Isabella d'Este. La signora del Rinascimento - di Lorenzo Bonoldi


Recensione del libro Isabella d'Este. La signora del Rinascimento di Lorenzo Bonoldi, dedicato alla marchesa di Mantova e al suo rapporto con le arti.

Non è facile tenere un lettore incollato a un libro che parla dei rapporti tra Isabella d’Este e le arti: perché il tema non è dei più semplici, perché la storia del Rinascimento mantovano è molto meno conosciuta rispetto a quella d’altri rinascimenti che presso il pubblico hanno goduto d’una maggior fortuna, e perché spesso, nella storia dell’arte, argomenti troppo circoscritti rischiano, a torto, d’esser visti come materia per specialisti. Isabella d’Este. La signora del Rinascimento, edito da Gualandi, è un libro che supera tutti questi cliché. E non lo dico perché Lorenzo Bonoldi, l’autore, è un amico: lo dico perché fin dalle prime righe si può percepire la passione che Lorenzo ha messo nell’affrontare questo argomento. E del resto, se la marchesa di Mantova è stata oggetto delle ricerche di Lorenzo Bonoldi fin dai tempi degli studi universitari, significa che alla base del libro c’è non soltanto un forte attaccamento, ma anche un lavoro pluriennale.

Isabella d'Este. La signora del Rinascimento
Isabella d’Este. La signora del Rinascimento, di Lorenzo Bonoldi
La trattazione è suddivisa in cinque sezioni, a cui segue una cronologia della vita di Isabella d’Este messa in parallelo ai grandi eventi occorsi al suo tempo, nonché una ricca bibliografia. Si parte con un primo capitolo, Isabella d’Este nello specchio dell’arte, che assolve alla doppia funzione di introdurci la figura della marchesa di Mantova riassumendone a grandi tappe le vicende biografiche, e di illustrarci le principali opere d’arte da lei commissionate: l’autore si sofferma con attenzione non solo sulle simbologie delle opere, ma anche sui rapporti tra Isabella d’Este e gli artisti che frequentarono la sua corte o ricevettero da lei importanti incarichi. Non senza un certo gusto per l’aneddotica, ottimo espediente per alleggerire la trattazione ma al contempo anche e soprattutto mezzo per inquadrare meglio il contesto entro cui le opere furono prodotte: veniamo dunque a sapere, per esempio, che Isabella rifiutò un ritratto di Andrea Mantegna in quanto lo ritenne poco somigliante, e affidò quindi il mandato a Giovanni Santi, il padre di Raffaello, oppure che un ritratto eseguito da Lorenzo Costa le piacque al punto da chiedere a un letterato, Gian Jacopo Calandra, di elaborare una lirica per celebrarlo.

Grande attenzione, in questa prima sezione del libro, è dedicata ai dipinti commissionati per lo studiolo di Palazzo Ducale: vengono ripercorse le vicende che portarono alla realizzazione delle opere, e viene analizzato il programma iconografico che ne è alla base, con Isabella d’Este che, semplificando e banalizzando, figura come Venere Celeste che governa, assieme al marito Francesco II Gonzaga (che in un dipinto assume le vesti del dio Marte) con giustizia e amore per le arti, rifugge i vizi scacciandoli dal giardino delle virtù, e dalla stessa Venere riceve l’incoronazione come suggello delle sue doti. Una trattazione su Isabella d’Este non sarebbe inoltre completa se non venisse fatta adeguata menzione dei tanti ritratti che la marchesa commissionò agli artisti più illustri del suo tempo: anche in questo caso, Lorenzo Bonoldi analizza ritratti noti e meno noti, onde far percepire al lettore quanto il desiderio d’immortalità e d’eterna giovinezza fosse stato sempre una costante nella relazione tra Isabella d’Este e le arti.

