato qualcuno che ha perso il lavoro?

No, qui nessuno ha perso il lavoro. Il Museo Diocesano di Milano ha pochi dipendenti, in questa fase per ora siamo prevalentemente in smart working con recupero ferie come la maggior parte delle realtà in Italia, e per alcuni abbiamo attivato la cassa integrazione. Uno dei motivi per cui abbiamo ideato questa proposta online è anche, come detto, per fare lavorare i collaboratori esterni che in questo momento sono in difficoltà.

Avviandoci verso la conclusione, torniamo sul museo “fisico”. Con le mostre siete stati particolarmente sfortunati, perché la rassegna sull’arte francese dai Musei Vaticani è rimasta aperta solo per pochi giorni. Ci sarà una proroga?

L’abbiamo chiesta. Avremmo dovuto chiudere la mostra il 17 maggio, e dai colloqui con la direzione dei Musei Vaticani mi è parso di capire che ci sia molta apertura. In questo momento è evidente che tutti noi musei (e anche noi come Museo Diocesano di Milano abbiamo concesso opere in prestito) non pretendiamo indietro le opere che abbiamo prestato. Il Museo Diocesano di Milano sta dando la massima disponibilità alle mostre a cui ha concesso prestiti. Mi viene in mente, per esempio, la mostra su Taddeo di Bartolo alla Galleria Nazionale dell’Umbria che praticamente non ha aperto: ha inaugurato e poi ha chiuso. Lì abbiamo un ’opera in prestito, ma nel momento dovessero di tenere più a lungo l’opera che abbiamo prestato, risponderemmo in maniera favorevole. C’è poi da considerare che comunque il momento è difficile anche perché per ora non abbiamo indicazioni su quando potremo riaprire.

Un’ultima domanda proprio su questo argomento. Il pubblico, nonostante la chiusura, ha avuto una risposta eccezionale nei confronti della cultura e dei musei, ed è il pubblico stesso a chiedere che i musei facciano qualcosa per dimostrare vicinanza alle persone. Lo stesso però non sembra arrivare dalla politica, nel senso che almeno in queste fasi la cultura, e in particolar modo i musei, sembrano essere esclusi dal dibattito pubblico. Anche Lei ha questa sensazione?

La sensazione è che dei musei si parli poco in questa fase. In questi giorni stanno però uscendo interviste e contributi in cui si ricomincia a ipotizzarne la riapertura. In realtà sarebbe opportuno ricordare che un conto è parlare della riapertura dei grandi musei, mentre è molto diversa la situazione di tutti gli altri, in cui normalmente non si creano assembramenti e per i quali è quindi più facile riaprire rispettando le direttive dei decreti. Ci aspettiamo comunque le indicazioni a breve. Del resto in questo periodo il Museo ha continuato a progettare e immaginare le iniziative future (il capolavoro per Milano, mostre di fotografia, altre iniziative), per farci trovare pronti quando il pubblico tornerà nelle nostre sale.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Giornalista d'arte, nato a Massa nel 1986, laureato a Pisa nel 2010. Ho fondato Finestre sull'Arte con Ilaria Baratta. Oltre che su queste pagine, scrivo su Art e Dossier e su Left.

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