Andrea Mantegna, Parnaso
Andrea Mantegna, Parnaso (1496-1497; Parigi, Louvre). Dipinto realizzato per lo studiolo di Isabella d’Este

Il capitolo successivo è dedicato al rapporto tra la marchesa e Leonardo da Vinci: un rapporto tutto incentrato sul celeberrimo ritratto (... sempre qui si torna) che non fu mai realizzato ma di cui il Louvre, presso il proprio Dipartimento di Arti grafiche, conserva il cartone che ci ha trasmesso quella che forse è l’immagine più celebre di Isabella d’Este. Cartone la cui fortuna, peraltro, è testimoniata dalle numerose copie che ne furono tratte, oltre che dalle opere che da quel cartone furono ispirate: ne è un esempio l’Angelo del leonardesco Giovanni Ambrogio de’ Predis conservato alla National Gallery di Londra, a cui è dedicata la terza sezione del libro e che, pur non derivando da un uso diretto del cartone di Leonardo, come ci fa sapere l’autore, sarebbe stato comunque realizzato a partire dal modello originale trasferito e adattato alle dimensioni del supporto utilizzato da de’ Predis. Parimenti dallo stesso cartone del Louvre deriverebbe un dipinto recentemente ritrovato e quindi assurto agli onori delle cronache per un’ipotetica quanto improbabile attribuzione allo stesso Leonardo: il ritratto di Isabella d’Este in veste di santa Caterina d’Alessandria comparso in Svizzera un paio d’anni fa e di cui anche noi ci siamo occupati sul nostro sito web per fornire qualche piccola evidenza che potesse smentire attribuzioni eccessivamente altisonanti. È dello stesso avviso Lorenzo Bonoldi, che assegna cautamente il ritratto alla bottega di Leonardo e ipotizza che il maestro, oberato di lavoro, avesse rifiutato di realizzarlo in prima persona ma avesse comunque deciso di supervisionarne l’esecuzione e, insoddisfatto per lo scarso risultato ottenuto, non lo avrebbe mandato alla marchesa e lo avrebbe “riciclato” come dipinto devozionale. L’ipotesi dell’autore è suffragata dal fatto che i pigmenti utilizzati dal dipinto sarebbero gli stessi utilizzati da Leonardo, e che l’imprimitura della tela sia stata realizzata secondo il tipico procedimento leonardesco.

Il capitolo conclusivo è dedicato alla cosiddetta medaglia d’Isabella d’Este, un oggetto celebrativo che ha sempre costituito un cruccio per gli storici dell’arte che si sono affatti nell’interpretare l’impresa e il motto che appaiono sul verso del manufatto. Ponendo la medaglia a confronto con opere coeve e opere antiche e facendo riferimento allo studio delle fonti, Lorenzo Bonoldi prova a suggerire una suggestiva lettura del significato dell’allegoria.

Isabella d’Este. La signora del Rinascimento, a metà tra il libro divulgativo, di cui il volume manovra con notevole sicurezza tempi e linguaggio, e il saggio di ricerca, arricchisce in modo pregevole la bibliografia sulla marchesa di Mantova e offre un contributo valido, agile, di qualità e, come si diceva, scritto con grande passione, per diffondere la conoscenza del Rinascimento mantovano, oltre che quella di una delle più grandi, raffinate e colte committenti che la storia dell’arte abbia conosciuto. Un vero libro di storia dell’arte: adatto sia per l’esperto che per l’appassionato, ricco di immagini a colori (uno dei pregi del libro consiste nel fatto che ogni osservazione dell’autore è adeguatamente supportata da immagini), dotato di una prosa chiara ed elegante che non lascia alcunché al caso, non salta alcun passaggio logico e mette costantemente il lettore in condizione di seguire in modo preciso il pensiero e le ipotesi dell’autore. E un volume che, possiamo dirlo con sicurezza, rappresenta una delle novità editoriali più interessanti dei primi mesi dell’anno. Da leggere con grande interesse.

Isabella d’Este. La Signora del Rinascimento
di Lorenzo Bonoldi
edito da Gualandi
91 pagine
14,90 €


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Giornalista d'arte, nato a Massa nel 1986, laureato a Pisa nel 2010. Ho fondato Finestre sull'Arte con Ilaria Baratta. Oltre che su queste pagine, scrivo su Art e Dossier e su Left.

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